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Autore: victoria electra black    14/03/2018    3 recensioni
||STORIA INTERATTIVA - CONCLUSA||
-
I cavalieri della Luna Rossa e del Sole Nero sono dei maghi speciali nel mondo della magia.
Solo chi ha sviluppato un particolare potere può entrare ma il sacrificio è enorme.
Chiunque riesca a superare le prove per accedervi, deve essere disposto a tutto pur di mantenere la pace, anche ad usare le maledizioni senza perdono sui propri cari se necessario.
Per questo i ragazzi che vengono chiamati, sperano di non dover superare mai le prove.
Tuttavia, alcuni non chiedono di meglio che entrare a farne parte visto che l'eternità è un dono molto ambito.
Nei secoli, però, i circoli si sono sempre più ristretti ed è il motivo che spinge i restanti 4 membri a cercarne altri nelle varie scuole di magia del mondo.
Ovviamente, Hogwarts non è esclusa.
Chi sceglieranno i cavalieri fra tutti i nostri eroi?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zodiac Chronicles'
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10

Angolo della pazza (ormai lo chiamerò così...):


Ciao a tutte e bentornate al penultimo special della storia.

Come potrete notare più avanti, il capitolo è dedicato interamente a Lavi. E colgo l'occasione per ringraziare profondamente Phebe per avermi inviato un ricordo super dettagliato! Infatti, ci tengo a precisare, che moltissime parti sono state riprese da ciò che lei aveva scritto perché le ho trovate PERFETTE per essere inserite.

Quindi, si può dire, che gran parte del lavoro è merito suo :)


Ho scritto questo capitolo in un giorno di lutto per me (manco a farlo apposta) e spero vivamente che possa piacervi.

Buona lettura.

Ci vediamo venerdì o sabato sera con il capitolo finale della storia, poi ci sarà un altro special ed infine l'epilogo.

Baci

Vic ^^



CAPITOLO SPECIAL 10:

Attento a ciò che desideri”



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Sfuggo ciò che m’insegue. Ciò che mi sfugge inseguo.
(Orazio)



Nonno, nonno! Perché non posso andare anch'io con papà?”


Un disperato Lavi di appena otto anni si voltò verso il distinto signore alla sua destra, alla ricerca disperata di un qualche gesto di conforto.

Tra singhiozzi e lacrimoni, Lavi sembrava più piccolo di quanto già non fosse. I pugni stretti cercavano, contemporaneamente, di trattenere la rabbia e di cancellare le lacrime che continuava a versare.

Suo nonno odiava vederlo in quello stato, esattamente come odiava il fatto che dovesse gestire, quasi sempre in automatico, lui tutte le “situazioni scomode” di famiglia. Che fossero, poi, affari o anche solo calmare i propri nipoti in un attacco isterico, quello era irrilevante.

A lui era spettato l'increscioso onere di dire al nipotino che non avrebbe potuto vedere la prima partita di suo fratello maggiore mentre, invece, ci sarebbe andato suo padre.

E, purtroppo per lui, Lavi non l'aveva presa bene per niente.


Perché sei ancora troppo piccolo, anche tuo fratello Karlos ha dovuto aspettare a casa quando è stato il turno di Allen”

Ma è la sua prima partita! La vedranno sia papà che Karlos ed io no!” Lavi tirò rumorosamente su con il naso e prese una boccata d'aria “Non è giusto, Allen non mi vuole! Allen è cattivo!”

Lavi, suvvia, non dire queste cose. Allen ti vuole bene”

Allora perché non ha provato neanche a convincere papà? Non mi vuole in quella stupida scuola!”


Ora la rabbia stava prendendo il sopravvento sulla disperazione e, mai come in quel momento, Lavi stava iniziando a provare una sorta di risentimento per la scuola che i suoi genitori chiamavano “Hogwarts”.

Hogwarts era la cosa più orribile che esistesse al mondo, Lavi ne era più che convinto.

Non solo gli aveva portato via prima Allen – anni fa - e poi Karlos, ma ora faceva entrare suo padre e non lui.

E Lavi non riusciva proprio a mandarlo giù.


Allen mi odia!”
Lavi...” suo nonno si inginocchiò alla sua altezza e, prendendogli le mani, tentò di calmare il più piccolo dei suoi nipoti “...non dire così, tuo fratello semplicemente non c'ha pensato, insomma, è normale che gli esterni non possano entrare al castello”
Ma papà ci va! La verità è che non mi vogliono lì!”
Ma no-”
Si invece!” in uno scatto di rabbia, Lavi si allontanò dal nonno indietreggiando.


Ormai non piangeva più e le lacrime avevano smesso di scendere dal suo volto già da buoni minuti. Quella scuola gli aveva portato via tutte le persone della sua famiglia a cui teneva di più e, come se ciò non fosse abbastanza, ora non lo faceva neanche entrare a vedere la prima partita di Quidditch di suo fratello. Odiava Hogwarts ed odiava quella stupida partita. Per questo le parole gli uscirono come un fiume in piena:


Vorrei tanto che cascasse tutto lo stadio!”


Ancora infuriato, Lavi girò sui tacchi e corse nella vecchia camera di sua madre ignaro di quello che sarebbe successo da lì a poco. Difatti, il weekend successivo Trent tornò a casa tanto sorpreso quanto confuso. Aveva appena varcato la porta quando si era soffermato nel salone di casa per raccontare alla moglie l'evento: gli anelli del campo da Quidditch della scuola erano crollati senza motivo apparente e nessuno era riuscito a ritirarli su in fretta. Di conseguenza, la partita era stata annullata.

Lavi, che stava giocando con il suo calderone giocattolo proprio sul tappeto del salone, sentì per filo e per segno il racconto di suo padre e non poté fare a meno di provare una sorta di piacere in tutto ciò.

Qualcuno aveva fatto sì che il desiderio di Lavi fosse esaudito. Ed il fatto che qualcuno l'avesse ascoltato, lo soddisfò ancora di più.


Proprio come ho desiderato.

Fu questo il suo pensiero. Un pensiero che, a lungo andare, si perse nei meandri della sua memoria...



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25 Marzo...


La funzione era finita. Ormai non c'era più nulla né da dire né da fare.

I suoi fratelli, sua madre ed i suoi nonni erano rimasti in piedi, di fronte alla lapide ed alla terra smossa, tra un singhiozzo e l'altro mentre Lavi si era dovuto allontanare per non collassare al terreno.

Seduto su una panchina del cimitero, riviveva mentalmente quella volta in cui gli anelli del campo di Quidditch erano crollati. E, mai come in quel momento, si stava dando dell'idiota perché... Dannazione doveva saperlo che non era opera di nessuno! Doveva saperlo che era sempre stata opera sua e di nessun altro! E poi...


Perché ho detto quelle parole a mio padre?


Il suono di quella frase gli ronzava in testa come il ritmo fastidioso di una chitarra elettrica. Rozzo e graffiante e forse, sotto sotto, era così che dovevano essere risultate le sue parole quando la sua voce le aveva emesse.

Non voglio vederti mai più, per tutta la vita!”

Al ricordo, contrasse la mascella mentre le mani gli iniziarono a tremare ed il cuore iniziò a martellargli forte nel petto.

Doveva dirlo ai suoi fratelli.

Doveva sfogarsi con qualcuno, anche solo per alleggerire di poco quel peso all'altezza del torace.


Come un condannato al patibolo si avvicinò ai suoi fratelli e li tirò piano per le maniche della giacca, guadagnandosi un'occhiata spenta e interrogativa che non fece altro che prolungarsi fino alla fine della sua confessione, mischiandosi allo stupore, al fastidio e alla rabbia.
Allen lo guardò, per tutto il tempo, con la superiorità con cui gli adulti guardano i bambini: una smorfia sprezzante in viso che lo colpì come uno schiaffo.


“Non dire cavolate, non lo hai ucciso tu, non ne sei in grado Lavi. Papà era un Tiratore Scelto, ha affrontato tanti combattimenti e ha rischiato tante volte la vita, il suo fisico era debilitato, ha avuto un infarto. Tu non sei materialmente capace di uccidere nessuno, sei solo un bambino ed hai i rimorsi per aver litigato con lui. Punto. Non ti azzardare a dire nulla del genere a mamma o ai nonni, hanno già abbastanza problemi al momento, non gli servi anche tu con le tue richieste di attenzione”

E, detto ciò, si allontanò da lui, dandogli le spalle senza voltarsi mai.


E Lavi sentì come se il suo cuore si fosse spezzato, ancora, quel giorno.

La voce di suo fratello era infastidita e lapidaria. Non l' aveva lasciato parlare, lasciato spiegare che invece era proprio colpa sua, che lui ci riusciva, come quando aveva fatto crollare il campo.

Allen non gli aveva dato possibilità di replica e Lavi odiava, odiava davvero che suo fratello maggiore pensasse che quello fosse solo un patetico tentativo di attirare l'attenzione mentre tutti erano in lutto per Trent Polaris.
Strinse i denti e mandò giù un singulto amaro a cui solo in futuro avrebbe saputo dare un nome: umiliazione.

Lavi si era sentito mortalmente umiliato dal pensiero di suo fratello, ferito nel profondo come lo era stato nel veder lui e Karlos sparire sul treno per Hogwarts e abbandonarlo a casa.

Come quando sua madre e suo padre gli avevano sorriso, dispiaciuti, annunciandogli che non sarebbero tornati a casa presto perché dovevano fare dei turni doppi.

Come quando suo padre gli aveva detto che non sarebbe potuto rimanere ancora con lui, come quando gli aveva detto che non voleva più vederlo e come quando dopo lo aveva ritrovato morto nel giardino di casa.
Le lacrime minacciarono di cadere dai suoi enormi occhi cangianti.

Avrebbe voluto piangere disperato e solo lo sguardo altrettanto ferito di Karlos gli impedì di farlo.

Lui, a differenza di Allen, era sempre stato il fratello più schivo, quello che non voleva abbracci o coccole perché erano roba da femmine o perché lui era grande, ma in quel momento gli sorrise con la stessa disarmante dolcezza con cui lo faceva suo padre.

Si piegò sulle ginocchia, prendendogli le mani, e disse:


“Non lo ascoltare...” la sua voce era carica di dolcezza “... non lo pensa davvero è solo molto triste come tutti quanti noi. Lo sai poi com'è fatto, crede di doversi prendere il peso di tutto. E' già in modalità “sono io l'uomo di casa e sono grande” ma sta soffrendo come tutti noi Lav, è solo il suo modo di dimostrarlo. Non ce l'ha con te, fratellino”
“Ma....” la voce di Lavi tremò.

Voleva davvero che quello che fosse successo fosse solo un brutto scherzo del destino e non opera sua. Eppure, più ripensava all'accaduto di anni prima e più se ne convinceva. E suo fratello Karlos doveva saperlo ad ogni costo.


... ho detto la verità Karlos, non mi sono inventato niente, non voglio attirare l'attenzione. Ho litigato con papà e gli ho detto che non lo volevo vedere mai più ed è successo….”
“Lavi!” Karlos portò le sue mani sulle spalle di suo fratello e, scandendo con precisione le sue parole, continuò:


Non. Sei. Stato. TU” e le disse con una convinzione tale da far nascere in Lavi un minimo di speranza.


Forse era vero che non fosse colpa sua.

Forse era stato davvero un brutto scherzo del destino.

Quello che senti si chiama senso di colpa. Hai litigato con lui e non ti sei potuto spiegare, non hai fatto in tempo e ora ti senti responsabile. Magari pensi che se non aveste litigato saresti stato con lui in quel momento ma, ehi Lav, non avresti potuto far nulla comunque. Un infarto è il cuore che si ferma e non si può far niente” le iridi di Karlos si velarono di un sentimento di tristezza, dopo aver pronunciato quelle parole. Ma il ragazzo era intenzionato a far star meglio il suo fratellino, per questo dopo pochi istanti riprese il suo discorso guardandolo con più fermezza:


Papà lo sapeva. Papà sapeva che gli volevi un bene dell'anima, che gliene volevi più di tutti, che lui era il tuo preferito. Papà lo sapeva e lo sa ancora. Lui non ti incolpa di niente, te lo giuro”

D-davvero?” Le lacrime che aveva trattenuto per tutto quel tempo, iniziarono a scendergli lungo le sue guance arrossate mentre una sorta di senso di leggerezza si faceva largo in lui.

Davvero”


A quel punto Lavi ricominciò a piangere senza neanche accorgersene, lasciandosi stringere in uno dei rarissimi abbracci di suo fratello mentre continuava a ripetergli, all'infinito, che Trent gli avrebbe sempre voluto bene e che li controllava da ovunque fosse ora.


Quando tornò a casa Lavi giurò a sé stesso che non avrebbe mai più desiderato nulla.

Si sarebbe sforzato e non sarebbe successa mai più una simile tragedia. Né nelle sua vita né in quella di nessun altro.


Non accadrà più. Non voglio che accada più.


Eppure gli anni passavano ed il suo “potere” non accennava ad andarsene. Ed anche se lui si concentrava al massimo per tentare di controllarlo, le cose che anche indirettamente desiderava, non facevano che avverarsi.

E ciò lo spaventava a morte.



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Tick, tack.

Tick, tack.

Tick, tack.


Lavi sedeva irrequieto, e piuttosto in ansia, nella sala d'aspetto del San Mungo, reparto patologie mentali, nell'attesa di essere chiamato.

Era arrivato con dieci minuti d'anticipo e, mentre continuava a torturarsi le mani con le unghie, la sua attenzione non poteva che essere focalizzata sul vecchio orologio a pendolo della sala.

Rigorosamente di legno pregiato, intarsiato, esso si ergeva in tutta la sua maestosità, regale e perfettamente ben saldato al terreno. Tutto ciò che Lavi non era in quel momento. E più passavano i minuti e, le lancette non facevano che muoversi ritmicamente in avanti, più non vedeva l'ora di incontrare il suo psicomago.

Probabilmente gli avrebbe prescritto di nuovo varie pozioni da prendere e Lavi sperava vivamente che, questa volta, riuscissero a produrre un qualsiasi effetto prorompente nel suo organismo.

Insomma, come era possibile che le pozioni che gli assegnava il Dott. Jensen non funzionassero su di lui?!

Lavi non sapeva spiegarlo, esattamente come non se lo spiegava il medimago. E sperava davvero che questa volta funzionassero.

Sospirò affranto.


Vedi di tacere, sei solo una ragazzina!”

Ragazzina a me?! Come ti permetti, brutto decerebrato! Il mio gatto è più intelligente di te!!”

Ah, maledetto il giorno che ti ho chiesto in moglie. Ma cosa mi diceva la testa, scommetto che mi hai rifilato l'amortentia, lurida mezzosangue!”

Mezzosangue? A ME! Tu gran figlio di una-”


Signori Mcdouglas, vi prego, state dando anche fin troppo spettacolo!”


Un'infermiera del reparto si intromise nella discussione fra quelli che sembravano essere due coniugi, con il tentativo di placarli. Purtroppo, però, tutto quello che ricevette furono solo insulti della peggior specie.

E la situazione fece adirare non poco Lavi.


Ma dico, io... ma si può fare una scenata del genere in un luogo pubblico? Sono proprio dei maleducati.

Vorrei proprio che la smettessero di rompere le scatole!


E, senza neanche rendersene conto, il desiderio di Lavi fu esaudito.

I due coniugi smisero all'istante di parlare. Con gli occhi spalancati ed entrambe le bocche aperte, tentavano in vano di emettere un qualsiasi tipo di suono dalle loro gole. Ma niente.

Come costretti a tacere, nessun verso uscì fuori dalle loro labbra.

E, solo quando il silenzio si fece spazio nella sala, solo allora Lavi si rese conto di quel che era appena successo.

E brividi di paura lo invasero all'istante.

Il fiato iniziò a mancargli mentre dei tremori si impossessarono delle sue mani.

Tentò di alzarsi dalla sedia ma le gambe non volevano saperne di muoversi, così come la testa non la smetteva di girargli.

Volse lo sguardo verso i due coniugi solo per assicurarsi che avessero smesso grazie all'infermiera, e non per opera sua, ma, quando vide il modo in cui lo stavano fissando, il cuore gli si fermò per un attimo.

Era colpa sua e loro lo sapevano.

Questa nuova consapevolezza fece sì che le gambe di Lavi si sboccassero e lo aiutassero a sorreggerlo.

Deglutì a fatica, alandosi in piedi e barcollando sulle gambe inferme.

Lo sapevano, adesso anche quei due sconosciuti lo sapevano.

Si mosse lento verso la porta dello studio, come se fosse improvvisamente immerso nella melassa e i suoi movimenti fossero intralciati da qualcosa di appiccicaticcio. Franò addosso all'uscio e vi batté sopra il pugno, prima debolmente e poi sempre più forte, in preda ad un panico crescente.
No, no, non andava bene, dovevano smetterla di fissarlo così, di giudicarlo, dovevano smetterla subito, Merlino, quanto avrebbe voluto che non lo facessero più.
Come automi i due si voltarono, lo sgomento ancora presente nei loro volti ed il silenzio pesantissimo che invadeva la stanza gli tolse il respiro.
Un attacco di panico, stava avendo un attacco di panico proprio in quel momento.
Chiuse gli occhi mentre il mondo cominciava a girare su se stesso, una nuova voce che irrompeva nella stasi di quella scena, un uomo che lo chiamava preoccupato mentre lui si accasciava lentamente contro la porta.
L'ultima cosa che vide su la figura sfocata del medimago piegarsi su di lui.


“Vorrei solo che tutto questo smettesse...vorrei solo che non fosse mai successo. Perché a me? Cos'ho fatto di male per meritarmi questo?”


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Ad un anno dalle selezioni...



Era il 25 marzo e l'aria profumava di primavera. I fiori avevano finalmente cominciato a sbocciare, dopo mesi e mesi di ghiaccio e freddo perenne, ed il sole illuminava lo scenario con i suo raggi solari.

Era proprio una bella giornata, Lavi se ne rese conto fin da subito non appena mise piede in quel posto che gli scaturiva alla mente solo brutti ricordi.

Avanzando lentamente nel terriccio, e stringendo la presa sul mazzo di fiori che aveva comprato poco prima, si incamminò nella zona più illuminata del posto.

Probabilmente era tutta una sua impressione, anzi sicuramente lo era, eppure aveva come la sensazione che da lassù qualcuno stesse illuminando la zona solo per lui. Come se fossero felice di vederlo in quel luogo dove, quasi mai, faceva ritorno volentieri.

Si fermò a pochi metri di distanza dall'oggetto dei suoi desideri e, senza curarsi di ciò che lo circondava, iniziò a parlare:


Ciao papà, come va? Spero che te la stia spassando lassù”


Il rosso sorrise leggermente pur non ricevendo alcuna risposta. Ma non glie ne importava. Fin tanto che stava là, con lui, tutto il resto era eclissato ai suoi occhi. Anche il fatto che stesse parlando con una lapide.


Sai un anno fa ho partecipato ad una sorta di selezione per un posto...” continuò imperterrito “... doveva svolgersi in una maniera ed invece per poco non ci lasciavamo le penne, tutti quanti” il solo ricordo della figura di Shade gli fece salire i brividi.

Comunque alla fine abbiamo risolto tutto, anche se non sono riuscito a prendere quel posto. Ma, ora che ci penso bene, forse non mi interessava veramente. Forse avevo deciso di partecipare, e non di ritirarmi, per dimostrare a me stesso che non ero proprio il mostro che pensavo di essere. Che forse, un giorno, sarei riuscito a controllare il mio potere e magari l'avrei usato per fare del bene, piuttosto che fare del male. Ed, in effetti, è proprio quello che sto cercando di fare in questo periodo”

Strinse di nuovo la base del mazzo di fiori e, inumidendosi le labbra, continuò:

E sai papà? Ci sono riuscito. Ora lo controllo e vado in missione per aiutare le persone che ne hanno bisogno...” le lacrime iniziarono a scendergli dal viso mentre il fiato iniziò a farsi sempre più corto “... mi dispiace solo di non essere riuscito a controllarmi quel giorno...” trasse un profondo respiro e, con l'orlo della maglietta, si asciugò gli occhi dopo aver tirato per bene su dal naso.


Gli anni passano ma la gente difficilmente cambia.


Comunque mi impegnerò per difendere le persone. Certo, non sarò un tiratore scelto, grande e potente, come te ma... cercherò di fare del mio meglio. Ti renderò orgoglioso di me, vedrai. Renderò tutti voi orgogliosi di me. Hai la mia parola!”


Noi siamo già orgogliosi di te, Lavi”


In quell'istante una mano gli si posò sulla spalla, ferma e decisa come il proprietario a cui apparteneva.

Lavi si voltò di scatto non pensando che ci fosse qualcun altro ad ascoltare e, quando vide il volto di suo fratello maggiore, per poco non gli venne un colpo.


Allen...” poi il suo sguardo incrociò la figura accanto a suo fratello “... Karlos... non pensavo di trovarvi qui”

Invece ci siamo eccome, fratellino”

E siamo davvero fieri della persona che sei diventato oggi” insisté, nuovamente, suo fratello Allen senza distogliere lo sguardo da lui.


Lavi si sentì quasi sprofondare dentro.

Abbassò la testa ed indietreggiò quel poco che bastava per far sì che la mano di suo fratello abbandonasse la sua spalla.

Ora sapevano che, di sicuro, era colpa sua se loro padre era morto.

Che era lui la causa della disgrazia nella sua famiglia. Delle lacrime di sua madre, di quelle dei suoi fratelli. E dei continui sbalzi d'umore di Allen.

Aveva rovinato le loro vite, per questo aveva quasi paura ad affrontare suo fratello.


Il passato si chiama così perché non lo si può cambiare, Lavi”

Le parole di Allen lo trafissero, nuovamente, quando la consapevolezza di star a parlare con un professionista della Legilimanzia lo colpì come un secchio d'acqua fredda.

E rimuginare su di esso, non ti porterà da nessuna parte fratellino”


Lavi chiuse gli occhi proprio quando le lacrime gli scesero, di nuovo, lungo le guance ma, proprio in quel momento, forti braccia lo tirarono a sé rischiando di sgretolarlo.


E non possiamo incolparti di un qualcosa che non sapevi controllare. Quindi basta Lavi. Perdona te stesso e vai avanti. Karlos ed io, l'abbiamo già fatto”

Anche Karlos, che era rimasto in disparte per tutto quel tempo, decise di avvicinarsi ai fratelli e contribuire all'abbraccio.

Lavi non si era mai sentito così.

Così fragile e bisognoso d'affetto come in quel momento.

E quando Karlos pronunciò, anche lui, le parole “Siamo orgogliosi della persona che sei, fratellino” quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Come quando era piccolo, Lavi si ritrovò a piangere come un bambino.

Ma piangere non era mai stato così liberatorio. E la consapevolezza che i suoi fratelli l'avessero perdonato, lo fece singhiozzare ancora ed ancora. Fino a che non ebbe più lacrime da poter versare.

In quel misero gesto d'affetto e quella valanga di lacrime, Lavi aveva finalmente trovato un equilibrio.

Lavi aveva ritrovato la sua famiglia.


The End


  
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