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Autore: Camipp    15/11/2016    1 recensioni
BELLARKE - POST 3x16
"Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall’ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso.
«Ce la faremo anche questa volta.» disse con un bisbiglio Bellamy avvicinando la sua testa a Clarke.
Per l’ennesima volta si chiese come riuscisse Bellamy a leggerle dentro così bene. «Come fai sempre a capire quello che penso?» si lasciò sfuggire Clarke.
Sentì una lieve risatina provenire dal ragazzo. «Forse perché ti ho affidato la mia vita tante volte o forse perché solo con te riesco a venire a patti con i miei errori» rispose in un sussurro tornando serio.
Clarke si commosse a quelle parole perché le comprendeva e capiva, uno era lo specchio dell’altro eppure, lui, era riuscito ad andare oltre, a vederla veramente più di chiunque altro conoscesse o avesse conosciuto. Sentì fra le mani gli angoli smussati della scatola in alluminio che conteneva lo spirito di Lexa, nemmeno con lei era stato così."
Storia scritta da Avenal Alec e pubblicata con il permesso dell'autrice da Camipp.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes, Roan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE: Vi dico subito che dopo questa lunga nota non vi stresserò più e vi godrete, spero, la storia. 

Io sono l’autrice Avenal Alec, forse di mio avete già letto Forgiveness e qualche altra piccola storia.

Per problemi tecnici non sono più riuscita ad aggiornare il mio profilo con altre storie ma Camipp ., gentilissima, devo dire, ha ben pensato che una FF Bellarke merita sempre di essere condivisa anche su EFP e quindi abbiamo deciso per questa soluzione. 

Pubblicheremo la storia che sto scrivendo sul suo profilo il martedì e il venerdì. La ringrazio di cuore per il suo desiderio di far conoscere questa mia storia a più persone. 

Ora passo a qualche annotazioni sulla FF dopo veramente non vi stresserò più.

 

Inizialmente non era mia intenzione scriverla, il finale della 3x16era molto complesso, tutto quello che è avvenuto durante la stagione ha segnato molto i nostri e pur non apprezzando il rapporto di Clarke con Lexa, era un elemento che, scrivendo una FF in IC, di cui dovevo tenere conto.

Visto che non ho apprezzato molti dei comportamenti di Clarke diventava difficile raccontare del rapporto Bellarke poi, però, mi sono fatta convincere e questo è il risultato...

I primi capitoli forse sono molto carichi ma speravo di asciugarmi “presto” un po’di problemi per poter proseguire con una storia in generale più leggera e senza la cupezza che contraddistingue The 100. 

 

Le coppie saranno il filo conduttore della storia e gli avvenimenti come la minaccia delle centrali nucleari e non solo un corollario per parlare dei rapporti che si sviluppano fra i personaggi….

spero che i Memori e l’Ice mechanic siano delle ship che non vi disturbano perché ci sarà qualcosa anche su di loro. 

 

Ok, direi che ho finito con il mio papirozzo, scusate la lunghezza e grazie per la pazienza. 

Spero che la storia che leggerete vi piaccia, lasciate pure le vostre impressioni, positive o negative che siano, mi piacerebbe tanto saperle.

E ora mi fermo lasciando che le parole che leggerete vi raccontino una storia che vi permetta di arrivare “sane di mente” a gennaio/febbraio quando dovrebbe cominciare la 4° stagione, con la speranza (vana) che Jason, questa volta, ci dia almeno qualche gioia Bellarke

Un bacio a tutte e buona lettura. 

 

Avenal Alec. 

 

P.s. : mi scuso in anticipo per refusi, errori di ortografia, sintattici e  strutturazione di alcune frasi ma la storia è stata scritta di getto e non ho avuto il tempo di farne una revisione approfondita. 

 

 

 

 

 

Capitolo 1

 

 

 

Il tramonto colorava con le sue tinte infuocate i declivi attorno alla città di Polis. 

“Tre giorni” pensò Clarke senza riuscire ad apprezzare quella splendida vista.

Un sospiro stanco le sfuggì dalle labbra, non aveva ancora parlato con nessuno della nuova minaccia, non ne aveva avuto ancora il coraggio. Forse, tenerla per se, significa fare finta che non esistesse. Troppe cose erano andate distrutte durante le ultime settimane e non riusciva a guardare in faccia Bellamy, sua madre, tutti e dire loro che non era ancora finita, specialmente ora  che tutti si stavano dando da fare per trovare una sorta di equilibrio. 

Bell lo sapeva ma non le aveva chiesto più niente, sentiva il suo sguardo preoccupato su di se ma continuava a tacere, aspettando che lei trovasse la forza. 

 

Strinse le mani al parapetto, non era più certa di avere la fermezza necessaria per affrontare ancora ciò che sarebbe accaduto.

In quel momento sentiva la mancanza di Lexa, con lei, solo per poco, aveva trovato la pace, non le bastava sapere che il suo spirito sarebbe sempre stato accanto a lei, voleva perdersi fra le sue braccia, sentirsi consolare dal suo amore, ma non sarebbe mai più accaduto. 

 

          “Gli altri sono pronti . Clarke sentì la sua presenza dietro di se, non lo aveva sentito arrivare. Non voleva voltarsi, non voleva mostrargli le lacrime che le bagnavano le guance. 

“Clarke girati”. ma lei non lo fece, scosse solo il capo tentando con tutta se stessa di riprendere un minimo di contegno. 

Sentì la sua mano appoggiarsi alla spalla. Rimasero immobili in quella posizione, come se Bellamy, con quella semplice stretta, capisse quello che stava provando e, in un lampo di consapevolezza, comprese: Lui sapeva cosa lei stava sentendo, il dolore che traboccava al ricordo di una persona amata ormai scomparsa. Gina, un nome che per lei non significava nulla, ma che per Bellamy rappresentava un mondo.

Si voltò verso di lui, non lo guardò in viso, si lasciò avvolgere dalle sue braccia e cullare nel suo abbraccio. Cercando, l’uno nell’altro, la forza di superare il dolore e la mancanza.

Solo quando il tramonto lasciò lo spazio alle prime stelle della sera e la consapevolezza del compito che li attendeva si fece strada nei loro pensieri si sciolsero  da quell’abbraccio che, forse, era durato anche troppo.

“Sei pronta?” chiese Bellamy scrutandola attentamente.

Clarke annuì e si fece strada verso quella che, una volta, era la stanza del trono. 

 

In quei tre giorni, da quando la Citta della Luce era stata distrutta, era stato fatto molto: i feriti erano stati spostati in alcune stanze vuote dove era stato attrezzato un piccolo ospedale, chi non era stato ferito si stava adoperando a pulire le aree che erano state il campo di battaglia e,altri, avevano costruito delle scale nella tromba dell’ascensore per poter comunicare nuovamente con l’esterno. 

Molta gente dei clan si era spostata dalla Torre e bivaccava nella città adoperandosi per dare una nuova parvenza di quotidianità ad un luogo che portava i segni visibili dell’orrore che l’aveva colpito. 

Nessuno aveva ancora osato allontanarsi dai confini di Polis, come se, quel luogo che aveva raccontato dei loro misfatti, fosse anche l’unico in cui potessero essere compresi, accettati e perdonati. Pochi erano stati coloro che, nel buio della notte, si mescolavano nelle ombre per scomparire nella foresta non riuscendo a reggere lo sguardo degli altri consci delle nefandezze commesse. 

La notte ancora si sentiva la gente urlare per gli incubi, molti avevano cominciato a riunirsi in piccoli gruppi, persone di clan diversI, persino gli skykru. Ognuno sembrava trovare nella presenza degli altri il conforto di sapere che, come loro, comprendevano le ombre di rimorso che si rincorrevano nei loro sguardi sfuggenti.  

Forse, pensò Clarke osservando la gente ora riunita nella sala del trono, era l’unica cosa positiva che ALIE aveva fatto per loro, mostrandoche, sotto le numerose differenze dovuto alle differenti culture, erano tutti uguali: reagivano, soffrivano e si tormentavano allo stesso modo. 

In quella sala erano presenti i portavoce di tutti i 13 clan, alcuni erano i vecchi ambasciatori ma, per lo più, erano persone stimate della loro comunità che si stavano facendo carico di capire come affrontare tutto quello che stava succedendo.

Non c’erano più scranni nella sala del trono, molti erano andati distrutti durante la battaglia e nessuno aveva avuto tempo di sostituirli. Stuoie colorate erano state poggiate a terra e ora erano occupate dalle genti dei vari Clan. L’unica area ancora libera era il trono.

Per un istante Clarke vide Lexa seduta su quel trono, statuaria e autoritaria come l’aveva vista il giorno in cui lei era diventata ambasciatrice e gli skypeople erano diventati il 13 esimo clan.

Erano passate poco più di 3 settimane eppure sembrava una vita ormai, un mondo che non esisteva più. La fiamma esisteva ancora ma forse non c’erano più nightblood per ricoprire quel ruolo. Il pensiero corse a Luna che aveva scelto un’altra strada, non aveva voluto prendere il ruolo di commander. Ora le cose erano diverse, la gente da cui si era allontanata, aveva le mani lorde di sangue d’innocenti quanto le sue durante il conclave

Avevano bisogno di una persona come lei. 

 

Clarke sentiva tutti gli occhi addosso, doveva parlare, dare inizio a quella riunione per decidere insieme quale sarebbe stato il loro futuro ma, era un ruolo che non poteva più ricoprire non era pronta. Osservò i loro volti, non c’era animosità nei suoi confronti ma solo il desiderio di chi voleva ricominciare a vivere, qualunque fosse stata la strada.

Per un attimo temette di cedere a quel peso poi, eccola, la presenza dietro di sé che gli stava infondendo la forza necessaria per fare ciò che doveva essere fatto.

Fece alcuni passi avanti fra la gente seduta, dietro di lei Bellamy.

Non raggiunse il trono ma si fermò in mezzo a loro mentre Bellamy proseguì oltre, sfiorandole le dita con la mano. Un piccolo tocco che, ancora una volta, le stava dando la forza necessaria. Lo vide avvicinarsi ad una delle colonne della sala, appoggiare le spalle ad essa e farle un mezzo sorriso.

 

Parlò di quello che era successo nella Città della Luce senza mai accennare a quello che ancora sarebbe dovuto accadere. 

Parlò con il cuore in mano delle perdite che ognuno di loro aveva subito, di tutto il dolore che avevano causato ma cercò di parlare anche di speranza e di convivenza. 

Disse loro quello che molti di loro già sapevano, dovevano affrontare quello che era accaduto insieme perché ALIE era riuscita a colpire tutti loro. 

Molti annuirono, erano cose che tutti sentivano e sapevano. 

Ognuno guardava gli altri clan in modo diverso perché, anche se per poco, tutti erano stati complici dello stesso orrore e dopo di esso, ognuno di loro aveva cercato di essere d’aiuto agli altri, non importava da che parte fossero stati.

Parlò loro di un nuovo futuro e, per un attimo, le parole le morirono sulle labbra. Fu un istante poi si fece forza e continuò affrontando un discorso che lei sapeva difficile ma che ora forse sarebbero stati in grado di capire. 

Parlò loro di Luna, la reietta, l’unica che aveva le capacità di portarli oltre l’orrore che avevano provato. 

Ci furono mormorii di dissenso, tutti ricordavano il suo tradimento ma, ora più di allora, compresero la sua scelta. Clarke sapeva che ognuno di loro riconosceva le capacità di Luna e che una persona come lei sarebbe stata in grado di permettere all’intero popolo di guardare avanti.

Parlò loro della necessità che i 13 portavoce presenti guidassero fuori dallo stato di emergenza tutti i clan, certa che sarebbero riusciti a cooperare per un bene superiore: ricostruire un mondo sulle ceneri di quello che era andato distrutto. 

Terminò con poche parole di commiato, avrebbe lasciato loro lo spazio di parlare, di conoscersi e di confrontarsi, lei aveva un altro problema da affrontare e sapeva che la sua presenza lì era solo d’intralcio.

Tutti coloro che erano in quella stanza avevano subito il lavaggio mentale di ALIE e, quel punto in comune, sarebbe stata la base su cui lavorare. Lei non poteva capire, lei era diversa da loro e questo creava una barriera che forse non sarebbe mai stata abbattuta. 

Fece un cenno del capo a Kane seduto poco distante assieme a Abby, lui avrebbe preso la parola, era certa che avesse le capacità di gestire quello che sarebbe avvenuto dopo.

Uscì dalla stanza nel silenzio generale senza mai voltarsi dietro.

 

Cercò di raggiungere la stanza che condivideva con altre ragazze il più presto possibile, aveva bisogno di solitudine, di piangere sulla vita che sembrava sfuggirle dalle mani. Era stanca, così stanca di dover prendere decisioni e sentirsi diversa dagli altri, qualunque cosa facesse, ogni decisione presa, aveva eretto muri fra lei e gli altri. 

Era forse la stessa solitudine che aveva provato Lexa quando era diventata commander, non la sopportava, non sarebbe mai potuta essere come lei.

Voleva essere come tutti, poter vivere del calore umano senza aver paura di perderlo ad ogni passo. Pensava di averlo trovato con Lexa, una speranza che il suo destino fosse diverso ma, quel desiderio, ogni giorno che passava, sembrava sempre più irraggiungibile. Le sue mani sporche del sangue di Finn e Lexa parlavano di una vita che non avrebbe mai potuto condividere con altri. Le persone che amava morivano accanto a lei ed era un peso che non riusciva ad accettare, il timore di ciò che doveva ancora affrontare la paralizzava dalla paura.

Si lasciò cadere su una delle brande lasciando che il dolore di quella solitudine la pervadesse, solo per pochi istanti voleva gettare la maschera e piangere di se stessa e della sua vita che sembrava non avere alcun futuro. 

Voleva perdersi nel dolore fino ad addormentarsi, domani sarebbe tornata forte per affrontare i prossimi sei mesi e qualunque cosa sarebbe successa perché non conosceva altra via e altro comportamento

   
 
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