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Autore: Always_sisters    26/06/2009    0 recensioni
Sullo sfondo di una Parigi in cui nemmeno la figura imponente di Note-dame riesce più a mantenere l'ordine, le vite di due ragazzi molto diversi finiranno per intrecciarsi fra loro in seguito ad un tragico evento.
Questa ff è una rivisitazione del classico di Victor Hugo: "il gobbo di Notre-dame". Per maggiori dettagli guardare all'interno^^
AVVERTENZA: fanfic sospesa fino a settembre. Ci scusiamo per l'inconveniente^^"
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nel tempo delle cattedrali
-Capitolo 2-


Dopo l’improvvisa reazione del compagno, essendo rimasto qualche attimo a fissare il vuoto, L richiuse il libro e lo appoggiò sul divano.
Preferendo evitare di recarsi subito da Light, nel rischio di incorrere in qualche crisi isterica a malapena contenuta e mascherata da qualche sorrisetto forzato, si mise di fronte al piccolo camino per riscaldarsi le sue mani costantemente fredde.

A dire la verità, nonostante le parole di Watari, era sempre alquanto curioso di sapere cosa passasse per la testa del più grande e in quale modo ciò si collegasse con quel mondo che avanzava all’esterno della dimora, per lui del tutto inesplorato.
Ogni tanto aveva addirittura la tentazione di sbirciare fuori dalla finestra, chiedendosi se davvero nessuno sarebbe stato in grado di accoglierlo. Ma poi, dandosi dello stupido, resisteva a quell’impulso, accontentandosi di ciò che Light gli diceva, dicendosi di non necessitare di altro.

Ad ogni modo, doveva ammettere che quella volta la curiosità era in un certo qual senso più forte e pressante, forse per via dell’insolita reazione di qualche attimo prima, oppure perché da qualche giorno a quella parte il desiderio di calarsi negli eventi politici di Parigi si era impossessato, in qualche modo, di lui.  

Beandosi del contatto fra i suoi piedi scalzi ed il tappeto, si avvicinò ancora un po’ al fuoco. Lo fissò intensamente, per poi risvegliarsi da quella specie di trance nel momento in cui udì qualche strano e brusco rumore provenire dai piani più alti, lì dove c’era lo studio di Light.
Quindi, deciso che fosse il momento opportuno (mera giustificazione per un interesse non più trattenibile), lasciò il salotto per raggiungere lo studio e sapere cosa stesse accadendo.

Arrivato davanti la stanza, bussò, attendendo una risposta, che non arrivò. Poi, notando che la porta, invece di essere chiusa a chiave come di consueto, era solamente accostata, appoggiò delicatamente la punta delle sue dita sottili, spingendo quella barriera lignea con una studiata delicatezza.
Light, ricurvo sula scrivania, osservava con attenzione ogni documento che capitava fra le sue impazienti mani, le quali spostavano, rimescolavano e afferravano fogli con un evidente nervosismo.

-Qualcosa non va? – si sorprese quasi per la stupidità della sua domanda, vista l’ovvia risposta. Tuttavia, fece finta di nulla.

-Non credo tu possa capire, L

-Io, invece, credo di riuscirci. Almeno…perché non provare?

-No, direi che è inutile.

L’altro, nel sentire quelle parole, non poté fare a meno di percepire una scintilla d’ira, piccola e avida d’ossigeno, avvampare sempre di più in lui. Inutile dire che non lo diede a vedere, anche se Light, il quale lo conosceva ormai da quasi un anno, riusciva vagamente a distinguere un tale sentimento nel suo sguardo.

-Non penso che la tua opinione sia universale, Light, a dispetto di ciò che tu sostieni. Smettila di giudicare: non sei in una condizione tale da permettertelo.

Si alzò di colpo dalla sedia, emettendo un sonoro tonfo che risuonò per l’intera stanza. Le sue mani, ormai rosse dallo sforzo, arpionavano con eccessiva forza il margine della scrivania.

-Non ti ho chiesto di capirmi, L; non è di tua competenza. Semplicemente, lascia perdere.

-Già, d'altronde, a tuo parere, non ho un intelletto sufficiente per eguagliare il tuo, giusto Light?

-Zitto! – gridò, alzando sempre più la voce, che si fece quasi graffiata sotto le brucianti proteste della sua gola.

– Credimi, tu non vuoi sapere ciò che accade là fuori… Non ti basta ciò che hai? –e la sua voce, adesso, si era fatta più dolce, quasi carezzevole – Non capisci quanto sei fortunato a rimanere estraneo a tutto ciò? Quanto sia fortunato a poter scegliere?

-…da quando ho una scelta?

- L’hai sempre avuta.

-Sì…ma l’hai presa tu per me.

-Non dire idiozie! Io ti ho salvato, io ho fatto solo il tuo bene! E’ stato solo per aiutarti che ti abbiamo tenuto lontano e all’oscuro dal mondo! E’ grazie a me se tu sei così, e non come tutto il resto della tua gente!

- Cosa intendi per la “mia gente”? E’ così che definisci chi non ha potuto permettersi altro lusso che il sacrificio? E io? Adesso faccio parte di loro…o forse è sempre stato così, eh Light?

-Io…non…

Stette zitto per qualche attimo, nel tentativo di riordinare i pensieri: non aveva alcuna intenzione di perdere contro L. Quindi, per guadagnare tempo, versò qualche goccia di scotch in un bicchiere, agitandolo lento e pensoso fra le mani.
Preso nell’osservazione di quel liquido ambrato che oscillava pericolosamente da un lato all’altro, senza riuscire a placare il suo tumulto, così come i pensieri di Light seguitavano a turbinare vorticosi nella sua testa, si avvicinò al camino che illuminava quella stanza, così come poco prima lo stesso L aveva fatto nel salotto. Infine, abbassò la testa, quasi fosse stata schiacciata da quei gravosi pensieri, mentre i capelli ricadevano lievemente sui suoi occhi color nocciola. Bevve a grandi sorsi per evitare di parlare, e, quando infine vuotò in bicchiere, se ne riempì un altro, quasi meccanicamente.

L lo fissò con una punta di disgusto insita nello sguardo e il più grande, nonostante fosse lievemente rintontito dall’alcol, non faticò a coglierla.
Il diciassettenne, perforando Light con un’occhiata, si chiese se questo volesse davvero tenergli nascosto il mondo o, invece, celare lui dagli sguardi di coloro che vi abitavano

-L, non puoi uscire fuori da questa casa…finiresti soltanto per ferirti da solo.

-Non potrò rimanere rinchiuso qua dentro per sempre.

-E invece sì! Tu non puoi andartene! – urlò con veemenza, mentre il volto si arrossava sempre più sotto l’effetto dello scotch.  

-Cosa intendi dire? Light, non sono di tua proprietà-

-Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te….così ci ripaghi…? Volendo fuggire?

L scosse la testa, quasi rassegnato a non poter più ottenere delle risposte concrete dal compagno

-Sei ubriaco – sussurrò appena, esprimendo in quel lieve soffio tutta la delusione che in quel momento andava stagnandosi all’interno del suo animo.

Light si accasciò di fronte al camino, continuando a stringere fra le dita il marmo liscio e freddo del focolare. Gli occhi erano strizzati fra loro, come stesse compiendo un grande sforzo, ma L poteva scorgere qualche piccola goccia d’acqua, probabilmente dovuta alla pesantezza dell'intera situazione,scivolare leggera su ogni piega di quelle palpebre contratte.  Si avvicinò lentamente a lui e appoggiò delicatamente la mano sulla sua spalla, quasi rabbrividendo a quel primo contatto che avessero mai avuto. Tuttavia, L non ebbe nemmeno pienamente il tempo di provare a placare il fastidio derivato da quel tocco che l’altro gli afferrò repentinamente i polsi, stringendoli con violenza. Emise un gemito dovuto al dolore e alla sorpresa mentre Light lo attirava con forza a sé. I loro occhi si incontrarono per un breve attimo, fissandosi però con un’intensità estranea a qualunque volta precedente, tanto che quel breve momento sembrò durare molto di più ad entrambi.
Infine, Light posò le sue labbra su quelle dell’altro, tentando di appropriarsi di quelle in maniera disperata, contraendo leggermente la bocca durante quel tentativo e strizzando gli occhi fino all’inverosimile.
Tuttavia, il bacio durò ben poco: L si separò bruscamente, mentre l’altro, respirando a fatica, si prese la testa fra le mani, rannicchiandosi ancor di più su sé stesso.

-Ci sono circa l'89% di possibilità che tu stia impazzendo, Light

E così dicendo, accompagnato da quel pesante silenzio che lo avvolgeva come una fitta coltre di nebbia, infilò le sue mani tremanti nelle tasche dei jeans e abbandonò la stanza.




Beh, eccoci alla fine del secondo capitolo. Questo ci ha creato qualche problema, principalmente per colpa mia (è Umpa_lumpa che vi parla, tanto per la cronaca XD) che mi sono messa a piantare grane di buona lena. Beh, speriamo sia di vostro gradimento e vi invitiamo a commentare in tanti, anche solo per dire che fa pena...almeno ci diamo una regolata XD Ad ogni modo, ringraziamo tanto Sweet chocolate che è stata così gentile da recensire: grazie mille dei complimenti, speriamo che l'intera fic continui a piacerti!^^

Ultimo avviso: la frase pronunciata ad un tratto da L (" E’ così che definisci chi non ha potuto permettersi altro lusso che il sacrificio?") è una libera citazione di un aforisma di Oscar Wilde che, per l'appunto, dice che l'unico problema di chi è povero è quello di non potersi permettere altro lusso che il sacrificio.

Beh, direi di aver concluso sul serio, stavolta^^" Grazie ancora a chi ha recensito, a chi ha inserito questa storia fra le seguite e a chi ha anche solo letto. Al prossimo capitolo!






  
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