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Autore: Gobbigliaverde    20/12/2016    1 recensioni
DAL TESTO:
La magia che si spezza, occupa due corpi diversi. Due corpi che tenderanno a cercarsi per l’eternità per completarsi a vicenda.
* * *
La storia di due studenti di Hogwarts che provengono da due mondi completamente opposti, uniti da un destino comune.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lisa Turpin, Theodore Nott, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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MEMENTO AUDERE SEMPER

 

Lisa abbandonò il mantello della divisa sulla riva sassosa del lago, prese la rincorsa serrando i denti per il venticello freddo che le scalfiva la pelle, e si tuffò dal molo ignorando la pioggerellina di Novembre che scendeva imperterrita dal cielo.
    L’acqua la avvolse gelida, la sua pelle sembrava punta da un migliaio di piccoli spilli. I suoi capelli sciolti erano sparsi attorno a lei, aleggiavano morbidi sotto la superficie del lago. Il silenzio la inghiottiva. Poteva sentire il battito del suo cuore. Si sentiva viva.
    Tornò in superficie per prendere fiato. La pioggia novembrina le punzecchiava il viso sorridente. I piedi le bruciavano dal freddo, ma non ci fece caso. Prese a nuotare verso il centro del lago.

 

Theodore incominciò a correre attorno al lago mentre la pioggerellina gli inzuppava i vestiti. Guardava dritto di fronte a se mentre il suo corpo allenato si riempiva di brividi di freddo.
    Non ci fece caso. Aveva bisogno di fare fatica. Abbastanza fatica da scordarsi dei suoi problemi. Aumentò il passo, strinse i denti. Sentiva le gambe dolere ad ogni singolo movimento e i polmoni fare male dal freddo.
    Si fermò dopo circa un ora di corsa, con il fiato mozzo e le gambe tremanti dalla fatica, non più dal freddo. Ora aveva caldo. La pioggia continuava a scendere, leggera e fastidiosa. Si sfilò la maglietta usandola per asciugarsi il viso e i capelli dal sudore, inutilmente visto che l’acqua continuava a scendere dal cielo grigio.
    Si sedette a terra a torso nudo appoggiando le braccia e la fronte alle ginocchia e respirando a pieni polmoni l’aria gelida. Le goccioline di pioggia e di sudore scendevano lungo la sua schiena nerboruta, e i capelli neri gli si appiccicavano sul volto.
    Sollevò lo sguardo, aveva ancora il fiato grosso. aguzzò la vista verso il Lago Nero.
    — Che diavolo… — sussurrò. C’era una persona nel lago. Una persona che nuotava. A Novembre.
    Si alzò in piedi e corse verso la riva, ignorando le gambe ancora doloranti. — Hey! — gridò, agitando le braccia. — Esci subito dal lago!
    La persona non poteva sentirlo. Era troppo lontana da lui. Theodore raggiunse il moletto di legno e sollevò le braccia agitandole in alto. — Torna subito indietro! Sono un prefetto! — gridò ancora.
    Questa volta la persona si voltò. Era troppo distante per capire chi fosse, però finalmente stava ritornando verso riva. Aguzzò la vista, e non si trovò affatto sorpreso dal notare che si trattava della Corvonero. In fondo lo aveva sperato. Cioè, ehm… lo aveva immaginato.
    — Chi si vede, Theodore Nott — disse la ragazza, ferma a pochi metri dal molo.
    Il prefetto si passò le mani tra i capelli, esasperato. — Potrei togliere altri punti a Corvonero per una cosa simile! Ti rendi conto che è inverno, e tu stai facendo il bagno nel Lago Nero?
    Lisa sorrise sommessamente. Lo osservò, in pantaloncini corti e torso nudo in piedi sul molo, con i pugni appoggiati ai fianchi e lo sguardo crucciato. Si sorprese a soffermarsi sul suo ventre piatto e scolpito più del dovuto, e arrossì violentemente. — Non è il caso di dire a me che è inverno quando tu te ne vai in giro in mutande — disse acidamente, scostando lo sguardo dalla sua figura.
    Appoggiò le mani sul molo e si sollevò, poi si allontanò raggiungendo il suo mantello sulla spiaggia.
    Theodore la seguì con gli occhi, mordendosi le labbra. Forse non era stata una grande idea andare al lago. Seguì il lento dondolio dei suoi fianchi studiando attentamente la sua figura. Era magra, i capelli bruni scendevano morbidi sulla schiena fino a sfiorare il sedere…
    Ma che diavolo sto guardando? si rimproverò distogliendo lo sguardo e sentendo il viso scottare. Si passò una mano sul volto e si spettinò i capelli che erano appiccicati alla fronte.
    Lisa si coprì le spalle con il mantello, e lui si decise a guardare nuovamente nella sua direzione.
    — Allora? — domandò Lisa. — Resterai lì impalato per tutto il tempo?
    Theodore si riscosse dalla posa statuaria e la raggiunse sulla spiaggia di ciottoli. Raccolse la maglietta da terra e la infilò in fretta, anche se era bagnata fradicia e odorava di morto. Evitò lo sguardo di Lisa, che lo osservava con aria imbarazzata, avvolta nel mantello dell’uniforme.
    — Cos’hai fatto al braccio? — gli domandò poi, dopo troppi istanti di silenzio che stavano uno di fronte all’altro.
    Lui alzò lo sguardo e si trovò a fissarla negli occhi nocciola. — Nulla — sussurrò, nascondendo la fasciatura dietro la schiena. — Sono caduto.
    Lisa non replicò. Lui la guardava dritta negli occhi, con una tale intensità che ebbe paura di poter perdersi nei suoi occhi neri. Non riusciva a distogliere lo sguardo. — Sei sicuro di stare bene? — domandò aggrottando la fronte.
    Theodore scosse il capo. — Assolutamente no — disse in un soffio, facendo un passo avanti verso di lei.
    Ora si guardavano dritti negli occhi a meno di un palmo di distanza. Lei iniziò a tremare di freddo, o forse la sua sicurezza vacillava. La pioggia novembrina continuava a scendere imperterrita. Theodore sentiva il suo cuore battergli all’impazzata, era ad un passo dal saltargli fuori dal petto.
    — Io… — sussurrò Theodore. — Non so cosa mi sia preso — disse, e si allontanò a passo svelto, ritornando verso il castello di Hogwarts.

 

Il giorno successivo, Lisa si svegliò in dormitorio. Erano circa le tre della domenica mattina. La mora lo intuiva dal profumo di pancake proveniente dalle cucine. Quella giornata era importante, perché era la prima giornata di gite a Hogsmeade.
    Un ticchettio proveniva dalla finestra. Lisa si alzò in piedi, e con passo felpato per non svegliare Luna e le altre ragazze, si incamminò verso il vetro bagnato. Anche se lo sfondo buio non permetteva una visuale ottimale, la ragazza riuscì a scorgere un piccolo gufetto nero che picchiettava con veemenza per entrare.
    — Peace! Che ci fai qui? — Lisa era visibilmente sorpresa, e prendendo il piccolo animale bagnato dalla pioggia che continuava a scendere ormai da giorni si accorse che tra le sue piccole zampe c'era un foglietto stropicciato. Lo aprì e lo lesse. 

Mia piccola Is,
I Mangiamorte hanno rapito i tuoi genitori, come hanno fatto cinque anni fa con tua sorella Crystal. Ti cercano, e non smetteranno facilmente di cercare, vogliono sapere. Devi andartene da quella scuola o sarete tutti in pericolo. Tronca qualsiasi rapporto, chiudi ogni contatto e vieni da me. Peace ti porterà una passaporta in settimana, ma intanto stai in guardia da chiunque. Silente è stato avvertito della tua imminente partenza, e per precauzione ha preferito non sapere la tua destinazione.
A presto tesoro mio!
Mille miliardi di baci,
La tua ‘cuginetta’ Arya. 

    Le lacrime sgorgavano calde sulle guance di Lisa, che si sdraiò sul letto, abbandonandosi ad un pianto silenzioso. Sapeva che prima o poi sarebbe successo. Ne era certa. Era solo questione di tempo.
    Si alzò di scatto, correndo fuori dal dormitorio. Alle tre del mattino non avrebbe potuto trovare nessuno in grado di aiutarla, ma la sua stanza le stava stretta, si sentiva soffocare.
    Corse giù per le scale della torre Corvonero, fino ad arrivare dove il giorno precedente l’aveva lasciata il prefetto Serpeverde. Si appoggiò con le spalle al muro e prese a singhiozzare.
    Una mano le si appoggiò sulla spalla. — Possibile che sia sempre tu a portarmi dei problemi? — domandò la voce di Theodore Nott, non più fredda ma calda e accomodante.
    Lisa sollevò lo sguardo. Lui si era accovacciato di fronte a lei, con aria assonnata e stanca, i capelli neri spettinati e la barbetta ispida ancora da fare.
    La ragazza inghiottì le lacrime e raddrizzò le spalle con fierezza. — Nott. Cosa ci fai qua? Sono le tre del mattino.
    — Ronda nei corridoi — si affrettò a dire. — Era il mio turno.
    La ragazza inarcò le sopracciglia. Si asciugò le lacrime con le mani e tornò a guardarlo negli occhi, tentando di mantenere un espressione sostenuta. — Io ho l’impressione che tu mi stia seguendo per i fatti di Malfoy — disse risoluta.
    Il ragazzo abbassò gli occhi. — Anche.
    Lisa gettò la testa all’indietro con uno sbuffo. — Fortitudo — disse a bassa voce. — È l’incantesimo che permette di assorbire le energie di un altro mago e rafforzare se stessi. — Non sapeva perché glie ne stava parlando, forse aveva solamente bisogno di fidarsi di qualcuno.
    Theodore aggrottò la fronte. — Non capisco. Non se ne parla nei libri di magia.
    Lisa sospirò. — Certo che no. Si dà il caso che possa essere usata solamente sui Mezzimaghi, che non nascevano da secoli, quindi si pensava che fossero estinti.
    — Che cos’è un Mezzomago? — domandò Theodore, interrompendola.
    Lisa tornò a guardarlo negli occhi. — I maghi sono persone che possiedono la magia. Per meglio dire, è la magia che possiede noi. Noi siamo solamente involucri vuoti senza di essa. Esistono maghi con più magia di altri, e questi sono i più potenti. La magia però, si pone un limite per non creare maghi troppo potenti, quindi può capitare che quando in un mago solo c’è troppo potere, la magia si spezzi, creando i Mezzimaghi.
    — E tu saresti uno di questi — tirò ad indovinare Nott.
    Lei annuì. — Sia io che mia sorella eravamo Mezzimaghi.
    
Eravate? Qualcuno come Malfoy le ha preso la magia come voleva fare con te? — domandò incupito.
    Lisa sorrise amareggiata. — Se l’Incanto Fortitudinis viene usata sui Maghi e sulle Streghe, sia il mago che lancia l’incantesimo, che quello a cui è diretto perdono la magia. Sui Mezzimaghi invece no. La loro magia è costantemente alla ricerca dell’altra metà, e per sopravvivere al tempo ha sviluppato il modo di riformarsi. I Mezzimaghi sono una fonte inesauribile di potere.
    Theodore schioccò le labbra. — E tua sorella?
    — Mia sorella è morta — tagliò corto lei. — L’hanno uccisa i Mangiamorte a forza di usare l’incantesimo su di lei. Quella formula può portare allo stremo delle forze o addirittura alla morte.
    Il prefetto Serpeverde sentì il Marchio Nero scottare sotto pelle, percependo l’astio nelle parole della ragazza. — Mi hai chiesto come si è fatta quelle ferite mia sorella — sussurrò dopo un lungo momento di silenzio. — Sono stati i Mangiamorte, l’hanno torturata per piegare mio padre.
    Lisa osservò come si mordeva le labbra fino a quasi farle sanguinare, e immaginò cosa dovesse aver passato. — E ci sono riusciti? — domandò con un filo di voce.
    Il Marchio Nero scottava come braci ardenti, esattamente come il suo cuore bruciava di rabbia. Sì, ci sono riusciti, pensò. Ma non fu quello che rispose. — No. Non l’hanno piegato — disse con un sorriso tirato. Si alzò in piedi e le porse una mano. — Ora è meglio che torni in dormitorio — sussurrò sollevandola da terra.
    — Credo anche io — rispose lei, lasciando che Theodore la aiutasse.
    Lui attese di vederla salire i gradini della torre, poi sparì nel buio del corridoio.

 

Memento Audere Semper, si disse mentalmente il ragazzo, mentre tornava nel sotterraneo. Ricordati di osare sempre. Glie lo diceva sempre sua madre, da bambino. E lui non era mai stato in grado di farlo. Le sue mosse erano sempre dannatamente calcolate.
    Si morse le labbra, cambiò direzione e quasi correndo raggiunse la guferia. Quel maledetto segno che aveva sul braccio non gli avrebbe rovinato la vita.
    Legò alla zampa del suo gufo una lettera, e inviò a Lisa un pezzo di pergamena sgualcita, riciclata da suoi frettolosi appunti di Pozioni. Si sarebbe goduto la Domenica. A punire Malfoy ci avrebbe pensato Lunedì.
    Ritornò in dormitorio, e rimase il resto della notte a fissare il soffitto della stanza.

 

Lisa iniziò a mettere tutte le sue cose nel baule. Doveva farsi trovare pronta quando sarebbe arrivata la passaporta. Si morse la lingua e si diede della stupida più volte per aver spifferato tutto a Nott. Non credeva che lui avrebbe capito. Nessuno poteva capire.
    Un gufo volò alla finestra picchiettando il becco contro il vetro. Lisa si avvicinò titubante. Non poteva essere la passaporta. Non ora. Non era pronta ad abbandonare tutto.
    Un pennuto marroncino e spennacchiato fece il suo ingresso, lasciando cadere un pezzo di pergamena fitta di appunti di Pozioni a terra. La giovane Corvonero la raccolse, studiandola attentamente. Appunti su elementi, Bezoar, pozioni quasi impossibili. Girò il foglio e vi trovò dei caratteri frettolosi e disordinati: Burrobirra ai Tre Manici di Scopa?
    Si lasciò scappare un sorriso.
    C’era una cosa che non gli aveva detto, una cosa importante sui Mezzimaghi. La magia che si spezza, occupa due corpi diversi. Due corpi che tenderanno a cercarsi per l’eternità per completarsi a vicenda. E si troveranno sempre. Era questo il segreto per cui doveva andarsene. Era questo il segreto per cui le davano la caccia. E non poteva riferirglielo senza mettere in pericolo anche lui.
    La magia percepisce quando ha trovato se stessa. E una parte di lei l’aveva percepito.

  
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