Capitolo 16: The dream is still alive
A past destined to fall down
The final brick in the wall
Was so hard for me to see
But now I see it all
Now it’s time for the future
We left our past behind
All the battles are over
But the dream is
still alive.
(“The dream is still alive” – Xandria)
Pochi
giorni alla reggia di Amboise bastarono ad Alfonso per imparare a godere delle
bellezze e degli agi che quella nuova vita poteva offrirgli e ad ignorare le
cattiverie di Re Carlo e le occhiate e i sussurri maligni di alcuni cortigiani
e dame che non vedevano di buon occhio la sua presenza al castello. Il
Generale, tuttavia, era quasi sempre al suo fianco e questo lo incoraggiava e
lo rendeva più sicuro. Diversamente da ciò che accadeva a Napoli, non c’erano guerre
da progettare o difese da approntare, pertanto il comandante francese aveva
molto più tempo da dedicare al suo Principe.
Quel
pomeriggio, tuttavia, Alfonso si trovava solo. Sua Maestà aveva convocato il
Generale al suo cospetto per motivi, a quanto pareva, particolarmente
importanti e il ragazzo ne aveva approfittato per curiosare un po’ in giro per
la reggia.
Il
magnifico palazzo lo affascinava veramente. Lui aveva trascorso tutta la sua
vita alla reggia di Napoli, anch’essa luminosa e arredata con gusto, ma i
saloni e le camere di Amboise erano ancora più affascinanti e lussuosi.
L’architettura stessa del castello lo faceva sembrare un complicatissimo ed
elegante ricamo, con le sue grandi finestre, le guglie, i soffitti altissimi,
la delicatezza delle mura e delle colonne che parevano star su per magia. E non
era finita qui, perché il sovrano aveva dedicato anni ad abbellire la sua reggia
e aveva chiamato a corte famosi artisti italiani per dar vita a parchi e
giardini immensi e incantevoli.
Alfonso
si trovava proprio nel cortile interno e passeggiava per il curatissimo parco,
ammirando la magnificenza dei lucernari in stile gotico e rinascimentale e
l’imponenza delle torri, senza mai stancarsi di tanta bellezza così diversa da
ciò a cui era abituato. All’improvviso, però, l’incanto svanì quando una mano
brutale lo afferrò inaspettatamente per un braccio e lo spinse rudemente contro
il muro della facciata. Il Principe sentì il corpo di un uomo che lo
immobilizzava, mentre la sua guancia premeva dolorosamente contro la pietra. Lo
sconosciuto si frugava sotto le vesti e con l’altra mano si insinuava
oscenamente nelle sue calzebrache per toccargli le parti intime.
“No…”
mormorò il ragazzo con un filo di voce, in preda ad un terrore assoluto. “Cosa
volete da me? Vi prego, lasciatemi andare!”
Lacrime
di paura e di vergogna rigavano il volto di Alfonso, mentre l’uomo lo
schiacciava contro il muro con il suo peso e cercava di abbassargli le
calzebrache.
“Non
fare tanto il ritroso con me, ragazzino” lo irrise lo sconosciuto, continuando
a toccarlo in modo sempre più sconveniente. “Sei la puttana del Generale e per
una volta puoi concederti anche a me. Non sarà tanto diverso, in fin dei conti.
E io non sono certo meno nobile e valoroso del tuo amante!”
“Vi
supplico, vi supplico, lasciatemi” implorò il giovane Principe, piangendo e
cercando di divincolarsi, ma l’uomo lo teneva inchiodato contro il muro. Ad
Alfonso non restava altra scelta che rassegnarsi ad una nuova, orribile
violenza. Continuò a singhiozzare e a tremare, sperando che quell’atto brutale
e mortificante fosse almeno breve; inaspettatamente, però, si sentì strappare
di dosso il laido e crudele sconosciuto e, finalmente libero, scivolò in
ginocchio sulla ghiaia, raggomitolandosi su se stesso come a proteggersi.
“Come
osate mancare di rispetto al Principe Alfonso di Napoli?” ruggì la voce del
Generale.
Il
comandante francese afferrò l’uomo per le spalle e lo strattonò lontano dal
ragazzo, con gli occhi che mandavano lampi per la collera.
“E
voi come osate mettere le mani addosso al barone Georges De L’Envers?” reagì l’altro, oltraggiato.
“Vi
potrebbe capitare ben di peggio, se soltanto facessi giungere alle orecchie di
Sua Maestà qualcosa su ciò che cercavate di fare al Principe” lo minacciò il
Generale con severità.
Il
barone De L’Envers scoppiò a ridere.
“Quello
che cercavo di fare non era niente di più di ciò che gli fate voi!” replicò, in
tono viscido. “E dubito che Sua Maestà sia interessato a quello che accade a
questa sgualdrinella che ormai non
conta nulla per nessuno. So bene che lo ha donato a voi, ma ritengo che per una
volta potrei anche…”
“E’
proprio qui che vi sbagliate, barone De L’Envers”
affermò il militare, con una gelida calma. “Il Principe Alfonso è, e rimane, un
membro della famiglia reale spagnola, gli Aragona. Non credo proprio che Sua
Maestà sarebbe felice di sapere che, per soddisfare le vostre sudicie brame,
avete rischiato di provocare una guerra tra la Francia e la Spagna. Inoltre,
come ho appreso solo poco fa dalla regale persona del nostro sovrano, il
Principe tornerà molto presto a governare il Regno di Napoli."
“Mi
prendete in giro… quel ragazzino è soltanto la vostra sgualdrina e…” sogghignò il barone, ma qualcosa nello sguardo del
Generale lo mise a tacere prima che potesse concludere la frase.
“Se
non credete alle mie parole, posso accompagnarvi al cospetto di Sua Maestà e,
dopo che lo avrò messo al corrente di ciò che voi stavate per fare, sarà lui
stesso a illuminarvi al riguardo” ribatté ironico. “Ad ogni modo, questa sera
ci sarà un ricevimento durante il quale il nostro sovrano dichiarerà le sue
intenzioni sul futuro del Regno di Napoli e del suo Principe. Spero che non
vorrete mancare a tale avvenimento.”
Il
barone aveva perso tutta la sua alterigia. Si riassettò le vesti e, con sguardo
sospettoso, si allontanò guardandosi intorno e sperando che nessun altro lo
avesse visto aggredire il giovane Principe.
Il
Generale, invece, si chinò su Alfonso, che continuava a singhiozzare,
raggomitolato su se stesso e con il volto nascosto tra le mani.
“Non
piangere, Alfonso, è tutto finito. Quell’essere spregevole non oserà nemmeno
più avvicinarsi a te” gli disse piano, passandogli un braccio attorno alle
spalle e attirandolo sul suo petto.
Il
ragazzo, però, non sembrava riuscire a calmarsi. Quel tentativo di violenza lo
aveva sconvolto, richiamando alla sua mente i terribili e interminabili momenti
vissuti nella sala delle torture ormai quasi un anno prima… ma non era soltanto
quel ricordo a straziarlo.
“E’
questo che sono…” mormorò tra le lacrime, “una… una cortigiana, qualcuno di cui chiunque può approfittare se ne ha voglia…”
Il
Generale si sentì stringere il cuore e abbracciò ancora più stretto il giovane
Principe.
“Non
è affatto così. Non hai sentito ciò che ho detto a quel viscido barone? Sua
Maestà ha grandi progetti su di te e ne darà l’annuncio proprio al ricevimento
di stasera.”
Alfonso
trasalì e, per il terrore, smise persino di piangere. Ricordava fin troppo bene
quali erano stati i grandi progetti
che Re Carlo aveva avuto su di lui mesi prima…
“Non
hai nulla da temere, te lo assicuro” gli disse l’uomo, leggendo l’orrore nei
suoi occhi sgranati. Comprendeva bene come Alfonso non potesse fidarsi delle
parole del Re di Francia, ma questa volta sapeva che c’era in serbo una bella
sorpresa per il suo piccolo Principe. “Adesso vieni con me, devi prepararti per
il ricevimento. Voglio che ti mostri a tutta la corte per il Principe che sei e
che stai per tornare ad essere.”
Incredulo,
il ragazzo continuò a fissarlo come inebetito, ma poi si lasciò condurre dal
Generale nelle sue stanze dove poté fare un lungo bagno, che gli tolse di dosso
l’impronta disgustosa dell’uomo che lo aveva aggredito. Quindi si abbigliò nel
modo più raffinato ed elegante possibile, sperando contro ogni speranza che ciò
che aveva detto il Generale fosse vero e che, finalmente, la sua lunga e dolorosa
prigionia avesse termine. Una parte di lui non osava nemmeno pensarci, ma il
suo cuore non poteva impedirsi di sognare…
La
sala dei banchetti del palazzo di Amboise era illuminata a giorno e ai tavoli
erano presenti le più alte cariche del regno di Francia. Al Generale era stato
riservato il posto alla destra di Re Carlo e, al suo fianco, sedette Alfonso.
Per buona parte del banchetto Sua Maestà si limitò a godersi l’ottima cena e a
burlarsi dei suoi cortigiani, riservando loro battute provocatorie oppure
vantando le proprie gesta nella campagna d’Italia. Il Principe non riuscì a
mandar giù nemmeno un boccone a causa del nervosismo e della paura che
crescevano in lui di momento in momento. Certo, il Generale lo aveva
incoraggiato e rassicurato, ma il Re non sembrava affatto prenderlo in
considerazione e il suo modo di fare gli ricordava fin troppo il comportamento
che aveva tenuto durante quella terribile, spaventosa cena in cui lo aveva
condannato a morire tra le torture più atroci.
Finalmente,
al momento del brindisi, il sovrano chiese un assoluto silenzio.
“Miei
signori, vi abbiamo invitati questa sera per darvi un annuncio della massima
importanza” dichiarò, improvvisamente serio.
I
gentiluomini e le dame presenti tacquero e gli sguardi di tutti si fissarono
sul monarca, che dopo una pausa ad effetto riprese a parlare.
“Come
ben sapete, il nostro esercito ha riportato delle gloriose vittorie in Italia e
ci ha consentito di ottenere la corona del Regno di Napoli, strappandola agli
Aragonesi” ricordò il Re, compiaciuto. “Tuttavia, i doveri verso la nostra
patria ci hanno imposto di tornare a corte, affidando Napoli ad un reggente. Non
ci sarà possibile far ritorno a Napoli per molto tempo, forse per sempre.
Pertanto, dopo una lunga e ponderata riflessione, abbiamo stabilito che
concederemo la reggenza ad un uomo che gode della nostra assoluta fiducia e
che, dopo tanti anni, si è conquistato il diritto ad una ricompensa.”
Re
Carlo fece una seconda pausa, divertendosi a guardare i volti dei suoi
cortigiani che assumevano le espressioni più disparate: chi era curioso, chi
sperava di essere il prescelto, chi appariva semplicemente invidioso o
disinteressato.
“Ebbene,
questa sera e davanti a tutti voi, noi affidiamo la reggenza del Regno di
Napoli al nostro valoroso Generale, che con la sua abilità strategica e il suo
ardimento ci ha consentito di conquistare quella terra” proclamò il sovrano,
rivolgendo un sorriso al suo braccio destro.
I
gentiluomini presenti apparvero stupiti per la scelta del Re e il barone De L’Envers, in particolare, non riuscì a nascondere una smorfia
di rabbia. Ecco perché, poche ore prima, quell’uomo si era mostrato tanto
arrogante con lui!
Ma
Re Carlo non aveva ancora terminato.
“Il
Generale governerà Napoli come nostro rappresentante e, di fatto, quel Regno
apparterrà alla corona francese. Tuttavia il Principe Alfonso accompagnerà il
suo amante riprendendo, almeno di
nome, il suo posto alla corte napoletana. Non avrà alcun potere, naturalmente…
e del resto non ne aveva nemmeno quando credeva di essere il legittimo erede di
quella corona” celiò il sovrano, facendo ridere di gusto l’intera tavolata.
“Era solo uno sciocco ragazzino viziato che giocava a fare il Re, mentre tutte
le decisioni erano prese dai consiglieri di suo padre Ferrante. Bene, dovrà
semplicemente continuare a fare ciò che faceva tanto bene allora e la sua
semplice presenza dissuaderà la Spagna da qualsiasi pretesa di ostilità. In
fondo, agli occhi del mondo sembrerà che ci sia ancora un Aragonese sul trono
di Napoli!”
L’intera
corte applaudì l’astuzia del monarca francese, mentre il Generale lo
ringraziava dell’onore concessogli e lodava la sua generosità.
Alfonso
era rimasto attonito. Non riusciva ancora a credere a ciò che aveva appena
sentito e temeva che, da un momento all’altro, si sarebbe svegliato da ciò che
gli pareva soltanto un sogno.
Davvero
sarebbe tornato a Napoli e avrebbe vissuto nuovamente come Principe? Davvero
sarebbe sfuggito alla crudeltà di Re Carlo e alle minacce dei suoi cortigiani? Il
ragazzo era incredulo e sentiva il cuore battergli velocissimo per la gioia e
l’emozione. Mormorò qualche parola di ringraziamento al Re francese, che si
divertì ancora di più nel vederlo totalmente confuso.
“Ma
guardatelo, non sa nemmeno mettere due parole in fila!” lo irrise, attirando
l’attenzione di tutti i presenti sull’evidente turbamento del ragazzo. “Come
potete vedere, rappresenterà solo fumo negli occhi per la Spagna, mentre noi
sapremo benissimo che questo povero sciocco non è in grado di governare… con
tutta probabilità avrà bisogno di aiuto anche per trovare le latrine!”
Il
sovrano scoppiò in una fragorosa risata e dame e gentiluomini lo imitarono, ma
il giovane Principe non se ne accorse quasi: che si burlassero pure di lui, non
se ne curava. Ciò che davvero contava era che presto avrebbe fatto ritorno al
suo castello, a Napoli, lontanissimo da tutti loro e finalmente al sicuro!
Le
ore passarono veloci senza che Alfonso se ne rendesse conto. La sua mente era
ormai totalmente proiettata verso il suo Regno, verso il palazzo dov’era nato e
cresciuto e nulla poteva più umiliarlo o offenderlo.
Quella
notte, nelle stanze che condivideva con il Generale, l’atmosfera era serena e
rilassata come il Principe non ricordava nemmeno più che potesse essere. Tutti
i suoi incubi e terrori stavano per trasformarsi in un sogno bellissimo e i
suoi desideri erano sul punto di realizzarsi.
Per
la prima volta in tanti mesi, il ragazzo si fece ardito e prese le mani del
Generale, fissandolo negli occhi con serietà.
“Tutto
questo è solo per merito vostro, lo so bene” gli disse. “Voi mi avete salvato,
aiutato e protetto in tutti i modi e se non ci foste stato voi io…”
L’uomo,
commosso, lo prese tra le braccia.
“Non
devi ringraziarmi, io ho fatto solo quello che ritenevo giusto e, anzi, forse
avrei potuto fare molto di più. Io ti amo, Alfonso, e tutto ciò che voglio è
stare con te e renderti felice.”
“Sono
felice” confessò il giovane, stringendosi al Generale. “Sarò tanto felice
quando tornerò a Napoli… insieme a voi, mio signore.”
Il
militare lo distese sul letto, accarezzandolo e baciandolo con tenerezza. Sentì
il giovane Principe accoglierlo docilmente, abbandonandosi a lui, e lo prese
con lentezza e pazienza, senza spaventarlo, senza fargli male, giungendo con
lui ad una totale fusione di amore e dolcezza.
Dopo
l’amore, il Generale tenne ancora tra le braccia il suo piccolo Principe,
guardandolo con affetto mentre si addormentava al sicuro nel suo abbraccio
protettivo.
Sarebbe
vissuto con lui nel Regno di Napoli e avrebbe dedicato ogni istante della sua
vita a farlo felice, sperando che le infezioni che avevano minato la sua salute
non glielo strappassero troppo presto. Non si curava di se e quando sarebbe mai
ritornato in Francia: tutto ciò che contava era Alfonso tra le sue braccia, Alfonso
accanto a lui.
Qualunque
posto sarebbe stato casa sua finché avesse avuto il giovane Principe al suo
fianco.
FINE