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Autore: floricienta    09/10/2016    2 recensioni
In una società governata dalla tecnologia più avanzata combinata alla forza del Mana, la divinità dell'oceano, Tangaroa, minaccia la sopravvivenza del genere umano, costringendolo a ritirarsi a vivere sulle aeronavi e obbligandolo a compiere sacrifici per beneficiare la propria benevolenza.
È in questo contesto che si intrecciano i destini e i sentimenti di due persone. Ari, un ragazzo timido e pauroso, che si è visto portar via tutto ciò che di più caro gli era al mondo, e con un potere dentro di lui che non può neanche immaginare; e Nael, un ladruncolo di strada che, per diverse vicissitudini, si è ritrovato a convivere proprio con Ari, aiutandolo giorno per giorno a diventare sempre più forte con la sua presenza.
Un insieme di turbamento, tristezza, felicità, disperazione, amore.
Sarà proprio la catena che li lega indissolubilmente a determinare la salvezza o la distruzione dell'umanità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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CAPITOLO 5
OGNI COSA CHE ESISTE HA UNA SUA CONCHIGLIA

 

Maggio, anno 439 del XII periodo

Ari non ricordava come fosse finito in quella stanza, su quel letto, ma tutto era decisamente diverso dalla cella in cui era costretto a dormire da ormai due anni. Dei drappi colorati di bianco erano appesi alle pareti e questi erano luminosi e sembravano emanare luce anche al buio; il letto aveva un materasso così morbido che era sicuro di non aver mai dormito su qualcosa di più soffice, per non parlare delle lenzuola finemente decorate da linee dorate e argentate, che creavano una ragnatela intricata astratta. Sopra la sua testa c'erano dei tubi in cui il mana scorreva veloce e affluiva fino alla sponda del letto.
Si sforzò di andare indietro con i ricordi, tuttavia vedeva solo nero nella sua mente e nessuna immagine ben distinta.
Fece un sospiro profondo e rimase a fissare il soffitto. Si sentiva un po' intontito, come se il suo corpo avesse prosciugato di colpo tutte le proprie energie e non fosse ancora riuscito a riprendersi.
Rimase con gli occhi – che in quel frangente erano di un azzurro intenso – fissi sui tubi sopra di sé e vide una scossa di mana generarsi da due fluidi che si scontrarono, uno blu e uno arancione, e repentinamente ricordò tutto: la guardia che lo teneva, Nael che infuriava contro di essa e le sue mani illuminate da una luce azzurra. Era svenuto all'improvviso proprio mentre aveva sentito esplodere dentro di sé una bomba di energia che si era dissipata immediatamente senza ben sapere come.
Si guardò d'istinto le mani e notò con sollievo che erano tornate del loro colore naturale e che non gli dolevano più. Non riusciva a spiegarsi nulla di tutto quanto gli fosse capitato. Fece un altro piccolo sospiro, ma, poi, la figura di qualcuno d'importante gli balenò davanti agli occhi.

Nael!

Ari si tirò su di scatto, senza che gli vennero giramenti o nausea, e si diresse subito alla porta, che cercò di aprire invano.

É chiusa...

Si agitò e prese a camminare avanti e indietro, pensando a come poter uscire da lì, e venne colpito da un attacco di panico. Gli si accelerò il fiato e prese a girargli la testa, costringendolo a risedersi sul letto. La sua mente stava riflettendo solo su tutti gli aspetti pessimisti della faccenda: perché lo avevano rinchiuso? Era ancora sull'aeronave dei Sacrifici? Lo avrebbero usato come prossima vittima? Cos'era successo a Nael? Avrebbe avuto occasione di rivederlo?
Ari percepì le lacrime e premette le mani sul viso, inspirando ed espirando per provare a calmarsi. Non doveva continuare a porsi quesiti del genere, si sarebbe sistemato tutto.

Non preoccuparti, andrà tutto bene.

Sicuramente Nael gli avrebbe detto qualcosa del genere e l'averlo fantasticato con la sua voce gli diede la forza per tranquillizzarsi. Sarebbe arrivato qualcuno prima o poi e gli avrebbe spiegato la situazione, doveva solo aspettare.
Il ragazzo immerse una mano tra i propri capelli e li spostò indietro, mostrando così la fronte e percependo una piccola brezza su di essa. Alzò gli occhi per accorgersi che una ventola arieggiava la stanza, girando a ritmo lento. Non aveva mai visto qualcosa del genere, era un metodo decisamente antico per produrre aria, però, dovette ammettere che fosse piacevole.
Ricacciando indietro le lacrime, si sdraiò di nuovo sul letto, sotto le coperte morbide, e prese ad aprire e chiudere la mano davanti alla sua faccia.

Cos'era quella luce e quello che è uscito dalle mie dita? Che abbia a che fare con i sogni dell'ultimo mese? Magari ho in me qualche maledizione, forse non sono altro che un essere creato per il puro divertimento di Tangaroa.

Scacciò con la testa quel pensiero assurdo, sebbene non trovasse davvero una spiegazione. Semplicemente un qualcosa si era sprigionato da lui sotto forma di liquido viscoso azzurro, che tanto assomigliava a un vortice d'acqua, e la cosa non aveva assolutamente senso.
Avrebbe potuto sprecare l'intera giornata per cercare di trovare un motivo a tutto ciò senza giungere a nulla, decise, quindi, di pensare ad altro e, inevitabilmente, la sua mente vagò a Nael.
Chissà se stava bene, se anche lui era stato portato via o se a quest'ora si trovava...

Sarà ormai sera?

Non c'era nessun indizio che potesse confermarlo, sapeva solo che la stanza era in penombra, quella stessa penombra che sulla Terra comunicava che il Sole stava per sparire al di là delle montagne, ma che nel Cielo accompagnava gran parte delle loro giornate.
Sperò con tutto il suo cuore che non gli avessero torto un capello; era convinto che il fatto della loro improvvisa separazione l'avesse fatto infuriare e preoccupare e questo significava che ci sarebbe stato un Natanael pronto a qualsiasi sconsideratezza in libertà sulla nave.
Sorrise appena, ma un vuoto che era stato tale nel suo cuore troppo a lungo si stava riformando a causa di tutto quello.

Voglio solo tornare da te.

In quel momento sentì un rumore provenire dall'esterno, quindi sbucò fuori dalle lenzuola e si mise a sedere. Successivamente, udì la serratura scattare, la porta si aprì silenziosa ed entrò un uomo che Ari aveva già avuto occasione di vedere pochi giorni prima: era uno dei maghi incaricati di prendere il sacrificio del mese precedente, quello più giovane.
Ari notò subito il suo abbigliamento identico a quella volta e i suoi occhi cristallini si posarono sul simbolo sulla mitra, che improvvisamente parve riconoscere. Un qualcosa dentro di sé lo cercava tra infinite immagini che scorrevano come pagine di un libro sfogliato velocemente, eppure non riusciva a giungere a una risposta.
Si portò una mano alla testa, che aveva preso a pulsare, ma la presa sulla sua spalla da parte del mago gli fece sparire tutto così com'era arrivato. La mano di quell'uomo era fresca e la poteva sentire anche attraverso la stoffa del maglione, inoltre, sapeva di brezza mattutina. Era un dettaglio a cui non aveva potuto farci caso al loro primo incontro ed estremamente benevolo per il suo corpo.
“Ben svegliato, Ari.” il sorriso che si intravide al di sotto della barba ispida era in qualche modo rassicurante.
“Come sa il mio nome?” la sua domanda era così sciocca. Ogni Sacrificio aveva un numero inciso sulla pelle, non sarebbe stato difficile arrivare alla sua identità, ma quella situazione lo aveva scombussolato e non era capace di ragionare lucidamente.
Il mago fece un altro sorriso e agitò la mano nel vuoto. Anche quel gesto aveva acceso in Ari un qualcosa che non riusciva ad acchiappare, seppure familiare.
Subito si sentì investito da una ventata fredda che gli alzò il maglione fino a scoprirgli la pancia e parte della schiena, i capelli cenere fluttuarono leggeri in aria e tutto il corpo si riempì di brividi.
Aveva paura, non sapeva cosa stava succedendo, ciononostante, nello stesso tempo, quell'aria era così pura, che penetrava dalle sue narici e arrivava nei polmoni facendoli espandere e riempendoli di qualcosa di buono e fresco; un'aria a cui ormai non era più abituato a respirare.
Ari chiuse gli occhi e si lasciò pervadere da essa, mentre tutto il corpo si alleggeriva e la mente si svuotava dai timori. Un attimo dopo era seduto ancora sul letto con i capelli in disordine che ricadevano sul viso e il maglione che di nuovo lo ricopriva per bene. Fu la voce del mago a risvegliarlo da quel torpore.
“Come stai?”
Ari aprì gli occhi e fissò quelli scuri dell'altro. Credette di aver perso l'uso della parola, come incantato da un piacevole sortilegio, e per un istante pensò davvero che quel mago gli avesse fatto qualcosa di male, tuttavia, il senso di serenità che gli aveva attraversato il corpo per qualche secondo non gli permise di tramutare quel pensiero in qualcosa di più concreto.
Rimase in silenzio, serrando le labbra e facendo sfrigolare appena i denti.
“Immagino che avrai tante domande per la testa.” continuò il mago. “Ma anche noi ne abbiamo molte per te. Ti prego di seguirmi.”
“Dove mi vuole portare?” Ari riuscì finalmente a parlare, con un tono preoccupato.
Avrebbe preferito rimanere in quella stanza che gli dava un senso di conforto, piuttosto che uscire fuori e attraversare chissà quali corridoi per incontrare non sapeva chi. Doveva prepararsi a qualsiasi situazione e gli venivano in mente solo le peggiori.
“Dal mago che governa su questa aeronave.” gli porse il braccio per farlo alzare dal letto, ma il ragazzo fu restio ad afferrarlo.
“Non voglio...”
“Ti pregherei di non fare resistenza. Sono capace anche di generare un tornado, sai?” lo continuò a fissare con un sorriso, nonostante lo avesse appena minacciato palesemente, e Ari ingoiò a vuoto per poi alzarsi senza il bisogno di nessun aiuto.
Doveva essere forte anche se non ne era in grado. Non da solo.
“Bravo, ragazzo.”

Uscirono dalla stanza e quello che si ritrovarono ad attraversare era uguale al corridoio che qualche tempo prima Ari e Nael avevano esplorato insieme. Non sapeva se fosse proprio lo stesso, ma sicuramente era molto simile, come la maggior parte delle navi d'altronde.
Ari camminava a testa bassa, le braccia ciondolavano lungo il busto, le dita che non stavano ferme e che si chiudevano sul palmo e lo lasciavano andare di continuo. In qualche modo si sentiva osservato, ma non aveva il coraggio di sbirciare.
“Che scortese.” affermò il mago. “Non mi sono neanche presentato. Se è come crediamo, starai molto tempo con noi, quindi devi iniziare a conoscerci.”
Il volto di Ari girò di scatto verso quello dell'uomo, il sorriso perennemente stampato su di esso.

Che cosa? Stare con loro? Perché dovrei? Io non voglio rimanere qua. Questo non è il mio posto, il mio posto è con Nael e solo con lui. Voglio andarmene.

“Io sono Wayra, mago del vento, possessore delle brezze gelide del Nord che fischiano tra le nubi, come un lupo ulula alla Luna.”
Il ragazzo dagli occhi cristallini percepì dell'orgoglio in quella frase e nelle sue orecchie si riversò il suono del vento che si insinuava scaltro tra le foglie, che smuoveva i cieli e si disperdeva scomparendo nel nulla. Immaginò che dovesse essere stupendo controllare un potere del genere e nello stesso tempo spaventoso. Non aveva forse detto che era in grado anche di formare un tornado? Non poteva essere nulla di positivo.

Non è il mio posto.

“Suona bene, vero?” il mago sembrò leggergli il pensiero, forse questo era dovuto alla bocca spalancata e lo sguardo fisso su di lui, quindi, Ari si diede un contegno e riprese la marcia verso una meta a lui sconosciuta.
“Siamo arrivati.” Wayra si fermò davanti a una porta e bussò lievemente sull'acciaio. “Avanti, prima tu.”
Le gambe di Ari presero a tremare e non seppe dove prese la forza di mettere un piede davanti all'altro, fino a quando entrò dentro la stanza. Sembrava un ufficio, ma nello stesso tempo non aveva niente di tale: una scrivania era posta al centro, era di legno scuro e sembrava di grande qualità; molti oggetti, apparentemente privi di qualsiasi utilità, erano disposti a decorare ogni singolo angolo della stanza e alcuni di essi emanavano delle scintille di luce o mana – Ari non ne era certo – e questi gettavano delle ombre che si univano tra loro proprio nel centro dell'ufficio. Dei tendaggi erano disposti su tutte le pareti con le raffigurazioni degli elementi su ognuno di esso e con rappresentazioni astratte.
Nella testa del ragazzo quelle immagini non erano semplicemente qualcosa d'indefinito, ancora una volta percepì come se sapesse cosa ci fosse illustrato realmente, ma la sua mente non riusciva a metterlo a fuoco, così come non riuscì a vedere l'inizio del tappeto e quasi vi inciampò. Per fortuna mantenne l'equilibrio e rimase in piedi, pensando che non poteva fare una presentazione più terribile di quella di fronte al mago che governava su quell'aeronave.
In ogni caso, questo non se ne sarebbe accorto, perché la sua figura era voltata di spalle, ad ammirare fuori da una finestra ovale, grande tanto quanto lui, dalla quale entrava una luce così forte che non poteva dipendere unicamente dal Sole esterno e che avvolgeva l'intera sagoma dell'uomo.

Ari si fermò a guardare il mago. Teneva le spalle ricurve così tanto che gli si era formata una piccola gobba sulla schiena, a malapena era visibile il collo, ma la mitra spuntava fiera al di sopra e subito il ragazzo si domandò quale altro simbolo ci fosse su di essa. Era vestito come tutti gli altri e nient'altro poteva scorgere fin quando quell'uomo fosse rimasto in controluce e voltato dalla parte opposta.
Abbassò il capo e rimase in silenzio, il pensiero fisso su quella cella che aveva odiato per due anni e che ora voleva raggiungere al più presto. Strinse i pugni e stette in attesa di qualcosa, che, però, non avvenne. Era indeciso se voltarsi indietro per vedere se Wayra fosse ancora presente o se ne fosse andato, oppure se fare un colpo di tosse per richiamare l'attenzione dell'altro. Sia le sue corde vocali, che i suoi occhi non accennarono a eseguire gli ordini.

Stai calmo, Ari. Stai calmo.

La sua attenzione venne richiamata da una sfera posta su uno scaffale, che stava cambiando colore. Era sicuro che appena entrato fosse bianca, ma ora stava diventando verde acqua con striature dorate e gli sembrò bellissima, tanto che si rilassò per un attimo, dimenticandosi della tensione che lo graffiava nel petto.
“Non scagliarti con le braccia spalancate nella luce...”
Ari sussultò e fece un passo indietro. Il mago aveva parlato all'improvviso, la sua voce era quella di una persona dall'età parecchio avanzata, rauca e sibilante come se stridesse a ogni sillaba e faticasse a parlare, eppure continuò ugualmente.
“...se non sei sicuro di poter abbandonare le tenebre che albergano dentro di te.”
Il ragazzo dagli occhi cristallini rimase interdetto, senza cogliere a pieno il significato di quella frase, troppo intento a mantenere il controllo per non tremare.
Il mago si voltò verso di lui, la luce che entrava dalla finestra si era placata, rivelando per bene il volto di quell'uomo: era rugoso e vecchio, due piccoli occhi grigio chiaro erano avvolti da enormi sopracciglia bianche, così come la barba e i baffi lunghi pochi centimetri, ma che ricoprivano le labbra e quasi nascondevano la bocca.
Se Ari si fosse ritrovato all'interno di uno dei suoi libri, quella sarebbe stata la descrizione di qualcuno di molto saggio e, probabilmente, l'uomo che aveva davanti lo era per davvero e non solo perché aveva esordito con una frase che poteva benissimo assomigliare a un detto di chissà quale tribù antica.
Il mago gli si avvicinò tenendo le mani a coppa dietro la schiena e, man mano che avanzava, Ari poté notare che fosse più basso di lui, tanto che dovette chinare il capo per guardarlo negli occhi quando gli fu a pochi passi di distanza.
“Il mio nome è Hamar, colui che anche nel buio più impenetrabile riesce a portare un frammento di luce.”
Il volto di quell'uomo sembrava gentile e forte nello stesso tempo e i suoi occhi emanavano una scintilla che fece percorrere un brivido lungo la schiena del ragazzo. Non aveva mai visto i maghi sotto quell'aspetto, ne era sempre stato spaventato e, allo stesso modo, inorridito e arrabbiato contro tutti loro. Però, adesso che aveva parlato solamente con due di essi si ritrovava affascinato, come se avesse riscoperto qualcosa dentro di lui che lo assicurava che non potessero essere il male.
Non sapeva se dare ascolto a quella riflessione fosse la cosa giusta da fare.
“Io... sono Ari.” si ritrovò a balbettare, riuscendo a trovare il coraggio di parlare.
“Lo so, ti conosco.”
“Mi scusi...”
“Ma tu quanto conosci te stesso?” Hamar sembrò non ascoltare neanche le sue parole.
Ari sentì una goccia di sudore scivolare lungo gli zigomi.

Andrà tutto bene.

Cominciò a ripetersi quelle parole nella sua testa più e più volte fino a quando credette di convincersi, ma l'uomo non aspettò una sua risposta e si girò con fare lento, andando a sedersi su una sedia al di là della scrivania. Dovette spostare alcuni libri posti su di essa per poterlo fare e il gesto fu accompagnato da un lamento come se fosse stato uno sforzo eccessivo.
“Hai delle domande da pormi, non è così?” Hamar si sedette e incrociò le mani davanti al viso come in segno di preghiera.
Ari sussultò nuovamente e in quel momento sentì una mano posarsi sulla propria spalla e cacciò un urlo, voltandosi di scatto e respirando profondamente alla vista di Wayra.
“Il Sommo Hamar ti sta beneficiando del suo sapere, dovresti approfittarne prima che i ruoli vengano capovolti.”
Il biondo non era sicuro se Wayra fosse o no degno di fiducia, se da una parte aveva sempre un sorriso in volto, dall'altra pronunciava delle frasi con delle sfumature terribili e raggelanti. Però aveva ragione, doveva chiedere tutto quello che gli vorticava ormai da ore dentro di sé.
“Siamo ancora sulla nave dei Sacrifici?” quella fu la prima cosa che gli venne in mente, forse la più importante perché, se così fosse stato, avrebbe potuto chiedere di Nael e delle sue condizioni.
“Certo. Questo è il piano dei maghi dell'aeronave sulla quale vivi da due anni.”

Quindi sono davvero sullo stesso piano che ho visitato con Nael... e lui si trova qui, qualche metro più in basso...

“E...” Ari fece un passo avanti, portandosi una mano sul cuore. “Dov'è il ragazzo che era con me quando sono stato catturato?”
“Catturato... Sei per caso un criminale?” il vecchio gli porse un piccolo sorriso.
“B-Beh... Io...” il ragazzo abbassò la testa e il ciuffo gli ricadde in avanti, coprendogli gli occhi e metà volto.
“Ad ogni modo, non so niente di quest'altro ragazzo di cui parli, tuttavia, se ci tieni, posso attuare un controllo.”
Gli occhi di Ari si illuminarono per un istante, diventando di un azzurro intenso, e sentì il cuore stringergli. “Lo farete davvero?”
“Non sono mai stato uno che mente.”
“Fidati, è così.” Wayra gli diede qualche pacca sulla schiena, talmente forte che pensò di rotolare in avanti e finire sul pavimento.
“Grazie.”
“Qualche altra domanda?”
Ari serrò la mascella e ripensò al formicolio che aveva sentito per così tanti giorni e a quello che era successo prima di risvegliarsi in quel posto.

Forse loro possono darmi una spiegazione.

“Che cosa mi è successo prima di svenire? Le guardie mi hanno detto che mi stavo illuminando, ma non è così. Lo so che non è così, non era la stessa luce, non sono la prossima vittima. È così vero?”

Vi prego, ditemi che è così...

“Non lo sei.” Hamar chiuse gli occhi e scosse la testa.
“E allora cos'era quel bagliore? Cosa colava dalle mie dita?” la voce del ragazzo era tremante, voleva a tutti i costi venire a conoscenza di quello che stava passando. “Perché dovrei essere sottoposto al vostro giudizio?”
“Ari, questa è la parte dove noi dovremmo fare le domande.” sentenziò il vecchio, spostandosi la mitra dalla testa per potersi grattare il capo privo di capelli se non qualche ciuffo grigio qua e là. Solo in quel momento Ari si accorse che il colore dei ghirigori sui vestiti era un lilla leggero leggero, tendente al bianco, e che ancora una volta non sapeva riconoscere il simbolo. Lo stesso di uno di quelli rappresentati sulle tende.
“Che significa?”
Il mago indicò alla sua destra e Ari seguì il dito con lo sguardo fino a quando i suoi occhi si posarono su una sedia completamente sommersa da fogli e matite intagliate nel legno. Probabilmente gli stava facendo segno di sedersi, così la liberò spostando le cose a terra – sentendo una matita scappar via dal resto e rotolare fino alla scrivania – e si sedette.
“Ari, quello che è successo mi ha lasciato sgomento. All'improvviso un'esplosione di Mana ha fatto risplendere il mio ciondolo.” si indicò quello che teneva al collo, lo stesso che possedevano anche tutti gli altri maghi, ma che nessuno dei Sacrifici si era mai chiesto che cosa potesse essere. “Un'energia tale deve essere usata sotto il mio controllo all'interno di quest'aeronave, nessuno utilizza in questo modo i propri poteri senza una supervisione. Ho davvero temuto che avrei dovuto farmi incastonare una nuova pietra.”

Ma di che sta parlando? Cosa c'entra il suo ciondolo con me? Perché non può parlare chiaro e basta?

Neanche si rese conto che il ginocchio aveva cominciato a tremargli e che picchiettava nervosamente con il piede sul pavimento. Voleva solamente delle risposte.
“Questo è successo proprio un attimo prima che tu svenissi, quando quella pioggia ha cominciato a cadere sprigionata dal nulla. Quelle gocce che si sono create erano una forma di Mana. Il Mana che tu hai utilizzato.”
“Mana... Che ho utilizzato...io?” Ari sussurrò a voce così bassa che fu sicuro nessuno dei presenti poté sentirlo, era rimasto a bocca spalancata, incredulo di fronte a quella frase.
“Esattamente.”
Rimasero tutti in silenzio per qualche minuto. Il ragazzo cercò di assimilare quello che gli era appena stato detto, ma ora gli era tutto più confuso di prima. Non aveva mai mostrato dei poteri prima di allora e non poteva, di certo, essere un mago, poiché nessuno nella sua famiglia lo era, se ne sarebbe accorto.

Se fossi stato un mago, non avrei vissuto in una cascina a spaccarmi la schiena già da bambino, considerato una nullità dal governo allo stesso livello di un carcerato, rinnegato da tutti perché costretto a vivere in questo modo, cresciuto in solitudine soltanto con i miei genitori fino a quando non mi sono stati strappati. Non è possibile. Non è questo il motivo, è tutta colpa dei maghi se la mia vita è stata così, quindi non può essere questo il motivo. Tutta colpa...

“No! Non ho mai avuto poteri!” senza rendersene conto si era alzato in piedi e aveva cominciato a urlare. “Non possono sbucare fuori dal nulla senza che un mio antenato li avesse e, inoltre, io non so assolutamente nulla di Mana e queste cose sovrannaturali.” enfatizzò la frase con ampi movimenti delle braccia e indicando i tendaggi della stanza.

Non sono un mago.

“Sono un agricoltore e allevatore di bestiame che nessuno ha mai preso in considerazione per potermi offrire un'educazione insieme ad altri bambini, che ha visto portar via i propri genitori da quelli come voi. Non vi uccidete tra maghi, giusto? Voi non potete illuminarvi, vero? Io... Io...”
Ari si abbandonò alle lacrime che scorrevano silenziose sulle guance e gli davano un brivido caldo sul collo.

Io non voglio essere un mago.

Nonostante, se così fosse stato, non avrebbe più avuto la preoccupazione di venire sacrificato da un momento all'altro, avrebbe significato poter avere ogni bene possibile, poter dominare un potere enorme solamente con qualche gesto della mano. Non voleva diventare come quelli che avevano ucciso i suoi genitori e che allo stesso modo avevano fatto con moltissime altre persone.
Prese dei respiri profondi e si portò una mano alla faccia, con il ciuffo di capelli che si appiccicò contro di essa, ormai tutto bagnato.
“Riportatemi da Nael, per favore...” sussurrò lievemente.
“Non possiamo.” la voce del vecchio era sempre più gracchiante e quasi dava fastidio alle orecchie, ma sembrava che non avesse dato minimamente peso alle parole del ragazzo. “Crediamo che in te ci sia del mana e, se lo è per davvero, dovrai ricevere un addestramento così come tutti noi abbiamo dovuto compiere all'inizio dei nostri studi, potrai diventare forte e saggio e capace di aiutare l'umanità.”

Quindi è questo che credete? Di aiutare l'umanità uccidendo povere anime per Tangaroa...

Ari si asciugò le lacrime con il maglione e si umettò le labbra salate, gli occhi avevano assunto una tonalità quasi trasparente.
“Sono costretto?”
“Non puoi più vivere in mezzo ai Sacrifici, se nel tuo sangue scorre il Mana, fonte di potere donataci dagli dei.”
Il cuore del biondo perse un battito.

E Nael?

“Ma ora non stiamo ad affrontare un discorso così complicato. Sei già alquanto scosso e hai bisogno di un po' di riposo per metabolizzare la notizia prima di iniziare il rito. Per ora dovremo solo assicurarci che in te ci sia davvero del mana.” Hamar gli sorrise e una piccola luce sbucò fuori dalle sue mani, era calda e avvolgente e subito sparì oltre la finestra, senza neanche dargli il tempo di poterla assaporare lui stesso. “Cosa accadrà dopo si deciderà al momento opportuno.”
Era davvero così che andava a finire? Lui rilegato in quel piano, così in alto rispetto a dove si trovava Nael, così in alto rispetto a dove sentiva di appartenere.
Ari sospirò e si risedette a testa bassa.

Non voglio tutto questo... Se io diventassi un mago...

Ad un tratto un pensiero in lui prese forma e si insinuò persistente nelle vene. Forse qualcosa di positivo poteva esserci in tutta quella storia.
“Va bene...” esordì ad un certo punto. “Farò quello che dite.”
Le spalle di Wayra si rilassarono e la fronte di Hamar si riempì di ancora più rughe, per quanto fosse possibile.
“Scopriamo se ho il mana.”




Ari fu scortato nuovamente nella stanza dove si era risvegliato qualche ora prima. Gli era stato detto di non muoversi di lì – anche se non avrebbe potuto farlo, dato che era stato chiuso a chiave all'interno – e che avrebbero cominciato i preparativi per questo misterioso rito all'istante, quindi doveva solo portare pazienza e aspettare.
Si sdraiò sul letto, gustandosi la morbidezza di quel materasso ancora una volta, mentre lasciava vagare i pensieri.

Se ho davvero i poteri, come si sono manifestati? Forse un mio lontano parente era un mago? Oppure è colpa di quello che è successo quando io e Nael siamo entrati di nascosto nella biblioteca... Quel libro mi chiamava.

Spalancò gli occhi. Ora si trovava proprio nello stesso piano di quella biblioteca, sarebbe potuto andare a controllare il contenuto del volume in qualsiasi istante non appena avesse messo piede fuori di lì. Sempre che non gliel'avrebbero proibito.

Tangaroa che ha continuato a parlarmi in sogno... magari è stato il suo volere a conferirmi il Mana. Ma perché io?

Si girò su un fianco, appallottolandosi e schiacciando la fronte contro il cuscino, fino a quasi farsi mancare il fiato.

E se invece non avessi i poteri, tornerebbe tutto come prima. Un errore... Un qualcosa che mi sono immaginato, che tutti ci siamo immaginati. Uno scherzo di una divinità a cui piace giocare con le vite degli umani.

Si sentì stringere lo stomaco e risalire un conato di vomito, che ricacciò prontamente indietro.

In ogni caso, se diventassi anche io un mago, allora potrei chiedere qualsiasi cosa e metterei in salvo Nael proteggendolo dal sacrificio e facendolo tornare al mio fianco. Se così non fosse, torneremo alla nostra vecchia vita per quanto lunga possa essere.

Emise un lungo sospiro, boccheggiando alla ricerca d'aria, e si fermò a fissare le pale che ancora giravano sopra la sua testa.

Solo per questo voglio compiere la cerimonia: per tutelare Nael e me e poter tornare alla svelta da lui.

Neanche si accorse che la palpebra gli ballava e pian piano si chiudeva fino a farlo addormentare.





Fu svegliato da una mano che lo scuoteva senza curarsi di essere minimamente gentile o premuroso.
Ari sbatté più volte gli occhi, leggermente arrossati, e distinse la figura di un uomo che non era né Hamar né Wayra, ma che riconobbe in quanto era il mago che aveva intrappolato il Sacrificio all'interno di una gabbia di fuoco.
Lui incuteva paura più di tutti gli altri.
“Alzati, non abbiamo tempo da perdere.”
La lunga barba dell'uomo lo colpì dritto in faccia mentre lo costringeva a mettersi seduto.
Per quanto volesse ribattere e lamentarsi della forte stretta sul suo braccio, Ari non ci riuscì.
In un attimo furono fuori e di nuovo venne scortato in un posto sconosciuto. La faccia burbera dell'altro accompagnò quel viaggio, un grugnito era presente sulle sue labbra e gli occhiali stavano per scivolare dal suo naso aquilino, ma non provò neanche a metterli a posto.
“Farà male?” esordì ad un certo punto Ari.
“Sì.” rispose semplicemente e il ragazzo ebbe un sobbalzo. Per questo il mago continuò il discorso anche se spazientito. “Questo è un rito che non avviene spesso. Di solito si è in grado di distinguere un mago da chi non lo è perché proviene da una famiglia di altrettanti maghi e il potere a lui assegnato compare fin dalla nascita, o quasi. Ma in alcuni casi una persona è predisposta a diventare mago – magari in passato la sua famiglia lo era, oppure è venuta a contatto con oggetti sacri – e questo è l'unico modo per accertarsi che possegga Mana e quale sia l'elemento da lei controllato.”
“E come si fa a capirlo?” chiese curioso.
“Verrai sottoposto al giudizio degli Elementi stessi.”
“E perché sara doloroso?” continuò a domandare, ottenendo un ringhio come prima risposta.
“Questi mocciosi che non sanno niente.” sussurrò il mago tra i denti e continuò a camminare per qualche istante senza proferire parola, poi si decise a rispondere. “Gli Elementi verranno da te uno ad uno, in un ordine stabilito dalle Leggi dell'Universo. Ogni Elemento che non ti appartiene ti causerà un dolore diverso, fino a quando non verrai sottoposto al giudizio di quello che scorre nelle tue vene e, a quel punto, potremo essere sicuri che possiedi il Mana e quale esso sia.”
Ari ingoiò a vuoto. Non voleva trovarsi in quella situazione. Sembrava molto più tranquillo mentre parlava con Hamar, ma quel mago l'aveva decisamente sconquassato.
“Essere un mago è simbolo di potenza.” continuò a parlare l'uomo. “Se non sei neanche in grado di superare una prova del genere, allora forse ti conviene tornare nelle celle squallide in cui hai sempre vissuto.”
Ari strinse i pugni.
Come osava insultarlo in quella maniera? Lui, insieme a tutti i Sacrifici, era stato costretto a vivere in quel modo. Non era colpa loro se venivano usati come agnelli sacrificali dai maghi e quell'uomo parve non importarsene minimamente. Anzi, era schifato da loro.
Non gli piaceva per niente.
“Ehi, Niremaan.” Wayra era proprio davanti a loro, accanto a una porta chiusa. “Dalla faccia del ragazzo immagino che non abbiate avuto una delle migliori presentazioni.” sorrise per poi rivolgersi ad Ari. “Perdonalo, non ha ancora imparato le buone maniere, sarà il fuoco che gli ha dato alla testa.”
“Wayra, come osi dare quest'immagine di me davanti a un Sacrificio?”
“Fra qualche minuto questo Sacrificio potrebbe non essere più tale e unirsi a noi.”
Il più anziano, che a quanto pare si chiamava Niremaan, schioccò la lingua in segno di disapprovazione.
Ari era semplicemente rimasto a osservare la scena senza emettere fiato, troppo nervoso per quello che sarebbe accaduto a breve. Però, quando i due ebbero finito il loro battibecco, Wayra si voltò verso di lui e lo accolse con un ampio gesto delle braccia.
“Puoi entrare, adesso. Noi ti aspettiamo qui fuori.”
“Ma cosa devo fare?”
“Tranquillo, basta che ti posizioni al centro della stanza e il resto verrà da sé.”
Il ragazzo prese un lungo respiro e aprì la porta.

Posso farcela... Andrà tutto bene.

Il viso di Nael che gli ripeteva quelle parole si fece strada in lui ancora una volta.

Andrà tutto bene.





Entrò e la porta si richiuse dietro di sé in automatico.
La stanza che gli si presentò davanti era circolare e illuminata da scie di mana di ogni forma e colore, che passavano emettendo un piccolo fischio, si scontravano tra loro cambiando direzione e sbattevano contro le pareti per poi svanire nel nulla.
Era uno spettacolo meraviglioso, tutte quelle tonalità e quell'energia che volteggiava attorno ad Ari lo riempivano di un calore intenso e nello stesso tempo di un freddo pungente che quasi gli impedì di raggiungere il centro.
Una scia viola lo attraversò appena al di sopra dello stomaco e gli venne da ridere per il solletico, si portò la mano lì dove era stato colpito, tuttavia non c'erano segni del suo passaggio né sul maglione né sulla sua pelle.
Non appena raggiunse il centro, le luci si bloccarono all'istante.

Che sta succedendo?

Ad Ari quasi venne un attacco di panico e subito dopo si accesero sei bagliori posti in sei parti diverse della parete.
Da queste luci si materializzarono degli oggetti che si avvicinarono a lui fino a intrappolarlo nel mezzo in una finta gabbia. Una conchiglia bivalve brillava di un azzurro intenso, un seme ardeva in una fiamma rossa crepitante, un piccolo tornado emanava luce verde, una radice di quello che doveva essere sicuramente un albero molto antico risplendeva di giallo, una nuvola aveva una colonna di luce violetta candida che l'attraversava e un teschio aveva le orbite degli occhi ricolme di un bagliore nero.
Ari non sapeva dove guardare, troppo accecato da tutto quel chiarore, inoltre doveva essere pronto ad affrontare qualsiasi cosa da un momento all'altro. Chiuse fortemente gli occhi, ma qualcosa glielo impedì e fu costretto a riaprirli.

Andrà tutto bene...

Gli oggetti ondeggiarono intorno a lui, rimanendo a mezz'aria e, ad un tratto, cominciarono a girare in cerchio, dapprima lentamente poi sempre più veloce.
L'energia che fuoriusciva da esse formò un cerchio di mana dai colori più svariati, fino a quando non cominciò a prendere forma un'unica scia di mana dal colore verde chiaro con sfumature più scure.
Ari si ritrovò consapevole che fosse l'Elemento del Vento e percepì una leggera brezza tra i suoi capelli. Questa aumentò sempre di più, portando con sé un fischio lieve. Era molto piacevole e non capì perché avessero detto che sarebbe stata una prova dolorosa.
Forse aveva già trovato il suo potere?

Ma è Tangaroa quello che è venuto in sogno, la divinità dell'oceano... pensavo che fossi destinato all'acqua.

I pensieri del ragazzo si bloccarono all'istante, non appena il fischio si tramutò in un urlo assordante. Si dovette premere le mani sulle orecchie e neanche si rese conto di essersi buttato con le ginocchia a terra.
Il cuore gli martellava pesantemente nel petto e non c'era niente che potesse fare per evitare quell'agonia, quel grido straziante che aumentava d'intensità. Lo sentiva rimbombare dentro la testa, fracassargli le ossa una a una mentre il vento non faceva altro che sbattere violentemente contro il suo viso, facendogli quasi mancare il fiato.

Fatelo smettere, vi prego...

La disperazione dell'urlo era terribile, così acuta e palpabile che poteva avvertire lo stesso sentimento di tristezza dentro di sé.
Dopo qualche istante cominciò a placarsi; Ari si tolse le mani dalle orecchie e poté notare del sangue su di esse. Spalancò gli occhi rabbrividendo, si toccò nuovamente le orecchie per constatare se stesse sanguinando ancora ed emise un suono gutturale con la bocca, rassicurandosi di poterlo sentire.

Non sono diventato sordo.

Tamponò ancora con le mani, testimoniando di non sanguinare più, e cominciò a sudare freddo. Anzi, stava davvero sudando. La fronte grondava di sudore e questo gocciolava a terra formando piccole pozze d'acqua
Alzò gli occhi e si accorse che il colore del cerchio di mana era diventato rosso acceso.

Questo deve essere l'Elemento del Fuoco.

Si sventolò per farsi aria, ma mancava l'ossigeno intorno a lui. Il maglione ormai era talmente pesante che dovette toglierselo e lanciarlo a terra.
Si portò una mano tra i capelli per tirarli indietro e si rese conto che erano diventati secchi come paglia, quando tolse le dita ne rimasero impigliati parecchi e cacciò un urlo vedendo che anche le mani erano diventate rugose e piene di pelle morta.
La temperatura era diventata così insostenibile che si gettò sdraiato a terra ansimante, non appena si mosse, però, sentì tutto il corpo venir lacerato e tante piccole ferite gli comparvero su ogni centimetro di pelle.
Gridò questa volta di dolore e rotolò a pancia in giù.

Qualcuno mi aiuti...

Provò a far leva e rimettersi in piedi. Puntellò così le mani sul pavimento e riuscì a stare a carponi.
In quel momento notò con orrore che la pelle si stava staccando dal suo corpo e lasciava intravedere i muscoli.
Si sgolò con l'ennesimo urlo, tanto da farsi venire male alla gola.

Nael, aiuto...

Non riuscì a trattenere un pianto e le lacrime cominciarono a sgorgare dai suoi occhi.

Tangaroa...

Una delle piccole perle scivolò giù lungo il mento e finì per colpire la mano.
Il dolore scomparve improvvisamente.
Ari continuò a piangere, eppure percepì tutto il corpo guarire, persino la sua pelle era tornata al suo posto e il caldo era svanito in un batter di ciglia. Dovette alzare di nuovo gli occhi per vedere che adesso il mana era azzurro.

Ari, finalmente ti sei svegliato.

Quella voce la conosceva bene.
“Tangaroa.” affermò il ragazzo e si rimise in piedi. Il suo sguardo era puntato contro la conchiglia ferma nel bel mezzo della scia di mana e dalla quale sembrava provenire la voce.

Accogli il mio potere.

Ari non ci pensò un attimo, il suo corpo agì da solo. Fece qualche passo verso la conchiglia e allungò le braccia verso di essa fino a quando non la sfiorò con le dita appena appena. La sensazione che percepì era benevola e confortante.
Ritrasse di poco la mano, poi si fece ancora più coraggio e afferrò l'Elemento dell'Acqua saldamente.
Venne investito da una valanga di sensazioni. Un potente flusso di mana si sprigionò intorno a lui, avvolgendolo in un vortice d'acqua che lo sollevò di qualche centimetro da terra e che penetrò in lui ogni qual volta si scontrava con la sua pelle, come risucchiato dal suo corpo.
Le vene cominciarono a pulsare, alle dita tornò il formicolio che l'aveva accompagnato per parecchie giornate, ma questa volta era piacevole.

Quindi avevo ragione. È l'Acqua.

Tutte le ferite si rimarginarono nel giro di qualche secondo e la sua mente si placò. Per la prima volta nella sua vita sentiva di non aver paura di niente e che fosse in grado di fare qualsiasi cosa desiderasse. Così avrebbe voluto essere ogni singolo giorno.
Il vortice si placò e Ari tornò a toccare il pavimento con gli stivali, la conchiglia era ancora tra le sue mani con un'aura azzurra attorno, lo stesso colore che si era impossessato dei suoi occhi.
Rimase immobile al centro della stanza, mentre gli altri oggetti sacri tornavano al loro posto; le scie di mana ripresero a volteggiare nella stanza di ogni tonalità di blu. Non riusciva a pensare a niente, il suo sguardo sempre fisso sull'Elemento dell'Acqua.
All'improvviso sentiva di appartenere a qualcosa.
“Ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia.”
 



NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti, buona Domenica! Mi scuso in anticipo, ma ho delle cose da dirvi che forse non vi interessano completamente, ma danno una spiegazione a quello che è successo in questo capitolo (perché è stata una ricerca estenuante, davvero..!)
Partiamo dai maghi. Ho già detto che ogni nome utilizzato in questa storia non è per caso e qua si vedono tre nuovi personaggi che portano un nome che riflette il loro essere: Hamar significa “geniale”, semplicemente è un vecchio saggio che spara frasi ad effetto ahaha; Niremaan è “brillante come il fuoco” infatti possiede il potere del fuoco; Wayra “vento” anche qua molto semplice ahah diciamo che ci sono personaggi con nomi più ricercati, ma volevo rendervi partecipi.
La parola mana: come potete notare a volte ha la lettera minuscola, altre maiuscola. Non perché sono mie sviste, ma perché esiste una sottile linea che divide il Mana come fonte stessa di energia e il mana per indicare il potere che possiede un umano. A volte anche io non so bene come scriverlo perché può avere doppia interpretazione, tuttavia, questo è parecchio irrilevante, era solo un appunto per dirvi che non sono così distratta ahah
La Prova degli Elementi: eh.. eheh...accidenti... Mi sono andata a complicare la vita! Praticamente tutto doveva seguire un filo logico, quindi vai di mitologia polinesiana a cercare manufatti e situazioni che adesso vi spiego! Le nuvole per la Luce sono perché nella cultura polinesiana le nuvole sono associate al concetto stesso di Luce e rappresentate con una colonna di luce appunto; il figlio del dio del sole venne mandato sulla terra per portare il seme del fuoco e da qua il seme avvolto dalla fiamma per il Fuoco; il dio del vento ha iniziato ad urlare per disperazione quando gli è stato ucciso il padre, per questo Ari affronta questa sfida e il tornado è semplicemente un simbolo rappresentativo di distruzione legato al Vento; il teschio non ha bisogno di spiegazione; la radice riguarda il corrispondente dell'albero della vita (conosciuto come Yggdrasil in alcune culture) per la Terra e, infine, arriviamo all'Acqua.
Si racconta che Tangaroa in principio fosse rinchiuso in una conchiglia quando ancora non esisteva niente al mondo (lui è uno dei tre figli di chi ha creato il mondo). Quando è uscito da essa si è reso conto che non esisteva nulla e ha iniziato a tirare fuori conchiglie dalla propria conchiglia e da esse sono nate tutte le cose e si dice che il cielo sia la conchiglia per il sole, le stelle, la luna; il mare per quello che vi è nel mare e così via... Perciò questo racconto insegna che nell'universo ogni cosa che esiste ha una sua conchiglia, ed ecco spiegato anche il perché del titolo!
Scusate se sono stata prolissa come al solito, ma volevo condividere con voi le mie ricerche u.u

Per quanto riguarda il capitolo, sono sicura che abbiate sentito la mancanza di Nael, non vi preoccupate torna presto! XD
Spero che vi stia piacendo come si sta evolvendo la situazione, insomma, povero Ari! Adesso che cosa gli accadrà dato che ha i poteri da mago? Come diamine fa ad averli? Quante domande spero che abbiate ahah e altrettante teorie! :3
Fatemi sapere con un commento come sta proseguendo questa storia e spero di potervi appassionare il più possibile! Grazie mille a tutti quelli che mi hanno commentato e quelli che lo faranno e a quelli che mi hanno seguito e che lo faranno e ci sentiamo Domenica prossima con un altro capitolo! Non mancate!
Flor ^w^

  
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