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Autore: aui_everdeen_love    13/01/2017    0 recensioni
Un bacio rosso, un abbraccio arancione, un sorriso giallo, una carezza verde, uno sguardo azzurro, una parola indaco e una scusa viola.
...
"Siamo circondati dall'arte. Noi creiamo arte. Noi siamo arte"
Rosso: Iwaoi
Arancione:Daisuga
Giallo: Kagehina
Verde: Kuroken
Azzurro: Bokuaka
Indaco: Tsukkiyama
Violetto: Asanoya
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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INDACO



A Paloma, gentile come un sole arancione

 

 

L’aria, quella sera di tardo Novembre, era fredda e il cielo notturno coperto da soffici nubi scure.

Due ragazzi camminavano lungo la strada che costeggiava il parco, in silenzio, uno con pensieri indaco incastrati tra i capelli e l’altro con la rabbia stretta tra i denti.

Tsukishima marciava veloce, con le mani infilate nelle tasche della giacca, sguardo basso, le cuffie premute sopra le orecchie e una smorfia sul volto.

Yamaguchi, che arrancava dietro l’amico, non ci mese molto a capire che il biondo era arrabbiato, o depresso, o -peggio- arrabbiato e depresso.

“Tsukki! Ehi, Tsukki, aspettami!” tra uno sbuffo e l’altro, Tadashi riuscì a muovere le gambe affaticate più velocemente, cos’ da raggiungere l’altro che, invece, continuò imperterrito a camminare veloce come se fosse inseguito da una mandria di tirannosauri inferociti e affamati.

“Tsukki…” il più basso gli afferrò la manica della giacca, in un disperato tentativo di fermare la corsa furiosa dell’altro.

“Cosa diavolo c’è, Yamaguchi?!” Kei si voltò di scatto, togliendosi rabbiosamente le cuffie, confermando così i sospetti (o, meglio, i presagi) dell’amico.

“Stavo per chiederti proprio la stessa cosa, sai? E’ da quando abbiamo finito l’allenamento che sei arrabbiato…” Tadashi si sedette sul bordo del marciapiede, in attesa che Tsukki si confidasse con il suo migliore amico.

Proprio in quel momento, la luna decise di uscire dal suo nascondiglio di nuvole e la sua luce perlacea volò fino al viso lentigginoso di Yamaguchi, accarezzandolo e baciandolo.

Tsukishima sentì le proprie guance andare letteralmente a fuoco e, per cercare di uscire da quel momento imbarazzante in cui era cascato come una pera, incominciò a far schioccare la lingua contro il palato e a guardarsi intorno, fingendo palesemente di trovare interesse per i fili d’erba scintillanti di bianca lune lunare.

“Tsukki…” Tadashi lo chiamò, con le labbra increspate in un leggero sorriso indaco, aspettando pazientemente la confessione.

Kei sospirò, passandosi una mano sul volto e strizzando gli occhi da dietro gli occhiali, cercando di far scomparire il rossore che stava dilagando sulle sue guance.

Yamaguchi ridacchiò, avendo notato l’imbarazzo dell’amico, per poi levare gli occhi al cielo spumoso di nuvole.

“E’ un peccato che non si vedano le stelle, no?” la luna stava ancora danzando sulle infinite lentiggini di Tadashi, esibendosi in una danza di luci e di ombre riservata solo al biondo.

 

“G-già…un vero peccato” il biondo riservò un veloce sguardo al cielo notturno, pero poi concentrarsi completamente sullo splendido volto dell’altro.

Yamaguchi Tadashi era tanto, irrimediabilmente, troppo bello: i capelli color muschio che gli solleticavano spesso le orecchie, gli occhi grandi che sembravano due gemme color ambrosia e le lentiggini, quelle dannatissime lentiggini, tante ed infinite da sembrare stelle scintillanti nel cielo…

Kei tirò un lungo sospiro e, strisciando le suole delle scarpe sull’asfalto freddo, andò a sistemarsi vicino all’amico, il quale aveva ancora gli occhi traboccanti di scura volta celeste.

Il biondo raccolse le ginocchia al petto, circondandole con le lunghe braccia, ed incassò la testa tra le spalle magre, sempre lanciando occhiate all’altro in cerca di reazioni che lo inducessero ad iniziare il suo “racconto”.

Perché, sotto le spoglie acide di un alto ragazzino impertinente, viveva un timido individuo dall’animo instabile e sensibile, il quale aveva sempre bisogno di essere incoraggiato e difeso.

Questo, chiaramente, Tadashi lo sapeva.

Yamaguchi staccò gli occhi dal cielo, cercando di nascondere un sorrisetto divertito mordicchiandosi le labbra desse, e legò il suo sguardo a quello dell’altro, annuendo leggermente.

Tsukki ingoiò un boccone d’aria.

“Uhm, ecco…è da un po’ che ci penso…forse dovrei lasciar perdere la pallavolo e il club…” le parole di Tsukishima vibrarono nel cielo indaco e nel petto del moro, il quale ora non sorrideva più e che guardava l’altro con un’espressione seria sul volto lentigginoso.

“Perché?”

“Perché, ecco, non credo di essere necessario…infondo, Kageyama ed Hinata sono molto più bravi di me…e poi, c’è il capitano e Azumane-san e…” un suono indaco, simile a una stella nascente, lasciò la gola di Tadashi e si propagò nell’aria sotto la forma si una cristallina risata.

“Ma sei scemo? Alcune volte mi chiedo proprio da dove tu le prenda, queste idee del cavolo!” Yamaguchi aveva le lacrime agli occhi e le lentiggini color pervinca illuminate.

“Ascoltami bene, Tsukki…” il moro si fece serio tutto d’un tratto, e l’amico si sentì come una candela a cui era stato tolto l’ossigeno “…tu servi alla squadra. I tuoi muri sono indispensabili…credi forse che Hinata riuscirebbe a respingere tutti quegli attacchi?! E metà degli attacchi che quei due idioti riesce a segnare sono merito dei tuoi one touch! Tsukki,, per la squadra sei importante.”

Kei, finalmete, sorrise.

Il biondo allungò la mano verso quella dell’altro, intrappolandola in una morsa che sciolse il cuore ad entrambi.

Yamaguchi guardò le loro mani legate in un intreccio indaco, pero poi nuovamente lo sguardo ambrato sul cielo scuro.

“Anche per me sei importante, Tsukki” Tsukishima arrossì ma, sotto il rosso lucido, Tadashi intravide un sorriso imbarazzato.

Kei, dopo quelle semplici parole, sentì tutta la tristezza defluire via come l’acqua.

Sentì il proprio cuore più leggero e lo spirito libero da tutte quelle stupide ed inutili preoccupazioni che l’affiggevano.

Quelle, furono parole che lo liberarono.

Furono parole che fecero vedere il cielo a Tsukishima.

Furono parole che lo resero felice.

Furono parole indaco.

 

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Bhè, zalve!

Dopo uno schifoso quinto capitolo, sono tornata per la vostra gioia con questo penultimo capitolo che, devo dire, mi ha alquanto soddisfatta.

Allora…l’indaco è un colore che, è detto, scacci la depressione e altri sentimenti negativi.

Perciò, ho pensato che Yam e Tsukki fosse proprio i due perfetti per questo capitolo: il secondo ha bisogno del primo per essere felice, non trovate?

Spero che quanto scritto vi sia piaciuto e mi scuso per gli errori che potreste trovare, e che siete liberissimi di segnalare.

Zao

 

   
 
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