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Autore: keska    09/06/2009    26 recensioni
Tutto sommato stavo bene. Avevo solo bisogno di quello. Ormai, ne dipendevo.
Una volta soddisfatto il mio bisogno, sarei stata meglio, ne ero certa. O forse, no.
Una Bella e un Edward, al loro primo incontro. I personaggi rimangono identici, ma questa volta, hanno in comune, qualcosa in più.
Bella ha un problema grave, la bulimia, ma Edward le darà una mano a recuperare la salute.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Persi il mio quaderno dal banco e uscii dall’edificio, lo zaino in spalla

Persi il mio quaderno dal banco e uscii dall’edificio, lo zaino in spalla.

Quel giorno, ero ancora più invisibile del solito. Bene, meglio così, almeno non si sarebbero accorti di me. E del mio problema.

 

Tutti erano agitati e in fibrillazione per l’arrivo dei nuovi ragazzi. Non che io potessi definirmi una veterana della scuola, ero arrivata solo da due mesi a Forks.

Sospirai, entrando nel mio pick-up e accendendo la radio a tutto volume.

Quella era una giornata no. Da quando mi ero separata da mia madre, ed ero andata a vivere con mio padre Charlie, avevo assunto una nuova prospettiva di vita. E così, il mio problema, era diventato un’abitudine.

Mi capitava spesso di vivere giornate in cui ero particolarmente malinconica, ma poi, lo facevo.

E con l’aiuto di quello che mi mancava, come una droga, riuscivo a stare di nuovo meglio. Allora diventavo una ragazza estremamente solare.

Però poi mi pentivo inevitabilmente del mio sbaglio e tutto ricominciava di nuovo. 

Ma ormai, la maggior parte dei ragazzi si era stancata dei miei sbalzi d’umore. Ormai c’erano solo tre persone che potevo considerare “amiche”.

Mike e Jessica, mi parlavano di solito, quando ero felice, la loro compagnia era piacevole e quando invece, come oggi, mi sentivo depressa, non facevano caso al fatto che io rimanessi semplicemente in silenzio e così sfogavano i loro pensieri con me, come un fiume in piena che non si preoccupa su quali scogli va a sbattere. La compagnia di Angela, invece, mi era molto gradita. Lei rimaneva in silenzio, ad ascoltare le mie parole mute, e quando ero felice, anche lei si adattava naturalmente al mio modo d’essere.

Tutto sommato stavo bene. Avevo solo bisogno di quello. Ormai, ne dipendevo.

Una volta soddisfatto il mio bisogno, sarei stata meglio, ne ero certa. O forse, no.

 

Camminavo a passo spedito, verso il mio bisogno, accecata solo da quello.

Inaspettatamente, mi scontrai contro qualcosa di duro e freddo, cadendo a terra. Pensavo di essere sbattuta contro una colonna del muro, ma quando sollevai lo sguardo, lo spettacolo che mi si presentò dinanzi fu ben altro.

Un ragazzo alto, dai capelli rossicci e lo sguardo luminoso, mi fissava dall’alto. I suoi occhi erano chiarissimi. Dorati, quasi gialli. Era bellissimo. Non avevo davvero mai visto qualcosa del genere, mi sembrava quasi inumano.

Lo vidi fare un’espressione strana: crucciò le sopracciglia, come pensieroso, poi immediatamente, il suo sguardo mutò, come se si fosse dimenticato di fare qualcosa.

-Ti sei fatta male?- chiese, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.

Appena lo toccai, la mia mano fu attraversata da una scossa. Era freddo.

-N…no…- balbettai, non appena mi tirai su, fissandolo poi furente, afferrando la mia borsa e correndo ancora verso la mia meta, sotto il suo sguardo sorpreso.

 

*

 

-Bella?- mi chiamò Jessica, mentre me ne stavo tornando in classe.

-Si?- la chiamai, contenta, quasi estasiata. Bene, faceva ancora effetto. Questa volta, ne avevo preso di più. La vista di quel ragazzo mi aveva scombussolata troppo, era questa la motivazione che mi ero data. Non mi dovevo sentire in colpa. Quando trovavo una motivazione, dopo, ero anche più felice del solito quando lo facevo.

-Ho visto che hai parlato con il nuovo arrivato, Edward Cullen…- disse lei con tono civettuolo.

Scoppiai a ridere. -Cosa Jess? Hai le allucinazioni?-

Le mi guardo un’ po’ offesa. -No che non ho le allucinazioni.- Poi sospirò, non badando quasi, come ormai era abituata a fare, al mio repentino cambiamento d’umore rispetto a quella mattina.

-E allora quando ci avrei parlato?-

Sul suo volto si aprì un sorriso -Beh, ci sei praticamente andata a sbattere contro…-

 

Oh. Allora era lui, il nuovo arrivato.

Come avevo fatto a non pensarci prima?

Beh, prima ero troppo presa dal mio problema.

-Oh… allora è lui…-

-Si, proprio lui. Ma lo sai che hai avuto una fortuna sfacciata? Né lui, né nessuno della sua famiglia, ha rivolto la parola a nessuno! Allora che ti ha detto?- mi chiese trepidante.

Ritornai a concentrarmi sulla mia amica. -Nulla- dissi scrollandomi le spalle -mi ha solo chiesto se mi fossi fatta male…-

-E tu?- fece lei, curiosa.

Mi sembrava ovvio -E io gli ho detto di no e me ne seno andata!-

Lei parve delusa da quella mia risposta. -Oh… beh dai raccontami i particolari, che parole ti ha detto, precisamente?-

-Oh, Jessica, non ricordo, ora devo andare, sono in ritardo!- mi liberai dalla sua presa, facendole la linguaccia e correndo in classe.

Non era per nulla vero. Ricordavo ogni singola sillaba, ogni oscillazione dei suoi capelli, ogni espressione del suo viso. Mi erano rimaste impresse. Chissà perché. Eppure, quando l’avevo incontrato, ero distratta.

 

Entrai nell’aula di biologia. Era il corso che mi piaceva di più. E poi, fortunatamente, non avevo compagni di banco… Come non detto. A fare bella mostra di sé, Edward Cullen.

Di solito mi sarei sentita enormemente infastidita, ma… così non fu. Ero quasi più contenta. Era la prima volta dopo tanto tempo, che una cosa che non fosse quello, mi desse felicità.

Mi sedetti tranquilla accanto a lui, che mi squadrò, con lo stesso strano sguardo che gli avevo visto fare anche quella mattina. Respirò piano, come se stesse cercando di controllarsi o controllare qualcosa.

In silenzio, lo osservai, tentando di non farmi vedere, e cominciai a seguire la lezione.

Rimase per tutto il tempo teso. Crucciato. Era strano… Mi… mi ricordava qualcosa di familiare.

Mi ricordava me. Nei momenti no.

-Noi due ci siamo già incontrati, vero?!- mi chiese inaspettatamente, verso la fine della lezione.

-S…si…- balbettai.

Si mise a ridere. -A parte i monosillabi sai dire qualcos’altro?-

-Si!- dissi, ridendo anch’io e facendogli la linguaccia. Anche lui rise ancora.

-Mi… mi dispiace per questa mattina…- dissi riferendomi al mio sguardo sgarbato -andavo di fretta- mi mordicchiai il labbro, in imbarazzo.

-Non ti preoccupare, facciamo così. Come se non ci fossimo ancora conosciuti.- mi porse la mano -Piacere, Edward Cullen…-

La strinsi nella mia, titubante, trovandola di nuovo fredda. -Isabella Swan. Ma tu puoi chiamarmi Bella.-

-Bene Bella, io ora devo proprio andare…- mi sembrava di nuovo teso. Era… come se non respirasse. In un attimo fu fuori dalla classe. Mi accorsi che non c’era più nessuno.

 

Un po’ sorpresa, afferrai le mie cose e mi diressi in palestra. Nessuno era venuto ad importunarmi, erano tutti in fibrillazione per l’arrivo dei Cullen, fortunatamente. Neppure Mike, che da quando mi ero trasferita non ne poteva fare a meno di accompagnarmi da tutte le parti come un cagnolino da compagnia scodinzolante, era lì con me. Risi a quel mio pensiero. Ero ancora felice, ancora sotto l’effetto di quello.

Entrai nello spogliatoio femminile. Non c’era nessuno, dovevo essere in ritardo. In fretta, mi cambiai e entrai in palestra.

Lezione di pallavolo quel giorno. La mia avversione verso quella materia, superava persino quella che avevo contro la trigonometria.

Poi, un nuovo dettaglio, mi fece cambiare idea. Sentivo che quell’ora sarebbe stata più piacevole del solito, con lui. Era stupendo anche in tuta da ginnastica. Subito dopo aver formulato questo pensiero me ne pentii. L’avevo fatto di nuovo, ero felice per qualcosa che non fosse quello, e non potevo permetterlo.

Notai che oltre a lui, c’era un’altra nuova ragazza. Una ragazzina minuta, con i capelli corti, neri, sistemati in una graziosa acconciatura. Era bella anche lei, oltre che molto aggraziata. Doveva essere una delle sorella di Edward. In un certo strano modo, gli somigliava, anche se avevano molto di diverso.

Nessuno dei miei compagni stava loro vicino, nessuno gli parlava, anche se tutti gli gironzolavano intorno, come mosche al miele. Era strano.

 

Titubante, presi il mio posto accanto a Mike, che mi sorrise con un ghigno. Io sollevai la mano per salutarlo, non rendendomi conto che la palla mia stava arrivando in faccia a tutta velocità. Non feci in tempo a fare nulla, sentii solo una voce melodiosa che diceva -Mia!- e poi una mano stretta a pugno deviò la traiettoria della palla, facendola ricadere con precisione nel campo avversario e segnando un punto.

Mi voltai di lato, verso il possessore di quella meravigliosa voce. Edward Cullen mi fissava con un sorrisetto, un po’ tirato.

-Ci rincontriamo, vedo.- Dal tono con cui lo disse, sembrava quasi se ne stesse facendo una colpa.

-Già…- balbettai solo. -Gr…grazie…-

Non fece in tempo a rispondermi, che fu il turno di cambiare le posizioni, così, mi ritrovai troppo lontana per parlargli ancora. Non che volessi farlo. O forse si. Sentivo nascere dentro di me sentimenti contrastanti.

Per tutta la durata della partita, lo osservai giocare. Non pareva molto concentrato sulla palla, la maggior parte delle volte lo sorprendevo a guardare nel vuoto, o a crucciare le sopracciglia come se si stesse sforzando di fare qualcosa. Oppure… come se si stesse sforzando di non farlo.

Era incredibile, ancora una volta lessi nel suo meraviglioso viso, il mio stesso tormento, il mio stesso bisogno.

Non poteva essere… E se anche lui fosse… No, decisamente.

 

Quando uscii dallo spogliatoio femminile, mi trovai bene e a mio agio nei jeans. La felicità perdurava ancora in me.

D’un tratto, mi accorsi che Edward mi stava venendo incontro.

-Ciao- dissi, piuttosto sicura, contenta.

-Ciao…- mi salutò lui evasivo, fermandosi però, a circa due metri da me. Abbassai lo sguardo, ma sapevo che mi stava ancora fissando, avvertivo i suoi occhi concentrati su di me.

Mi decisi a parlare, non volevo sempre starmene lì a balbettare e inoltre, volevo rompere quel silenzio imbarazzante -Ti sei trovato bene oggi? Intendo… nella nuova scuola… M…magari hai qualche problema con il programma…- mi mordicchiai il labbro inferiore.

Sul suo volto comparve un sorriso, come se avessi appena detto una battuta sarcastica. -Oh, no, tutto bene. Grazie del tuo interessamento, comunque…- mi rispose educatamente.

-Beh, allora ci vediamo domani ok?!- disse poi salutandomi e avviandosi verso il corridoio.

-C…ciao!- dissi, sbracciandomi per salutarlo. Mi accorsi che stavo sorridendo, ero praticamente euforica, felicissima. Rimasi per un attimo immobile, appoggiata ad una colonna.

Ero scioccata. Quel ragazzo appena conosciuto stava minando la mia fragile stabilità. Ora, mi aveva fatto sentire felice, troppo, stavo sbagliando, e non potevo permettermelo. La felicità che provavo adesso, avrebbe solo significato più tristezza per dopo. Non potevo permetterlo, no, niente avrebbe rotto il mio precario equilibrio.

Mi asciugai la lacrima che mi era scesa dagli occhi e mi promisi che non l’avrei più visto. Né tanto meno, ci avrei parlato. Me lo dovevo imporre.

 

Infatti, come avevo previsto, era successo. Ora, ero nuovamente nello sconforto più totale, come quella mattina.

Fui costretta a farlo di nuovo.

Afferrai le chiavi del mio pick up e corsi via sotto la pioggia, stringendomi nel giaccone. Avevo un solo obbiettivo, e sapevo cosa fare per non far insospettire nessuno.

Premetti a fondo col piede, dando gas e sfrecciando per le strade di Forks. Avevo freddo, ma non mi curai di accendere il riscaldamento, avevo un bisogno da soddisfare necessariamente.

Inchiodai di fronte al grande edificio e scesi dal mio mezzo per fare i miei acquisti.

Non più di cinque pezzi, non più di cinque pezzi. Controllati Bella, controllati. Era fondamentale per il mio piano. La discrezione. Non potevo permettere che scoprissero tutto.

Feci i miei acquisti e pagai velocemente in contanti, non potevo usare la carta di credito, sarei stata fin troppo rintracciabile.

 

Uscii velocemente, guardandomi intorno con discrezione e nascosi la busta sotto i sedili del pick up. La tentazione era forte, ma dovevo resistere ancora un po’. Misi nuovamente in moto e mi diressi verso la mia seconda meta. Di nuovo ripetei la stessa operazione, comprando questa volta però, sei pezzi. Non ero riuscita a trattenermi. Mi sentii ancora peggio, perché questa volta nessuna scusa sembrava poter reggere e la tentazione delle due buste nascoste sotto i sedili cresceva sempre più. Un’altra meta ancora, di nuovo gli stessi gesti, con la stessa discrezione. Lo feci ancora due volte, poi, mi dissi che poteva anche bastare.

Non ce la facevo più ad aspettare, il desiderio morboso di prendere ciò che avevo nascosto sotto i sedili, mi stava distruggendo.

Ancora un po’. Pensavo. Ancora un po’. Parcheggiai frettolosamente nel cortile di casa, prendendo le varie buste con me e entrando alla svelta in casa, senza farmi vedere.

Potevo stare tranquilla, quel giorno oggi mio padre era di servizio.

 

Venti minuti dopo, me ne stavo stesa sul pavimento del bagno, distrutta.

Mai più avrei rivolto la parola a Edward Cullen, mai più.

Con le lacrime agli occhi, mi sollevai, fino a mettermi seduta. In un gesto abituale, mi tirai su i capelli, infilandomi un dito in bocca e vomitando tutto il cibo che avevo ingurgitato, tra le lacrime.

 

Spero che vi piaccia…

Spero che possa trasmettere le stesse emozioni, ma soprattutto, gli stessi messaggi che mi pongo da trasmettere io.

 

Questa ff, infatti, non è nata per dirci “oh, guardate, poverina Bella, ora Edward l’aiuta”. No. Certo, c’è anche quello, come darvi torto.

Non voglio neppure fare la moralista, e dirvi, no ragazze, non si fa. Perché io non sono nessuno rispetto a voi, per dirlo.

Voglio solo trasmettere poche informazioni. Semplici e banali e sperare che questa storia non comunichi effetti contrari a quelli auspicabili, causa l’emulazione.

Penso che la maggior parte di noi, almeno una volta abbia, anche solo lontanamente pensato, di fare ciò che Bella fa in questa fan fiction. Non è così facile come può sembrare. Non lo si fa, solo per sentirsi belle o affascinanti. Il cibo può diventare una droga e minare lentamente la personalità di una persona. Ma, quanto ti accorgi che hai sbagliato, che è troppo tardi per tornare indietro, compi la sciocchezza. Ma non te ne liberi. No. Così facendo, cadi solo nella trappola che sin dall’inizio ti attendeva.

 

Non fatelo mai ragazze. La bulimia, porta alla morte.

Non è un gioco. Una volta cominciato, è difficile smettere.

Questa fan fiction non è stata scritta da un medico, pur contenendo documentazioni valide di medicina, quindi non basatevi totalmente su quanto scritti in queste pagine.

 

Ringrazio la crucci, per la collaborazione e per avermi aiutato a ordinare tutte le idee. Grazie cru.

   
 
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