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Autore: Amatus    19/12/2016    1 recensioni
C'era una volta e non c'è più una piccola repubblica stretta tra due fiumi. I suoi abitanti furono molte cose, sudditi, contadini, cittadini e briganti. Furono fortunati più di molti altri e si trovarono ad esser padroni di loro stessi in un tempo in cui solo i re lo erano. Questa storia non vuole raccontare cosa davvero accadde, per quello ci sono documenti e libri di storia, molti pochi, a dir la verità. Questa storia racconta attraverso molti occhi l'esperienza unica di un paesino di 300 anime. Racconta le possibilità, i sogni, le sconfitte. Racconta Cospaia.
[Questa storia partecipa alla Challenge Trasformazioni elementali indetta dal forum Torre di Carta]
Genere: Avventura, Introspettivo, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Annella

Il sonno non vuole proprio arrivare questa notte, continuo a fissare le travi del soffitto e a rigirarmi in questo giaciglio scomodo. Mia sorella qui accanto ronfa tranquilla, beata lei, ma io non riesco, continuo a pensare all'assemblea.
Cielo! A ripensare a quella notte le gambe riprendono a tremare e la testa a ronzare come fossi ubriaca. Mi torna in mente la faccia sconvolta del babbo, mi ha fissato scuro scuro ma non ha avuto il coraggio di schiaffeggiarmi, quella volta.
E tutto perché ho avuto il coraggio di alzarmi in piedi e dire la mia.
Son sempre stata piuttosto minuta, e gli altri ragazzi si fanno da sempre gioco di me. Anche il mio nome è stato storpiato a causa del mio aspetto. Ho quasi vent'anni ormai, molte delle mie amiche sono maritate, alcune hanno già i primi figli eppure io continuo ad esser Annella, per tutti. Un nome da bambina che anche quella sera, nonostante tutto, mi ha perseguitato.
Sono dovuta salire in piedi su una sedia per farmi ascoltare sopra al baccano che tutti continuavano a fare. Ho creduto che a mio padre sarebbe venuto un colpo, il grosso collo gli si era fatto rosso rosso, e la fronte raggrinzita si era bagnata tutta di sudore. Aveva la stessa espressione di quando batte con il grosso martello in fucina, o di quando si trova a ferrare uno stallone un po' troppo agitato.
Sapevo che tutti gli occhi erano puntati sul maniscalco, si aspettavano una sfuriata, ma io ho guardato altrove per non farmi prendere dalla paura e ho iniziato a parlare.
Ma forse dovrei raccontare dal principio.
Da quando tutto era cambiato, la stagione del raccolto era arrivata due volte e allora ci si avvicinava di nuovo alla fine dell'anno. La vendemmia era appena terminata e dai frantoi si spargeva il profumo dell'olio nuovo. Si iniziavano ad accendere i fuochi per scaldare, oltre che per mangiare e tutti avevano la sensazione di essere un po' più ricchi.
Per due anni nessuno aveva richiesto la decima e per la prima volta i cospaiesi si trovavano ad avere grano nei depositi e vino nelle botti al voltare della stagione e anche quest'anno nessuno avrebbe preteso nulla.
Per lungo tempo il vino era corso a fiumi e l'entusiasmo aveva dato alla testa a molti, ma poi i primi incidenti avevano iniziato a guastare gli animi. Un aratro rotto oggi, carenza di lana domani, freddo e fame che bussano alle porte. I primi malumori iniziavano a farsi sentire e i più codardi avevano iniziato ad invocare l'arrivo di un signore capace di sistemare le cose.
Ma non io. Io so che la nostra ricchezza non si conta con il ferro o con la lana, nonostante il babbo la pensi diversamente. Ma quello di battere il ferro è il suo mestiere, cos'altro dovrebbe pensare lui? Per me è diverso io non vivrò per sempre grazie ad una fucina scura e infuocata come l'inferno. Io so che se i miei figli crescessero padroni di loro stessi, io mi sentirei una vera dama.
La nostra ricchezza, a Cospaia, sta proprio in questo, nel non aver padroni, ma so anche che questo non rimette a posto le cose per Marta che non ha di che coprire i figli appena nati, o per il fattore che non potrà arare i campi in primavera.
E allora è nostro dovere trovare un modo che ci mantenga liberi, ma che ci scaldi in inverno e ci permetta di lavorare con la bella stagione.
Io lo so che siamo ricchi, ma so anche che tutti dovremmo esserne consapevoli e allora, non solo saremo ricchi, saremo forti.
Ed è questo che ho pensato mentre tutti gridavano attorno a me, durante una delle interminabili assemblee. Sarei potuta rimanere seduta ad ascoltare e tenere i miei pensieri per me, ma nella mia testa giovane, le idee si infiammano da sole senza bisogno di un mantice a ravvivarle. Ho pensato quindi: se non ci sono più signori, non c'è più nessuno da temere.
Quel Carlo che urla ora in mezzo alla stanza non è di certo un letterato, le uniche lezioni che ha preso sono quelle del catechismo e da queste parti si sa che i maschi al catechismo escono presto e imparano poco, ché gli importa solo di assaggiare il vino del curato di nascosto. E Duccio, lì in piedi col cipiglio da padrone, per mangiare deve farsi le mani lorde come faccio io, che diritto hanno loro di parlare più di quanto ne abbia io? Cospaia è cambiata, ma se io rimango la stessa tutto tornerà alla normalità, col volgere delle stagioni. I pensieri nella mia testa erano d'un tratto così forti che ho creduto tutti potessero già sentirli in ogni caso e allora sono salita su quella sedia, chiedendo mentalmente scusa al babbo.
“Le nostre dispense sono piene, abbiamo grano in abbondanza e vino buono in botti oramai invecchiate." Tutti mi hanno guardata, ma la mia voce non tremava, io ne ero certo la più stupita. “Ci serve ferro, lana, ci servirà altro in futuro, ma di certo non ci serve un signore. Possiamo vendere o scambiare ciò che abbiamo in abbondanza e acquistare in questo modo ciò che ci manca. Ciò di cui abbiamo davvero bisogno però, è che tutti sappiano che Cospaia è nostra e che nessuno venga qui un giorno a pretendere ciò che non gli appartiene. Dobbiamo far sapere a tutti che siamo liberi di commerciare le nostre cose, perché sono solo nostre.”
E' sceso il silenzio in chiesa, quando ho smesso di parlare. Da quando il curato è fuggito e nessuno viene più a dire messa da queste parti, la chiesa non era mai stata così silenziosa. Tutti mi guardavano come le comari guardano il prete parlare con Dio. Poi all'improvviso tutti hanno iniziato a batter le mani e a sorridere e a darsi ragione, a darmi ragione. “Brava la nostra Annella!” Sento ripetere. E tutti sono pronti a prendere per buone le mie parole. Anche il babbo alla fine rimane in silenzio e si guarda attorno.
Non sappiamo cosa saremo, ma sappiamo che Cospaia è nostra. E tutti lo sapranno.
Lo scalpellino si è messo all'opera subito l'indomani e domenica celebreremo appendendo uno stemma sulla porta della chiesa.
Perpetua et Firma Libertas”, questo sarà scritto sullo stemma. A quanto dice lo scalpellino le a e la s sono fatte magistralmente, ma a Cospaia, ora che il curato è andato, nessuno può capire se dice il vero. Ma infondo che importa? Anche se lo scalpellino avesse scritto: “Mangeremo Solo Rape”, come qualche burlone sostiene, quel simbolo per noi varrebbe comunque quanto le nostre case.
Dalla prossima domenica, Cospaia sarà nostra, saremo i suoi signori, avremo uno stemma tutto nostro, una nostra bandiera, un nostro motto. Neanche il Granduca in persona potrà più portarci via la nostra valle. Ovvio che potrebbe con un esercito, ma un esercito costa di gran lunga più di tutto l'oro che troverebbe nelle nostre case e di grano e vino, che è tutto quello che questa valle avrebbe da offrire, di certo il Granduca non difetta. Finché le cose rimarranno tali sarà tutto nostro e il merito sarà anche un po' mio e del mio coraggio che mi ha portato a sfidare il babbo. Ora però dovrei proprio spegnere la candela e dormire, se mio padre rientrasse, me ne darebbe di motivi per lagnarmi ed è meglio non farlo arrabbiare!











Prompt: Bastone parlante (mettersi in gioco)


Secondo raccontino dedicato ad una pagina di storia quasi sconosciuta. Per dimostrare di non essermi inventata proprio tutto e spoprattutto perchè mi piace tantissimo, ho inserito il vero stemma di Cospaia che ancora oggi si trova sulla facciata della chiesetta. 
Grazie a chi ha lasciato commenti e ha chi ha letto silente. Spero di continuare a produrre qualcosa di piacevole a leggersi.
Enjoy 


 
   
 
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