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Autore: ___Page    09/03/2017    3 recensioni
"Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»"
*Fan Fiction partecipante al Sfigaship&Crack's Day indetto dal Forum FairyPiece-fanfiction&images*
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Starring: Cora-san, Hannyabal, Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Perona, Sabo, Trafalgar Law, Vergo.
Con la partecipazione straordinaria di: Monkey D. Rufy.
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ATTENZIONE: Storia contenente coppie strane. Il Forum consiglia la lettura a un pubblico con alto tasso di sospensione dell'incredulità. Può presentare tracce di latte e frutto a guscio.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Raftel High School – Piano terra – Corridoio Ovest
Ore 15.17
 
Avanzò lungo il corridoio, le mani infilate in tasca, guardandosi intorno alla ricerca d’ispirazione.
Okay, era riuscito a uscire ma senza Ace né Rufy si annoiava. Non sentiva la mancanza di Koala solo perché sapeva che se fosse stata lì avrebbe cercato di finire ciò che aveva iniziato prima che Vergo la fermasse, ma avrebbe fatto volentieri anche due chiacchiere con lei.
La morale era che non aveva nulla da fare, ad andare a casa senza aspettare Ace e Koala si sentiva un traditore e tornare in aula punizione non era contemplabile. Sarebbe stato uno smacco troppo grande, senza contare che ormai aveva sforato abbondantemente i cinque minuti e Vergo in qualche modo gliel’avrebbe fatta pagare per non aver obbedito.
Rallentò fino a fermarsi più o meno a metà corridoio, percependo delle voci ovattate uscire da una delle aule del piano. Si accostò cauto alla porta e sbirciò all’interno dalla piccola finestrella. Una quindicina di ragazzi osservavano attenti la lavagna su cui era proiettata una diapositiva e accanto alla quale un loro compagno stava gesticolando nello spiegare qualcosa.
Incuriosito, Sabo cambiò leggermente angolazione fino a mettere a fuoco una complicata equazione sotto la quale erano indicate quattro altrettanto incomprensibili risposte. Doveva essere la squadra dei Matleti e Sabo scosse appena il capo, allontanandosi dall’uscio. Non ci capiva una cippa di matematica. Fosse stato il gruppo di dibattito avrebbe potuto prendere in considerazione di infiltrarsi e partecipare. Sarebbe anche stato uno spasso se si fossero accorti che lui non c’entrava niente.
Riprese a camminare e, come in risposta alle sue preghiere, la bacheca su cui erano affissi gli orari delle attività extracurriculari entrò nel suo campo visivo. Si avvicinò e le studiò attentamente, lanciando un’occhiata all’orologio per coordinarsi.
Scartò subito teatro con il prof. Kumadori, sinceramente di deprimersi non aveva voglia. Il glee club poteva essere un’idea se solo non ci fosse stato il rischio che il professor Kyros lo cominciasse a tampinare perché ci entrasse definitivamente, come faceva con tutti. La lezione di kendo no, il corso di botanica no, il laboratorio di scienze… No, considerato quello che era successo due ore prima, meglio di no. 
L’ultima opzione per lui papabile era andare a vedere l’allenamento dei Moby Dick. Anche se il campo di lacrosse era perfettamente visibile dell’aula punizione, dubitava che Vergo avrebbe staccato il naso dal suo romanzo. Era decisamente un’ottima idea e, con rinnovata voglia, Sabo riprese a camminare, svoltando l’angolo che portava al corridoio Sud, dove si trovava lo studio di Hannyabal, proprio vicino all’ingresso del liceo.
Quello era l’ultimo ostacolo da affrontare. Che passasse da dentro o da fuori, doveva passare per forza davanti al piccolo ufficio del bidello e di sicuro Hannyabal sapeva bene che sarebbe dovuto essere in aula punizione e non lì a girare liberamente per l’istituto. Su quelle cose era sempre aggiornatissimo.  
Ma Sabo non era tipo da farsi frenare da un ostacolo del genere e nemmeno da farsi beccare così facilmente. Schiena ritta e testa alta, si avviò verso le porta a vetri, come se fosse perfettamente normale per lui trovarsi lì in quel momento e fu con un sollievo che mai avrebbe ammesso di aver provato che si accorse che Hannyabal non c’era.
Certo, poteva essere un’arma a doppio taglio.
Sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro, spuntando dal corridoio Est, di fronte a lui, o, peggio, da quello a Ovest alle sue spalle e in quel caso sarebbe stato fregato. Abbandonò l’andatura calma e noncurante e accelerò per uscire il più rapidamente possibile per poi bloccarsi proprio sul limitare della porta.
Aveva un certo languorino e le macchinette erano a pochi metri di distanza. Una parte del suo cervello provò a ricordargli che evitare a tutti i costi Hannyabal era più impellente ma non era come se Sabo fosse un tipo prudente. E poi doveva solo raggiungere l’angolo tra il corridoio Sud e quello Est e a quel punto, se anche Hannyabal fosse spuntato a sorpresa, avrebbe avuto ben tre vie di fuga.
Tornò sui propri passi e si girò verso la propria meta ma si immobilizzò quando si accorse che c’era già qualcuno alle macchinette. Non che fosse strano a quell’ora del martedì ma gli bastò un’occhiata per sapere che non l’aveva mai vista prima. E lo seppe perché gli bastò un’occhiata per essere certo che se mai l’avesse vista prima non se la sarebbe certo dimenticata.
Grandi occhi cioccolato, viso regolare, labbra perfette, capelli azzurri lasciati liberi sulle spalle, espressione innocente.
Il primo pensiero che attraversò la mente di Sabo fu che era bellissima.
Il secondo che, a giudicare da come si guardava intorno, era spaesata.
E chi meglio del cavaliere in armatura scintillante per venire in soccorso della principessa in difficoltà. Lanciò un’occhiata al proprio sbiadito riflesso nel vetro della porta. I capelli erano a posto, si era sciacquato bene da tutte le macchie di fuliggine post-esplosione e non aveva buchi nei vestiti. Sistemò i baveri della camicia e controllò l’alito tanto per stare tranquillo, prima di avviarsi verso le macchinette.
Il piano era avvicinarsi fingendo noncuranza, attardarsi a scegliere uno snack e fingere di notare solo dopo qualche secondo il suo spaesamento per chiederle se fosse tutto a posto e offrirsi di aiutarla. Era perfetto. Sarebbe risultato galante senza essere invadente, disponibile ma non supponente.
Certo quello che non si era aspettato era che la ragazza sorridesse radiosa nel vederlo arrivare e si alzasse appena sulle punte dei piedi come se non vedesse l’ora di potergli parlare. Trattenne a stento un’espressione perplessa, mentre copriva gli ormai pochi metri che li separavano.
«Ciao.» la salutò con uno dei suoi migliori sorrisi. Non uccidevano come quelli di Ace ma una buona quantità di mancamenti l’aveva collezionata anche lui. Solo i suoi occhi tradivano la sorpresa che provava.
«Sei arrivato!» esclamò la “principessa”.
Sabo sgranò appena gli occhi incredulo, senza smettere di sorridere. La sua buona stella aveva deciso di dare il meglio di sé quel giorno. «Eh sì! Eccomi qua!» rispose, allargando appena le braccia all’esterno.    
La principessa fece un passo verso di lui, accorciando ancora di più la distanza tra loro, e gli tese la mano.
«Io sono Bibi! È un vero piacere conoscerti Kobi!»
Sabo si fermò con la mano a metà tragitto per raggiungere quella di lei, preso in contropiede.
«Ah? K-Kobi? No, io non sono Kobi, sono Sabo.» le disse ma subito se ne pentì quando il sorriso si spense sul volto di Bibi.
«Oh.» mormorò accigliandosi e ricominciando a guardarsi intorno. «Che strano. Doveva incontrarmi qui alle tre per farmi fare il giro della scuola ma non si è ancora visto nessuno. Queste sono le uniche macchinette al pian terreno, vero?» s’informò, preoccupata di aver sbagliato il luogo scelto per l’incontro.
Sabo non ebbe neanche bisogno di pensare. «Oh cavolo! Vuoi dirmi che non ti ha avvisato?» Non l’aveva mai vista e doveva fare il giro della scuola, ergo era una studentessa nuova e questo era tutto quello che gli serviva sapere. «Io sono rimasto sorpreso perché Kobi mi ha detto che ti avrebbe avvisato con un messaggio! Si vede che si è dimenticato. Purtroppo ha avuto un contrattempo e ha chiesto a me di accompagnarti al posto suo.» s’inventò di sana pianta, pregando che Kobi o Hannyabal non si facessero vedere proprio in quel momento. Esultò interiormente quando il viso di Bibi si distese fino ad illuminarsi di nuovo in un sorriso.
«Ah ecco!» esclamò prima di aggrottare di nuovo le sopracciglia. «Spero niente di grave.»
«Oh no, figurati! Solo una riunione straordinaria dei rappresentanti di istituto. Ordinaria amministrazione.» minimizzò con un gesto della mano.
«Capisco.» commentò Bibi, le mani sui fianchi. «Quindi deduco che tu non sei un rappresentante d’istituto.»
«Chi, io? No, io preferisco stare dall’altra parte della barricata, osservare e avere la libertà di dire la mia su tutto e tutti. Infatti sono vice caporedattore del giornalino scolastico.» Non era necessario specificare che in pratica lo era solo di nome e che si occupava degli articoli sportivi. Anzi… «Però si può dire che sono il reporter ufficiale del corpo di rappresentanza degli studenti.» le disse con tono confidenziale, chinando il busto verso di lei, le mani in tasca.
Bibi sorrise divertita e lasciò vagare per un attimo gli occhi sul suo volto. Si rese conto di quanto erano vicini quando si accorse che riusciva a vedere molto bene un piccola cicatrice da scottatura sul bordo del suo sopracciglio sinistro, nonostante i peli biondi la nascondessero piuttosto bene. Arrossì e sobbalzò appena, per poi schiarirsi la gola e abbassare lo sguardo. «Dunque… da… da dove iniziamo?»
Sabo la guardò stranito per mezzo secondo prima di riprendere il filo del discorso. «Ah giusto!» si rimise dritto ed estrasse una mano dalla tasca dei pantaloni. «Beh di solito si va in ordine di importanza ma, hai già visto dove sono le macchinette quindi…» scherzò e Bibi non trattenne una risatina divertita. «…la segret…» fece per girarsi verso il corridoio Sud e invitarla a incamminarsi verso il blocco di uffici tra cui quello del preside, del vicepreside e appunto la segreteria studentesca, che un suono molto molto brutto raggiunse le sue orecchie, facendogli rizzare i capelli sul coppino.
«Cammina! Ti porto dritto da Sengoku e gli diremo che anche se il professor Magellan ti ha dato il permesso di sostituire il glorioso simbolo dell’istituto con quella tela macchiata io, Hannyabal, non permetto a nessuno di arrampicarsi sull’asta della bandiera nella mia scuola!»
«Non è una tela macchiata! È il mio Jolly Roger!» protestò lo studente finito nelle grinfie del bidello e Sabo si irrigidì.
Merda! Non bastava quel maniaco di onnipotenza di Hannyabal! Ovvio che la vittima dovesse essere Rufy!
«E poi non è vero che il professor Magellan mi ha dato il permesso!»  
«Ma ripensandoci…» Sabo si rigirò verso Bibi, nascondendo a stento l’urgenza nella propria voce. «… meglio approfittare del sole per mostrarti il giardino, che ne dici? Tanto la segreteria non va da nessuna parte e così puoi dare anche una sbirciata ai vari allenamenti.»
Bibi rifletté sulle sue parole per tre secondi, durante i quali Sabo lanciò quattro occhiate oltre la propria spalla, tanto più agitato quanto più le voci di Hannyabal e Rufy si avvicinavano, crescendo in intensità.
«Come vuoi tu. Sono completamente nelle tue mani.» rispose Bibi e la scelta di parole provocò un piacevole spasmo allo stomaco di Sabo.
«Magnifico! Allora prego, signorina, da questa parte.» la invitò, indicando il fondo del corridoio Est dove si trovava l’uscita sul retro per raggiungere il cortile. «Ma dimmi di te? Tu vorresti entrare in qualche squadra?» le domandò, mentre camminavano fianco a fianco lungo il corridoio.
«Pensavo più al gruppo di dibattito.» rispose Bibi, portando una ciocca azzurra dietro l’orecchio.     
«Ah! Interessante!» Sabo sorrise. «Molto interessante.»
 

 
***

 
Raftel High School – Primo piano – Aula punizione
Ore 15.23
 
Koala non era il tipo di persona che credeva nel mal comune mezzo gaudio. Non le faceva piacere che altre persone fossero finite in punizione solo perché così non doveva trascorrerla da sola. Odiava le ingiustizie,  non tanto quando venivano fatte a lei quanto quando erano gli altri a subirle. Se si trattava di se stessa faceva tutto il possibile per farsele scivolare addosso ma non poteva chiudere gli occhi, fingere o non lasciarsi fomentare quando assisteva a un torto ingiustificato.
In più di un’occasione era finita dal preside per essersi azzuffata con i bulli della scuola, momenti nei quali ringraziava mentalmente nonno Hack per averla iniziata alle arti marziali già da bambina, o per aver risposto con troppa veemenza a un professore che abusava della propria autorità.
Come il semestre scorso quando si era intrufolata di nascosto in aula professori per recuperare il diario segreto di Cosette, che il professor Vinsmoke le aveva sequestrato per pura cattiveria, solo perché la ragazza si era agitata e non aveva risposto alla sua improvvisa domanda. Quando suddetto professore l’aveva beccata con le mani nel suo armadietto e le aveva suggerito di imparare a farsi gli affari propri o avrebbe fatto una brutta fine nella vita, Koala non era riuscita a trattenersi dal rispondere che piuttosto che preoccuparsi di che fine avrebbe fatto lei nella vita si sarebbe dovuto preoccupare del fatto che su cinque figli gliene erano usciti tre deficienti e uno pervertito. Per non parlare della volta in cui per difendere uno del primo anno dagli atti di bullismo di Lucci e Jabura aveva accidentalmente colpito in piena faccia il professor Spandam, fratturandogli il setto nasale e obbligandolo a girare per un mese con un’assurda fasciatura in faccia che pareva una maschera da cannibale. Gli studenti lo prendevano ancora in giro per l’accaduto e Spandam non l’aveva ancora perdonata e probabilmente non lo avrebbe fatto mai, non che per Koala fosse un problema.  
Quando era diventata capo del giornalino c’era chi aveva temuto che lo avrebbe trasformato in una rivista di propaganda e denuncia ma Koala era più equilibrata di così e quando aveva il dubbio di stare esagerando e di non essersi fermata in tempo c’era sempre Cora-san disponibile, a cui chiedere un parere. Di sicuro con i suoi articoli il mensile era diventato più adulto e maturo, trattava temi delicati oltre che frivoli, gli uni e gli altri nella giusta misura, e aveva attirato nuovi studenti, desiderosi di potersi alzare in piedi ed esporre la propria opinione sui più svariati argomenti.
Con l’inizio dell’ultimo anno di liceo e l’elezione a caporedattrice le nuove responsabilità di Koala e la mole di studio non le lasciavano più il tempo per scrivere con la stessa prolificità degli anni precedenti. Le sue due principali occupazioni ormai erano scrivere l’editoriale e pianificare il resto del giornalino e la cosa le andava assolutamente a genio. Era soddisfacente e le lasciava tempo per studiare e avere una vita sociale, senza rinunciare alle arti marziali.
Per l’uscita del numero di Marzo però – da intendersi come il secondo numero di Marzo visti i recenti sviluppi su quello che sarebbe dovuto essere il numero di Febbraio – Koala aveva altri piani. Non si sarebbe mai e poi mai lasciata sfuggire un’occasione come il bicentenario della Liberazione di Marijoah per scrivere un articolo sull’abuso di potere e le lotte intraprese per combatterlo. Quello era pane per i suoi denti e il solo pensiero di poter scrivere un simile articolo, tra lo storico e l’attuale, la esaltava da morire.
Peccato che, per quanto l’idea la esaltasse e l’argomento l’appassionasse, non riusciva proprio a concentrarsi sul capitolo del suo libro di storia riguardante appunto la guerra di Marijoah e la liberazione degli schiavi.  
Gli occhi scorrevano sulla pagina senza realmente leggere le parole stampate nero su bianco. Un elenco di nomi, pochi dei quali accendevano una lampadina nella mente della ragazza, come Fisher Tiger o Saint Roswald. Nomi e fatti che conosceva a memoria sin dall’infanzia, sempre per merito di nonno Hack, tanto da aver affrontato, l’anno precedente,  quella parte del programma di storia con ottimi risultati senza quasi aprire il libro.
Scosse la testa cercando per l’ennesima volta di focalizzarsi su ciò che doveva fare, la penna in mano, pronta a scrivere sul blocco degli appunti. Non bastavano nomi e fatti, doveva approfondire. Le ragioni che avevano spinto i Guerrieri del Sole a mettersi sia contro i Draghi Celesti che contro quella frangia di governo a loro avversa, pur di agire senza più tergiversare. Le storie personali di alcuni di loro, così come quelle degli schiavi superstiti. I meccanismi e le motivazioni che avevano spinto le alte sfere a cercare un accordo con i Tenryuubito nonostante le ingiustizie da loro perpetrate verso innocenti esseri umani fossero sotto gli occhi di tutti.
C’era molto da fare e la Liberazione di Marijoah era solo uno dei fatti storici che avrebbe portato come esempio nel proprio articolo, anche se sarebbe stato il principale.
E allora perché, per tutti i kami, non riusciva a concentrarsi? Perché lei non sarebbe dovuta essere lì, ecco perché!
Non era per la punizione in sé, non era tanto perché era bloccata lì. Era che, semplicemente, questa volta ci credeva di più nel mal comune mezzo gaudio. Questa volta che Sabo fosse riuscito a darsela a gambe le dava fastidio, perché alla fine era solo colpa sua e di quell’altro imbecille se lei era lì e non a casa a fare quello che avrebbe dovuto fare.
Quindi sì, per quel pomeriggio e quel pomeriggio soltanto, aveva voglia di essere egoista, le era sembrato più che giusto che Sabo scontasse la pena esattamente come lei che non c’entrava niente e pensava di avere tutto il diritto di essere contrariata per la sua riuscita evasione.
Al punto da non riuscire a concentrarsi nemmeno sul suo articolo, porca miseria!
Gliel’avrebbe fatta pagare, eccome se gliel’avrebbe fatta pagare! Altro che tesina di storia, appunti di letteratura e ricerca di scienze!
E per di più Vergo non sembrava minimamente turbato dal fatto che il ragazzo non fosse ancora rientrato, non certo perché fosse stupido ma perché proprio non gliene fregava niente.
«Non posso credere che Vergo gli permetta di farla franca così. Parla solo per dare aria alla bocca!» sibilò, guardando di sottecchi l’insegnante che non sembrava intenzionato a farsi distrarre dalla propria lettura neppure da una bomba, un incendio o un qualsivoglia disastro naturale, foss’anche stato di dimensioni apocalittiche.
Non si rese conto di quanto fosse velenoso il suo tono. Non si rese conto di aver parlato ad alta voce.
«Puoi stare certa che se fossi stato io mi sarebbe venuto a cercare. Anzi, se fossi stato io non mi avrebbe lasciato uscire neppure se avessi rischiato di dissanguarmi, lo stronzo.»
Koala girò lentamente il capo verso destra. Law guardava Vergo di sottecchi proprio come lei, ma con molto più odio negli occhi e aveva sibilato come lei ma con molto più veleno nel tono.
Il rancore, la rabbia, il fastidio scivolarono via da Koala per lasciare spazio a pura e autentica incredulità.
Percependo il suo sguardo addosso, anche Law si girò verso di lei e si accigliò quando vide la sua espressione, così sorpresa da sfociare nello scioccato. Attese qualche secondo poi, un attimo prima di riuscire a chiederle neanche troppo gentilmente cos’avesse da fissarlo a quel modo, Koala si riscosse.
«O mio dio…» mormorò. «… ma tu… tu parli!»
  
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