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Autore: Lil_Meyer    12/06/2009    1 recensioni
[Gundam 00] Sumeragi Lee Noriega non è affatto certa che la compagnia di un ex-alcolista possa giovare ad un ex-Innovator. Ma forse, la donna realizza sorridendo, Veda ha più senso dell'umorismo di quello che tutti pensano.
Genere: Generale, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Quasi finito! Ecco a voi il penultimo capitolo :)


@@@



“No.”

Sumeragi sa riconoscere un diniego convinto quanto ne sente uno. E quello che è appena uscito dalla bocca di Ribbons non è affatto uno di quei “sì” travestiti da no.

L’analista strategico dei Celestial Being si porta alla labbra il bicchiere, finendo in un sorso il suo frappé e nascondendo con il gesto una smorfia preoccupata.

“Non puoi dire no prima di aver ascoltato quello che ho da dirti.”
“Non mi importa, te lo puoi scordare che io rimanga sulla Terra.”

Poi il giovane fa la cosa che Sumeragi teme di più: senza nemmeno guardarla, si alza e se ne va.

A lei non rimane altro da fare che seguirlo, tra le risatine degli avventori che probabilmente li credono una coppia. Normalmente Sumeragi non vi avrebbe dato peso, ma adesso quelle occhiate ironiche la fanno innervosire ancora di più.

Non ha idea di come funzioni la nanocapsula che Ribbons ha in testa, e dubita che esploda per così poco, ma non vuole rischiare.

Per questo lo rincorre fuori dal locale, lanciando i soldi per la consumazione a un divertito cameriere, e blocca l’ex-Innovator per un braccio. L’occhiata che ne guadagna è velenosa, come non ne vedeva da un po’. Ma non la spaventa.

“Vieni, parliamone in un posto più tranquillo.”

 

Ribbons la segue, senza troppa convinzione e evitando accuratamente di guardarla negli occhi. Non lasciandogli il braccio Sumeragi lo porta sul vecchio molo, una costruzione turistica che ha resistito negli anni, dove Ribbons si volta ostinatamente a fissare l’ascensore orbitale in lontananza, come se rappresentasse per lui una sorta di simulacro. Forse, Sumeragi pensa, è davvero così. Dopotutto, quello è l’unica via che può farlo tornare nello spazio.

“Ascoltami” gli dice pacata. “Tu sei un ottimo pilota…”

“Dì pure il migliore” la interrompe lui.

“Come vuoi. Il migliore. Ma in questo momento è da un’altra parte che ci servi, in un paese nel quale abbiamo bisogno di piazzare un agente ai più alti livelli governativi. E non può essere uno qualunque.”

“Che paese?” si degna di domandarle Ribbons.

“L’Azadistan.”

“Avete bisogno di qualcuno che faccia da balia a Marina Ismail?”

Un pallido sorriso increspa le labbra di Sumeragi. Anche lei ha pensato la stessa cosa, quando Tieria le ha comunicato l’oggetto della missione.

“È giovane, lei e il suo regno. Ha dimostrato carisma, ma è una posizione difficile. Il suo regno riveste un’importanza strategica nell’area, perché è il garante della stabilità di tutta quella zona. I paesi attorno lo guardano come un esempio da seguire e, dato che è lì che le tensioni mondiali si accumulano e rischiano di esplodere, è vitale che Marina Ismail sappia gestire la situazione. Per Veda la missione è di importanza capitale.”

Il giovane si gira verso di lei, mettendosi a sedere sul parapetto del molo, e rispondendole con un sorrisetto ironico. “Forse non ti è chiaro, ma sono stato molto più bravo a far scoppiare guerre, che mantenere la pace.”

“Lo so. Ma ci vuole abilità anche in quello. E non credo che l’uomo che ha creato gli A-Laws sotto il naso della Federazione non riesca in un compito così facile come consigliare la Principessa Ismail su che alleati scegliersi.”
Sorridendo sorniona, Sumeragi gli appoggia le mani sulle ginocchia, sporgendosi leggermente verso di lui. “Sei bravo a far fare agli altri quello che vuoi, con o senza il supporto di Veda, tanto quanto sei abile a pilotare un Gundam. E poi, non l’hai detto tu che i leader umani sono stupidi parassiti? Stare a contatto con lei ti dimostrerà che non tutti sono così, perché Marina è diversa, e crede nella confronto reciproco e nella tolleranza. Forse imparerai qualcosa da lei.”

“Da quella sciocca idealista? Ne dubito” lui le risponde afferrandola per le spalle, non rudemente ma nemmeno troppo delicatamente.

L’ansia che l’ha assalita piano piano recede. Ribbons non è così stupido da non aver capito che quello di recarsi in Azadistan non era un invito ma un ordine preciso. Ma non sembra essersi convinto.
Avvicina le labbra alle sue, sfiorandogliele. “Questo è solo l’inizio. Forse ti saranno affidate altre missioni sulla Terra, ma stai certo che prima o poi riavrai il comando di un Gundam.”

Sente le mani di Ribbons spostarsi dalle spalle alla schiena nuda.
“Perché non ora? Lo sai che di tutti i vostri piloti solo io sono alla pari con Setsuna” le sussurra lui.

Un basso gemito le sfugge, quasi non può credere che sta davvero facendo le fusa strusciandosi in pubblico contro un uomo che, nella migliore delle ipotesi, si meriterebbe da lei solo una pallottola in testa. Ma oramai sa che non si può più tirare indietro; perché ha deciso molto tempo prima di mettere in gioco tutta sé stessa, abbastanza letteralmente, per farlo passare dalla loro parte. E, anche se non vi avrebbe mai scommesso all’inizio, la sua tattica sta funzionando.

Adesso, serve solo la ciliegina sulla torta.

Si stacca da Ribbons leggermente, per guardarlo bene negli occhi. Vuole essere certa dell’effetto che avranno le sue parole su di lui.

“No. È troppo presto. Gli altri Meister non ti accetteranno mai. E poi…” deglutisce, sentendo la voce tremare. L’effetto le piace, anche se non si aspettava che il suo corpo la tradisse così. “Non puoi chiedermi di mandarti in battaglia, ora. Prima di rischiare la tua vita voglio essere certa che… che tu sopravviva.”
Ribbons aggrotta le sopracciglia, perplesso. Ma la sua espressione si spiana quasi immediatamente in un sorrisetto compiaciuto, che lei non si aspettava.

La attira di nuovo contro di sé, e questa volta le mani del giovane si infilano direttamente sotto le spalline del suo vestito. Gliene fa scivolare delicatamente una lungo la spalla, accarezzandole il lobo dell’orecchio con le labbra.

“Questo non me l’aspettavo, Sumeragi Lee Noriega. Però è… piacevole. Tu sei piacevole. Non cambierò mai idea sui tuoi simili, ma tu… tu sei diversa. Tu avresti le potenzialità per essere una di noi.”

La voce di Ribbons è suadente, carezzevole alle sue orecchie. Invitante. E la sua presa su di lei è salda. I baci leggeri che le posa sul collo sono quelli di un amante che conosce perfettamente il corpo di lei e quello che vuole.

Il cervello di Sumeragi riconosce il pericolo, ma il suo corpo di rifiuta di cooperare. Sta così bene tra quelle braccia.

“Angelo” la donna sussurra. “Demone tentatore. È questo il tuo potere? Tu convinci la gente a fare quello che vuoi?”

“Quello che voglio io? Affatto. Ordine. Pulizia. Sicurezza. Erano i loro desideri. Io gli ho solo dato i mezzi per ottenerli. Che i nostri fini coincidessero è stata una pura fatalità.”
“E cosa pensi che io voglia, in questo momento?” gli chiede lei nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.
“Non so. Ma so quello che voglio io. Voglio andarmene. Lontano da qui, da tutti.”
“Pensi che i Celestial Being te lo lasceranno fare?”
“Perché no? Io non ho più nessun potere, nessuno modo di accedere a Veda o di fare del male ai tuoi amici. Io ne ho uccisi tanti, non vi farei un favore se scomparissi dalla vostra vista?”

La voce ammaliante ha un attimo di pausa. Sumeragi quasi si aspetta quello che verrà dopo.

“E poi, vorrei che tu venissi con me.”

La donna prende un profondo respiro. Sì. La sua intuizione era giusta. Ma quell’invito le fa paura lo stesso. E solo adesso capisce il vero potere che Ribbons Almark esercitava sulla gente.

Si allontana da lui, e lo guarda intensamente negli occhi viola.
Una vita nuova. Lontana dalle guerre e dai dolori. Dalla paura di fare ancora un errore o di veder morire i suoi amici.

Sumeragi sorride. Non scaltra. Non soddisfatta di sé per aver previsto la mossa di Ribbons. Solo stanca.
“Egoista” gli sussurra, e vede i suoi occhi stringersi leggermente. “Non puoi farlo. Non puoi tecnicamente, credimi, perché Veda ti ritroverebbe ovunque. Ma, anche se ne fossi in grado, non potresti allo stesso modo sfuggire dai…”

“Lutti che ho arrecato?” la interrompe lui con una smorfia. La spinge via, piuttosto rudente, e le dà le spalle ritornando a fissare l’ascensore orbitale. “Ti ho già detto che non me ne importa nulla degli umani morti. Assolutamente nulla. Io rifarei tutto quello che ho fatto.”

La voce di Ribbons è carica di astio adesso, ma lei riprende come se lui non l’avesse interrotta.
“Dicevo, che tu non potrai mai fuggire dai tuoi errori. Quelli che hanno compromesso tutto quello che eri, che potevi essere, e quello che credevi di poter diventare. I tuoi sbagli ti perseguiteranno per sempre se non cercherai di porvi rimedio. Per sempre” ripete. E si accorge di avere la gola serrata e le lacrime agli occhi. “In ogni caso, non potrai mai dimenticarteli.”

La voglia di piangere che l’ha assalita è per lui o per sé stessa? Non lo sa, e spossata affianca Ribbons, appoggiandosi pesantemente al parapetto. Si appoggia la testa tra braccia incrociate, come se pesasse troppo per il suo collo sottile.

È assolutamente immobile, e così rimane per interminabili minuti, che passa a chiedersi se ce la farà, o se dovrà cercare un modo per sbarazzarsi del corpo dell’ex-Innovator.

Ha quasi perso le speranze quando sente finalmente la voce di Ribbons.
“Che senso ha, vivere solo per rimediare i propri errori?” le chiede. Il tono è ancora teso, ma senza traccia di antagonismo.
“Non si vive solo per quello” lei gli risponde, sorridendo lievemente. Deve aver sentito Tieria fare quella stessa domanda a Neil, migliaia di anni prima. È proprio vero che gli Innovator sono stati creati tutti uguali.
“E allora per cosa? Quel è lo scopo al quale dedicate le vostre brevi vite?”

Sumeragi gira verso di lui la testa, il minimo necessario per lanciargli un’occhiata di sbieco.
“Gli otto miliardi di persone che vivono sulla Terra ti darebbero otto miliardi di risposte diverse. Alcuni vivono per la fama, il potere o i soldi. Altri per migliorare il mondo, o per fare del bene al prossimo. Alcuni, vivono per fare felici quelli che amano.”
Ribbons piega la testa di lato, guardandola come se la soppesasse, come se cercasse di decifrare un enigma per lui irrisolvibile.
“Credo di aver capito...” alla fine le concede, e dal suo tono è chiarissimo che non è così, ma è sempre un passo avanti rispetto alla chiusura ermetica che il giovane ha esibito fino a quel momento.

Sumeragi si solleva, lentamente, quasi come a non voler rompere l’incanto di quelle parole che si aspettava da giorni, e nemmeno un sorriso di trionfo affiora sul suo viso. Ma, dentro di lei, è così soddisfatta che vorrebbe cantare.

“Bene” azzarda. “Se le domande filosofiche sono finite che ne dici di andare a fare un giro? Comincia a fare caldo qui.”
“Vuoi tornare alla villa?”

“No. Il tuo volo per l’Azadistan è domani, come il treno che mi riporterà in orbita. Non ho voglia di rivedere la villa di Liu Mei, per cui rimarremo qui. Solo io e te e nessuna noiosa guardia in giro.”

Stavolta Ribbons non dà adito di voler continuare con le sue obiezioni.

“Proseguirai con i tuoi sermoni?” però le chiede.
Sumeragi sorride, assaporando la vittoria dopo tanti litigi. “Preferisco lo shopping. Ti servirà un nuovo guardaroba per l’Azadistan.”

“... e?”

La domanda monosillabica è carica di tanti di quei significati che Sumeragi fatica a sceglierne uno. D’istinto socchiude gli occhi, facendo un tentativo che le sembra l’equivalente di buttarsi nel vuoto.
“Per stanotte ho prenotato un delizioso albergo vicino all’aeroporto. Per una volta potremo stare insieme senza essere sotto gli occhi delle telecamere. Non è interessante come programma?” azzarda.
Curiosamente, Ribbons la squadra un istante, per poi girarsi a guardare di nuovo l’ascensore orbitale. Quando l’attenzione del giovane ritorna su di lei i suoi occhi hanno un’espressione sofferta.

Ha sempre fatto lei la prima mossa, ma questa volta è lui che le mette un braccio attorno alla vita.

“Uhm, va bene, è… interessante.”
La stretta non è particolarmente naturale, e Ribbons sembra fare una fatica impressionante a guardarla in faccia, ma Sumeragi è soddisfatta. Il suo maestro le diceva sempre che la vittoria si ottiene per il tramite di piccoli, ma significativi risultati.

Si allunga a sfiorargli la guancia con le labbra.

“Allora andiamo.”

@@@


È tutto il pomeriggio che la osserva.

Come se fossero le scene di un film, Ribbons guarda Sumeragi mentre commenta divertita gli abiti che vede, quelli che riesce a fargli provare, e si stupisce quasi di non avvertire dentro di sé mai un momento di noia, o di stizza. Nemmeno quando lei gli infila un'orribile polo rosa che cozza drammaticamente con il colore dei suoi capelli, ma che la donna gli fa comprare con una scusa degna della sua straordinaria capacità strategica.

Ribbons la segue, un po’ frastornato, senza riuscire a togliersi di testa una delle tante cose che lei gli ha detto, o che si è lasciata sfuggire. Non può “tecnicamente” fuggire. Sumeragi è stata chiarissima, e per lui quello significa solo che se lo facesse probabilmente non sopravvivrebbe.
Però, mente si lascia trascinare nell’ennesima boutique, si accorge che, fino a quando sarà con lei, quella è la cosa lo preoccupa di meno.

  
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