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Autore: Botan    10/05/2009    6 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La confusione e lo scompiglio creano sempre un gran trambusto

                                    Gemelli                   

                                       #02

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

La confusione crea sempre un gran disordine.

E quello che confonde me, riguarda ciò che mi è successo l’altro giorno. Sono svenuta così, da un istante all’altro, senza un perché. Forse… sarà stato lo stress? Tuttavia, dentro di me i ricordi di quella sera non sono chiari.  

Ed io che pensavo di aver finalmente rimesso ogni cosa al suo posto!

Mi sono illusa di poter spiccar il volo, avere un piccolo appartamento per conto mio, e vivere come una ragazza che lavora e si gestisce al meglio la propria vita.

Tuttavia, più si va avanti, e più non smetto mai d’imparare. Ho capito che c’è sempre una virgola che si può infrangere al di fuori dei soliti schemi, e che ti riordina di nuovo le cose, costringendoti poi a fare tutto daccapo.

Da parte mia, posso solo portare pazienza, e cercare di rimettere ordine.

Però, se al mio fianco c’è un intrepido e coraggioso Cavaliere, tutto ciò che mi circonda e che non riesce a trovare un proprio ordine, ritorna magicamente al suo posto!

 

 

 

 

 

Kaoru Mistuki cercava. Cercava con affanno e sveltezza, frugando in ogni dove.

Sotto il letto.

Nei cassetti di un comò.

In un vaso senza fiori.

In una scatola piena di colori.

Controllando spigolo spigolo, angolo dopo angolo, senza trovare ciò che pareva aver smarrito.

In quella camera, la sua vecchia camera racchiusa nella grande villa dei Saejima, le scatole spacchettate solo a metà del fallito trasloco di alcuni giorni prima, si rianimavano, si scuotevano vivacemente. Kaoru frugò al loro interno, rovistando qua e là, una ad una, più incalzante che mai. Era come se avesse l’acqua alla gola, perché consapevole che avrebbe fatto tardi al lavoro.

Fermandosi un secondo al centro della stanza, il pensiero di chiamare Gonza, nella vaga speranza che potesse darle un aiuto, le prese a gironzolare nella mente.

Senza scoraggiarsi, la ragazza si accinse a lasciare la camera con fare svelto. Il pomello girò, l’anta si spalancò in una frazione di secondo, e lei in un battibaleno si ritrovò già sul pianerottolo del piano sovrastante.

Che cosa stava cercando quella giovane ragazzina dai grandi occhi? Quello che avrebbe cercato anche un artista distratto: la propria matita. La sua prediletta.

Il maggiordomo esattamente era alla sua destra, qualche metro più in là, infondo al corridoio. Sparì in quel preciso istante infilandosi svelto in una stanza e richiudendosi, quasi subito, la porta alle spalle.

Kaoru lo scorse appena in tempo. Facendo una rapida corsetta, percorse la fine dell’andito e spalancò incurante l’uscio di quella camera.

- Gonza…- pronunciò altisonante, rapida. “Hai visto la mia matita?” avrebbe voluto dire, ma le parole le restarono lì dentro, in gola, smorzate da chissà quale imprevedibile fatto. 

Di chi era quella camera?

Avendo appena finito di fare una doccia, Kouga stava annodandosi in vita un asciugamano bianco, sotto l’attenzione di un fedele maggiordomo che gli aveva appena porto il telo pulito, e sotto un viso di colpo imbiancato della ragazza pittrice.

Un pallore, il suo, destinato a cambiare con un’immediatezza pressoché istantanea, in un rosso profondo e del tutto scontato.

Gli occhi poi si nascosero tra due mani tremanti poco dopo un “dietro-front” scattante. Il rumore di una porta che sbatté ed echeggiò altisonante nell’atrio della villa, fu l’unica reazione di quel timido pulcino spennacchiato, che celere come non mai nei passi, raggiunse la propria camera in un lampo per richiudersi all’istante l’anta alle spalle.

- Comincio a rimpiangere il mio piccolo monolocale! – esclamò crucciata, toccandosi le guance ormai divenute caldissime. Facendosi con le mani aria su quella faccia accaldata, e gettando un occhio alla sveglietta posta sul comò, Kaoru sospirò sconsolata: raccolse una manciata di coraggio, agguantò la tracolla della capiente sacca con una mano nervosa, e si lanciò risoluta all’esterno, percorrendo la gradinata del palazzo senza mai volgere lo sguardo all’indietro.

La paura di incrociare quel taciturno signorino, le avrebbe creato senza dubbio imbarazzo. Tanto imbarazzo.  

Raggiunta la cucina, un bicchiere di latte fresco, bevuto giù con un sol colpo un po’ per fretta e un po’ per rabbia, fu la sua magra colazione.

Kaoru poggiò il bicchiere di vetro sul tavolo posto al centro della sala, e poi si voltò.

Alle sue spalle c’erano una serie di finestre che si susseguivano in quell’ambiente arioso e pieno di luce. Luce che, filtrando da quelle lastre trasparenti e pulite, la fece subito sentire a disagio. In un momento come quello, in cui lei sarebbe voluta sprofondare del tutto nel buio, non c’era posto peggiore!

-“Davvero un pessimo modo per iniziare la giornata!” – sbottò tra sé, volgendo un secondo lo sguardo in aria. Ma poi, la paura di vedere arrivare Kouga, da un momento all’altro, la convinse a scattare via di corsa.

Quella paura, tuttavia, si consolidò presto.   

Nel momento in cui stava per lasciare il luminoso salone, appena svoltato l’angolo, dal lato opposto al suo, Kouga le piombò d’innanzi e la travolse in pieno. Kaoru sbatté forte sul suo torace vestito di nero e guarnito da effigi preziose, e rimbalzò meccanicamente all’indietro. L’intervento tempestivo dell’altro, però, la riprese al volo.

- Sta più attenta. – le sbottò quest’ultimo, tenendole i polsi con modi non proprio regali.

 

- Sta più attento tu, piuttosto! – controbatté lei, con una reazione eccessiva, che la spinse a chinare gli occhi verso terra soltanto dopo averlo fissato brevemente in volto. La risposta di Kaoru, inoltre, aveva un che di sottinteso.  

 

Quel significato, Kouga lo afferrò al volo, ma anziché tacere, il giovane paladino trovò lo spunto per replicare: - Prima di infiltrarti come una furia nelle camere altrui, dovresti bussare. – le rammentò arrogante, ma piuttosto tranquillo. I modi e la voce lo erano.

Il contrario di lei che, da persona offesa, non riuscì a starsene zitta: - Altro che Cavaliere! Sei un perfetto maleducato! – gli appuntò stizzita, sfoggiando un broncio davvero grigio, quasi certamente indignato. Andò via sbuffando, mentre Kouga si limitò a seguirla con uno sguardo accidioso. Nello stesso istante, la voce di Gonza, giunta proprio alle sue spalle, lo fece di nuovo voltare.

- Ho avvisato il maestro, signorino. Mi ha riferito di farvi sapere che vi sta aspettando.

 

- Bene. – disse lui, soddisfatto, ed assentendo con il capo. – Ci vado subito.   

 

 

 

 

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

- Hai detto otto, vero? – domandò un anziano uomo al giovane Kouga, gettando un’occhiata ad uno scaffale pieno di libri vecchi ed impolverati, situato lì vicino.

 

Nella cupa cantina di un seminterrato malconcio, saturo di muffa e ragnatele, il flemmatico spadaccino assentì a quella misteriosa figura che gli stava di fronte, per seguire poi lo spostarsi di quel tizio con lo sguardo.

 

- La pregherei di accettare ancora le mie scuse… Ho chiesto un appuntamento con troppo poco preavviso, ma né io né Gonza siamo riusciti a trovare quell’arma. – confessò amareggiato.

 

- C’è solo un registro araldico del Makai, che riporta quell’oggetto. – confermò il vecchio che, per fattezze, assomigliava proprio ad uno di quei classici anziani eremiti protagonisti di fiabe dalle storie antiche ed affascinanti. Prendendo in seguito uno dei tanti tomi tra le mani, il signor Denemon, persona ultra settantenne vestita in maniera bislacca con tanto di tunica rosso scuro, dalle ampie maniche, e baffetti lunghi e grigiastri, soffiò sulla copertina del libro per allontanare un promiscuo strato di polvere, infine lo aprì – Caro ragazzo, - premise, emettendo un lieve sospiro- quella che hai visto la scorsa sera, non è una semplice arma. – confermò alla fine, consegnando quel libro, con le pagine ben aperte, tra le mani di Kouga.

 

- E’ questa. Ne sono sicuro! – affermò chiaro e deciso, con lo sguardo attento più del solito, esaminando un ritratto dell’arma impresso sulla facciata ingiallita di quel foglio.

 

- “L’Ottava Stella del Makai”. E’ così che la chiamano. Può inseguire il bersaglio predestinato, ovunque esso si trovi. Si tratta di una potente arma molto antica, che tuttavia non viene utilizzata ormai da tempo immemore, perché nessuno ha l’ardire di farlo.

 

- Come mai? – domandò lo spadaccino, affascinato dalle parole di quel saggio vecchio.

 

La risposta di quell’uomo non tardò ad arrivare:

- Per forgiarla, è necessario invocare lo “Spirito Malvagio”, colui che tutti chiamano “il distruttore”.

 

- Ahriman?! Non è possibile! – esclamò agitato Zarba, dimostrando di conoscere quel cosiddetto “distruttore” in maniera alquanto impeccabile. Kouga gli gettò uno sguardo deciso.  

Denemon al contrario sogghignò compiaciuto, mentre si dilettava a squadrare le fattezze di quel gotico anello un po’ troppo ciarliero.

- A quanto pare, hai un’ottima guida mistica, ragazzo! Dopotutto, quell’anello è una delle più importanti opere che quel bontempone di mio fratello abbia mai creato. – commentò, lasciandosi per un attimo trasportare dai ricordi. Dunque, il vecchietto che assomigliava ad un eremita fiabesco, altri non era che il fratello del gran maestro Amon. Il geniale Prete del Makai, grande amico di Taiga, ucciso da Kiba più di un fa.

Kouga si osservò ancora la mano, e Zarba gli sorrise appena con una smorfia audace, piena di sé. Si sentì in quell’attimo piuttosto importante.

Lo spadaccino riprese in seguito l’argomento interrotto dall’anziano saggio, sempre più incuriosito da quella storia:

- Che cosa succede una volta invocato questo spirito?

 

Denemon osservò il Cavaliere dal retro di un paio di lenti sottili che gli stavano sul naso. Si carezzò lentamente il mento, fino a toccare quel po’ di barbetta che gli pendeva giù come erba secca attaccata al dirupo. – Le teorie legate al Zoroastrismo, dicevano che dopo la morte, l’anima di ciascuno di noi sarà giudicata al Ponte del Giudizio; il seguace della Verità lo attraverserà e sarà condotto in paradiso, mentre il servitore della Menzogna, precipiterà all’inferno. Se si stabilisce un patto con Ahriman, si rinuncia in questo modo ad attraversare l’empireo, e a finire per tutta l’eternità nelle più aride e profonde gole del Makai. Ecco perché quell’arma, tanto preziosa quanto funesta, è stata bandita dal regolamento dei Cavalieri Magici. Nemmeno un prete del Makai può ottenere il consenso per forgiarla. Sai che cosa c’è scritto su quelle otto punte?

 

Lo spadaccino scosse il capo: - Purtroppo… - premise amareggiato- non ho fatto in tempo a decifrare quei caratteri. – ammise, con la delusione che gli si poteva leggere chiaramente in volto.

 

- Non hai fatto in tempo? Meglio per te, ragazzino! – rise di gusto il vecchio. Kouga al contrario non sembrò affatto gradire e, capire, il perché di quel gesto così poco simpatico. L’anziano poi riprese il discorso- “Colui che vorrà servirsi dei prodigi della Stella, dovrà scandire a gran voce la frase rituale incisasi grazie alla preghiera del suo abile artigiano, e suggellare il Mistico Patto”. Questo è ciò che recita una parte dell’introduzione riportata nel registro del Makai che hai tra le mani.

 

Kouga assottigliò lo sguardo su quel vecchio tomo, poi osservò l’anziano: - Che cosa dice il resto dell’introduzione?

 

Il saggio eremita fissò intensamente il giovane spadaccino. – Vuoi davvero saperlo? – chiese in un primo momento. Il Cavaliere del Makai annuì senza taluna esitazione. Un tipo come Kouga non ne avrebbe mai avuta.– Ebbene…- scandì l’anziano Denemon, preparandosi a rivelare la misteriosa frase – “ Punta dopo punta, dall’uno fino all’otto, le profane parole egli dovrà pronunciare e il Patto Mistico sancire. Quando la nenia infausta proferita sarà, l’arrivo della Menzogna sul suo cremisi destriero, ad egli il Paradiso dal destino strapperà.  In altre parole, se tu avessi pronunciato quei profani lemmi a voce alta, ti saresti presto trovato faccia a faccia con Ahriman in persona, salutando per sempre la possibilità di accedere al paradiso. Però, tu non hai fatto in tempo…! Hai proprio una fortuna sfacciata, ragazzino! – dichiarò l’uomo, facendosi ben volentieri un’altra sana risata.   

 

Kouga chinò gli occhi, preso dall’imbarazzo, mentre in sottofondo si sentì Zarba ridacchiare allegramente. La questione, tuttavia, assunse presto una piega ben diversa, anche perchè qualcosa non parve, di primo acchito, ritornare chiaramente nei pensieri sempre più confusi dello spadaccino del Makai.

- Ha detto… - premise, mentre sembrava rammentare una cosa proprio in quell’attimo- ha detto che ha il potere di non mancare mai la meta, è così? Peròquell’arma non mi ha colpito in un punto vitale. – Il Cavaliere lanciò un’occhiata alla lieve ferita, ormai modicamente visibile, sul palmo della mano. Una fenditura breve, quasi del tutto cicatrizzata dagli effetti altamente curativi del balsamo di Rivatra. Niente di così grave, in fin dei conti. Almeno non per lui.

 

- Non è detto che debba uccidere per forza. – concluse secco quello strano tizio, mentre si riprese l’antico libro e lo ripose al proprio posto, lì, in una fila molto più sporca ed impolverata delle altre. Probabilmente perché quell’angolo non era mai stato sfiorato da nessuno, prima di quell’attimo.  – Chi te l’ha lanciata, forse mirava ad ottenere dell’altro, chissà! – sibilò infine, carezzandosi i lunghi baffi bianchi con il pollice e l’indice. – Ad ogni modo, il figlio del grande Taiga Saejima saprà senza dubbio ottenere la risposta ai quesiti che lo affliggono. – disse, avviandosi alla conclusione di quel colloquio. Poi però sogghignò, stavolta con una sottigliezza maggiore, quasi mistica - Non è forse così, ragazzino?

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

L’Ottava Stella del Makai.

Il Ponte del Giudizio.

Ahriman.

Kouga era più tacito e pensieroso del solito, in quella tarda mattinata.

Procedeva per i boschi, in direzione della sua bella villa, riflettendo a fondo nella speranza di ricollegare i pezzi di un puzzle che sembravano essersi disseminati lungo un irto e scivoloso cammino.

Sulle scalinate della sua abitazione, un Rei Suzumura completamente adagiato là in mezzo, adocchiò il collega vestito di bianco e gli fece presto un sorriso.

Svogliato, accidioso, il guerriero dell’Ovest si alzò e discese il gradino che lo separava dal suolo, lambendo la gradinata con l’orlo del suo soprabito nero.

I due si raggiunsero reciprocamente, ma per Rei, il ragazzaccio dal ciuffo un po’ più sbarazzino, l’idea di accogliere il collega con un gesto cortese, non gli sfiorò neppure la mente.

Kouga vide l’amico farsi avanti con un pugno. La prontezza del Cavaliere d’Oro, tuttavia, fu superiore. Lo spadaccino bloccò ed annientò quel destro, fermandolo con il palmo della mano.

- Che diavolo stai facendo?! – gli sbraitò arrabbiato il detentore del titolo di Garo, continuando a respingere la mano chiusa dell’altro.

Nello sguardo di Rei, c’era rabbia. Tanta rabbia.

 

In lontananza, la sagoma di Kaoru che faceva presto ritorno a casa, avendo finito le sue tre ore di lavoro mattutino, fece capolino nel piazzale della villa.

Vedendo quei due testardi Cavalieri discutere, le sue gambe iniziarono meccanicamente a correre. 

Svelta, senza perdersi d’animo, e con coraggio, l’artista si pose in mezzo ai due per dividerli immediatamente.

In replica alla domanda fattagli da Kouga alcuni istanti prima, Rei afferrò con prontezza il braccio dell’artista e la tirò di peso a sé, schioccandole con prepotenza un bacio sulla guancia.

Lo spadaccino del Makai lo ferì all’istante con un’occhiata torva. Ebbe come un sussulto, dentro di sé. Un fastidioso e lacerante malessere, sgradevole come uno sciame di zanzare.  

 

- Ti dà fastidio che qualcun altro tocchi la tua donna, eh?! – controbatté Rei, ostentando uno sfacciato sorrisino. Smorfia destinata a cancellarsi non appena uno schiaffo istintivo sferrato lì per lì da Kaoru, gli centrò in pieno il viso.  

In un attimo, Kouga afferrò l’arto della pittrice approfittando dell’occasione, e la spinse dietro di sé.

 

- Picchia forte la tua dolce metà! – fece subito sapere il moro, con una voce fastidiosa ed inappropriata, dall’accento vivace.  

 

La fronte del giovane Saejima si corrucciò in modo intimidatorio: - Fallo ancora, e lo rimpiangerai amaramente!

 

Minacciosa, in quell’istante, fu anche l’obiezione dell’altro: - Mi sono infastidito almeno quanto te, ieri notte! Perché hai permesso a quell’Orrore di fuggire?! – disse con rabbia, accigliandosi furente.

 

- Cosa?! – ribatté sul momento lo spadaccino dell’Est, mettendo in mostra un’aria confusa.

 

- Vuoi forse che ti faccia tornare la memoria? – Toccando le anse delle sue corte ma affilate lame, senza inutili convenevoli il Cavaliere dell’Ovest si apprestò a sguainarle con un’abile mossa.

 

- Basta così, Rei! – lo ammonì burbera Silva, non più appesa al collo del suo proprietario sotto forma di collana, ma incastonata sulla superficie nera e di pelle di un mezzo guanto, per indurlo a calmarsi. In seguito, con parole chiare e precise, fu lei a spiegare la situazione- Ieri sera, durante un pattugliamento notturno, hai colpito Rei allo stomaco e permesso ad un Orrore di scappare.

 

Quelle parole annichilirono Kouga in un battito d’ali.

- Impossibile! Non ero io! – controbatté prontamente. 

 

- Ed io non ero ubriaco, Kouga! – asserì subito il paladino dell’Ovest, sempre più deciso a sguainare le armi.

 

Kaoru, seguito attentamente il dibattito, non poté impedirsi di confermare: - Kouga ieri sera era con me! Te lo assicuro! – si affannò a dire, con lo scopo di difenderlo, facendosi avanti caparbia.

 

- Cos’è, mi prendi anche tu in giro, sorella? – le replicò Rei, sforzandosi di emettere un sorriso tirato. – Vuoi che stavolta ti sfiori le labbra? – il Cavaliere d’Argento si animò con l’intento di raggiungere la ragazza, ma questa volta Kouga fu più lesto di lui. L’Animetallo della spada luccicò alla luce del sole, per posarsi minaccioso sotto il mento dello sfrontato ragazzino. – Ma che bello! Come ai vecchi tempi, eh? – lo sfotté quest’ultimo, ferendolo con un’occhiata minacciosa.

Le armi di due Cavalieri Mistici, non avrebbero mai dovuto incrociarsi. Era il regolamento. Tuttavia, due perfetti violatori di legge come loro, quel regolamento non avevano nessuna voglia di rispettarlo.

 

Kaoru si scosse, si agitò. Anche lei non voleva che loro litigassero. Quei due testardi, prima di essere Cavalieri Mistici, erano soprattutto amici.

Un passo in avanti, fu tutto ciò che la giovane riuscì a fare, poco prima di avvertire un pericoloso capogiro.

- Ragazzi… - pronunciò a stento, stordita da quell’indisposizione improvvisa, e tenendosi la fronte con una mano. Kouga e Rei le lanciarono diretti uno sguardo. Il primo dei due lo fece con più attenzione. – Non credo di sentirmi tanto bene…- dichiarò infine, serrando di colpo le palpebre e crollando esanime verso terra.

 

- Kaoru! – esclamò Kouga, gettandosi verso di lei per sostenerla tra le braccia. L’afferrò quasi per un soffio.

 

- E’ svenuta. I battiti del suo cuore sono alquanto deboli. – gli annotò Zarba, costatandolo grazie all’anello di fidanzamento che la ragazza portava al dito, creato per l’occasione dal Madougu gotico e regalatole da Kouga il giorno in cui la pittrice partì per l’Italia con l’intento di recuperare le cose che aveva lasciato in quel piccolo ma accogliente paese, e trasferirsi definitivamente in Giappone.

Quell’anello, più del precedente, aveva il magico potere di comunicare a Zarba l’ubicazione pressoché esatta del suo possessore, compreso lo stato di salute. Tutto merito dell’Animetallo, il cosiddetto “metallo dell’anima”, usato per forgiare le armi e le armature dei Cavalieri Magici, che agiva proprio sull’anima del suo proprietario, divenendone un tutt’uno. Ed era proprio l’Animetallo del gioiello che, stando a contatto con il dito della pittrice, permetteva a Zarba di stabilire un quadro clinico attraverso i soli battiti del cuore.      

 

- Non starà per caso aspettando un bambino, eh Kouga? – scherzò il solito Rei, meritandosi pienamente un’ammonizione “visiva”, cioè fatta solo con uno sgarbato sguardo, da parte del collega. Quel ragazzo sospirò. D'altronde, la sua voleva sembrare solamente un’innocua battuta – Portiamola dentro, dai! – propose in seguito, mettendo da parte i dissapori.

 

 

 

                                                                    

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

Distesa sul divano in una sala della villa, Kaoru pian pianino dischiuse gli occhi e cercò istintivamente di alzarsi. Un capogiro però la costrinse a cedere senza indugio, e a sprofondare nuovamente su quel morbido sofà.

 

- Sta giù! – le ordinò con fermezza Kouga, tuttavia, premuroso sia nei gesti delle mani, che la costrinsero a distendersi con dolcezza, e sia nella voce. Anche se quest’ultima, aveva un accento un po’ burbero.

 

- Sto bene. – pronunciò lei, cercando di rassicurarlo, mentre si guardava intorno confusa. Gonza e Rei erano lì accanto. Anch’essi la fissavano con apprensione. - Mi sento solo un po’ debole. – ammise poi, sforzandosi di emettere un sorriso.

 

- La mattina non ti alimenti come si deve e sei sempre di corsa. E’ per questo che sei debole…! – replicò alla svelta lo spadaccino, con parole oggettive e assai dure. I due giovani si fissarono reciprocamente negli occhi. Quelli di Kaoru avevano il sapore della colpevolezza, mentre per Kouga, il suo sguardo dichiarava a gran voce il desiderio di urlare qualcosa. Era come se volesse dirle “non voglio perderti”, “mi preoccupa il pensiero di vederti soffrire”. Però, quel ragazzo non era ancora pronto per esternare alla sua bella delle simili parole. Rialzandosi dalla posizione supina, il signorino osservò Gonza in viso – Occupati di lei e falla riposare. – gli chiese infine, gettando poco dopo un’occhiata verso Rei. Il moretto dalla risposta sempre pronta afferrò al volo quel sottile segnale, e seguì Kouga verso l’esterno dell’abitazione, attraversando un lungo tratto di terra, per poi scomparire nella boscaglia più fitta di quel territorio.

 

Un luogo calmo, privo di rumori, accarezzato da una timida luce che s’infrangeva sopra agli alberi e ne proiettava le ombre sul terreno. Un posto magnifico per discutere con tranquillità.

 

- Presumo che tu mi abbia portato qui per chiarire. - intuì Rei, da bravo ragazzo sveglio – Ebbene… non mi piace ripetere le cose, ma per te farò un’eccezione! – il moro prese fiato, e poi con un fare incurante, si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e prese ad osservare il cielo- Ieri sera, grazie al geniale intervento di un lupo solitario dell’Est, non ho potuto fare il mio dovere.

 

La replica di Kouga, subito dopo la fine di quella frase, tuonò improvvisa: - Ti ho già detto che non ero io! – Gli occhi del figlio di Taiga, di primo acchito non parevano menzogneri. Il giovane Suzumura lo osservò bene in viso. Avrebbe mai potuto, Kouga, mentire così bene?

 

Zarba, appurata la situazione, decise di farsi avanti: - Sta dicendo la verità, Rei. Sono pronto a giurartelo. Non puoi non fidarti della parola di un Madougu.  

 

- E perché non dovrebbe? Anch’io ho visto Garo! – si affannò ad affermare Silva, più che decisa con quelle parole. - Sempre che il tuo proprietario non abbia un gemello che svolga il suo stesso operato, s’intende!- commentò maliziosa.

 

- Per la miseria…! – sbottò scocciato l’anello- Sta un po’ zitta, ex-collana! – evidenziò infine, con una voce stanca e scortese.  

 

Le parole di quel gotico testone pettegolo, ferirono Silva seduta stante, e quest’ultima, senza perdere tempo, si adoperò a rimbeccare adirata: - Sei uno zotico!

 

- E tu una ciarliera!

 

- Tra noi due il ciarliero sei tu, rozzo di un anello!

 

- Smettetela voi due! – Rei fermò i due gioielli attaccabrighe con il solo tono della voce, per porre così fine a quell’ inopportuno battibecco.

Lo sguardo e il volto del paladino dell’Ovest si fecero pensierosi almeno quanto quelli del collega dal soprabito bianco. – Lo sai che un diligente Cavaliere Mistico, ha l’obbligo di riferire ai piani alti del Makai le violazioni di un altro Cavaliere? – gli annotò la Zanna d’Argento, guardandolo dritto in faccia.

 

Ma quest’ultimo, quasi con certezza gli rispose secco: - Però tu non lo hai fatto. 

 

Il giovane Suzumura sospirò: - Infondo, speravo proprio che non fossi tu, quel Cavaliere. – ammise, sfoggiando mezzo sorrisino – Prima di passare ai fatti, volevo vedere la tua reazione… Tuttavia, se io non mi fossi convinto che tu dicevi il vero, a quest’ora ti saresti già ritrovato a terra da un pezzo! – Il baldanzoso Suzumura era più che sicuro delle sue capacità da bravo combattente. Così sicuro da sogghignare con noncuranza nei confronti dell’altro Cavaliere.

 

- Io dico che sarebbe stato il contrario. – lo azzittì in fretta Kouga, con una degna risposta.

 

Un sorriso come replica, e poi, quasi subito il Cavaliere dell’Ovest s’incrociò le braccia al petto:

- Secondo te, chi può essere quel Cavaliere d’Oro che assomiglia tanto al tuo Garo?

 

- Speravo che me lo dicessi tu. – appuntò l’altro, deluso dalla domanda del collega, in quanto sperava che fosse egli, quello a dare informazioni.

 

- Prima l’Ottava Stella del Makai, e poi uno che si fa passare per te... Sono alquanto inquieto. – Zarba fu categorico. Tuttavia, quella sua risposta portò Rei a divenire curioso. Molto curioso.

 

- “L’Ottava Stella del Makai”? – replicò proprio lui, aggrottando la fronte che gli si riempì di tante grosse increspature.

 

Silva diede subito sfoggio di tutto il suo sapere, senza lasciarsi sfuggire quella preziosa opportunità: - Si tratta di uno shuriken a 8 punte molto antico, che un tempo veniva creato dai preti del Makai per semplificare il lavoro dei Cavalieri Magici. Nel forgiarlo, però, il suo fabbricatore doveva rinunciare al paradiso. Per questo motivo quell’oggetto lo si doveva utilizzare solo per risolvere casi estremamente complicati e pericolosi.     

 

- Per essere un ninnolo giovane senza catena, sei ben informata! – controbatté subito l’anello chiacchierone, senza farsi vedere stupito, ma, al contrario, seccato. Un Madougu femmina che ne sapeva molto più di lui? Inammissibile!

 

- Non sono certo un’ignorante come te! – reagì pronta la collega, fiera di sé e della sua cultura che sovrastava perfino quella di Zarba. O forse, questo era ciò che pensava lei!

 

- L’anziano Denemon mi ha assicurato che la stella è stata bandita dall’ordine dei Cavalieri Mistici, e che da oltre trent’anni nessuno ne ha più vista una in circolazione.

 

- Denemon? Il saggio eremita che ha studiato e conosce ogni arma del Makai? Il fratello del maestro Amon? Perbacco! – si sbalordì prontamente Rei, facendo una smorfia stupita - Sei andato fin lassù, per chiedergli una cosa simile? Non potevi rivolgerti al Cane da Guardia del tuo settore?

 

- Non mi è stato di grande aiuto. Però… -Kouga sospirò e prese fiato- Mi ha detto che qualcuno varca il portale del Makai senza autorizzazione.

 

- Che cosa?!

 

- Inoltre, ha aggiunto che non appartiene all’ordine dei Cavaliere Mistici. – confermò in seguito, e Rei, in uno schiocco di dita, curvò le sopracciglia all’insù:

 

- Scorazza a piede libero nel Makai, senza il famoso lasciapassare di quelle puntigliose sentinelle? Per la miseria! Deve avere fegato…! Ma… - si trattenne dall’emettere una risatina- Se non è uno di noi, allora chi è? E soprattutto… quello che ho visto ieri, chi diavolo

 

- Non ne ho idea. – lo anticipò secco Kouga- E questo mi preoccupa. – Dopo quell’affermazione, lo spadaccino dell’Est si fece di colpo silenzioso. La faccenda, proprio come aveva confermato anche Zarba, lo doveva turbava parecchio.

 

Rei scrutò di sottecchi il figlio di Taiga. Kouga Saejima difficilmente si lasciava inquietare da qualcosa.  

Fu con una rapida risposta, che la Zanna d’Argento si apprestò a rimettere ogni cosa al suo posto.    

- Beh, se non altro, la tua fortuna è che hai conosciuto me! Ed io non sono un tipo che nega la mano a qualcuno che ne ha estremamente bisogno. Soprattutto quando c’è di mezzo un Cavaliere di poche parole e dal cappotto bianco…! – il giovane Suzumura, con una pacca sulla spalla, cercò di rassicurare il collega. Rei, per l’appunto, senz’altro avrebbe aiutato Kouga a districare quel complicato rompicapo venuto su improvvisamente e dal nulla, suggellando in quel modo un’amicizia, che legava due paladini del bene, destinata certamente a durare nel tempo.

 

 

Di rompicapi, molto più tardi, al povero Gonza di certo non ne mancavano!

- Ma signorina, ragionate! Oltretutto, il signor Kouga mi ha dato l’ordine di…

 

- Il “signor” Kougasottolineò Kaoru, mentre prese fiato con slancio, come se fosse un po’ arrabbiata- è sparito nel nulla da ben due ore, senza nemmeno preoccuparsi di passare da me, prima di sbattere la porta e correre via! Fammi indovinare… Un altro Orrore? E poi ora mi sento meglio! – asserì, mettendo la tracolla sulle spalle ed incamminandosi verso l’uscita dell’abitazione, incurante delle continue esortazioni di quel maggiordomo preoccupato che, poverino, fu costretto ad inseguirla correndo a piccoli passi con tanto di fastidiosa lombaggine al seguito. – Quando torno, con lui ci parlo io. Così non se la prenderà con lei, Gonza!- enfatizzò come nulla fosse, sfoderando un ammaliante sorriso e salutando l’uomo con mano sventolante e spensierata. Poco prima di richiudersi il portone alle spalle e sgattaiolare via, Kaoru si fermò un attimino per rivolgersi al paziente maggiordomo: - Quasi dimenticavo…! Ha trovato per caso una matita, qui in giro?  

 

Gonza ci pensò su, poi scosse il capo tutto desolato. L’artista corrucciò brevemente la fronte, ma poi quasi subito si riprese: tirò a sé il pesante portone di villa Saejima, e lasciò finalmente quel luogo.

 

“Davvero una bella gatta da pelare” pensò quel povero maggiordomo, prima di crollare sconsolato sulla sedia accanto all’ingresso della villa, e reclinare il capo sulla spalla.

Infine, volgendo gli occhi al soffitto, esclamò disperato: - Povero me!

 

 

 

 

 

 

                                                                     ***

 

 

 

        

 

- Sicuro che è qui?

 

- Sicurissimo! Non ti fidi più delle mie percezioni mistiche? – rimandò Zarba, scambiando una chiacchiera con il suo proprietario intento a stanare un Orrore.

 

Il figlio di Taiga sospirò, avanzando silenzioso nei pressi di un deposito di vecchie auto ormai abbandonato.

- E’ da un po’ di tempo che non mi dai le giuste indicazioni. – si lamentò svelto, restando vigile sull’ambiente che lo circondava.

 

- Ma tu sentilo! Perfino il fratello di Amon mi ha elogiato dignitosamente! – sbottò l’anello, visibilmente sdegnato- Per una Chimera Mistica da me non percepita, non c’è da fare i perfettini, ragazzo! Se fosse vivo tuo padre, a quest’ora ti avrebbe già rimproverato per la mancanza di fiducia nei riguardi di un nobile anello mistico come me!

 

Se Taiga fosse stato ancora in vita, forse sarebbe anche stato in grado di aiutare il suo amato figliolo, molto più di chiunque altro.

Era questo, ciò che carezzava i mille pensieri di Kouga, racchiuso in un luogo tutt’altro che illuminato e muto proprio come il suo animo.

Poi, uno scricchiolio inaspettato lo sollecitò a mettersi in allarme.

Il soprabito si mosse, si spostò rapidamente. Con una capriola il ragazzo si lanciò a terra, evitando così di essere colpito in pieno dalla portiera di un’auto vagante.

L’Orrore era finalmente uscito allo scoperto.

Kouga estrasse la spada, gli corse incontro, tra una macchina e l’altra, supino il più possibile per nascondersi ed arrivare al bersaglio senza essere visto.

La poca luce che illuminava l’ambiente, gli facilitò il compito.

L’essere mostruoso, dal corpo rozzo di un rosso violaceo, fece mutare il suo braccio in una lunga e pericolosa asta acuminata.

Una, due autovetture volarono via, spazzate in pieno dalla furia di quella robusta mazza ferrata.

Kouga si fermò. Attese che quelle carcasse si andassero a frantumare contro la parete posta alle sue spalle, e subito dopo uscì di colpo allo scoperto.

L’Orrore lo intravide, si scagliò furioso, pronto all’attacco, ma il colpo d’asta centrò il vuoto.

Il Cavaliere era stato più veloce di lui. Salito prontamente sulla cappotta di un’auto, Kouga ruotò su di sé la spada, e in un baleno si trasformò in Garo.

Il lupo dorato saltò come un enorme felino per sfuggire alla lancia dell’Orrore che, infuriato, tentò di ritrarre l’arma e lanciarsi a mani nude sul bersaglio. Il tutto per acquisire maggior rapidità.

La spada di Garo, anche stavolta, fu più dinamica di quelle mani. Un fendente preciso recise il braccio dell’essere che si piegò su se stesso dal dolore.

Il sangue cadde a terra. Le grida del mostro si levarono in aria, e l’arma di Garo si apprestò a condurre a termine lo scontro.

Prima le gambe, e poi il capo. L’Orrore finì in pezzi, tramutandosi in un cumulo di sporche ceneri. Il lupo azzannato dell’Est poté finalmente riporre la spada, perché per lui, quella battaglia era trionfalmente conclusa.

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

La porta di casa Saejima si aprì spalancandosi inaspettatamente.

Tra un passo e l’altro, Kouga rientrò sorpreso nel vedere Gonza, immobile e teso al centro della hall, che lo fissava con occhi intimoriti. Il ragazzo superò il maggiordomo per poi incamminarsi verso la stanza dove avrebbe dovuto riposare Kaoru, ma Gonza, mettendo in moto le gambe, e raccogliendo una punta di coraggio, lo raggiunse alla svelta e si parò d’innanzi a quella porta.

 

- Che cosa c’è? – lo interrogò svelto il suo signorino, fiutando subito puzza di bruciato.

 

Gonza tribolò, si scosse ed infine fu costretto a rivelargli l’accaduto: - La signorina… è voluta andare a quel corso. – disse a fatica, sforzandosi anche di emettere un sorrisino forzato.

Date le circostanze, il viso di Kouga, proprio come previsto, s’annottò di colpo.

 

 

                                                            

 

               

                                                                            ***

 

 

 

 

 

- Tutto ok? – si sentì rivolgere Kaoru che, per colpa di un fastidioso giramento di testa, se ne stava appoggiata sullo stipite di una porta, con un visino più bianco del solito. La porta, per l’esattezza, era quella che dava accesso alla struttura dell’istituto d’arte frequentato dalla giovane.

La mora, con un’espressione angustiata, si voltò a fatica.

Era stato Ikuo a parlare.

 

- Ho avuto solo un capogiro, nulla più! – gli disse, cercando di essere credibile.

 

- Mi hai detto di esserti nuovamente trasferita, vero? – Ikuo gettò uno sguardo al suo orologio da polso, e poi si mise pensieroso- E’ tardi, e in queste condizioni non credo che riuscirai a tornare a casa… – annotò con saggezza.

Pochi attimi e, le mani di quel giovane così gentile, l’aiutarono a reggersi in piedi, per sostenerla premurosamente. L’artista sobbalzò sorpresa da quel gesto, e si guardò attorno spaesata.

Lì vicino c’era una bici.

 

- Ikuo… - lo chiamò lei, avendo già intuito le intenzioni del compagno di corso.

 

- Mi restituirai il favore la prossima volta che sarò io ad aver bisogno del tuo aiuto! – esclamò il ragazzo, facendola prima accostare e poi sedere sul piano posteriore di quella bici.

Vista la situazione, Kaoru non poté fare a meno di arrendersi alle gentilezze dello studente.

 

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

- Come mai frequenti il corso, se sei già così brava a disegnare? – domandò lui, dopo svariati minuti, tra una pedalata e l’altra, intento a riportarla a casa.

 

- Per imparare nuove cose, e per poter, un giorno, essere autonoma e in grado di aprirmi uno studio tutto mio!

 

- Uno studio artistico?

 

- Esatto! – gli assentì Kaoru, sognando quasi ad occhi aperti – Attualmente lavoro presso una casa editrice che produce fiabe per bambini. Io ho il compito di illustrare le scene di quei libri, seguendo uno schema ed una storia concepita da altri. Però… il mio sogno sarebbe quello di produrre qualcosa di mio, senza persone che ti dicano come, cosa e soprattutto chi raffigurare.

 

- E tu, hai già ideato il protagonista della tua storia?

 

L’artista abbozzò un piccolo sorrisino.

- Veramente… sì!

 

- Scommetto che si tratta di uno di quegli animaletti carini e con il muso simpatico, ho indovinato?

 

- Beh… in effetti, ciò che ho in mente è completamente diverso! – gli confessò ad Ikuo, rivolgendo un pensiero a quel personaggio, vivo proprio nella sua testa, che le fece spuntare un dolce riso sulle labbra. - Si tratta di un cavaliere. Un intrepido cavaliere rivestito da una corazza d’oro, che sconfigge le tenebre e salva le persone in difficoltà.

 

- Però..! – s’incantò all’istante Ikuo, immaginandosi quasi la figura di quell’eroe dorato - Sembrerebbe interessante…! Se fossi un bambino, acquisterei subito i tuoi libri!

 

- Per il momento è solo un sogno, ma io spero che si possa trasformare molto presto in realtà! – I ricordi di Kaoru volarono indietro, nel tempo in cui lei era soltanto una bambina che sfogliava estasiata le pagine di quel libro illustrato fatto dal padre.

Sarebbe stato bello se, in una società sempre più povera di valori, le avventure di un Cavaliere Dorato avessero portato una ventata di speranza verso quei piccoli piccini, destinati un giorno a diventare gli eredi di un futuro non tanto lontano.

         

- A proposito… come mai hai cambiato casa così rapidamente?

La domanda di Ikuo era giunta alla sprovvista.

Kaoru sospirò sconsolata, poi rispose titubante: - Beh- premise, con la voce che sapeva di confusione, quasi non sapesse cosa dire- Di preciso, non lo so neppure io… Però il mio ragazzo pensa che per me sia più sicuro restare a casa sua.

 

- Al sicuro? – replicò Ikuo, più intontito che mai- E da chi? Spero che tu non abbia un serial killer alle calcagna!

 

- Oh, no! Sta tranquillo! – disse la ragazza, sforzandosi anche di sorridere. Come poteva, Kaoru Mitsuki, rivelare a quel giovane sconosciuto che Kouga Saejima, Cavaliere dell’Est, era un cacciatore di Orrori? – Sai, sono una ragazza molto pasticciona e…

 

- Ahh! Ho capito! – esclamò l’altro, mettendola a tacere- Lui ti protegge da te stessa, è così? Teme che tu possa cacciarti nei guai, e quindi preferisci tenerti d’occhio!

La mora ascoltò attentamente le parole dell’amico. In fin dei conti, forse Ikuo poteva avere ragione. Kouga stava cercando di tenerla lontana da quelle pericolose e tetre creature. E non c’era modo migliore, per lui, che tenerla con sé, in quella villa sontuosa, grande ed accogliente.

 

“Dimmi perché? Perché mi hai costretto a traslocare in fretta e furia?” aveva chiesto l’artista, la stessa sera della dislocazione, ad un Kouga muto ed impassibile che le stava d’innanzi.

 

“Combineresti solo guai se resti da sola. rispose lui, frettolosamente. Non poteva rivelarle la verità. Non voleva raccontare a Kaoru né delle Chimere Mistiche, né della faccenda di quell’arma ad otto punte, scagliata con violenza contro di lui da chissà quale creatura, e né delle truci parole di quell’Orrore affrontato nell’angusto vicolo.  

 

- Forse… hai proprio ragione.- pigolò a voce bassa, continuando a rammentare quell’attimo.

 

Le ruote della bici di Ikuo Shiota, ad un tratto si fermarono. Il rumore dei freni fece destare Kaoru che ritornò bruscamente alla realtà.

Il ragazzo richiamò a sé il ritratto di Kouga, visto per caso alcune sere prima, e lo contrappose ad una figura che stava in quel preciso attimo conquistando terreno in lontananza. Aveva esattamente le stesse fattezze del dipinto, appuntò subito.

 

- Mi sembra che quello lì, assomigli al tuo ragazzo. – gli fece presto notare, indicando lo sconosciuto con l’indice.

Un cappotto bianco, un’andatura inconfondibile, e lo sguardo accigliato.

L’artista riconobbe Kouga all’istante.

Il solitario spadaccino notò la bici ferma sul ciglio della strada, e, successivamente vide Kaoru che se ne stava seduta lì dietro ad osservarlo attonita.

Una corsa breve lungo la pista, lo avvicinò lì per lì ai due. 

 

- Kouga…! – esclamò la dolce bruna, scorgendogli in viso un’espressione inquieta.  

 

- Che cosa ti è successo?! – le chiese in fretta il Cavaliere, con una cadenza di voce allarmata.

 

Prima di rispondergli, Kaoru cercò di alzarsi dal sellino posteriore di quel mezzo, ma barcollando, ciondolò in avanti.

Il Cavaliere del Makai l’afferrò prontamente, riuscendo a tenerla su, mentre lei, con fare fiacco si lasciò quasi cadere tra le sue braccia.  

- Sto bene, sto bene! – si affannò presto a decantare, solo per tranquillizzarlo.  

 

- Ti avevo detto di restare a riposo! – Il rimprovero di Kouga giunse senza indugi. La sua espressione, oltretutto, non era certo delle più rosee.    

 

Kaoru chinò lo sguardo nella stessa maniera in cui avrebbe fatto una persona che, per via di uno sbaglio, si sentiva colpevole.

- Ci tenevo a non perdermi la lezione. – pigolò mogia, facendo quasi tenerezza.

 

Ancora una volta, il Cavaliere del Makai nei confronti di quell’ennesima idea balorda, sospirò piano. Poi, con modi calmi e dolcemente premurosi, la spinse ancor di più a sé, per sostenerla con più forza.

Ikuo, l’artista con il codino sulla nuca, nonché compagno di corso della bella Mistuki, osservò il duo di sottecchi, ed esalò anch’egli un sospiro. Ciò che sentì in quell’attimo, fu solo invidia. Forse, anche lui avrebbe voluto una persona da amare. Una moretta come la sua compagna di corso, per esempio.  

 

- Allora, la lascio a te! – esclamò il giovane a Kouga, inforcando i pedali della bici, e guardando per la prima volta lo spadaccino dritto negli occhi. I due si osservarono a lungo, in silenzio. Nessuno si sforzò né di fare particolarmente il buono, e né di essere scostante. Fu un’occhiata tra due sconosciuti coetanei che avevano in comune solo il privilegio di conoscere Kaoru. Nulla di più formale.

     

Il cigolio delle ruote iniziò a far rumore, a divorare il suolo, e a prendere il largo. La bici ripartì sotto lo sguardo perplesso di Kouga, che poi si accinse curioso a chiedere informazioni alla sua bella.

- Quello… Chi era?- disse a malapena, pervaso da un imbarazzo che per lui era davvero anormale.

La domanda pose Kaoru a picchiarsi la fronte con una mano: - Accidenti! Ho dimenticato di presentarvi! – esclamò tutta dispiaciuta - Lui frequenta il mio stesso corso. E’ una persona assai gentile e simpatica! Non appena mi ha visto in difficoltà, si è subito offerto di accompagnarmi a casa. – La ragazza sembrò descrivere quello sconosciuto con evidente entusiasmo. Kouga, dal suo canto, non ebbe modo di sfoggiare lo stesso trasporto. La mora gli osservò il viso lievemente incupito, poi, senza badare alla strana movenza, qualcosa sembrò non tornarle: - Ma tu… che ci fai qui?  

 

Lo spadaccino del mondo del Makai non aveva la benché minima intenzione di replicare. Nessun problema! Ci pensò Zarba l’anello, ad aprire le zanne al posto suo: - E’ corso qua per venirti a prendere. Lo hai fatto molto preoccupare, sai?

 

Un sorrisino affiorò lieve sulle labbra di Kaoru. Un sorrisino che sapeva di felicità. 

- Allora – premise arrossandosi in volto, e con una vocina deliziosa simile a quella di una timida bambina – Sei davvero un Cavaliere!

 

La reazione del signorino taciturno, fu rapida ma scontata. I suoi occhi si spostarono verso il ciglio della strada per reprimere un disagio impertinente che lo aveva colpito all’improvviso. L’animo forte e mai incerto dello spadaccino tremò, scosso dal suono delle parole della sua amata, e quel cuore impavido da assoluto cacciatore di Orrori, sussultò, rapito ed emozionato da quella serie di lettere che, messe insieme, facevano tanta armonia.

Teso, con una reazione pressoché spontanea, Kouga spintonò a sé il braccio di Kaoru per aiutarla a camminare, e quest’ultima lo seguì tenendosi a lui barcollante.

Passo dopo passo, il viso, le gambe, il respiro, tutto il corpo mostrò poi la stanchezza di quella giovane artista.

Le palpebre che si socchiudevano, uno sbadiglio di sonno che nasceva e sgorgava da quella bocca rosa e delicata, sottolinearono presto ogni cosa.

Sul bordo della via, dopo averle lanciato un’occhiata sommessa, lo spadaccino si fermò e fletté un po’ le ginocchia. La schiena s’incurvò e il soprabito bianco lambì per un breve attimo il sentiero. Con un gesto svelto, quasi doveroso in una simile situazione, il Cavaliere fece scivolare Kaoru sulle sue ampie spalle, e la tirò su.

La boccuccia della ragazza emise un altro sbadiglio. Le palpebre si abbassarono poco alla volta, sempre più stanche. Fu il capo, però, a cedere per primo. Con la guancia posata sul dorso di Kouga, lei poco prima di appisolarsi trovò la forza per replicare con un mugolio flebile: - Grazie!- disse stanca ma, felice.

 

- E’ proprio un tenero pulcino spennacchiato! – scherzò prontamente Zarba, arrivando perfino a far abbozzare un mezzo sorriso al suo proprietario, per lui fin troppo serio.

La verità era soltanto una: da quando Kaoru era entrata nella sua vita, aveva insegnato all’erede di Taiga e a quel suo muso quasi sempre chiuso ed annottato, a tirarsi e a sorridere più spesso.

Stava cambiando, Kouga. A piccoli passi, stava cambiando in meglio.

Anche se, orgoglioso com’era e con un’ostinata inflessibilità, non riusciva ancora del tutto ad accettare una tanto vergognosa quanto inammissibile verità.

Sarebbe sembrata una sera destinata a finire proprio con quel bel sorriso, ma… Un avvenimento inaspettato, cambiò senza avvertimento le sorti di quella giornata.

 

Dei passi imponenti e chiari attirarono Kouga che, invitato da essi, alzò di scatto il capo e… si sbigottì.

 

Gli si contrasse il viso.

Gli appassì il sorriso.

Gli si scatenò il cuore.

 

Un evento imprevedibile, poteva fare questo ed altro.

L’incredulità e lo stupore presero spudoratamente il sopravvento.

 

Il giovane sgranò i suoi occhi scuri e profondi.

D’innanzi a lui c’era una figura dalla stazza tuonante.

 

Zanne affilate.

Sguardo imperturbabile.

Riflessi sfolgoranti.

 

Riflessi che appartenevano all’armatura scintillante di un particolare tipo di Cavaliere Mistico.

Di quel Cavaliere Mistico.

Di Garo.

 

La Zanna Dorata dell’Est scrutò Kouga con insistenza.

Ma se Kouga era Garo, quanto poteva essere fattibile tutto ciò?

Era un paradosso.

Due facce della stessa medaglia, poste su di un unico piano?

Due facce di una medaglia, non si potevano tangibilmente incontrare.

Il ragazzo degluttì con una fatica ed un tremore quasi imperdonabili per un tipo forte come lui.

Rei Suzumura, quindi, non era ubriaco.

C’era per davvero un gemello dell’originale lupo dell’Est.

Adesso lui ne era più che convinto.

 

Come nulla fosse, quell’autorevole e rigida figura così dannatamente simile al vero Garo, volgendo la schiena si allontanò.

Il rumore di quei passi che picchiavano il suolo con l’Animetallo pesante e schioccante dell’armatura, echeggiò lassù, fin in cielo, e lui, con il nero mantello al vento, con l’andatura temeraria, con la struttura ardimentosa, divenne solo un puntino d’oro all’orizzonte.    

Il figlio di Taiga restò lì, pietrificato e con gli occhi sgranati, ad osservare in silenzio. Solo il cuore, che gli batteva forte in petto come non mai, faceva fracasso.

 

Era una visione onirica?

Era una subdola allucinazione?

O un’altra Chimera Mistica?

Se non fosse stato per quel tremolio vigliacco che lo faceva sentire un debole, Kouga non avrebbe esitato un solo attimo a scuotere il capo e a non farsi ingannare da quella vile e fastidiosa magia.

Sempre che, di magia si fosse trattato.

 

 

 

                                                               Fine episodio

 

 

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

F-I-N-A-L-M-E-N-T-E!!!!! Dopo un lungo ed interminabile periodo di totale e completa assenza, ritorno alla luce, proprio come un antichissimo reperto archeologico dell’era giurassica, e mi decido una –strabenedettissima- volta per tutte, a pubblicare il secondo capitolo della GSS (Garo Second Season)!!! Evviva!!! *Botan salta come un macaco per tutta la stanza, finché non prende in pieno l’angolo terribilmente appuntito della sua scrivania, si allontana di corsa da casa, raggiunge il cucuzzolo di una montagna sperduta, situata in un angolo (che, per carità! Non sia quello di una scrivania) altrettanto sperduto del Makai, e, come la degna erede di quel bontempone di Fantozzi, esterna tutta la sua sofferenza fisica strepitando come un notissimo esemplare di “bavosa del Makai”, mentre un gruppo di Orrori che giocano a briscola proprio sotto il cucuzzolo della montagna, apprendono per la prima volta che, nel mondo, c’è qualcuno che fa molto più orrore di loro poveri disgraziati.*      

Riprendo per un attimo il possesso dell’altra parte di me stessa (come la chiamo io), e mi quieto!

Dunque… Mi rendo conto che spiegare un simile ritardo, non è cosa semplice… (sto sudando come una nota specie di “bavosa sudorifera” detta anche “sudosa” …)

A parte i soliti impegni, soprattutto quelli che riguardano le altre mie fanfic che mi supplicano in ginocchio di trovare una fine, o, perlomeno, un inizio, Botan ha iniziato, spudoratamente per gioco, un cammino fatto di Ufo Plush, o Ufo Doll, o ancora Plush e basta, che le porta via un bel po’ di tempo, costringendola a mettere da parte le sue amate fanfic per occuparsi dei suoi altrettanto amati pupazzi…!

Parlando seriamente, ho iniziato questa nuova attività che, con franchezza, è cominciata davvero per gioco, e adesso è diventato un lavoro! O per meglio dire, un lavoretto che mi consente di guadagnarmi qualcosina da spendere secondo le necessità del momento (AF di Garo, manga, cd musicali, dvd, videogames, magnum smith e wesson, trick track e bombe a mano, beni di sostentamento, ecc…), e quindi, come detto, ho davvero poco tempo per scrivere e per disegnare…! :(  Realizzo questi peluche su commissione, e spesso alcuni personaggi non sono proprio una passeggiata… A volte impiego anche più di una settimana solo per farne uno, perché magari non riesco a trovare il materiale adatto per creare un accessorio particolare… E quindi, il tempo vola!

Ultimamente, però, mi son presa una pausa, e così, eccomi qua, con il secondo chap!

Prima di concludere, ci terrei molto a RINGRAZIARE DI CUORE TUTTE QUELLE PERSONE CHE HANNO CREDUTO NELLA MIA FANFIC, E CHE HANNO PERFINO LASCIATO UNA RECENSIONE! GRAZIE INFINITE, RAGAZZI! Grazie a tutti voi, nessuno escluso! Ah! Continuate a recensire, mi raccomando!

Per il momento, ho già scritto i primi 4 capitoli della storia, e sto progettando il quinto, che butterò giù (non dal cucuzzolo della montagna) a breve.

Qualora vogliate continuare a seguire la GSS, sappiate che la sottoscritta vi attenderà a braccia aperte!

Niko niko,

 

                                                                                                              Botan

 

To Mitra: Thank you sooo much!!! ^___^ Your comment has been much appreciated! Thanks a lot, my dear sweet friend! Now I feel sooo strong and happy! THANK YOU!

       

 

P.S. Restando in tema “Garo”, sapete qual è stato il primo peluche che ho realizzato? Vi do un aiutino: ha un cappotto bianco e porta sempre con sé un anello chiacchierone e saccente! Avete indovinato? No? Ok, ecco la soluzione: KOUGA SAEJIMA! ^_^ 

 

 

 

 

 

 

   
 
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