Film > Re Leone
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Autore: QueenOfEvil    16/07/2017    2 recensioni
(Dal capitolo sette):
"Sì, aveva aspettato quel giorno per anni, nella polvere, nell’ombra di qualcun altro, di Ahadi, di Mufasa e adesso che correva il rischio di venire oscurato anche da Simba, da quello scricciolo che altro non era che un prolungamento del fratello tanto odiato, gli era stata finalmente data l’opportunità di scuotersi di dosso tutti: sarebbe diventato ciò che era stato predestinato ad essere fin dall’infanzia, fin dalla nascita. Il sovrano che nessuno mai aveva visto in lui."
La storia di un re considerato tale solo da se stesso. E, chissà, forse, in fondo, neanche quello.
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Scar
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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6. Taka. But break, my heart, for I must hold my tongue

 

Quando Taka si svegliò, la prima cosa che gli venne in mente era che aveva dormito sorprendentemente bene. Fin troppo bene. Ormai, dopo mesi di convivenza con il fratello, era abituato ad essere svegliato dal suddetto che gli tirava alternativamente un orecchio, la coda o, se proprio era in vena di follie, gli affondava direttamente i denti nella collottola nel tentativo di farlo alzare il più in fretta possibile: la calma che lo contornava era sospetta, sospetta e potenzialmente pericolosa, ma non era certo sua intenzione rompere bruscamente il dolce idillio di pace che l’assenza di Mufasa aveva creato. Si stiracchiò quindi lentamente, aprendo piano un occhio e poi l’altro e rivolgendo un ringraziamento sincero agli Antenati per avergli concesso quella serenità. Non si chiese esattamente cosa diamine fosse capitato al suo compagno fino a quando non notò che effettivamente nella tana c’erano solo lui e la madre. Incuriosito dallo spazio vuoto rappresentante non solo il cucciolo, ma anche il padre, si avvicinò alla leonessa, pretendendo spiegazioni che, in modo alquanto strano, non ricevette.

Uru sembrava a disagio, come se gli stesse nascondendo qualcosa, e questo non gli piacque: “Sono andati a… beh, fare un giro per la savana”

Piegò la testa da un lato, non credendo alle sue parole “Perché non mi hanno svegliato allora? Sarei potuto andare con loro! Non passiamo mai del tempo insieme in questo periodo…” Erano passate tre settimane dalla loro avventura al cimitero e non aveva potuto evitare di notare come, a distanza di pochi giorni, suo padre e il primogenito avessero iniziato a passare sempre più tempo insieme e come Mufasa tornasse sempre con il sorriso sulle labbra, raccontandogli tutte le meraviglie che gli erano state mostrate durante la giornata. Certo, capitava che anche lui prendesse parte a quelle escursioni, ma, vuoi per il carattere più indipendente e riflessivo che lo caratterizzava, vuoi per la sottile impressione che Ahadi avesse sempre qualcosa da dire all’altro più che a lui, non si trovava particolarmente a suo agio in quelle occasioni. Gli sarebbe piaciuto passare più tempo con loro, in realtà, gli sarebbe davvero piaciuto molto.

“Sono sicura che avrebbero voluto, ma ti hanno visto così pacifico e rilassato che non hanno avuto cuore… tuo fratello sa quanto ti piaccia avere un po’ di pace la mattina e per una volta ha pensato di assecondare questo tuo desiderio”

Mufasa che si preoccupava dei suoi bisogni? Questa non era solo una bugia, questa era fantascienza! Taka era più che convinto che Uru gli stesse nascondendo qualcosa, ma era anche certo che non sarebbe servito a nulla continuare ad insistere con le domande, tanto più che avrebbe potuto chiedere al compagno, non appena fosse rientrato: era decisamente più facile raggirare lui che la madre. Malgrado avesse compiuto da poco dieci mesi era ancora ingenuo come un cucciolo appena nato.

“Posso andare a giocare alla pozza dell’acqua?” chiese quindi, scoprendo i denti in un sorriso che, ne era certo, avrebbe fatto sciogliere anche i massi: ottenne infatti il permesso, anche se non era sicuro se fosse per le sue capacità di persuasione o per il senso di colpa che aleggiava nella grotta, e poco gli importava il reale motivo. Corse fuori, alla ricerca di Sarabi e Sarafina: da quando aveva passato tutto quel tempo tra gli scheletri dei pachidermi, lo avevano iniziato a guardare con luce diversa e sperava, credeva, che avrebbero potuto divertirsi insieme anche senza Mufasa finalmente. Quando le vide e le salutò, erano già intente a bere lentamente dal piccolo lago e a malapena alzarono gli occhi per ricambiare il buongiorno che aveva rivolto loro.

“Allora, ragazze, che intenzioni avete oggi?” domandò, sperando che lo coinvolgessero nelle loro attività. Rimase piuttosto deluso dalla loro risposta.

“Credo che aspetteremo il ritorno di tuo fratello qui: ci ha detto che non sarebbe stato via a lungo e avrà di sicuro un sacco di storie da raccontarci appena sarà arrivato. Se vuoi puoi stare con noi” La proposta era stata fatta senza malizia, e magari a loro davvero non dispiaceva averlo intorno, ma Taka non se la sentiva di passare ore senza far nulla ancora una volta per colpa dell’altro: da un po’ di tempo a questa parte, gli era sembrato sempre più evidente come ogni animale, ogni suddito delle Pride Lands avesse qualcosa da discutere o elogiare a proposito del primogenito. Anche lui gli voleva bene, ma aveva iniziato a trovarlo ridondante e anche parecchio fastidioso: “Mufasa di qui, Mufasa di là…” perché non si poteva parlare di lui una volta tanto?

Scacciò quei pensieri dalla mente, ragionando che probabilmente erano state le iene a fargli quell’effetto, era tutta colpa loro. Già… le iene: malgrado si fosse ripromesso che non avrebbe messo piede in quel posto orrendo un’altra volta in tutta la sua vita, continuava a pensare a Shenzi, Banzai ed Ed con una curiosità eccessiva, che, si sforzava di ripetersi, non era per nulla dettata dal desiderio di rivedere quella compagnia così strana e assolutamente priva di regole che lo aveva a tal punto colpito.

“Piuttosto che stare fermo qui, farei qualsiasi cosa” rifletté, e improvvisamente ebbe un’idea: era folle, assolutamente folle e sconsiderata, ma era pur sempre un’idea e più la accarezzava più gli piaceva e gli sembrava un’alternativa preferibile a stare a sentire Sarabi sproloquiare sul suo, pff, caro fratellone. Aveva capito che fra quei due c’era del tenero da almeno due settimane ormai, anche se non era sicuro che i diretti interessati ne fossero a conoscenza: potevano essere decisamente ottusi quando volevano. Comunque, l’infatuazione della leonessa era una motivazione in più per declinare l’invito e mettere in pratica il suo piano: se c’era qualcosa che aveva sempre detestato, più degli indovinelli e delle sorprese, erano le smancerie romantiche.

Preso quindi congedo con qualche scusa dalle due amiche, si diresse verso la sua destinazione, non senza bloccarsi dopo poco: al pensiero di dove effettivamente stesse andando, si ritrovò a ragionare che non era per nulla consigliabile presentarsi a zampe vuote, specialmente dopo aver già visto con i suoi occhi le condizioni del luogo in questione. “Prendere qualcuno per la gola” era un ottimo inizio per una relazione, anche se non era sicuro che Mufasa avrebbe colto la fine affermazione e non sarebbe stato più propenso a seguire l’indicazione alla lettera.

Così, avvicinatosi di soppiatto alle riserve di cibo cacciato dalle altre componenti del branco e mentre nessuno guardava, riuscì ad impossessarsi di un cosciotto di zebra molto succulento e, presolo con difficoltà fra le fauci, si avviò questa volta definitivamente, non senza pensare che doveva essere o molto stupido o molto annoiato per tentare un’impresa simile.

Arrivò al cimitero degli elefanti dopo almeno un’ora di cammino, dettata non solo dal non sapere l’esatta posizione grazie agli strani giri che il fratello gli aveva fatto fare la prima volta, ma anche dalla fatica, sottovalutata evidentemente, causata dal portare appresso una quantità di cibo superiore a quella a cui era abituato. Dovette fermarsi varie volte, prima di riuscire a intravedere le ossa di pachidermi che tanto l’avevano spaventato la prima volta: il posto gli sembrava ancora inquietante, ma molto meno della sua prima incursione e il disagio stava lasciando posto al disgusto per l’essersi avventurato in un ambiente tanto squallido. Preso comunque un bel respiro e socchiusi gli occhi, decise di tentare la sorte e, facendo bene attenzione a dove poggiava le zampe, fece la stessa strada già percorsa una volta, tentando e infine riuscendo ad identificare la spina dorsale dell’elefante dove aveva avuto il suo primo incontro con le iene. Poggiò il suo carico vicino a sé, improvvisamente non più tanto sicuro di quello che stava facendo: come poteva essere certo che quel terzetto fosse ancora nei paraggi? Come poteva sapere anche che non si sarebbe presentata una iena adulta e affamata che gli avrebbe fatto fare una fine orrenda?

Si maledisse per la sua decisione ed era sempre più propenso a lasciare il cosciotto lì e tornarsene alla pozza d’acqua quando sentì la risata inconfondibile di Ed che si faceva sempre più vicina: ormai era troppo tardi per farsi venire rimorsi o ripensamenti. Era in ballo, giusto? E allora avrebbe ballato. Rimase dunque fermo, nello stesso identico punto e sfoggiando una sicurezza che in realtà non aveva, ma era sempre riuscito a fingere molto bene, fino a che tutte e tre le iene non gli furono davanti e non l’ebbero riconosciuto.

“Guarda guarda” esclamò Shenzi, sorpresa e anche abbastanza incredula di averlo nuovamente davanti a sé “Il principino è tornato fra noi comuni mortali: cosa ha spinto la Sua Maestà a mescolarsi nuovamente con coloro da cui il Grande Sovrano l’avrà sicuramente messo in guardia?”

“E soprattutto, chi gli assicura che questa volta ne uscirà vivo?” Anche Banzai si era posto accanto alla compagnia e squadrava Taka con uno sguardo famelico che egli non apprezzò per nulla: fingendo di non aver sentito o non voler rispondere alle loro domande, spostò leggermente una zampa, rivelando il cosciotto portato.

“Ho semplicemente pensato che avreste gradito uno spuntino più sostanzioso rispetto ai vostri soliti pasti… mi sono sbagliato per caso?” Un sorriso di trionfo e soddisfazione personale gli si aprì sul muso quando vide le espressioni che i suoi interlocutori, anche Ed, avevano assunto alla vista del cibo: no, evidentemente non si era sbagliato.
Shenzi, in ogni caso, era sospettosa “E perché dovresti volerci dare qualcosa? Noi siamo il nemico, l’hai dimenticato? Avremmo potuto mangiarti…”

“Ma non l’avete fatto, o sbaglio?” si mise di lato, scoccando loro un’occhiata quasi d’intesa “Ritenevo giusto compensare con qualcosa la vostra… gentilezza” l’ultima parola era suonata alquanto poco convinta, ma a quanto pare bastò per vincere le resistenze dei suoi interlocutori che, ormai ne era certo, non brillavano affatto per intelletto: qualche secondo dopo si stavano tutti abbuffando come se non avessero mai visto del cibo, facendo reprimere al giovane leone un ringhio di disgusto. Si era ridotto a ricercare la loro compagnia piuttosto che quella di Sarabi e Sarafina? Notando che anche mentre mangiava Ed sembrava mantenere la sua espressione stralunata, si arrischiò a domandare agli altri due:

“Che è successo al vostro… amico?”

“Oh, nostro fratello? È sempre stato così: suppongo che abbia preso qualche botta in testa da molto piccolo quando nessuno di noi poteva ricordarsene” Shenzi alzò la testa, guardandolo con più interesse “Ma perché ti dovrebbe importare?”

Non era esattamente che gli importasse, infatti, non nel significato più profondo del termine, ma l’occhiata che gli avevano lanciato quando aveva fatto loro vedere ciò che aveva portato con sé, quel desiderio misto a dipendenza che aveva sentito diretto se non direttamente a lui, quantomeno alle sue azioni, era stata alquanto gratificante e assolutamente nuova: era abituato a vedere sguardi simili diretti ad Ahadi, dal popolo, o al fratello, dai loro compagni di giochi, ed era… stranamente inebriante. Decise quindi di dire una mezza verità.

“Ho semplicemente pensato che, come futuro re, sarebbe stato necessario indagare le condizioni di vita dei miei sudditi… anche di quelli più, come posso dire, ignorati”

“Molto gentile da parte tua” rispose l’altra, non senza marcare il tono ironico nella voce “ma punto primo noi non siamo tuoi sudditi, non tecnicamente dato che la nostra razza è stata esiliata dalle Pride Lands, e punto secondo saresti l’unico tra quegli spocchiosi che si sia mai degnato di farci una visita”

“Davvero?” Questo effettivamente gli sembrò molto strano: sì, gli era stato accennato che le iene non fossero le benvenute per via di alcuni problemi causati in passato, ma non aveva idea che la situazione fosse a questi termini. Gli sembrava impossibile che suo padre avesse trascurato un’intera specie. “Beh” disse, peccando forse di arroganza “Quando comanderò io le cose cambieranno”

“Sempre che questo tuo sogno nel cassetto si realizzi” si aggiunse Banzai, con un sorriso che non gli piacque per nulla “Considerate le preferenze che il tuo vecchio sembra fare nella tua famiglia”

Ricordare quel discorso non fece piacere a Taka: era stato soddisfatto dalla spiegazione che aveva sentito qualche settimana prima rispetto all’origine del suo nome, ma ripensandoci continuava a trovare nuove obiezioni al discorso che gli era stato fatto e che all’epoca aveva trovato tanto ragionevole. Anche queste strane uscite che Mufasa faceva in compagnia del genitore erano un altro punto da aggiungere alla lista delle cose che non lo convincevano.

“Se ti riferisci all’etimologia dei nostri nomi posso assicurarvi che c’è una spiegazione perfettamente razionale a…”

“Mi riferisco al fatto che il tuo adorato fratello venga scorrazzato per tutto il regno e gli venga mostrato ogni angolo e ogni segreto di esso mentre tu passi il tuo tempo in questo ossario. Perdonami, ma non trovo questo atteggiamento equilibrato…” l’animale iniziò a sghignazzare, aumentando ancora di più l’irritabilità di Taka: come si permetteva di ridere di lui? Ma le iene non conoscevano davvero neanche un briciolo di gratitudine? E soprattutto… era quindi quello che la sua famiglia stava facendo alle sue spalle? No, rifiutava di crederci. Dovevano avere mentito per forza.

“E voi come fate a sapere quello che il mio branco fa o non fa? Lo avete detto voi stessi, vi è proibito attraversare il confine!” Si era messo sulla difensiva, anche se tentava di non mostrarlo: era superiore a loro, non poteva assolutamente mostrare debolezza in quel modo.

“Il fatto che in teoria non possiamo non vuol dire che in pratica non troviamo una soluzione: dovremo pur mangiare anche noi, non trovi?” Il ragionamento aveva senso, ma faticava ancora a credere che fosse la verità: la sua decisione di chiedere spiegazioni a Mufasa una volta arrivato si rafforzava di minuto in minuto. Sì, sarebbe stata la cosa più pratica da fare quando fosse tornato a casa. E, a proposito di tornare, dopo aver lanciato un’occhiata al cielo sempre più scuro ragionò che sarebbe stato meglio avviarsi: non aveva nessuna intenzione di venire rimproverato dalla madre o dal padre per un suo eventuale ritardo.

Volse dunque la schiena alle tre iene e si diresse verso l’uscita, senza neanche salutarle: la sua camminata, dopo qualche secondo, venne però interrotta da Banzai.

“Ehi, Taka… in teoria noi, ecco, ti abbiamo risparmiato anche questa volta quindi… saresti ancora in debito con noi di un pasto, no?”

Quando capì a cosa volessero arrivare con quel giro di parole alzò gli occhi al cielo con fastidio, ma, con un tono di sufficienza che mai aveva avuto modo di usare prima, rispose “Vedrò cosa posso fare”, per poi andarsene una volta per tutte.

                                                            **************

Il suo arrivo alla tana coincise perfettamente con la ricomparsa di Ahadi e di Mufasa: quest’ultimo, dopo essersi strusciato contro la madre in segno di saluto, si affrettò a saltare addosso al fratello con la sua caratteristica irruenza e Taka si sorprese quando, per la prima volta da quando poteva averne memoria, fu più irritato da quella manifestazione di affetto che benevolmente infastidito. Doveva essere stata una giornata davvero lunga se non riusciva neanche a sopportare il comportamento infantile del suo compagno.

“Allora, come è andata la giornata?” gli chiese, una volta che fu riuscito a scrollarselo di dosso.

“È stato assolutamente fantastico! Nostro padre mi ha mostrato ogni angolo del regno, dal primo all’ultimo ciuffo di erba e mi ha insegnato tutto quello che sa! Insomma, tutto quello che un vero sovrano deve sapere!”

Quindi era vero quello che gli era stato detto: il padre davvero passava le sue giornate ad allenare Mufasa e ad educarlo… perché non stava facendo lo stesso con lui? Insomma, aveva diritto anche lui ad essere istruito: era uguale all’altro, gli era sempre stato detto questo… possibile che gli avessero sempre mentito? Tutto quello che un futuro re deve sapere: voleva quindi dire che la decisione era già stata presa? No, non era possibile, glielo avrebbero detto, non avrebbero mai potuto dare per scontato una questione così grande e importante.

Senza accorgersene, aveva tirato fuori gli artigli e stava raschiando il terreno, lasciando che dalla sua bocca venisse emesso un sottile ringhio che non passò inosservato all’udito di Mufasa.

“C’è qualcosa che non va, Taka?” Non poteva credere che l’altro fosse davvero così ottuso: doveva aver capito cosa lo stesse angustiando, era ovvio, e si stava sicuramente prendendo gioco di lui. La voce della sua coscienza gli stava gridando di essere ragionevole, che non era colpa del primogenito quello che era accaduto e che sapeva benissimo che al compagno mancava completamente quella malizia necessaria per giocargli un tiro tanto mancino, ma non era sicuro di volerla ascoltare.

“Assolutamente nulla, fratello” marcò molto la parola “fratello” con un tono acido che confuse ancora di più l’altro, abituato alla sua indifferenza, giocoso fastidio, ma mai a quello che sembrava un aperto rifiuto delle sue attenzioni. Perplessità che aumentò ancora quando Taka, senza dirgli nient’altro, si stese lontano da lui, in un angolo della grotta a riflettere, cercando di ignorare il cuore che gli batteva talmente forte da quasi uscirgli dal petto. Sperava di non dover parlare con nessuno quella sera, aveva bisogno di pensare e fare ordine nella sua mente, che in quel momento stava viaggiando troppo velocemente anche per lui, ma Mufasa non era della stessa idea: credendo di aver fatto qualcosa di sbagliato e di aver quindi indispettito l’altro, si mise al suo fianco, tentando di guadagnare la sua attenzione.

“Sai che oggi nostro padre mi ha raccontato una storia orribile sul cimitero degli elefanti?” A queste parole le orecchie del secondogenito si rizzarono, curioso di sapere cosa mai l’altro potesse aver saputo di così sconvolgente.

“Di che si tratta?”

“Beh, a quanto mi ha detto quello è il territorio delle iene” il cucciolo dal manto color miele si sedette vicino a lui, che intanto non aveva la minima intenzione di alzarsi “Siamo stati fortunati a non averne incontrata nessuna: sono estremamente aggressive e perfide. Nessuno è mai riuscito a farsi ascoltare da loro, o almeno così mi è stato detto… devono davvero essere delle creature orribili”

“Già… beh, faremo bene a seguire il consiglio dei nostri genitori e starcene lontani da quel posto” lo disse poco convinto, con un sorriso che gli divorava il muso: se nessuno era mai riuscito a trascorrere del tempo con quegli animali e lui si era visto con loro non una, ma due volte, questo doveva renderlo speciale. Se fosse riuscito a rendersele amiche, a fare in modo che si fidassero di lui, avrebbe potuto fare colpo sul padre e stupirlo, magari al punto da fargli cambiare idea su Mufasa. Doveva rimanere un segreto però, il suo piccolo segreto fra lui e il terzetto dell’ossario, fino a quando non avesse potuto portare al sovrano i frutti del suo operato: forse, dopotutto, aveva fatto bene ad entrare lì dentro, tre settimane prima. Sorrise quindi falsamente al fratello che, contento di essersi riappacificato con lui, si stese al suo fianco e si addormentò, lasciando Taka a sognare ad occhi aperti su quello che, ne era sicuro, sarebbe stato per lui un glorioso futuro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice: spero che per il momento la storia vi stia piacendo... io mi sono divertita un sacco a scriverla, quindi mi auguro davvero che stia divertendo in egual misura anche voi; anche il passaggio da Taka a Scar, come potete vedere, sta avvenendo in maniera lenta, o almeno questo era l'intento, quindi mi scuso se è invece risultato affrettato. Detto ciò, rinnovo la sfida a dirmi cosa hanno in comune i titoli di questi capitoli e ringrazio di cuore StellaCadente per aver recensito i primi capitoli e aver messo la storia fra le seguite!

A presto!

L_A_B_SH

 

 

   
 
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