Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe
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Autore: NeroNoctis    02/12/2016    2 recensioni
Julian è un ex cacciatore di streghe che ha scelto di non intervenire più nel mondo sovrannaturale. Dopo che una Banshee ha sterminato la sua famiglia e lui stesso ha causato il coma della persona a lui più cara, ogni cosa ha perso valore e i sensi di colpa lo divorano ogni secondo che passa.
Tuttavia, l'arrivo di una misteriosa figura stravolgerà nuovamente la vita dell'uomo, che sarà messa alla prova da oscure presenze, echi del passato e segreti che potrebbero cambiargli ancor di più la vita, o distruggerla per sempre.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il gusto deciso del whiskey era l'unica cosa che riusciva a dare sollievo a Julian, seduto in uno sgabello al bancone del pub. Tutto intorno a lui aveva vita propria: la gente che parlava allegramente ai tavoli dietro, passando da discorsi sul lavoro e sulla crisi a discorsi più spensierati come il modo per abbordare una ragazza o un ragazzo. 

"Tutto così normale" pensò l'uomo che muoveva ritmicamente il bicchiere di vetro per far oscillare il liquido ramato dentro di esso. Ultimamente stare seduto in quel luogo era l'unica via di fuga dai suoi innumerevoli demoni... innumerevoli, certo. Erano soltanto due, tra cui uno avvenuto solo e soltanto per colpa sua.

Sapeva benissimo che la vita di un Cacciatore di Streghe era tutt'altro che facile, ma quando veniva addestrato dal padre Jonathan non pensava affatto che avrebbe affrontato tutto questo... la morte di sua moglie e sua figlia per mano di una Banshee e causare il coma di quello che era il suo partner: Paul.

Ripensò a quel momento, odiandosi. La battaglia, le magie delle Streghe, gli incantesimi manipolatori e poi... la sua spada che attraversava il corpo di Paul e lo faceva cadere da una considerevole altezza. 

Non doveva partecipare a quella battaglia, non doveva... avrebbe dovuto lasciare tutto a Jane e William, coppia del passato dotata di incredibili poteri magici e arrivata a quei tempi tramite il cosiddetto Diario di Jane: grimorio nel quale era intrappolata l'anima della Strega e quella di William, creato dalla stessa Jane e dotato di volontà propria... ma era un'altra storia e lui non ne sapeva molto, l'unica cosa che sapeva era che per colpa di quel Diario la sua vita era peggiorata.

Bevve un'altro sorso, inebriandosi di quel gusto pungente ma irrinunciabile, mentre la confusione continuava ad aumentare, aiutata anche dal fatto che al The Stage -questo il nome del locale- vi era musica dal vivo. Ogni venerdì si esibivano un ragazzo ed una ragazza, che spaziavano dalla musica rock a quella metal, per passare anche al country e stranamente al più classico jazz e blues. Dei fenomeni, Julian doveva ammetterlo, anche se sapeva benissimo che quei due erano rispettivamente una Strega e uno Stregone.

Così giovani e già praticanti magici. Da un anno a quella parte il mondo aveva visto crescere in modo smisurato il numero di praticanti della magia, dovuto anche al fatto che fu lanciato un incantesimo capace di risvegliare il potere sopito e latente di ogni essere umano, rendendo di fatto la popolazione divisa in due: coloro che avevano sangue di Strega in corpo e, di conseguenza, capaci di usare la magia e chi era un normale essere umano. Questo comunque non permetteva ai primi di fare quello che volevano, l'Enclave aveva emanato delle leggi specifiche per l'uso della magia e se qualcuno trasgrediva, vi erano pene più o meno pesanti. In sintesi, la caccia alle Streghe era ricominciata in modo ufficiale, anche se non si era mai interrotta, ma questo era un segreto del Vaticano e dell'Enclave.

Julian si voltò lentamente verso sinistra, leccandosi una goccia di whisky che imperlava le sue labbra. Osservò il palco rialzato dove i due fratelli stavano eseguendo la loro versione di Nothing Else Matters, squadrandoli dalla testa ai piedi. Non era un tipo che aveva pregiudizi, ma non avrebbe mai permesso a sua figlia di andare in giro conciata in quel modo. La ragazza indossava lungi stivali di pelle nera e pantaloni attillati dello stesso materiale, mentre una canottiera grigio topo copriva il resto. Lui invece indossava lunghi jeans neri strappati e una classica camicia rossa  a scacchi neri, molto più sobrio della sorella, sicuramente.

I due sembrarono notare lo sguardo di Julian, tanto che si voltarono all'unisono l'un verso l'altra, se lui sapeva della loro natura, anche loro erano a conoscenza che lui era un Cacciatore di Streghe. 

«Forever trusting who we are» intonò Cameron, mentre sua sorella Lillian accompagnava il tutto con la chitarra «no, nothing else matters»
Vari applausi arrivarono dal locale, anche dal proprietario Stephen, che aveva mollato i bicchieri per dedicarsi a loro. 

«Adesso facciamo una pausa» esclamò Lillian, guardando il fratello che fece un cenno positivo. Entrambi si allontanarono dal palchetto, non prima di aver lanciato un'occhiata a Julian che sorrise in modo enigmatico, un misto di divertimento e... velata minaccia.

«Smettila» tuonò Stephen, che tornò ad asciugare i bicchieri ancora bagnati. Il contrasto tra la sua camicia bianca e la pelle nera risaltava i suoi lineamenti, che in quel momento erano tutt'altro che divertiti.

«Di far cosa?» rispose Julian, fissando il bicchiere ormai vuoto. Quanti ne aveva bevuti? Tre, quattro? Difficile dirlo.

«Devi smetterla di guardarli in quel modo, non hanno mai fatto niente di sbagliato»

«Forse un giorno lo faranno»

Stephen poggiò i bicchieri dietro il bancone, sbuffando, mentre Julian ordinava un altro giro, non venendo comunque ascoltato. Poco male, avrebbe riprovato dopo, se non fosse stato per quella persona che si era appena seduta al suo fianco.

«Julian Sullivan» iniziò l'uomo, in un tono quasi canzonatorio. Julian sapeva benissimo chi era e cosa faceva: l'aveva visto diverse volte alla sede dell'Enclave e poi la spilla che portava era molto esplicativa.

«Cosa vuoi, Thomas?» rispose, in modo seccato.

«Il Gran Maestro ha un incarico per te» si limitò a dire, aspettando una risposta di Julian che continuava a fissare davanti a lui, mentre una risata strozzata si fece strada in lui.

«Non sono più un Cacciatore e Knight lo sa bene. Rivolgiti a Marc Mott se vuoi un lavoro veloce e pulito»

«Marc Mott è impegnato in questioni diverse, per questo lavoro ci servi tu» 

Julian batteva le nocche sul tavolo, con fare nervoso. Avrebbe voluto mollargli un pugni dritto su quei bei dentini curati, ma non aveva voglia di risarcire i danni di quel sempliciotto. Perchè non si limitavano ad accettare la sua scelta? Ormai non cacciava più, la Banshee che aveva ucciso la sua famiglia era come svanita nel nulla e il suo essere Cacciatore aveva spedito in coma Paul, che senso aveva continuare?

«Jonathan avrebbe voluto che accettassi» lo incalzò l'uomo, vestito con quel completo elegante che stonava con l'ambiente così caloroso e fatto di tavoli e sedie di legno e diversi quadri che raffiguravano scene di cinema, concerti o teatro che donavano al locale un aspetto particolare.

L'uomo strinse i denti «non nominare mio padre»

«Va bene, scusami. Ma il Gran Maestro Knight vuole che tu accetti. Andiamo Sullivan, è un lavoro che solo tu puoi svolgere. Un gruppo di persone, si fanno chiamare Angoni, sta causando seri danni a noi dell'Enclave. Ha già ucciso diversi di noi e sospettiamo che nascondano un potere in grado di distruggere per sempre ogni cosa. Stanno intercettando tutti i Cacciatori e le persone a loro legate, devi agire prima che sia troppo tardi!»

Julian non rispose, si limitava a fissare le bottiglie di fronte a lui: whisky, rum, vodka, birra... Stephen che si era piazzato nel suo campo visivo.

Thomas sbuffò, alzandosi e voltandosi verso la porta «Domani sera tornerò, esigo una risposta»

L'uomo si allontanò, lasciando Julian da solo con i suoi pensieri, con il suo bicchiere vuoto e con Stephen che lo guardava preoccupato.


 
 

Un ragazzo dai lunghi capelli castani era disteso su un letto d'ospedale, coperto da una coperta azzura fino al torso. Il suo stato era monitorato da diverse macchine e, ad intervalli regolari, entravano un paio di medici ad accertarsi delle sue condizioni. La stanza era al buio, illuminata solo dai lampi che imperversavano insieme a quel violento temporale.

Nella stanza entrarono due uomini, che si posizionarono di fronte al ragazzo, scrutandolo come se fosse un oggetto antico esposto in un museo. Uno dei si guardò intorno, con fare cauto, mentre l'altro controllava il nome scritto sul letto, per accertarsi che si trattava del paziente giusto.

«E' lui?» chiese quello che controllava in giro.

«Si, è Paul Rivers»

«Ottimo. Portiamolo via, se qualcuno ci nota sai cosa fare»

L'uomo annuì, estraendo dalla giacca una pistola silenziata «Colpo dritto in testa. Nessun testimone»
   
 
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