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Autore: Amantea    10/01/2017    12 recensioni
La storia ha inizio dal famosissimo episodio 35 dell’anime, “Accusa di tradimento” (23 giugno 1789).
Riprendo un’idea che avrei voluto sviluppare in un’altra mia long, ma qui ne faccio una storia a se stante. E come in altre mie storie, mi piace ricostruire l'episodio, restando fedele ai dialoghi e al dipanarsi della trama… fino a un certo punto ;)
"Un lampo, e un altro ancora.
Lo studio del Generale si illumina a tratti, un’acquaforte sinistra di chiaroscuri, che la luce tremolante dei candelabri ingentilisce a stento.
Oscar siede, immobile. Osserva il padre [...]".
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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IN NOMINE PATRIS



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- La soluzione sarebbe puntarsi una pistola alla tempia, ma non posso farlo -.
Pronuncia le parole in modo fluido, senza inciampi, senza farsene immagini nella testa. Lascia che escano da sole, e che il padre le raccolga dall'alto del suo sguardo severo, composto, e le soppesi, prepari una reazione, dilati il tempo.
- Mh... Stai forse tentando di provocare tuo padre, Oscar? -.
Stizzito il tono, solo una perdita di controllo, un cedere all'ira, che sfuma subito in un accento più morbido.
- Se hai qualcosa da dire ti ascolto. La colpa di cui ti sei macchiata è grave, ma sei pur sempre mia figlia... -.
    Pur sempre una figlia...
Occhi negli occhi, specchio a specchio, contorni che si fondono, senza toccarsi.
Chissà se entrambi ricordano un altro momento, di sole primaverile, e petali bianchi da annusare nel palmo della mano, quando le parti erano invertite, ed aprire il cuore era sembrato così facile.
    Io desidero davvero per te la vera felicità... perdona tuo padre Oscar (1).
E la figlia, osservando le rose bianche sistemate sullo scrittoio, che sapevano di terra smossa e siepi odorose -ricordi sottili di giornate felici in giardino, in epoca fanciulla-, aveva sorriso, perché non aveva proprio nulla, nulla da perdonare al proprio padre, disperato di aver forzato la sua natura crescendola come un uomo, per farne il suo erede prediletto, un soldato a sua immagine e somiglianza, ma donandole in realtà una libertà di cui nessuna donna poteva godere (la libertà di non essere -che paradosso!- sottomessa ad un uomo).
Ma quel tempo sembra ormai troppo lontano. Nessuna rosa bianca da carezzare. Non più purezza, o innocenza.
Lo scrittoio è disadorno, le candele non fanno abbastanza luce, la stanza è fredda.

I tuoni si fanno più vicini. Gocce colpiscono il vetro, con forza crescente. Dapprima separate, in controtempo, e poi a scivolare, fuse, indistinguibili, lasciando strisce lucide, dai contorni frastagliati e liquidi.
- In questo momento dodici dei miei uomini si trovano nella prigione della Bastiglia e molto presto saranno fucilati. Se morendo riuscissi a salvare la vita di questi dodici soldati, credetemi, padre, lo farei volentieri, ma sarebbe un sacrificio vano… non posso morire adesso. Vi scongiuro di perdonarmi! -.
Li ha visti, dalla finestra. Ha assistito impotente alle percosse che subivano, mentre le guardie li trascinavano via. Accusati di insubordinazione perché, rifiutandosi di obbedire a Bouillé, hanno gridato di essere fedeli solo a lei, facendo un passo avanti dalle file schierate in consegna, sfidando il loro mondo, il tribunale militare, la pena di morte, e il diavolo sa cos'altro. 
Suo padre non può neanche immaginare quanto abbia dovuto sputare sangue per farsi rispettare da quei ragazzi. Le parole che ha udito, le ingiurie che ha ignorato, gli sguardi che ha sostenuto, la disciplina che ha dovuto insegnare, quanto da loro -da quei figli del popolo- abbia imparato. E alla fine li ha conquistati. Con la lealtà. Difendendo il suo onore, quel giorno, nel piazzale della caserma, sotto una pioggia implacabile (piove sempre a Parigi, come se il cielo partecipasse a modo suo alle vicende degli uomini, o forse è solo un'impressione), con un Alain che non aveva capito nulla di lei, e intenzionato a fargliela pagare cara una volta per tutte, e infine battuto, ferito, rimesso al proprio posto.
Cosa sa veramente suo padre della sua vita?
    Se hai qualcosa da dire ti ascolto.
L'ultimo desiderio di un condannato a morte.
Non ha mai desiderato nulla, per sé.
L'unico suo sogno si è infranto in una sala da ballo, tra le braccia di un uomo che mai sarebbe stato suo e che mai l'aveva vista in un modo diverso da come  si mostrava (un'amica).
Ci sono persone che ti guardano, senza vederti veramente mai.
Cosa può chiedere una donna che sta per essere uccisa? Oscar non lo sa affatto. Forse sa cosa potrebbe chiedere sua madre, o qualcuna delle sue sorelle. Forse persino cosa potrebbe implorare la regina. Sicuramente sa cosa chiederebbero i suoi uomini (riabbracciare la famiglia, un'ultima sbornia, un'ultima sera d'amore).
Ma sa bene cosa vuole un comandante. In fondo non ha molto altro adesso. Un comandante vuole solo salvare i suoi soldati.

- Non posso perdonarti -.
Un tono duro, inflessibile. La condanna suona già come un affondo lacerante. Come se non ci fosse più da perdere tempo in chiacchiere. O forse è proprio il tempo della mente che bisogna ingannare, velocemente. Cogliere l'attimo in cui la decisione è stata presa, senza soffermarsdi a pensare, perchè pensare significa esitare, valutare, riconsiderare, magari disperarsi, rischiare di rimanere, sopravvivere, arrendersi alla vita.
- Quando in una famiglia notoriamente devota c’è un traditore, l’unica soluzione è la morte. Non devi preoccuparti: io ti ucciderò chiedendo perdono a Dio e poi ti seguirò -.
In fondo, la morte è una questione che riguarda chi resta. Ciò che conta adesso è lavare quest'onta con il sangue. Del dolore immenso di nonna Marie, che troverà i loro corpi nello studio, si occuperà il nipote André. La casa andrà in eredità a qualche figlia, Madame resterà a Versailles, e dopo qualche mese di chiacchiericci più o meno sentitamente addolorati sulla triste fine fatta dai Jarjayes, nessuno ne parlerà più. 

Oscar guarda il padre, l'immagine stinta dalle lacrime che non trattiene. Resta seduta, senza forze.
Assiste a una rappresentazione risoluta e tenace, quasi che sul tavolo ci fosse un documento importante da firmare, piuttosto che un atto tragico da mettere in scena e concludere in fretta. Quanto deve essere grande il dolore per non sentire più nulla, stordire la coscienza del cuore, ingannarla quanto basta perché cessi di pulsare prima ancora di rendersi conto di non esistere più? Quanto sta soffrendo suo padre in quel momento?
Non è previsto che i figli disobbediscano all'autorità paterna. E' una legge che Dio ha dato agli uomini. Questo le hanno insegnato.
Mai gli ha mancato di rispetto contraddicendo il suo volere.
Una sola volta si è ribellata.
Si trattava di prendere parte a un certo ballo in suo onore, di mettersi per così dire in mostra per trovare un pretendente alla sua mano. In effetti, una stonatura non da poco per una donna che per trent'anni aveva vestito abiti maschili e per di più dedita alla carriera militare. Ma i genitori, si sa, vogliono il meglio per i proprio figli. Quel ballo non ebbe però alcun seguito. Fu, diciamo, soltanto un'idea poco felice. Oscar spiazzò tutti presentandosi in alta uniforme, fece una apparizione molto teatrale, e se ne andò ridendo, lasciando tutti di stucco. 
Anche in quel momento potrebbe alzarsi e andarsene. Ribellarsi di nuovo, se solo volesse.
Eppure, non lo fa.
C'è un che di dolce nel modo in cui non distoglie lo sguardo dal padre.
Ciò che la blocca lì non è paura. Niente affatto. E' la consapevolezza amara che nessuno uscirà illeso da quella situazione.
Nessuno dei due può salvare l'altro. Possono solo annegare insieme.
    Io ti seguirò.
Il padre è già un uomo finito. E lei sarà responsabile della sua morte. Che sia sociale o effettiva, cambia poco. In una società come quella di Parigi non esistono seconde possibilità. I ministri hanno parlato chiaro: bisogna privare la famiglia Jarjayes del titolo nobiliare, infliggere una pena severa ed esemplare, confiscare i beni. Meglio morire che cadere in disgrazia e povertà.
- Sarebbe la peggiore delle soluzioni, essere la causa della vostra morte -, mormora Oscar.
Tutto quello che è diventata, lo deve a lui. Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per amore del padre. Per essere amata da lui, perché lui ne fosse fiero ed orgoglioso. E dove sono mancati gli abbracci, sono valsi gli elogi, gli sguardi, i taciti compiacimenti.
    Ti accorgi, padre, di quanto tua figlia ti ama?
Sì, forse il padre se ne accorge. Perché anch'egli adesso sta piangendo.

In nomine Patris
...
Solleva la spada. Nel nome di Dio le toglierà la vita, nel nome di Dio rinuncerà alla propria.
Sicuro che la mano non cederà. Che la disperazione sarà così forte da voler seguire la figlia. Che non si soffermerà nel pianto, o nel dolore, o nel pentimento. Che la mano non tremerà, e non si fermerà, neppure contro se stesso, dosando la forza necessaria, e quando sentirà la carne lacerarsi e strapparsi la lama affonderà ugualmente.
Fino in fondo. Quanto serve. E così sia.














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(1) Se ricordate, si tratta dell' Episodio 30


Lo so, non è una storia facile.
Aggiornamento veloce perché nel fine settimana sarò impegnata.
Ma ci sarà il what if e la svolta :)
Grazie di cuore a chi preferisce, ricorda e segue. A chi legge, e a chi lascia il suo pensiero.
Un abbraccio,
Amantea


   
 
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