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Autore: Anna_Art    26/01/2017    6 recensioni
Alastair è un ragazzo con poteri "speciali", fin dalla nascita. Il suo essere diverso dagli altri lo fa sentire un po' solo, ma non completamente. Perché un giorno non si aspetterà mai di incontrare qualcuno che cambierà ciò che sente nel cuore riguardo le sue doti soprannaturali.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
 
 
Osservando i suoi occhi provai a pensare a qualcosa a proposito delle sue parole.

Sospirai appena, poi afferrando il suo polso lo feci dirigere vicino al mio letto: "Per favore siediti un attimo".
"Perché dovrei?" Domandò Zack.
"Fallo è basta". Dissi con insistenza.

Lui si sedette sul letto non distaccando neanche per un'istante i suoi occhi da me. Poco dopo mi sedetti accanto a lui: "Io non ho mai voluto dirti niente, perché in mezzo a questa storia non ci sono solo io, ma anche un mio caro amico".
"Un amico? Di chi parli?" Mi domandò.
"Lo conobbi quando avevo solo quattordici anni nel bosco dove mi reco quasi ogni giorno. E' stato un giorno davvero strano, il cristallo che porto sempre con me improvvisamente si è illuminato è poco dopo ha fatto apparire ai miei occhi una maestosa tigre bianca alata". Gli risposi.

Zack spalancò appena gli occhi come se pensasse che quelle parole che stavo pronunciando erano frutto della mia immaginazione. Oppure era solo sorpreso nel sapere che al mondo esisteva una creatura del genere?

"Lui ha un legame particolare con te?" Mi chiese.
"Beh sì. La tigre mi ha detto che io sono il suo protettore. Lui ha sempre avuto un legame con me fin da bambino grazie ai miei genitori che lo hanno incaricato di proteggermi".
"Proteggerti? Ma non hai appena detto che sei tu il suo protettore?" Mi domandò stupito.
"Anche lui ha il compito di proteggermi, essendo entrambi creature magiche ci siamo promessi di aiutarci a vicenda. Lui è come un fratello per me. Non ha mai smesso di aiutarmi e di starmi accanto nei momenti più bui della mia vita. Soprattutto quando ho iniziato a controllare meglio i miei poteri".

Zack portando la sua mano sulla mia: "Ma tu non sei mai stato solo, sai che noi ci siamo sempre stati, anche se non sapevamo cosa volesse dire avere dei poteri magici".
"Lo so, infatti vi ringrazio con tutto il cuore. Voi mi avete aiutato tanto e ancora adesso, ma aver conosciuto qualcuno speciale come me, ha resto tutto ancora più bello, perché ha riempito quel vuoto della mia esistenza che io non riuscivo a capire da solo. Lui mi ha parlato anche dei miei genitori". Mi fermai dopo quelle parole.

Zack curioso nel sapere su di loro, provò a domandarmi: "E cosa hai saputo a riguardo?"
"Che in realtà non mi avevano abbandonato come mi è stato sempre detto. Mia mamma era umana e mio padre invece aveva poteri particolari come i miei. Solo che un giorno mia madre si è ammalata è ha perso la vita, mio padre non riuscendo a starle lontano la seguì suicidandosi anche se io ero già nato. Non mi ricordo di loro perché accadde tutto quando ero ancora molto piccolo".

Lui rimase dispiaciuto dalla vera fine che avevano fatto i miei veri genitori, gli si leggeva in faccia.

Vedendo quell'espressione presi a parlare con tranquillità: "Non fare quella faccia. Anche se mi dispiace di non averli mai conosciuti, sono comunque felice di essere capitato qui, in questa famiglia. Voi mi avete dato tanto, fin dall'inizio e per questo vi ringrazio molto".

"Anche tu a noi hai dato tanto, mi dispiace solo che non hai potuto avere un approccio importante con i tuoi veri genitori". Disse Zack.
"Va bene così, i miei genitori non mi hanno lasciato solo. Io ho ancora un amico importante che fa parte della mia famiglia originaria".

Zack non si toglieva quell'espressione triste sul viso: "E ti sta bene con così poco?"
"Sì, a me sta bene così". Risposi sorridente.
"Allora se va bene a te, anche per me non fa differenza". Zack mi sorrise abbracciandomi calorosamente. In quel momento ricordai quanto mi fossero mancati i suoi abbracci che mi avevano sempre protetto da tutti i pericoli fin da bambino. Qualcosa che non si poteva capire almeno che non si aveva un fratello a cui si teneva molto. 

Ricambiai quell'abbraccio: "Grazie per tutto Zack".
"Di niente fratellino".

Sciogliendo la presa, Zack guardandomi nuovamente negli occhi: "Mi farai conoscere l'unico membro della tua famiglia?"
Spalancai lievemente gli occhi: "Vorrei fartelo conoscere, ma a una sola condizione".
"Quale?" Mi domandò.
"Che non dirai niente a nessuno di lui, sarà il nostro segreto. Promesso?"

Ci pensò su per un secondo: "Va bene, non lo dirò a nessuno. Te lo prometto Alastair".
"Allora te lo farò conoscere volentieri". Gli dissi sorridente.
"Ci conto allora".
"Sì". Dissi per rassicurarlo delle mie parole.

Anche se mi metteva un po' di ansia far vedere Eiron a Zack, mi faceva anche piacere che lui potesse condividere con me il mio segreto particolare.

Lo avrei portato da lui domani stesso, quando mi sarei di nuovo rintanato nel bosco per incontrare Eiron.

*** *** ***

Era calata la notte ed io ero disteso sul fianco destro nel mio letto sotto le coperte. Rimasi a fissare sul cuscino, accanto alla mia mano sinistra, quella piccola goccia che si illuminava di un fievole color pastello, l'azzurro che mi permetteva di capire quanto Eiron fosse tranquillo e beato in quella notte limpida e fredda. Nell'osservare quel ciondolo, man mano chiusi del tutto gli occhi andando nel mondo dei sogni con la tranquillità nel cuore.

--- ---
Seduto tranquillamente sull'erba nel cortile dell'orfanotrofio in cui mi trovavo da tanto tempo.

All'età di dieci anni osservavo pensieroso tutti quei bambini sia più piccoli e grandi di me, giocare tutti insieme a pallone con gioia e spensieratezza.

"Alastair gioca con noi!" Mi propose uno dei bambini poco più grande di me.
Gli sorrisi felice: "Arrivo subito".

Alzandomi mi diressi con velocità verso il centro del cortile dove erano tutti in cerchio a passarsi a turno la palla. Loro mi accolsero con felicità nel gruppo facendomi giocare con tranquillità e con un po' di quella spensieratezza che provavo un po' meno di loro.

Dopo alcuni minuti mi allontanai dal gioco dirigendomi nel mio posto segreto, che si trovava proprio vicino all'orfanotrofio. Senza farmi vedere scavalcavo la cancellata del giardinetto attraversando la strada di fronte correndo, entrando così in un parco dove si trovava una casetta disabitata. Ogni tanto era lì che volevo rintanarmi nei miei pensieri e nella mia passione più grande, scrivere storie inventate da me.

Entrando in quella casetta, mi sedetti per terra con in mano il mio quaderno grande a righe e la mia biro blu. Rimanendo nel mio mondo, iniziai a scrivere la storia di questa creatura magica, una piccola fatina con lunghi capelli castani e occhi color cioccolato. Le sue ali trasparenti con qualche riflesso azzurro, volava con maestria nel bosco alla ricerca della sua anima gemella. Voleva capire la piccola fatina, quale sarebbe stata la creatura che l'avrebbe amata fino alla fine dei suoi giorni. Con il suo vestitino vivace si aggirava nel bel mezzo della mattinata in mezzo a tanti fiori colorati. Felice di essere lì, si lasciava andare avanti dalla scia di quel profumo piacevole al suo olfatto nella speranza di trovare davanti a sé qualcuno come lei, o qualcosa che le potesse rallegrare la sua piccola vita ormai solitaria.

Prima che continuassi a scrivere sentii dei rumori provenire da quella casetta. Sobbalzai guardandomi intorno per capire se ci fosse qualcuno. Vidi con stranezza che non c’era anima viva all’interno. Riportai i miei occhi sul quaderno per continuare la storiella, quando inaspettatamente sentii un altro rumore. Era come se qualcuno stesse spostando qualcosa all’interno di un’altra stanza che si trovava in quella piccola casa. Alzandomi da terra, mi aggirai alla ricerca della causa di quella confusione. Quando mi avvicinai a una porta sentii chiaramente dei rumori provenire da lì dentro. 
Mi feci coraggio e con la mano destra aprii molto lentamente quella porta, finché l’interno non era chiaro ai miei occhi. Con stupore vidi una bambina che era sopra a una sedia nell’intento di prendere qualcosa all’interno di un mobile di quella stanza che, con chiarezza distinguei da una cucina. 
Cosa stava cercando? Dalla sua statura e corporatura mi sembrava della mia stessa età. Era piccola con capelli lunghi e castani, proprio come la fatina della mia storia. Varcando la soglia di quella stanza presi a domandare: “Tu chi sei? E cosa ci fai qui?” 

Lei sobbalzò alle mie parole cadendo dalla sedia che per fortuna non era molto alta. Preoccupato dalla caduta mi diressi velocemente da lei: “Stai bene?” 

Guardandomi negli occhi con stupore mi rispose: “Cosa ci fa un bambino qui dentro?”
“Guarda chi parla”. Le risposi imbronciato. 
“Ahah, scusami non era per offenderti e che non mi sarei mai aspettata di trovare qualcuno della mia età dentro a questa casetta abbandonata”. Rispose sorridente.
“Lo stesso vale per me. Cosa ci fai qui?” Le chiesi aiutandola ad alzarsi da terra. 

Lei voltando leggermente il viso verso il mobile balbettò qualcosa: “Volevo solo prendere il peluche che c’era dentro a quel mobile”. 
“Posso aiutarti io se vuoi”. Le risposi.
Lei saltellando sorridente: “Ti ringrazio tantissimo”.

Le sorrisi appena, poi poggiando il mio quaderno sul tavolo di quella stanza, mi diressi verso la sedia per arrivare a quel mobile. Una volta salito guardai all’interno del mobile che si trovava di fronte a me, vedendo subito quel peluche medio a forma di un coniglietto beige con una bellissima nocca viola sul collo. Anche se visibilmente polveroso, era comunque un bel pupazzo se ripulito. Tentai di allungare il braccio verso di lui cercando di prenderlo, ma dopo alcuni tentativi capii quanto fosse difficile, visto che si trovava sul fondo del mobile. Come potevo fare adesso? Mi guardai un attimo nei dintorni, finché notai una cucchiaia di legno proprio sul bancone per cucinare. Con quello avrei potuto allungare il mio braccio e afferrare il coniglietto dal fiocco che era ben legato al collo.

La bambina vedendomi pensieroso: “Va tutto bene? Non riesci a prenderlo neanche tu?”
Portando i miei occhi su di lei, risposi indicando quell’oggetto: “Posso farcela con quella cucchiaia, forse”.
Lei mi sorrise apertamente: “Te la prendo subito”.

Dirigendosi velocemente a qualche centimetro lontana da me, afferrò quella cucchiaia. A quel movimento iniziò a starnutire a causa di tutta quella polvere che c’era sopra. Dopo essersi calmata si avvicinò nuovamente a me, passandomi quell’oggetto tra le mani. Stringendola appena nel palmo della mia destra la portai verso il fiocco di quel pupazzo, tentando più volte di prenderlo. Compiuti alcuni tentativi, riuscii a infilare il cucchiaio di legno dentro al fiocco viola brillante e con cautela, senza farlo togliere lo tirai verso di me, finché la mia mano riusciva a prenderlo. Lasciando la cucchiaia e afferrando quel peluche, lo portai con velocità verso quella bambina che mi stava guardando con occhioni speranzosi. 

“Ci sono riuscito finalmente”. Le dissi sorridente.
Lei felicissima: “Grazie mille! Che bello, sono troppo felice che lo hai preso”.

Senza attendere altri secondi scesi dalla sedia, dandole direttamente il coniglietto tra le mani. Lei esultante, saltellò insieme a quel pupazzo, poi fiondandosi fra le mie braccia: “Ti ringrazio tantissimo”. 

A quel gesto arrossii leggermente, sentendo il mio cuore battere un po’ forte. Poi, lei portando i suoi occhi sul mio viso si spostò di colpo da me e, visibilmente arrossita mi disse: “Oh, em… scusami, mi sono lasciata andare per la felicità”. 
La guardai dritta negli occhi: “Non fa niente”.

A quelle parole, il suo sorriso si fece di nuovo vivo sulle sue labbra e allungandomi la sua mano si presentò: “Piacere di conoscerti io sono Aishia . E tu chi sei?”
Stringendo la sua mano: “Io mi chiamo Alastair. Piacere di conoscerti”. 
“Che bel nome! E’ particolare come i tuoi capelli ramati sul rosso”. Mi disse con sincerità.
Le risposi: “Ti ringrazio, so di avere dei capelli particolari, me lo dicono in molti. Ma a me piacciono così come sono”.
Cercando di scusarsi: “Oh, non volevo fare una critica, a me piacciono molto. Ti rendono particolare e si abbinano molto ai tuoi occhi azzurro cielo”. 

A quei complimenti, capii quanto il suo cuore stesse dicendo la verità. Lo percepii grazie alla sua mano che stava toccando ancora la mia con delicatezza. Lei era puramente sincera con me e, come dire, sembrava quasi felice di avermi incontrato. 

Volevo farle anche io degli apprezzamenti sinceri: “Grazie per i complimenti. Sai anche i tuoi capelli sono molto belli”.
Lei con espressione interrogativa: “E che hanno di così speciale? Sono capelli castani come tanti altri, niente di diverso”.
“Per me una particolarità ce l’hanno invece, sono uguali alla fatina della mia storia. Castani, lunghi ma un po’ mossi”. Le dissi.
Lei guardandomi con sguardo interrogativo: “Sei uno scrittore? E che coincidenza assomigliare alla tua fatina”.
“Oh no, non sono un vero scrittore, possiamo dire che è una mia passione. Mi rilassa scrivere su un foglio bianco tutto ciò che fiorisce dalla mia immaginazione… Già è una coincidenza quasi bizzarra come anche i nostri nomi, entrambi abbiamo la lettera  come iniziale”.
Lei mi sorrise apertamente: “Ahaha, vero, le iniziali sono uguali. E’ una cosa bellissima sai, avere quelle passioni nel cuore e tirarle fuori senza soffocarle dentro di noi. Mi piacerebbe leggere un giorno di questa fatina allora”. Poi aggiunse: “Mi hai incuriosita troppo adesso”.

Ci pensai su un attimo, cosa c’era di male a farle leggere ciò che scrivevo? Certo non lo avevo permesso mai a nessuno, ma perché fino a quel giorno nessuno aveva il desiderio sincero di sapere di più sulle mie storie. 

Avevo deciso: “Per me va bene, sono curioso di sapere cosa ne pensi”. 

Dopo quelle parole entrambi sorridemmo guardandoci con sincerità negli occhi. Quello era per caso l’inizio di una lunga e sincera amicizia? Chissà. 
--- ---

Risvegliandomi nel mio letto sbadigliai ancora sonnolente, guardando fuori dalla finestra vedendo con chiarezza che il sole era già sorto in cielo. Quel giorno, sarebbe stato importante, perché Zack avrebbe conosciuto parte della mia vera famiglia, il mio amico più fidato… Eiron. 
   
 
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