2. Il volantino
Spesso, da quel giorno, il
mio sguardo non fece altro che cercare la sua figura nella folla che camminava
come un mare in piena: cercavo la sua siluette dalle spalle non troppo larghe,
dai capelli azzurri sparati e con la chitarra in spalla. Da per tutto. I miei
occhi cercavano solo quella ormai sfuocata figura dovunque andassi, sia mentre
camminavo per strada sia dentro i negozi o i bar, a volte mi sembrava persino
di scorgerla a scuola, ma era solo una vana illusione, quella figura non c’era…
non c’era da nessuna parte. Oramai il mio ricordo di quel sorriso iniziava a
sbiadire, come la presenza di quelli occhi color cielo, però la speranza di
vederlo ricomparire tra la gente per strada, entrare in un bar o in un negozio
continuava ad esserci, così io ininterrottamente lo cercavo come una bambina
che aveva perso la madre per strada. La voglia di rivederlo, di potergli
parlare e di quelli occhi, quelle pozze d'azzurro chiaro in cui perdersi, era
troppa, volevo rivedere quell’ ombra di stanchezza e tristezza che li copriva,
affondarci dentro e non uscirne più. Volevo accarezzare il suo dolce viso e non
staccarne più la mano.
La musica era forte nelle
orecchie tanto da non farmi neanche sentire i suoni della città che,
insistenti, risuonavano intorno a me. Molte volte, ascoltavo la musica forte
apposta per estraniarmi dal mondo che mi circondava e mettevo il mio brano
preferito a ripetizione come qualcosa che ritornava, come una routine troppo
adatta a quel momento della mia vita. Camminavo senza una meta, vagavo persa
per Tokyo osservandola come se fossi stata una turista alla prima visita, come
se in realtà non facessi parte delle persone che ci vivono. Studiavo le vetrine
dei negozi, i bar affollati e le persone per strada da un anonima panchina
spesso analizzandoli come facevo con i composti durante le ore di chimica. Si
potevano notare atteggiamenti e comportamenti di una persona che spesso non
saresti capace di immaginare ed era per questo che a volte, durante le serate
libere, uscivo di casa compiendo questo tour turistico di Tokyo. Non si smette
mai d’imparare diceva una persona saggia. Qualche volta mi capitava di
stancarmi dei giri turistici e quando ciò succedeva non facevo altro che
camminare. Provavo un senso di bisogno di vuoto ed assenza totale di tutto in
quelle circostanze, ed il mio cervello interrompeva per un po’ di tempo quel
flusso infinito di preoccupazioni, pensieri, speranze e sogni che lo riempivano
lasciandomi libera da tutto. Quando avevo qualche problema di troppo, mi era
spesso necessario questo giretto extra turistico. Ognuno ha il suo modo di
affrontare le cose, c’è chi va in crisi, chi le prende di petto e chi ha
bisogno di tempo, e io appartenevo a quest’ ultima categoria. Sarò stata
strana, ma ero fatta così e non mi andava di cambiare a quel tempo, perché
anche se allora non ne ero a conoscenza, nei giorni che susseguirono un vortice
mi travolse trasformandomi in una persona molto diversa da quella che ero.
-Allora Sachiko che ti
succede?
-Eh?
-Su chi vuoi prendere per
il culo? Che cosa hai combinato biricchina?
Kumiko mi squadra con
sguardo furbo accompagnato da un sorrisino per niente convincente.
-Non voglio prendere per
il culo nessuno Kumiko, non sto combinando niente, non mi è successo niente e
non sto facendo nulla.
Rispondo continuando a
camminare fra le strade di Shibuya fermandomi qualche volta a vedere qualche
vetrina.
-Ma la vuoi smettere
carina? Ti ho appena detto chi credi di prendere per il culo. Spara tutto.
Dice Kumiko mettendomisi
davanti.
La guardo esasperata
rispondendo:
-Uffa! Certo che sei
assillante, eh? Cosa vuoi sapere?
-Annn!! Ecco che avevo
ragione e la testarda Sachiko è costretta a confessare!
-Confessare cosa ragazze?
Ran spunta fuori dal nulla
mentre io mi metto una mano sulla fronte scuotendo la testa e Kumiko commenta a
bassa voce che non cambierà mai.
-Allora che succede? La
nostra Sachiko ha confessato il fatto e si è concessa alle forze dell'ordine?
-Ran ma che cavolo spari!
Tienitele per te certe cose.
-Ma perchè fai sempre
l'antipatica con me Sachiko? Uff... quando riuscirò a capire cosa faccio di
male sarà sempre troppo tardi.
-Esatto sarà sempre troppo
tardi Ran.
Kumiko arriva mettendonsi
in mezzo tra me e Ran.
-Che ne dite di andare al
bar?
Propone con un sorriso
centocinquanta denti sforzato. Gli occhi di Sastu si illuminano e io do il mio
assenso con un cenno affermativo del capo mentre ci avviamo verso il nostro bar
preferito: il "Cherry bar". Sedute al tavolino, Kumiko parte a razzo
con un sorrisino serie masochista:
-Allora vecchiaccia,
raccontaci tutto.
Guardo prima lei, poi
guardo Ran, faccio un sospiro, mi preparo psicologicamente e mi metto in una
buona posizione sulla sedia:
-Allora... tutto è
iniziato due settimane fa mentre ero in treno. Quando voi siete uscite sono
andata a cercare posto e l'ho trovato vicino ad un ragazzo punk.
-Oddio un punk! Puzzava?
-Era drogato?
Le guardo con uno sguardo
del tipo "ma vaffanculo".
-Allora per te: no non
puzzava..
Indico Kumiko.
-...e no. Non Ë un drogato
Ran.
-Bene allora vai avanti.
Mi dicono con sguardo
angelico al che io le guardo mezza finta arrabiata.
-Se mi interrompete
sempre!
-Si si ok! Vuoi andare
avanti?
- Argg! Allora... non so
come sia successo ma in qualche modo aveva qualcosa di strano... beh... mi sono
messa a fissarlo... ci siamo mezzi parlati. Insomma, scambiati i nomi... era
bellissimo sul serio. Se lo vedeste lo capireste anche voi.
-Oddio Ran!!!
Esclama Kumiko guardando
sconvolta Ran.
-Oddio Kumy!!!
La guarda sconvolta Ran.
-Siamo in pericolo!! Non
ci credo!! Sachiko si è innamorata!! E di un punk per giunta!!
Dice Kumiko abbracciando
Ran che facendo finta di avere i brividi esclama una cosa:
-Vuol dire solo una
cosa!...
-Guai in vista!!
Concludono insieme. Le
guardo ancora più scocciata.
-Ah Ah Ah che ridere sul
serio ragazze. Potrei cadere per terra dalle risate..
Loro scoppiano in un unica
e fragorosa risata al che mi sarebbe venuto da strangolarle.
- ... ho voglia di
rivederlo... non so spiegarvi cosa sia e perchè sia così... lo sapete non sono
tipo da cose del genere… non penso neanche sia amore magari... ma... mi ha
colpito così tanto. Non so neanche cosa ma so che ho bisogno di rivederlo... si
chiama Shin.
Aggiungo con sguardo
perso. Loro si fanno serie.
-Sei sicura che il nome
Shin non sia un’abbreviazione? A me suona tanto di Shinichi...
-Non lo so, lui mi ha
detto che si chiama così..
Intravidi con la coda
dell’occhio lo sguardo di Ran farsi pensieroso mentre si toccava con una mano
il mento, gesticolava in modo strano, come da lei fare quando sta pensando,
prese la borsa e tirò fuori un volantino.
-So io cosa fare! Guarda,
mi hanno dato la pubblicità di un concerto punk! Magari il tuo amico suona con
un gruppo di loro o andrà al concerto...
Dice con gli occhi
illuminati.
-Ma le probabilità sono
pochissime…
-L'importante è provare!
Esclama Ran.
-Non lo so..
Dico stringendo le mani.
Kumiko mi guardò con uno sguardo dolce.
-Beh, adesso per me si è
fatto tardi. Devo andare a casa.
Commenta.
-Si anche io devo andare
Sachiko..
Dice Ran.
-Sta solo a te decidere
Sachiko.
Aggiunge Kumiko prima di
lasciare insieme a Ran sul tavolo i soldi delle consumazioni e dirigersi verso
la stazione mentre io rimango là…
volantino in mano, sguardo perso e un milione di domande in testa. Sarebbe
servito? Ne sarebbe valsa veramente la pena? Se lui ci fosse stato, ma magari
ci fossimo trovati ad orari diversi? E se fosse stato presente all’evento, ma
dopo avermi notata facesse finta di niente? Se in realtà in treno stesse
solamente scherzando? Cosa avrei dovuto fare?
Ero assillata da così
tanti dubbi che penso, rimasi ferma su quella sedia almeno per un'altra ora.
Quando finalmente mi ripresi, ormai era arrivato l’imbrunire e il sole stava
calando. Chiamai il cameriere per pagare il conto e finalmente uscii dal Cherry
con direzione casa.
Lo dicono sempre in molti
o forse lo dico solo io, ma pensare troppo fa male. In treno non feci altro che
ragionare su ciò che dovevo fare… in fondo che mi costava andare a quel fottuto
concerto? Lo avrei fatto per divertirmi, non per lui, ma per passare un sabato
sera diverso dal solito. Insomma, non mi costava niente, ma come e soprattutto
cosa avevo intenzione di fare se mai lo avessi visto? Aveva una chitarra sulla
spalla... e se avesse suonato? Magari era proprio lui uno dei membri della
band. Persa in questi pensieri arrivai alla mia fermata e quando scesi dal
treno quasi non mi accorsi del gradino rischiando una pericolosa e per di più
ridicolissima caduta a pesce.
Aprii la porta di casa
senza neanche accorgermene e sempre come se niente fosse, mi tolsi le scarpe
infilandomi le pantofole prima di salire le scale verso camera mia. La casa era
silenziosa come al solito d'altronde, dato l’assenza di mio padre, sempre via
per lavoro, e la mancanza di una madre fin da piccola mai conosciuta. La cosa
non mi pesava molto però a volte avevo voglia di tornare a casa e vedere le
luci accese da fuori per sentire poi, una volta entrata, l’odore della cena sul
fuoco con la mamma davanti ai fornelli e il papà che le fa compagnia mentre legge
il giornale.
Appena entrai nella mia
stanza mi diressi verso lo stereo e misi su il cd dei Trapnest facendo si che
la voce di Reira riempisse la camera vuota. Non saprei definire perchè Reira mi
piacesse così tanto e perchè la sua voce su di me sorbisse quel effetto così
strano, ma ogni volta che la sentivo faceva esplodere dentro me un insieme di
emozioni uniche e le sue parole mi entravano in testa. Non la conoscevo, ma mi
piaceva moltissimo: sia come donna sia come persona e, nel mio modo la stimavo.
Mi buttai di peso sul
letto sospirando e chiudendo li occhi, lasciandomi trasportare da quella dolce
melodia riuscendo finalmente a dimenticare l’oggetto dei miei pensieri fino a
che non mi addormentai. Non sognai niente se non due pozze azzurre che mi scrutavano
dentro l'anima.
Mi svegliai abbastanza
rintontita senza riuscire a capire dov’ero e perché ero là e, solo dopo un po’
capii che ero distesa sul mio letto. Mi misi a sedere sul bordo della struttura
mentre una leggera brezza mi accarezzava facendomi così notare la finestra
leggermente aperta. Cercai con gli occhi l’orologio: erano le 19 ed avevo
dormito per ben un ora. Senza rendermene conto mi precipitai nell'armadio e mi
misi addosso le prime cose decenti che trovai dopo di che corsi a mettermi le
scarpe e dopo aver infilato la giacca uscii di casa veloce: non pensavo a
niente, l'unica cosa era correre.
Sapevo che il concerto era
nel quartiere di Harajuku, infatti quando arrivai davanti al locale c'era gente
anche fuori, ma a me questo non importava, così continuai a cercare di entrare
mentre in giro cercavo solo due pozze azzurro cielo. Una volta entrata provai a
farmi avanti fra tutta la calca di persone presenti finché il mio corpo si
bloccò e il mio volto rifiutò ogni genere d’espressione. In mezzo ad un boato
d’urla la band era comparsa sul palco e lui era lì, basso in mano e espressione
beffarda. Tutto in quel momento mi sembrò fermarsi immobile, le urla si
mutavano in parole senza suono mentre ogni movimento rimaneva interrotto, tutto
al di fuori di me era deserto mentre io, io ero dinamite. Il mio cuore si
fermò, probabilmente perdendo un battito, non riuscivo a vedere altro che lui,
solo lui sopra il palco... era luminoso e tremendamente bello. Finito il
concerto, quasi non me ne resi conto data la mia trance momentanea. Ci misi un
po’ a riprendermi, ma dopo esserci riuscita, mi resi conto che anche il resto
della band non era affatto male e al momento stavano ringraziando per il bel
concerto. Quando il suo sguardo passò sul pubblico, si fermò su di me e dopo
avermi osservato per un attimo che a me parve infinito, mi sorrise leggermente
mentre io incapace di muovere anche solo un muscolo, restavo a fissarlo
incantata. Solo alla fine della serata mi resi conto che quel sorriso era diretto
a me, che era per me e per nessun altro in quella sala. Per non esagerare
dovrei dire che la cosa mi avesse reso felice, tuttavia definire felice lo
stato d’animo in cui mi trovai quando capii il senso di quel sorriso, sarebbe
stato come paragonare una mela ad una pera o un pesce rosso ad uno squalo.
Ancora oggi a pensare a
quel concerto non riesco a spiegarmi come in mezzo a tutta quella folla io
fossi riuscita a rimanere ferma immobile, ma presumo che in realtà io non fossi
stata per nulla immobile trasportata dalle persone che erano presenti. Di una
cosa però sono sicura, in quel marasma di gente era come se fossimo presenti
solo io e te Shin. Le emozioni che provai quella sera, ancora oggi per me sono
indescrivibili. Penso che mai riuscirò ad esprimere il mio stato d'animo tanto
era confuso in quel momento, ma una cosa me la ricorderò sempre, vero Shin?
Quella tua felicità, quel tuo fantastico sorriso, quante altre volte mi
capiterà di vederlo? Adesso Shin... in questo preciso momento, puoi dirmi di essere
felice come a quel tempo?
Sai Shin, molte volte mi
ritrovo a pensare a come sarebbe stata la mia vita se non ti avessi incontrato
e subito scherzando mi rispondo che sarebbe stata di sicuro migliore, ma la
verità Shin è che senza di te, probabilmente, non sarei manco lo schizzo di
quello che sono adesso, ma tu Shin sei contento di quello che sei adesso?