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Autore: Mirai No    12/06/2009    4 recensioni
"Sbadigliò. Bulma, nonostante fosse presa dal racconto del figlio, se ne accorse, e le chiese se per caso voleva andare a letto.
Mirai scosse la testa, sentendo di colpo una fitta di paura. Non voleva allontanarsi da Trunks. Ora più che mai. Temeva, in modo del tutto irrazionale, che il ragazzo, se solo l’avesse lasciato per un attimo, avrebbe potuto scomparire in un’altra epoca, o semplicemente andarsene. "
La mia prima fan fiction, alla quale tengo davvero tanto.
E' stato inserito il 14° Capitolo
ATTENZIONE: Ho modificato un po' il secondo capitolo che presentava alcune incoerenze. Grazie moltissimo a Son Kla
Questa storia è "Riporta la pace... Rendile la voce" col titolo modificato.
Questa storia è scritta da me e da Pepesale
Genere: Malinconico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Trunks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 13 – SOLO ACQUA

Il sole iniziò a filtrare dalla finestra, illuminando la stanza.
Mirai si ritrasse dalla luce, quasi temesse di essere sfiorata da quei raggi tiepidi e ancora timidi. Si morse il labbro, angosciata.
In quei giorni passati in compagnia di Trunks, aveva ricominciato a vivere. Forse indispettita dapprima, forse esitante, ma aveva vissuto. Aveva sorriso, aveva respirato, aveva avuto voglia di ridere. Si era sentita protetta, e l’esistenza aveva perso un po’ del suo peso.
Ora aveva l’orribile e amara sensazione che tutto fosse tornato come prima. Si strinse maggiormente alle proprie gambe, quasi temesse di finire in pezzi se solo avesse allentato la morsa.
In quel momento, Trunks si svegliò. Aprendo gli occhi, si stiracchiò pigramente, tendendo le braccia. Mirai sobbalzò.
Il ragazzo alzò su di lei i suoi occhi azzurri e le fece un sorriso affettuoso. «Dormito bene?» domandò, per riempire quel silenzio che pareva essere la maledizione di Mirai.
Lei ripensò con un brivido all’incubo. Fissò Trunks con aria infelice.
Il giovane le rivolse uno sguardo preoccupato in risposta, ma prima che potesse dire o fare qualcosa per annullare le distanze, Mirai si voltò.
Il saiyan fissò la schiena della ragazzina, la sua nuca. Sospirò, pensando che era incredibile come lei riuscisse a tagliare fuori il resto del mondo con un semplice movimento. Per un momento accarezzò l’idea di avvicinarsi a lei e di voltarla con delicatezza. Si chiese come mai non ne avesse voglia, poi capì: non era il fatto che Mirai si isolasse dal resto, era il fatto che la ragazzina desse piena impressione di volersi isolare.
Non sapeva perché, ma percepiva quanto fosse importante per lei rimanere sola in alcuni momenti. Ed era quello che lo bloccava.
In certi istanti, riusciva a raggiungerla comunque, a decidere, in un certo qual modo, che non era così che lei doveva stare. Altri, la volontà di Mirai era troppo disperata, e lui non riusciva a opporsi.
Perciò rimase in silenzio per qualche attimo. Infine si alzò, ed allo scricchiolio lieve prodotto dalle molle del letto Mirai si voltò.
Trunks sorrise appena, tentando di infonderle calore.
La ragazzina si irrigidì.
«Vieni, coraggio» mormorò Trunks, cercando di utilizzare un tono tranquillizzante. Fece per prenderle la mano, ma lei si scostò, scendendo dal letto.
Lo seguì in cucina, ma teneva le mani intrecciate tra loro, scoraggiando ogni contatto.
Bulma li salutò calorosamente, ma le linee di preoccupazione sul suo viso sembravano essersi moltiplicate, e si mordeva il labbro con frequenza.
Mirai non volle mangiare nulla. Trunks notò anche che sembrava maggiormente inquieta del solito. Negli occhi della ragazzina era evidente un forte nervosismo, e più di una volta la sorprese con una smorfia (non capì se di tristezza o sofferenza) sul viso. Il giovane tentò di distrarla parlandole di Bruck, ma le parole non sortirono l’effetto desiderato. Mirai lo fissava assente o con la paura nello sguardo, senza dare l’impressione di prestare davvero attenzione a ciò che accadeva.
Quando la colazione poté dirsi conclusa, perciò, Trunks si avvicinò a lei e, prima che la ragazzina potesse sottrarsi, le posò una mano sulla fronte. Mirai tremò a quel tocco fresco.
«È bollente» affermò Trunks, voltandosi verso sua madre. «Mamma» proseguì, preoccupato, «credo proprio che abbia l’influenza».
Bulma osservò apprensiva la ragazzina e portò il termometro. Risultò che Mirai aveva circa trentotto di febbre. Trunks prese la mano di Mirai. La ragazzina non si sottrasse, ma lui non lo prese come un buon segno: sembrava infatti solo troppo esausta e sconfortata per continuare ad imporre la propria solitudine.
La portò in camera e la convinse a sdraiarsi.
La ragazzina prese a scrutare il soffitto con un’espressione scoraggiata dipinta in viso. Finalmente si addormentò, ma fu un sonno breve e angoscioso.
Quando si destò Trunks le diede una pillola che lei inghiottì senza problemi.
Il giovane aveva appena fatto in tempo a constatare sollevato che la febbre pareva in via di abbassarsi che lei fece una smorfia e corse in bagno.

Trunks non si fece attendere, ed un attimo dopo era accanto a me, a reggermi la fronte mentre vomitavo. In quel momento desiderai come non mai di strappare le sue mani sollecite dalla mia fronte, ma non potei far altro che continuare a squassarmi sotto nuovi conati.
Nella mia mente, lui elencava (con un certo divertimento che mi raggelò) le possibili sofferenze alle quali avrebbe potuto sottoporre Trunks. Le possibili torture che io avrei potuto fare al ragazzo. Presi a tremare con violenza, ed i tremiti non se ne andarono nemmeno quando il mio stomaco si tranquillizzò.
Ed i tremiti si trasformarono in violente torsioni, mentre crollavo sul pavimento cercando di resistere alla sua pressione. Da qualche parte sopra di me, sentii la voce di Trunks chiamarmi, ed aveva una scintilla disperata. «Mirai!»
Si chinò su di me e cercò di circondarmi con le braccia, ma io mi dimenai più forte, gli occhi pieni di lacrime. «Mirai, piccola, basta. Sono qui. Ci sono io, non preoccuparti».
Il contatto fisico mi quietò, e misi a fuoco il volto di Trunks, avvilita.
Sì, lui era accanto a me. C’era sempre, e mi preoccupava.
Erano tutti preoccupati per me. Bulma mi chiese se volevo lavare alcuni panni, e nei suoi occhi azzurri era evidente una scintilla che faceva capire la sua intenzione. Voleva solo che mi distraessi un poco.
Annuii e accolsi tra le mani la bacinella che mi porgeva.
Mi voltai verso Trunks. Lui si aspettava che il mio sguardo gli rivolgesse la muta richiesta di starmi accanto. E io lo volevo accanto, ma mi allontanai senza voltarmi indietro.
Uscii in terrazza e iniziai a inzuppare quei piccoli panni. Osservai ammutolita, per qualche attimo, i raggi di sole giocare sulla superficie dell’acqua.
Guardai il cielo e mi sembrò assolutamente identico agli occhi di Trunks.
Tornai a guardare a terra, stordita. Avevo la febbre... Mi domandai cosa stesse facendo il mio corpo, se stesse cercando di cacciarlo come un virus. Ma lui non era un virus.
Mi sentivo come se avessi avuto qualcosa dentro il petto, qualcosa che graffiava, graffiava, e faceva un male insopportabile.
Guardai la bacinella colma d’acqua. “È facile” pensai, fissando come ipnotizzata la superficie del liquido, increspata dal vento lieve.
Sarebbe stato semplicissimo.
Con gesti automatici mi slegai la banda blu che mi ricopriva la fronte. Non volevo che si bagnasse; la poggiai su una piastrella abbastanza distante.
Badando appena al cuore che mi martellava furiosamente tra le costole, pompando con forza il sangue nelle mie vene, urlandomi quant’era vivo tutto il mio corpo, mi avvicinai al recipiente.
Fissai ancora l’acqua riflettere i timidi raggi del sole.
Alzai le spalle. Non avevo di che perdere. Avrei solo guadagnato. Avrei chiuso con la sofferenza. Sarebbe stato semplicissimo.
Cosa avrei perso, se non il suo fiato, i miei brividi, la mia solitudine?
Inghiottii una boccata d’aria e tuffai con forza il viso nell’acqua.
Pian piano scollai una palpebra, poi l’altra. Non vedevo molto. Ma che ci sarebbe stato da vedere? Tutti i sensi iniziarono a farmisi attutiti, mentre le tempie cominciavano a pulsare.
I polmoni reclamavano aria, ma li ignorai.
Non avrei perduto nulla. Se non due occhi color del cielo e del male. “Ti metto al sicuro, Trunks” pensai, ed era un pensiero leggero, quasi come un profumo svanito nel vento.
Sarebbe stato semplicissimo, ripeteva la mia mente, in un’assordante cantilena.
Sarebbe stato solo acqua.



Maryana: Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto e che ti abbiano colpito così tanto gli stati d’animo di Mirai... Non posso che essere felice della tua felicità (sempre che sia ancora intatta dopo questo capitolo).

Cri92: Ciao^^ In effetti la situazione non è decisamente delle migliori, anzi! Si può dire che sia delle peggiori. Non solo quel mostro fa soffrire Mirai, ma minaccia anche di far soffrire Trunks... Sì, è proprio lui...

Son Kla: Come al solito le tue recensioni sono belle dettagliate! Il distacco è quello che volevo far avvertire maggiormente, la distanza che torna ad esserci tra Trunks e Mirai, quindi sono felicissima che tu lo abbia percepito così. Davvero hai qualche sospetto sul mostro? Ecco, adesso sono io quella curiosa... Hai individuato perfettamente ciò che Trunks sta donando a Mirai. Grazie mille

Carol2112: Un po’ è stata complicata quella parte del sogno, ma soprattutto il decidere bene cosa poteva farle di orrendo quel mostro... Una volta scelto, descrivere non è nemmeno stato molto difficoltoso. Anche io sono una “fanatica” dell’introspezione. Un bacio

FullmoonDarkangel: Ti sei ripresa dal raffreddore, ormai? Spero decisamente di sì. Dato che sarebbe l’obbiettivo dello scrittore far sì che il lettore si immedesimi, direi che sono contenta di esserci riuscita! Ciao

Giusiemo291: Grazie mille. Ecco l’aggiornamento e ti ringrazio (ti ringraziamo) molto per l’aiuto che hai dato per far continuare questa storia... Un bacio

Bene, dalla Francia, con il supporto del portatile, vi saluto. Au revoir
  
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