Capitolo
Sette: Il Quinto Ritorno
“Non
ho paura. Semplicemente non posso essere sicura di cosa tu possa
fare: il folle è colui che bisogna temere maggiormente, per
la sua
imprevedibilità e la totale mancanza di empatia.
Conosco
già la tua tendenza ad autodistruggerti, non dubiterei di
una mossa
che provi contro il tuo stesso piano.”
I.
La
lieve luce del sole artificiale di Zenith filtrava dalle tende di un
tessuto leggerissimo, ad illuminare le sgombre pareti della sua
camera.
L'aria era fine, eterea, respirando a pieni polmoni il
profumo di casa si sentì riposata e completamente
rigenerata, come
se avesse dormito per otto ore di fila*.
Nulla
era fuori posto.
Tranne
la sensazione di aver già vissuto troppe volte tale scena.
Tecna
si levò da terra in una condizione simile alla trance,
osservando il
suo corpo evanescente e ricordando perfettamente la simulazione che
l'aveva riportata nel suo passato, per permetterle di indagare sulla
provenienza del Loop.
Tuttavia
non si poteva trattare di un ricordo.
Non
aveva mai visto la sua stanza così sgombra: qualsiasi suono
vi
rimbombava come in un'oscura grotta vuota.
I
muri, dall'odore, erano stati appena verniciati, e gli unici arredi
presenti erano le sottili tende, che ondeggiavano ad un debole vento
mattutino.
I
dintorni sembravano spaventosamente reali; se non avesse saputo di
trovarsi in un periodo in cui non era ancora, di fatto, venuta alla
luce sarebbe potuta cadere nuovamente vittima del Loop.
Un
leggero calore le popolò il petto, mentre si lasciava alle
spalle la
sua accogliente stanza con la consapevolezza di aver perso ormai
quasi tutto ciò che aveva costruito. Ma la sua coscienza era
ancora
in piedi e se non si fosse spinta sempre oltre per liberarsi
completamente dalla morsa del Quarto Ritorno non sarebbe mai arrivata
dove ora si trovava, a vagare per un mondo che ancora non era stata
in grado di vedere con i propri occhi.
Poteva
almeno considerarlo un piccolo miglioramento.
L'atmosfera,
in tali circostanze, era talmente calma da risultare artificiale; i
respiri dei suoi genitori, dormienti, ne disturbavano di tanto in
tanto l'innaturale ed inquietante silenzio.
Avendo
passato anni in camera con Musa poteva confermare che l'assenza di
suoni non le dispiaceva; a patto che non fosse minacciosa ed irreale
come quella.
La
Dimensione Magica era ferma, nella sua forma fasulla attendeva ogni
comando del Dio che l'aveva creata, e non si sarebbe messa a
procedere prima che questo – o meglio questa
– non si
fosse goduta lo spettacolo della distruzione di Domino dalle prime
file. E Tecna non sapeva se sarebbe stata in grado di combattere
contro un essere simile, che era stato capace di fondere l'intelletto
alla follia per dare vita ad un caos assoluto, celato da un'apparente
condizione di normalità.
Non
che avesse molta scelta, comunque. Non poteva evitare il loro scontro
in nessuna maniera, neanche se l'avesse voluto con tutta sé
stessa;
ed arrendersi alla tirannia di Icy non era un'ipotesi considerabile.
La
macchinetta del caffè emise un “beep”
appena udibile, segno che,
puntuale come sempre, aveva già preparato la calda bevanda
per
l'intera famiglia*. Presto anche le figure dormienti che popolavano
la camera accanto alla sua si sarebbero alzate, per vivere nella
routine quotidiana dalla quale era composta, in parte, la loro vita.
Ignari di ciò che nel profondo pareva trarli a sé
con una forza
sempre maggiore, avrebbero continuato a vivere come avevano imparato
a fare, nella loro regolarità.
Nel
dubbio che potessero in qualche modo – ipotesi altamente
improbabile, tanto che poteva affidarle al massimo una patetica
possibilità dello 0,01% di realizzarsi – vederla
reggersi in piedi
al centro del soggiorno, a vagare per la casa battendo sempre le
stesse zone immersa nei suoi ragionamenti, decise di raggiungere a
grandi passi la porta d'entrata.
Allungò
lentamente una mano, per poi fermarla a mezz'aria; il suo cuore
sembrò accelerare i battiti quando la sua mente
visualizzò il
ricordo del vuoto che si trovava oltre quella esile barriera. Il
black out aveva assorbito le proiezioni da lei create, era giunto
nell'abitazione come un virus di sistema e l'aveva infestata fino a
smontarla pezzo per pezzo.
Il
respiro si fece più veloce, la mano, leggermente tremante,
sostava
ancora nello spazio fra l'anticamera e l'uscita.
Bastava
davvero una simulazione quasi realistica a renderla immobile davanti
ad una porta, con i nervi a fiori di pelle, pronti a scattare lontano
dall'immaginario pericolo?
Pur
rispondendo negativamente alla domanda che si era posta,
restò ferma
qualche altro secondo. La voce assonnata di suo padre le giunse
flebile all'orecchio, mentre si apprestava ad alzarsi dal letto e
raggiungere l'ampio salotto.
“Basta
seghe mentali.”
I
ricordi dell'ultima parte del Quarto Ritorno riaffiorarono tutti in
una volta, in tale momento, tanto da spingerla a varcare la soglia,
indipendentemente da ciò che ci avrebbe trovato.
La
perdita di Flora aveva rallentato leggermente il suo lavoro, anche se
l'avesse raggiunta, non le sarebbe stata di alcun aiuto; la sua
conoscenza della realtà pura al di sotto della trama
riprodotta dal
Loop era ancora troppo scarsa per poter evitare di essere resettata.
Eppure,
si era fidata a mandarla avanti da sola.
Non
avrebbe dovuto farlo.
Tuttavia,
riteneva pressoché inutile piangere sul latte versato; le
parole che
Darcy le aveva rivolto un paio di volte, risultavano ora più
valide
di quanto lo fossero state nella situazione in cui le aveva udite.
Basta
seghe mentali.
L'aveva
detto con una naturalezza tale da farla sembrare una frase
ricorrente, ma il tono con cui le aveva pronunciate non era
strettamente il suo.
Erano
tre parole che doveva aver sentito talmente tante volte da prenderle
come un'abitudine; e la fata della tecnologia, per quanto non volesse
dare ragione ad una strega subdola e manipolatrice come la mora,
dovette arrendersi all'evidenza.
Del
resto, non poteva far nulla per cambiare ciò che era
successo: aveva
compiuto l'errore di sottovalutare il potere del nuovo Dio e,
semplicemente, ne doveva pagare le conseguenze. La sua condizione di
solitudine era stata prodotta dai suoi sbagli, al momento poteva solo
andare avanti senza alcun rimorso.
Si
voltò per lanciare un veloce sguardo alla sua silente
dimora, prima
di allontanarsi progressivamente da essa per uscire dalla
città.
Basta
seghe mentali.
*Ho
citato quasi testualmente un frammento del primo capitolo per
rimandare, appunto, al fatto
che la scena fosse stata 'già vissuta'.
II.
L'ambiente
che l'accolse era di sicuro meno tetro di come l'avesse immaginato.
Le
verdeggianti foreste di pini ed abeti ondeggiavano elegantemente le
loro chiome al passaggio di una brezza tiepida, il Sole, di un caldo
arancione, si stava levando lentamente dalle montagne, cominciando a
proiettare i propri raggi sulla cittadina di piccole case in pietra e
legno.
Il
fumo candido saliva sinuoso dai loro camini, la rugiada scivolava
sull'erba di un verde acceso, quasi abbagliante, pronta a riflettere
l'alba che stava per giungere.
Qualcuno
si era già levato dal proprio letto a svolgere le mansioni
giornaliere, quasi ignorando la meraviglia che lo circondava. Non si
fermavano ad osservare come la grande stella che governava l'universo
scavalcava le cime e s'apprestava
ad alzarsi in cielo; Tecna suppose che ci fossero talmente abituati,
che vedere uno spettacolo simile era ormai diventato totalmente
normale.
La
fata scese a terra, posando silenziosamente i suoi passi sulla
rigogliosa collina che precedeva la piccola città, un
leggero odore
di carbone e tradizione riempì l'aria, facendola sentire
totalmente
fuori luogo, ma allo stesso tempo paradossalmente a proprio agio.
Non
avrebbe mai creduto che Whisperia sarebbe potuta apparire
così
placida ed ospitale, un tempo.
Respirò
a fondo la sua aria pulita, così estranea alla frenesia e
alla
tecnologia di Zenith, così rurale e naturale che, per una
volta, non
le dispiacque stare lontana dalle comodità fornite dagli
apparecchi
elettronici. Si sarebbe voluta godere un po' di più il
panorama, ma
non era giunta fin lì per quello.
Non
c'era letteralmente tempo da perdere.
Di
gran carriera scese dalla collina, seguendo la stradicciola
lastricata che portava direttamente al paese e superando agilmente
una donna, che con il cestino colmo di pagnotte, camminava in tutta
fretta.
Quella
non frenò la sua corsa, andò avanti tutta
impettita per la propria
strada. Tecna la seguì per un attimo con lo sguardo,
finché non la
vide scomparire al di là di una grande ed elegante porta in
legno.
Ora
che il Sole si era deciso a levarsi, osservò
come la
cittadina somigliasse
di più ad un formicaio; le persone, indaffarate, spostavano
approvvigionamenti, ripulivano e riponevano alcune merci, preparavano
su grandi teli bianchi sacchi di farina, porzioni di pane ed altre
vivande. Analizzando
la
situazione, indisturbata com'era, la fata poté concedersi di
riflettere sul periodo in cui si trovava; giudicando dal
comportamento dei
popolani,
dalle loro azioni e mansioni, dal loro stendere oggetti ben visibili
dal cielo, arrivò alla conclusione che la guerra fra Domino
e
Whisperia fosse
appena
iniziata.
In
quanto la sua copia, nel Quinto Ritorno, sarebbe nata a breve, si
trovava nel momento in cui Domino, – o meglio, Oritel, Marion
e ciò
che effettivamente rimaneva del pianeta – accusando re Endon
ed il
suo popolo di alto tradimento, si preparava ad attaccare senza
scrupoli il pianeta di quest'ultimo, cancellandolo dalla Dimensione
Magica.
L'alleanza
con la forza delle Streghe Antenate era allora palese, originarie di
Whisperia, che avevano cercato di mettere le mani sul potere
assoluto: la Fiamma del Drago. Ed insieme al loro fallimento, avevano
portato la rovina del loro pianeta natale.
Tuttavia,
non fu mai confermata la colpevolezza di Whisperia e del suo popolo.
Non avendo alcun materiale su cui indagare, i segreti rimasero
nell'ombra creata dalla scomparsa di tale prosperoso e rigoglioso
pianeta.
La
guerra si sarebbe consumata in fretta, senza alcuna esclusione di
colpi, e non avrebbe lasciato nulla che non fosse stato distruzione e
violenza dietro di sé; distruzione e violenza da entrambi i
lati.
Studiando
Storia della magia e della Dimensione Magica aveva
scoperto come il conflitto era rimasto impresso nel passato,
modificando profondamente la fisionomia dell'intero universo. La
brutalità non aveva lasciato scampo né agli
abitanti di Whisperia,
né a molti militanti di Domino; il resto del popolo di
quest'ultimo
pianeta, insieme ai propri sovrani, scomparve nel nulla e venne
trasformato solo in un triste, doloroso ricordo.
Dall'altra
parte, del popolo del pianeta avversario, non si sapeva altro che il
preludio di una strage.
Come
ciò potesse collegarsi ad un'eventuale vendetta che le Trix
avevano
in mente – e che Icy si era preoccupata di mettere in atto
–
rimaneva ancora un mistero; la fata non aveva abbastanza informazioni
per formulare una probabilità abbastanza elaborata che
giustificasse
le azioni della maggiore. Doveva essere di più di una
semplice
vendetta, la strega del ghiaccio – per quanto potesse
sembrarlo –
non era così mentalmente chiusa ad una sola
opportunità.
Qualcosa
di importante le stava sfuggendo in tutto ciò, ma si
rassicurò che
l'avrebbe scoperto a breve.
Tecna
proseguì per la via, superando in volo i paesani indaffarati
nel
preparare le provviste destinate all'esercito; osservando dall'alto
la strada per la capitale doveva essere piuttosto lunga. In
quell'ampia e meravigliosa superficie cercare il nuovo Dio –
senza
poter chiedere a nessuno, data la sua forma eterea e quasi
inesistente – era come trovare un ago in un pagliaio: poteva
essere
ovunque, poteva nascondersi in qualsiasi meandro senza che la fata ne
conoscesse l'entrata.
Di
sicuro celarsi nella propria tana come un coniglio non era un
atteggiamento degno della strega, ma, date le circostanze ed il suo
'non volere altri problemi fra i piedi' non era
un'eventualità
da definirsi scartabile.
Eppure,
la capitale sembrava il luogo più adatto a nutrire il suo
ego
immenso.
La
fata di Zenith prese quota, domando il vento che ora si era alzato
leggermente, sibilando e soffiando con poca grazia i numerosi campi
coltivati sotto di sé.
L'effetto
sorpresa, finora dalla sua parte, cominciava a scemare ad ogni
movimento della lancetta dei minuti, la possibilità di
essere
scovata ancor prima che lei riuscisse a scovare la sua avversaria
aumentava esponenzialmente. L'alta torre dell'orologio che
troneggiava sulla capitale si faceva sempre più vicina, man
mano che
la velocità di volo della fata aumentava; la splendida
città dai
tetti in tegole rosse comparve alla sua vista da una selva di scuri
aghifoglie; divisa in due parti da un torrente posto sul fondo di una
profonda gola di pietre nere, era stata costruita al ridosso del
versante destro di quello che doveva essere il monte più
alto
dell'intero pianeta.
I
vigneti, addossati uno all'altro, parevano costruire una fitta rete
di passaggi nella parte alta tramite i loro numerosi terrazzamenti; e
ad osservare le vie e le abitazioni dalla sommità, un
lussuoso
palazzo in marmo, con svettanti guglie ed eleganti archi a sesto
acuto.
Lo
splendore e la prosperità di cui la capitale godeva erano
ora
leggermente incrinate, disturbate dai movimenti dell'esercito di
maghi e streghe, intenti a prepararsi all'imminente attacco. Anche se
il loro movimento era perfettamente ordinato, la città ne
era
visibilmente scossa in tutto il suo procedere giornaliero; la gente
comune stentava a varcare la soglia di casa, le serrande erano chiuse
a protezione delle finestre.
Tecna
scese lentamente, fino ad arrivare al livello dei tetti: la calma con
cui veniva pianificato il muoversi e le azioni di un numero simile di
esseri magici era profondamente innaturale. Lo stratega che parlava
con una calda e profonda voce aveva gli occhi ricolmi di paura, le
labbra rosee, di una forma così famigliare,
si muovevano
lentamente e con fare quasi ipnotico.
L'uomo,
che dal vestiario doveva essere re Endon, si passò una mano
sui
corti capelli biondi, chiudendo per un attimo i suoi gentili occhi
azzurri per riflettere sulle conseguenze che le sue manovre di guerra
avrebbero portato.
Come
una persona simile potesse essere accusata di favoreggiamento delle
Antenate e di alto tradimento, alla fata della tecnologia pareva ora
impossibile.
Ma
mai giudicare dalle apparenze.
Avrebbe
avuto modo di osservarlo più da vicino senza farsi notare,
se non
fosse che qualcosa – o qualcuno
– si era già accorto
della sua presenza. Come un lampo, un dolore lancinante la colse al
fianco sinistro, facendole perdere rapidamente quota; qualche tegola
cadde prima di lei, ma nessuno, nello stretto vicolo lastricato,
sembrò accorgersi di nulla.
Con
un intervento provvidenziale, Tecna riuscì a frenare la sua
caduta
tramite una rete elettrica appena prima che raggiungesse il suolo e
ci rimettesse i polsi. O, addirittura, la vita.
Non
poteva avere dubbi su ciò che l'aveva colpita; con un
leggero
sforzo, si alzò in volo e si gettò ad ali
spiegate all'interno
della foresta.
III.
“Cosa
speravi di ottenere venendo fino a qui?”
Icy
coprì con qualche breve passo la distanza che la separava
dal corpo
disteso della sua avversaria. La osservò con sufficienza e
l'ombra
di un sorrisetto compiaciuto comparve sul suo viso.
Tecna
si alzò a fatica, puntando i suoi occhi color della giada
imperiale
nel freddo sguardo della strega del ghiaccio; ancora non riusciva ad
oltrepassarne le iridi, nel loro riflesso vi regnava solo un gelido
vuoto.
“Ritengo
completamente inutile rispondere ad una domanda simile, Icy.
–
disse, pulendosi con il pollice una goccia di sangue che, con
un'estrema lentezza, stava scivolando dall'angolo della sua bocca,
fino al mento – Sai perfettamente perché sono
qui.”
La
strega estrasse una sigaretta dal pacchetto, afferrandone il filtro
direttamente con le labbra, ed in tutta tranquillità se la
accese;
il fumo si librò nell'aria, salendo qualche metro sopra di
loro e
bramando il cielo come una nottola dopo il suo primo volo, per poi
disperdersi fra gli alti rami dei pini.
“Ti
chiedevo un motivo ragionevole, fatina. Conosco già i
dettagli del
tuo piano suicida, ma speravo che fossi abbastanza intelligente da
stare al tuo posto.
Ammetto
che la tua tenacia e la tua resistenza mi hanno stupita: sei riuscita
a sopravvivere ad un reset come quello, di certo non è da
tutti;
tuttavia, fossi in te, mi fermerei qui e non oserei interferire
oltre.
Sai
quanto odio essere interrotta nel mio operato.” le disse, la
voce
monotona e dal tono basso la fecero rabbrividire appena, ma non era
per spaventarsi e gettare la spugna che aveva compiuto il pericoloso
e faticoso viaggio che l'aveva portata fin lì.
Portatasi
in posizione eretta, la fata della tecnologia analizzò
velocemente
le ferite subite nel breve scontro con la nemica: l'unica degna di
nota era il taglio, abbastanza profondo, – che aveva
riportato al
fianco sinistro dopo essere stata colpita da quella che aveva
identificato come una grossa scheggia di ghiaccio – che aveva
curato alla buona con un incantesimo a basso consumo magico per
evitare di perdere troppo sangue.
Anche
se la sua forma era pressoché evanescente, il dolore era
più che
presente. Al momento dell'impatto non aveva avuto alcun sospetto su
chi aveva lanciato l'incantesimo; una sola persona in tale luogo
poteva vederla e colpirla, la stessa che ora aveva estratto un
prezioso pugnale di ghiaccio, dalla lama trasparente e dal manico
scuro; delle rune attraversavano per intero il metallo smaltato
dell'impugnatura fino alla guardia.
“E'
una follia. – cominciò Tecna, capendo fin troppo
bene l'idea che
si stava formando nella mente della strega dai capelli bianchi e
prendendo qualche passo indietro – Un'azione simile
distruggerà
tutto ciò che hai creato.”
“Eppure
ne hai paura. Non sei sicura nemmeno del ragionamento che stai
elaborando.” rispose l'altra, passando lentamente il dito
indice
sul piano lama e staccandolo solo quando avesse bisogno di prendere
un altro tiro. Gustandosi il momento con uno spiccato sadismo, si
avvicinò con un lento passo cadenzato, osservando con
piacere che la
fata aveva smesso di indietreggiare e finalmente si era decisa ad
affrontarla.
“Non
ho paura. Semplicemente non posso essere sicura di cosa tu possa
fare: il folle è colui che bisogna temere maggiormente, per
la sua
imprevedibilità e la totale mancanza di empatia.
Conosco
già la tua tendenza ad autodistruggerti, non dubiterei di
una mossa
che provi contro il tuo stesso piano.” sentenziò
la ragazza dai
capelli rosa, evitando di respirare il fumo, ormai così
vicino al
suo volto.
“Tuttavia,
c'è ancora qualcosa che non riesco a capire –
continuò, reggendo
il più possibile l'impenetrabile sguardo della strega
– Non
capisco cosa ci sia sotto a tutta questa farsa della
vendetta.”
“In
realtà non hai compreso nulla, fatina. Non conosci
minimamente
l'appagamento che osservare Domino subire il suo destino, senza
potersi salvare in nessuna maniera, mi dona.
Una
rara sensazione che non avrei potuto che provare una volta sola;
invece, ora, il mio corpo viene investito da cariche di adrenalina
simili ogni volta che un Ritorno giunge al suo termine.
Tutto
ricomincia, il terrore sottomette la Dimensione Magica e tutti i
regni ottengono esattamente ciò che si meritano; il sangue
versato
dagli abitanti di Whisperia non sarà che una goccia di
ciò che la
Compagnia della Luce ed i loro sostenitori perderanno durante la
battaglia contro le Streghe Antenate.
E'
ancora meglio che evocare l'Armata Oscura, l'effetto di morte e paura
risulta efficace ed immediato. E, come tu stessa hai potuto appurare,
si tratta di un metodo infallibile ed inarrestabile.”
rispose, un
bagliore sinistro si fece strada nelle sue pupille, mentre rimanevano
fisse sul volto leggermente contratto della sua avversaria.
L'espressione
trionfante che Icy mostrò, tuttavia, non durò
più di dieci
secondi; lontani sibili di attacchi magici saettarono nell'immobile e
pesante aria, facendo voltare di scatto la strega verso la capitale.
L'offensiva
fu talmente veloce da avvolgere nel caos che generava anche la
tranquilla foresta in cui sostavano. In grandi lingue di fuoco che
sollevavano colonne di fumo nero verso il cielo, le colline ad est
ardevano terribilmente. Non rimaneva molto tempo, l'esercito di
Domino aveva sferrato il suo primo attacco.
Entrambe
rimasero immobili ad osservare la scena per qualche attimo, la forza
con cui le fiamme divoravano la steppa, seguita da un gran numero di
uomini in armatura, era ben percepibile anche a tale distanza.
“Ora
getta la maschera, non abbiamo tempo da perdere in altre menzogne. E'
evidente che, nonostante tutti questi anni, la sconfitta del tuo
pianeta non ti sia totalmente indifferente.” disse Tecna,
mantenendo comunque una distanza di sicurezza dalla nemica, ancora
voltata verso il macabro spettacolo che si stava svolgendo poco
lontano. La sua postura non fece che irrigidirsi a tali parole, la
stretta sul pugnale si fece più ferrea; in un movimento
fulmineo il
freddo filo della lama lacerò la pelle della fata di Zenith,
affondando lentamente nella carne.
Il
caldo sangue riprese a sgorgare dal suo corpo, qualche grossa goccia
macchiò la purezza del ghiaccio e la candida mano che lo
reggeva.
“Questa
volta ti devo dar ragione, fatina. – con la mano libera, Icy
si
accese un'altra sigaretta, inspirandone a pieni polmoni il fumo
–
Non abbiamo tempo da perdere.”
Avvertenze
e condizioni per l'uso: ho paura, ho davvero paura dopo
questo.
Non
venitemi a cercare a casa, non uccidetemi, non picchiatemi per la
massiccia dose di radiazioni da headcanon che vi ho sparato contro.
Anticipo
che mi dispiace, mi dispiace davvero tanto.
Spero,
intoltre, che qualcuno abbia capito qualche suggerimento celato fra
le righe, e che magari riesca ad anticipare con la mente gli sviluppi
di quello che, con la probabilità del 95% sarà
l'ultimo capitolo
(sì, perché non finisce qui, ce deve stare ancora
la fineh)
Mi
dispiace, sono tremendamente dispiaciuta.
Ringrazio
Ghillyam che ha recensito lo scorso capitolo.
Ringrazio
anche voi, lettori silenziosi, che vi siete trascinati con me fino a
questo punto, e non temete: lo struggersi finirà presto.
Mary