Salve
a
tutti! era un pò che non mi facevo viva con qualche fanfic
su house md.
In realtà ammetto di essere un pò stupita di me
stessa per aver trovato la
passione di riprendere a scrivere su questo meraviglioso tf! ...che
dire
dunque? spero tanto la storia vi possa piacere... io ho semplicemente
provato
ad immaginare un ipotetico seguitoo del finale della 5 stagione, andato
in onda
in america la scorsa settimana.
La
storia
non è conclusa e sinceramente non so quanti capitoli
verranno fuori. Spero solo
di riuscire a portarla avanti.
Si accettano sempre commenti e/o critiche.
Enjoy
it!
Myky91
Inside
“La
solitudine è come una lente d'ingrandimento se sei solo
e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai
malissimo.”
(Giacomo
Leopardi)
“Ho
sempre creduto di
essere un uomo forte. Ho fatto i miei errori… ma son sempre
stato capace di
superarli e di andare avanti.- l’uomo sorrise amaramente
– ma credere, non
sempre basta a sfuggire alle paure e alla sofferenza.”
“Per questo sei
morto?” Gregory House riuscì ad attirare il suo
sguardo.
“Sono morto perché
così doveva essere.”
“E tu perché sei
morto?” sussurrò una giovane donna con sguardo
curioso e pungente.
House si voltò a
guardarla, infastidito “Io non sono morto. Tu lo
sei.”
Amber sorrise
“Dipende dai punti di vista.”
Kutner si mise in
piedi con fare piuttosto pacato “Sei in una clinica
psichiatrica.”
“Già. Chissà
perché!!”
“Wilson dice che
guarirai.”
“Tutti lo dicono.” bisbigliò
House zoppicando verso la finestra e fermandosi a contemplare il
paesaggio che
quel terzo piano gli regalava da ormai due mesi.
Amber si avvicinò al
suo viso “Ma nessuno ci crede.- gli sussurrò
– Tu per primo.”
Un tonfo.
Ancora.
A lui stava
benissimo… ormai non lavorava più, passava le sue
giornate chiuso in quella
stanza… gli stava bene in fin dei conti avere un
po’ di compagnia. Ciò che
invece detestava era ciò che la
“compagnia” diceva. Cose che difficilmente
potrebbero fare rimarginare ferite.
Cose che, per quanto
lui volesse dimenticare, mettere da parte, venivano invece dette e
ripetute.
Sempre.
Da chi poi?
Da se stesso.
Dal suo subconscio.
“Qui ci sono dei
bravi medici… mi rimetteranno in sesto.”
Kutner sorrise
“Fortuna che sei rinchiuso qui dentro. Ti vedessero i tuoi
collaboratori, i
tuoi ‘sottoposti’… cosa direbbero?
– fece una pausa riflessiva, poi riprese –
cosa direbbe Cuddy?”
“Lasciatemi in pace!”
“Ma... al momento non
è che dica molto – sospirò Amber, ora
seduta sulla scrivania della camera, le
gambe accavallate come di suo solito – è da quando
sei qui dentro che non si fa
sentire. Be.. del resto non c’è da stupirsi dato
che ormai non frutti più niente
al suo amato ospedale.”
“Non mi interessa.” sussurrò
House, chinando debolmente il volto mentre dava ancora le spalle al
resto della
camera.
“Pensavo ne fossi
innamorato.”
“Concordo… lo pensavo
anche io.” Kutner disse anch’egli la sua nel solito
modo ingenuo con cui
spesso, quand’era in vita, partecipava alle diagnosi.
“Sta zitto tu.”
“Un altro buco
nell’acqua. – esclamò Amber facendo
spallucce – come con Stacy del resto. Noi,
in realtà, non siamo capace di farci amare.”
A quell’esclamazione
House si voltò a guardarla, stanco di ascoltarla, stanco di
sentirsi dire tutto
ciò che lei le diceva, stanco di doversi subire se stesso.
La guardò dritta
negli occhi, uno sguardo gelido… uno sguardo vuoto.
La donna alzò
leggermente la spalla sinistra, guardandolo con rammarico “Non hai mai
fatto l’amore con lei Greg.
Smettila di crederci. Lei non è mai stata al tuo
fianco.”
Toc!
Toc! Toc!
House
trasalì
all’improvviso bussare della porta.
“Avanti!”
Un uomo con il camice
bianco l’aprì con fare deciso, lasciando spazio ad
una seconda figura: James
Wilson.
L’oncologo aspettò
che il medico che l’aveva accompagnato lì se ne
andasse. Poi iniziò:
“Hei. Come va?”
“Va.”
“Va male o va bene?”
“è un indovinello?”
Wilson sorrise,
capendo che forse era meglio cambiare discorso ma House lo precedette:
“Era da
un po’ che non venivi a trovarmi”
“Ho avuto da fare con
il lavoro. – rispose l’amico – Sono un
oncologo, ricordi?”
House lo guardò
seccato “Wilson… ho allucinazioni, non sono
rimbambito.”
“Ci mancherebbe.”
“Allora…- il diagnosta
sembrò voler lasciar perdere tutto adesso e, mostrando un
sorriso, zoppicò
verso l’amico – Cosa mi hai portato di bello questa
volta paparino? Dolcetti?
Caramelle? un bel film porno?.. ti prego dimmi di si!!”
Wilson sorrise
divertito, alzando all’altezza del viso un pacchetto
“Biscotti.”
Amber fece una
smorfia “meglio di niente.”
“Io avrei preferito
delle ciambelle.” brontolò Kutner.
“Uff… avrei
decisamente preferito un porno. Anche se le opinioni al momento
divergono…
Kutner fa il difficile.”
Wilson spacchettò il
pacco, offrendo all’amico i biscotti poi, con aria seria,
aggiunse: “Così
continui a vederlo.”
“A quanto pare si.” bofonchiò
il diagnosta, mettendosi in bocca un biscotto e cercando di mostrare
un’aria
tranquilla.
Ma nonostante tutto,
Wilson non riusciva a fare altrettanto.
“Sono due mesi che
stai qui dentro… speravo che almeno qualche progresso
l’avessi fatto.”
“Sono solo un
paziente caro James Wilson… non più il Dr. House.
La mia mente adesso è nelle
mani di quegli idioti… ops! Cioè, volevo dire,
bravi medici!”
“Piantala di fare il
cretino. – Wilson poggiò i biscotti sul
comò per poi tornare di fronte a lui –
Credi che sia facile vederti chiuso qui dentro? Venirti a trovare solo
nei
ritagli di tempo… e scoprire che nonostante tutto non sia
cambiato nulla?”
“E tu cosa credi che
sia facile per me?! – House era serio adesso, lo sguardo
fisso in quello di
Wilson – Giorno e notte chiuso qui dentro! Pagherei per poter
uscire a farmi un
giro in moto… il dolore alla gamba pulsa giorno e notte ma
nonostante tutto, ho
continuato a non prendere Vicodin. Credi che sia facile!?!”
“House… ti prego, non
adesso, non qui…”
“è facile parlare,
non è così?”
Wilson annuì, conscio
di aver sbagliato “House, scusami. Non
intendevo…”
“So benissimo cosa
intendevi. – disse il diagnosta, ora con un tono
più pacato mentre, deviando lo
sguardo di Wilson, andava a fissare il sorriso di Amber che era ancora
ferma,
immobile ed impassibile a godersi la scena – E se tanto ti
viene dura prenderti
quei 20 minuti a settimana per venire a farmi la predica…
tanto vale che te li
risparmi per leccare un altro po’ il culo a Cuddy.”
Wilson rimase
immobile, sorpreso dalla freddezza di quelle parole.
House soffriva…
soffriva più di quanto aveva sofferto negli ultimi 4 anni.
Sia emotivamente che
fisicamente.
Era stato un’idiota.
Ciò che avrebbe dovuto fare, in quanto suo amico, era
semplicemente andare da
lui.. fargli compagnia, ridere, scherzare. E invece, gli aveva fatto
pressione
e, adesso, la sua reazione era più che giustificata.
“Ok.” bisbigliò,
mettendosi le mani sul volto in un gesto di stanchezza. Avrebbe voluto
aggiungere dell’altro… ma contemporaneamente non
ne ebbe la capacità per farlo.
Fece cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi, guardando
nuovamente il
viso di Gregory House, poi, con fare sbadato, decise di lasciare la
camera…
conscio che con quel gesto dava inizio ad un lungo periodo di
solitudine.
La
porta si chiuse.
Nella stanza tornò a
regnare il silenzio.
“Che fai? Perché non
gli vai dietro!?- esclamò Kutner, ora in piedi a lato della
porta – Diamine
House! Lui è Wilson!!”
Amber si distese
divertita sul letto “
…e adesso, Gregory
House, sei veramente solo.”
E
quelle parole rimbombarono nella sua testa per tanto, tanto
tempo.
To
be
continued…