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Autore: cin75    22/11/2017    4 recensioni
Maledette linee telefoniche!
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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MESSAGGI

"Ehi, Dean!! ascolta, ho avuto qualche indizio per una possibile pista da seguire, ma sono sempre convinto che non sia niente di collegato ad Asmodeus, ma solo un caso di omicidio. Di un efferato schifoso omicidio, ma comunque solo di un omicidio. Ti garantisco che mi godrò ogni “te l’avevo detto!” che dirò mentre ce ne torniamo a casa. Comunque, vado a dare un'occhiata e se trovo qualcosa che fa' per noi, ti richiamo. Tu aspettami al motel. Ci sentiamo dopo. Ciao!"

 

Il messaggio vocale era delle 10.45.

Dean non appena l'aveva ricevuto , la bellezza di venti minuti dopo - “linee telefoniche del cavolo!!” aveva imprecato quando vide l’ora del messaggio e quella di ricevimento - l'aveva subito ascoltato.

"Stavolta hai davvero ragione tu. Questo caso è un buco nell'acqua.", pensò rimettendo in ordine, mentalmente, quello che sapevano sulla vittima e su come era morta. Così provò a richiamare il fratello e convincerlo a lasciar perdere e ritornare al bunker.

C'aveva messo un'intera serata a convincerlo che quella era una caccia bella e semplice: un rugaru, da come era ridotto il corpo.

Ma quando erano arrivati in città: niente, nulla, nada!!

Se non che, ogni cosa, li riportava alla conclusione di Sam: solo un omicidio. Con tanto di colpevole alla macchia. Lo psicopatico, ignorando una telecamera in casa , messa a sua insaputa, era stato immortalato mentre cercava di macellare il corpo della moglie per evitare di doverlo trasportare intero e poterlo così occultare.

Sadico stronzo!! lo aveva accusato Dean.

 

Compose il numero di Sam e niente….

“Linee telefoniche del cazzo!” ribadì con più astio.

Così lasciò anche lui un messaggio vocale al minore.

 

Sam?, hai ragione fratellino. Stiamo girando a vuoto da stamattina e poi lo stronzo che ha commesso l’omicidio si è fatto immortalare da una candid camera, ma ti racconto tutto quando ci vediamo. Quindi molla tutto e torniamocene a casa. Io sono alla tavola calda, prendo qualcosa per il viaggio, faccio il pieno alla mia Piccola e ti aspetto al motel. Prima di sera voglio essere al bunker e godermi uno dei miei film preferiti , spaparanzato sul mio letto, con birra e patatine e no!!, non mi riferisco ad un porno. Quello, magari, dopo che sarai andato a letto per non turbare la tua sensibilità. Ok! Scherzi a parte. Muovi il culo e torna al motel!” e sorrise mettendo via il cellulare mentre la cameriera gli versava altro caffè.

 

In quel momento, una colonna di auto a sirene spiegate, sfrecciò veloce lungo la strada che costeggiava la locanda. Polizia, ambulanza, vigili del fuoco.

“Wow!!” esclamò Dean , seguendo con lo sguardo la rumorosa carovana. “E’ sempre così rumoroso da queste parti?!”

La donna lo guardò stranita. “Affatto, figliolo. Siamo a Lamar!! Direi che è piuttosto il contrario da queste parti!” ironizzò parafrasandolo.

Un attimo dopo , un ragazzo decisamente affannato e allarmato, spalancò la porta del locale.

“Ehi! Tutti fuori, serve aiuto alla stazione di polizia!” disse quasi gridando.

“Josh, che succede?!” fece la cameriera.

“Il bastardo che ha ucciso la povera Sally, a quanto pare ce l’aveva anche con lo sceriffo. È entrato nella centrale e si è fatto saltare in aria. Le colonne della stazione hanno retto appena per far uscire più gente possibile, ma poi hanno ceduto. Dicono che ci sia ancora qualcuno sotto quel casino. Perciò muovete il culo, servono braccia per scavare!!” e corse fuori.

“O mio Dio!” disse la donna visibilmente preoccupata e mentre si toglieva con gesti quasi isterici il grembiule. “Jenny….o mio Dio..Jenny!!” diceva in preda al panico.

“Ehi! Ehi!!” le andò vicino Dean non appena la donna fu oltre il bancone. “Non puoi andare lì. Vedrai che...”

“Jenny è mia figlia. Fa la segretaria alla centrale di polizia. Io devo andare!” sembrò rimproverarlo.

Dean rimase per qualche secondo senza parole. Poi , con gesto secco, tirò fuori le chiavi dell’Impala dalla tasca. “Ok! Vieni con me. Ti accompagno io e vedremo se possiamo dare una mano. Ma stai tranquilla, vedrai che Jenny sta bene!” e lo disse cercando di sembrane convinto. La donna, terrorizzata, provò a credergli e annuì.

 

Dieci minuti, i due, scesero dalla macchina. Dinnanzi a loro un cumulo di macerie e la puzza pungente dell’esplosivo bruciato. Dean disse alla donna di non muoversi e si allontanò solo di qualche metro per chiamare Sam.

“Ma che cazzo hanno le linee di questa città!!??” imprecò quando la chiamata andò a vuoto.

Ennesimo messaggio vocale!!

Sammy, sono alla stazione di polizia o meglio a quello che resta della stazione di polizia. Lo stronzo psicopatico che credevamo essere un mostro era solo uno stronzo psicopatico che si è fatto saltare in aria. Sono sul posto per dare una mano con i soccorsi, raggiungimi non appena senti questo messaggio.” e mise giù.

 

Raggiunse di nuovo la donna, Tania. Presentazioni fatte in macchina.

“Ok! Vediamo di scoprire qualcosa.” e mettendole una mano intorno alle spalle, la portò con lui verso un paio di poliziotti, non proprio messi bene.

Tania li riconobbe.

“Fred? Darren?” e corse verso di loro.

“Tania!!” fecero i due.

“Jenny? dov’è Jenny?!” chiese la donna con le lacrime agli occhi.

“Era appena dietro di noi, quando tutto è venuto giù!” rispose quello che sembrava il più giovane dei due.

“O mio Dio!!” esclamò terrorizzata mettendosi le mani davanti alla bocca per reprimere lo sconforto. “E’….è ancora lì sotto?!”

“I vigili del fuoco stanno scavando, Tania. Tranquilla! L’hanno raggiunta e la tireranno fuori tra un po’!” sembrarono volerla rassicurare.

“Ci sono ancora molte persone lì sotto?!” intervenne Dean.

“Per fortuna no. La maggior parte è riuscita ad uscire grazie all’intervento di….” ma il giovane agente venne interrotto perché richiamato da un altro suo collega. “Scusatemi, devo..io devo andare.” fece allontanandosi dal gruppo.

 

Pochi minuti dopo, un altro gruppo esultante confermò il salvataggio di un altra persona.

“Tania!! Tania!!” venne richiamata la donna ancora abbracciata a Dean.

“Jenny?!” chiese preoccupata.

“Sì, l’hanno tirata fuori. E’ viva.” le dissero entusiasti.

“Oddio ti ringrazio!!”

“Vieni, ti portiamo da lei e poi andrete insieme in ospedale!” la incoraggiarono.

La donna si voltò verso quel giovane che , per quanto fosse sconosciuto, non aveva mai smesso di abbracciarla e rassicurarla. “Grazie, Dean!”

“Te l’avevo detto che stava bene!”

“Sì, l’avevi detto.” sorrise , abbracciandolo.

“Va’. Corri da tua figlia.” e la spinse dolcemente verso il soccorritore che l’aspettava.

 

Mentre la vedeva andare via, si sentì tirare un angolo del giacchetto. Si voltò e non vide nessuno. Dovette abbassare lo sguardo per rendersi conto di chi lo avesse richiamato.

“Ehi!” fece con cautela e modulando il tono di voce. “Problemi, campione ?” fece rivolto al bambino sporco di calce e con un evidente bozzo sulla testa e entrambe le gambe e le ginocchia sgraffiate.

“Non trovo il mio papà. Tu lo conosci il mio papà? Sai dov’è?!” chiese innocentemente. “Mi fanno male le gambe e la testa. Glielo puoi dire?! Voglio andare a casa.” disse cercando di essere forte e non piagnucolare.

“Ok! Ok!” fece Dean , decisamente preoccupato, ma voleva cercare di restare calmo per non agitare il piccolo. Si accoccolò alla sua altezza e gli mise le mani sulle spalle ma più per sorreggerlo che per altro. “Ora facciamo una cosa….” disse guardandosi intorno e cercando un ambulanza libera a cui consegnare il piccolo ferito.

Niente! O erano occupate e in piena attività, oppure partivano a razzo per accompagnare i feriti all’ospedale.

“D’accordo!” fece cambiando idea. “Quella cosa non la possiamo fare. Ne faremo un’altra più figa. Ti va?!” sorridendogli.

“Sì!” annuì il piccolo.

“Adesso ti faccio fare un giro nella macchina più bella del mondo. Sai?..” gli diceva mentre lo prendeva in braccio e lo portava verso l’Impala. “E’ una macchina magica!!”

“Magica?!”

“Già!!!” convenne con entusiasmo il cacciatore. “Chiunque abbia la fortuna di sedersi dentro questa macchina ...è certo di essere al sicuro, che niente di male potrà accadergli!”

“Wow!!”

“E indovina?” disse mostrandogliela. “La macchina è mia e ho appena deciso che tu ci potrai fare un giro!”

“Grandioso!! sarò al sicuro! Mi guarirà la testa e le gambe?!” chiese ingenuamente.

“No, ma...”

“Ohw!!” sospirò deluso.

“Ma correrà talmente forte per le vie di questa città che nemmeno Flash o Superman potrebbero raggiungerla!” disse orgoglioso mentre gli allacciava la cintura.

“Allora è davvero veloce!” asserì serio.

“Cavolo se lo è!!” fu d’accordo Dean.

Un attimo dopo era al posto di guida e dopo aver sorriso al piccolo al suo fianco, mise in moto e sgommò letteralmente verso l’ospedale.

Non appena fu arrivato, corse all’interno con il piccolo in braccio.

“Aiutatemi!! è svenuto mentre lo portavo qui. È uno dei feriti della centrale di polizia!”

Immediatamente il piccolo venne prelevato da un un infermiera e un medico.

“Grazie. Lo lasci ora. Ce ne occuperemo noi!” fece premurosa la ragazza in divisa che portò via il bambino.

 

“Dean?!” si sentì chiamare.

 

Il ragazzo si voltò.

“Tania? Come sta Jenny?!”

“Una bella botta in testa, qualche costola incrinata, tanti lividi e un mare di paura. Ma si rimetterà.” riferì. “Tra un po’ me la faranno vedere!”

“Grandioso!” convenne Dean.

“Tu? Come mai sei qui?!” chiese curiosa la donna.

“Ho accompagnato un bambino. Era ferito e non….” ma la donna non lo fece finire.

“Credo che tu abbia la cosiddetta sindrome dell’eroe, mio caro!” lo adulò.

“No!!” fece sornione il ragazzo. “E’ che mi piace mettermi nei guai!!” scherzò.

Poi si guardò intorno. Confusione. Lamenti. Volti sporchi di polvere. Di sangue. Di paura.

“Ne sono arrivati altri tre, dopo che sono arrivata io!” disse la donna intuendo i pensieri del ragazzo al suo fianco.

“Lo vedo.”

“ E già ce ne erano prima del mio arrivo. Uno è messo davvero male. Dicono che sia quello che ha cercato di mediare con quel pazzo e che subito dopo l’esplosione ha portato verso l’uscita quasi tutti, ma non è riuscito a ...”

“Tirarsene fuori in tempo?!” azzardò.

“Già!” ammise la donna.

“Il lato negativo di fare davvero l’eroe!” asserì amareggiato Dean. “Cosa è tutta quella roba?!” disse indicando delle buste infilate in alcuni contenitori.

“Gli oggetti personali, o almeno quello che hanno addosso, quelli che vengono ricoverati.”

“Sì, giusto!” fece mentre prendeva il suo cellulare.

“Chi chiami?!”

“Chi provo a chiamare.” Ironizzò. “Non ti offendere, ma le vostre linee telefoniche fanno schifo!”

“Non mi offendo. Linee telefoniche del cavolo!!” asserì invece invece convinta, Tania.

Dean le sorrise, compiaciuto, mentre per aspettava , come ogni volta , da quando erano in quella città, che una segreteria gli dicesse che il numero di Sam non fosse raggiungibile.

Invece…. Lo squillo.

“Cazzo! Sta squillando. Non ci credo!” fece entusiasta.

Ma Sam non rispondeva. “Andiamo, Sammy. Rispondi al telefono!” e mise giù , decidendo , poi, di lasciare l’ennesimo messaggio.

 

Sammy, andiamo!! porta via il culo da qualsiasi cosa tu stia facendo e raggiungimi al Saint Jude. Muoviti!!” e riattaccò.

Un telefonino smise di squillare in quello stesso momento.

 

Ma non soddisfatto, pochi minuti dopo, riprovava ancora a richiamarlo.

“Forza! Dannazione!!” diceva allo squillo nelle sue orecchie mentre nella stanza, di nuovo, uno squillo suonava insieme a quello che trillava nel cellulare di Dean.

Questa volta, Dean lo notò.

Mise di nuovo giù la comunicazione. Conosceva quel trillo che ora taceva di nuovo.

Una stretta allo stomaco.

 

“Dean che succede? Non risponde?!” chiese la donna vedendo il repentino cambio di espressione del giovane.

 

Dean non rispose. Ricompose il numero.

Squillava nel suo cellulare. Squillava anche nella sala d’aspetto del pronto soccorso.

Quella stretta divenne preoccupazione.

 

“Dean!?” lo richiamò ancora. E ancora Dean non le rispose, ma con passò incerto, si avvicinò verso le buste dei ricoverati.

Ricompose il numero. Un luce si accese in una delle buste.

Il telefonino. Quel telefonino.

Nella busta , solo quello e la chiave del motel.

Il loro motel. E la chiave era la loro chiave.

E quella stretta divenne panico.

 

“No, no, no...” sussurrò Dean. “Dov’è?” chiese all’infermiera che gli era appena passata vicino.

“Come scusi?!”

“Il ragazzo a cui appartiene questa busta. Dov’è?!” le gridò addosso.

“Stia calmo. Chi è lei?!”

“Sono suo fratello. E ora mi dica dov’è Sam?!” ringhiò furioso.

“Dean sta’ calmo!” cercò di calmarlo Tania che lo vide decisamente alterato. “Ora, l’infermiera controlla il codice della busta e vedrai che...” ma si zittì preoccupata quando vide l’espressione della ragazza alla reception mentre controllava proprio il codice.

“Lui..lui è...” e fu allora che Dean dovette poggiare le mani al bancone. Per controllare la rabbia. O solo per sorreggersi.

“Non lo dica. Non dica niente. Voglio solo la stanza. Voglio solo sapere dov’è!” sibilò tra i denti.

La ragazza deglutì.

“Stanza 401” e Dean corse via ma al centro dell’ampia sala si fermò perso tra i vari corridoi. “Dove?!” gridò alla ragazza alludendo alla direzione da prendere.

“Il corridoio alla sua destra. Infondo, l’ultima stanza sulla sinistra!” fece lei e poi lo vide correre verso quella stanza.

 

Tania restò stranita. “Ma...”

“E’ il ragazzo che ha portato quasi tutti fuori dalla centrale prima che venisse tutto giù. E’ messo male. I dottori disperano che riesca a superare i prossimi giorni. O la notte!” disse mentre appuntò il nome “Sam” sulla cartella e cancellò quello riportato. Sconosciuto: John Doe.

 

 

Dean arrivò velocemente alla stanza di Sam. Stava per entrarci quando una sorta di forza invisibile sembrò bloccargli le gambe.

“Ti prego...ti prego...fa’...fa’ che lui...che lui non sia….” pregò disperatamente mentre la sua mano si poggiava tremante sulla maniglia della porta e quando stava per abbassarla e poter così entrare. La porta si aprì da sola.

Un medico uscì dalla stanza trovandosi di fronte il ragazzo.

“Chi è lei? Posso aiutarla?” chiese severo.

“Io...io sono suo fratello. Sam...il ragazzo lì dentro. Sono suo fratello. Voglio vederlo. Come sta?!” chiese apprensivo, cercando di sbirciare oltre la spalla del dottore.

“Sam?!” fece il medico.

“Sì, è il suo nome.”

“Sam e poi ?!”

Dean lo guardò in cagnesco. Davvero non era il momento per fare il pignolo.

“Smith, ok?!” rispose seccato e poi con uno spintone, spostò di lato il medico e si infilò nella camera.

 

Il cervello andò in panne. Il cuore perse un battito. Il respiro smise di riempirgli i polmoni. Il sangue smise di circolargli nelle vene e la paura divenne , per la prima volta, una sensazione insopportabile.

 

“Sammy..” sussurrò vedendo il fratello in quel letto.

Il minore aveva una vistosa fasciatura intorno al torace, da cui, comunque macchie livide, facevano tristemente capolino. Il braccio destro e la gamba sinistra erano strette in bende elastiche. Il viso arrossato dai graffi della polvere. Un vistoso ematoma gli deturpava il volto dal sopracciglio sinistro fino alla guancia. Un tubo infilato in gola a quando pare lo aiutava a respirare e una miriade di tubicini gli entravano o nelle braccia o finivano al di sotto delle lenzuola. “Oddio...” pregò ancora.

 

“Signor Smith?!” lo richiamò il medico vedendo lo stato di ansia in cui Dean era come congelato. “Signore??”

“Lui...” e non riuscì a dire altro.

Il medico aprì la cartella clinica e lesse.

“Suo fratello ha una ferita alla testa come può vedere, che coinvolge il lato sinistro e...”

“Quanto è grave? Intendo la ferita?!” si ritrovò a chiedere. Stava già pensando a quanto aveva per trovare un aiuto soprannaturale di qualsiasi genere: angelico, demoniaco o magico.

“Abbastanza.”

“Che significa?!” fece fissandolo severamente.

“Significa che stiamo parlando del lato sinistro del cervello che è il lato in cui sono stanziate le attività principali: cognitive, movimento basico, linguaggio...” e si fermò quando si accorse che sul viso del suo interlocutore c’era la confusione e il panico più totale. Così cercò di rimediare: “Ma suo fratello non si è ancora ripreso, quindi non sappiamo quali siano i danni effettivi.”

Dean deglutì e spostò lo sguardo di nuovo sul suo fratellino troppo alto perfino per quel letto di ospedale. “Che mi può dire ancora?!”

“Alcune ossa rotte, lesioni multiple e un’ematoma all’altezza del polmone destro dovute alla cosiddetta sindrome da schiacciamento, per questo abbiamo dovuto intubarlo.” concluse richiudendo la cartella.

“Sammy….ma che ci facevi lì dentro?! Dannazione!!” imprecò, sperando che Sam sentisse quel suo rimprovero.

“Stiamo facendo il possibile. Mi creda signor...”

“Mi chiami Dean. Dean va più che bene!”

“Ok! Stiamo facendo il possibile per suo fratello, Dean.” e lo lasciò da solo con Sam.

Il maggiore si avvicinò al letto.

Guardò Sam , respirando piano come se non volesse disturbarlo.

“Dovevi tornare al motel, ti avevo detto di….” disse sottovoce e poi facendo mente locale. “Linee telefoniche del cavolo!!” fece sarcastico.

Molto probabilmente, Sam, nemmeno li aveva letti o sentiti i suoi messaggi!!

Gli spostò una ciocca ribelle che gli ricadeva sulla fronte. “Sempre troppo lunghi, Sammy. Sempre troppo lunghi!!” volle perfino scherzare, mentre invece avrebbe voluto urlargli di aprire gli occhi e portare fuori il culo da sotto quelle lenzuola.

 

Si massaggiò le tempie. La testa gli scoppiava a causa dei mille pensieri e dalle mille soluzioni che stava valutando per salvarlo.

Cas?? era in giro a cercare di rintracciare Jack, fuggito dopo il fattaccio a Dodge City. Lo avrebbe di certo chiamato e chiesto di andare da loro, e Cas di certo lo avrebbe fatto. Ma chissà quanto ci avrebbe messo, dato che l’ultima volta che si erano sentitit, l’angelo era a tre stati di distanza. Compose il numero e si attivò la segreteria telefonica:

Cas, siamo al Saint Jude di Lamar in Colorado. Sammy è messo male, amico. Per favore, ho bisogno che tu venga qui. Al più presto possibile. Cas, per favore fa’ presto!”

Chuck? Lui era stato chiaro: “Non posso intervenire sempre. Devo lasciare che i miei figli crescano da soli!” , ma Sam non stava crescendo, stava morendo. E poi l’aveva già pregato, per Cas, e niente!

Pensò perfino – stupidamente - a Crowley? Cavolo!! lui aveva definitivamente reso l’anima all’Inferno, così come Rowena.

 

Tirò piano, vicino al letto, una poltroncina. Vi ci sedette e poggiò il viso alle mani giunte davanti al mento.

Quasi fosse assorto in una preghiera supplichevole.

Inconsciamente la sua mente ritornò all’ultima volta che Sam era ridotto male in un letto di ospedale. Le Tre Prove lo stavano consumando e , ironicamente , un medico gli disse : “La vita di suo fratello è nelle mani di Dio!”, proprio quando di quel Dio non c’era più traccia.

 

“Come sta?” fece una voce di donna appena alle sue spalle.

   
 
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