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Autore: Allison_McLean    08/07/2018    1 recensioni
Allison McLean è una ragazza tormentata da mille demoni di cui non riesce a liberarsi, ma quando arriva al penitenziario minorile di Alkalie Lake, la sua vita cambia completamente. Qui troverà la sua strada accompagnata dai suoi stessi demoni e da una luce che scoprirà solo dopo molto tempo.
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«Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.» dal capitolo 1
AVVERTENZA : la storia è originale, solo alcuni dei personaggi sono tratti da A Tutto Reality, gli altri sono di mia completa invenzione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Nuovo Personaggio, Scott, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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BROKEN PIECES - Part 13
 
Giugno
Corse al contenitore più vicino che riuscì a raggiungere e vi rigettò dentro l'insipido pranzo gustato poche ore prima, sotto gli sguardi carichi di compassione del Branco. Da quando Duncan se n'era andato, Allison passava le giornate in palestra ad allenarsi, a lottare; spingeva il suo corpo e la sua mente fino al punto di rottura, finchè il suo stomaco reggeva e i suoi muscoli non collassavano. E nessuno poteva fermarla. Sembrava volesse autodistruggersi, ma, se gliel'avessero chiesto, la nuova capobranco avrebbe risposto di no ed in effetti non era quello il suo intento. 
Come guida per il Branco, era davvero una tigre : aveva un pugno di ferro e un cuore tenero che apriva quasi esclusivamente a Paulie, il suo Dolce Gigante, e al secondino Berry, a cui si era molto riavvicinata. Tutti nel riformatorio la rispettavano; quando passava nei corridoi, nel cortile e addirittura alla mensa, i ragazzi si spostavano per farla passare, abbassando la testa quasi ad inchinarsi al suo cospetto. Nonostante fosse la più piccola creatura di Alkalie Lake, era anche la più letale e rispettata. Tutti conoscevano i suoi aneddoti, la sua forza e il suo carattere e nessuno osava mancarle di riverenza. Era ufficialmente la nuova alpha del riformatorio. 
Paulie, allarmato ma abituato a quella scena quasi giornaliera, s'inghinocchiò accanto ad Allison, sorreggendola e porgendole un piccolo asciugamano stracciato con cui si pulì la bocca; l'odore acre del suo vomito le contorse il viso in un'espressione disgustata e trovò la forza di spingersi indietro, finendo praticamente in braccio al Dolce Gigante. Per lunghi secondi il mondo girò attorno a lei, rallentando gradualmente fino a fermarsi. Si rialzò pian piano, rifiutando silenziosamente l'aiuto dell'amico, respirò una profonda boccata d'aria viziata ed impregnata di odore di detersivo e sudore e s'incamminò come uno spettro verso gli spogliatoi, fendendo la piccola folla del Branco con la sua minuta presenza. 
Prese meccanicamente la sua divisa dallo sportello dell'armadietto di Duncan e cominciò a cambiarsi. Fece tutto in un modo così dannatamente distratto, come se fosse lì solo ed esclusivamente con il corpo. Si sentiva effettivamente così. La sua mente era altrove, cercava costantemente Duncan, il suo re perduto; lo cercava ovunque, nel profumo che si andava lentamente dissolvendo nelle lenzuola, nel posto vuoto al suo tavolo, nell'aria fresca del cortile e nell'umidità delle docce. Lo sentiva dappertutto. Era una presenza così intensa da essere quasi materiale, quasi reale nonostante fosse a chilometri e chilometri dal riformatorio.
Aveva tentato di combattere quel senso di vuoto che provava da quando se n'era andato, ma non c'era riuscita. Ormai sentiva di non poter vivere davvero senza di lui. Aveva finalmente trovato il suo compagno di vita, colui che la faceva sentire al sicuro, che la cullava dolcemente anche a distanza, che incontrava nei suoi sogni più selvaggi e liberi, a correre insieme nelle foreste e volare vicini sopra le cime innevate. Conviveva con questo sentimento sfrenato e quasi animale finchè la notte non calava; poi, nella cella solitaria, si rifugiava sotto il suo piumone, inspirando boccate del suo profumo sempre più fievole, e cominciava a piangere sommessamente fino al momento in cui il sonno vinceva. Arrivava la mattina con la sua luce opaca, le sirene della sveglia e vedeva di nuovo la loro branda vuota e fredda, l'angolo della toletta silenzioso e nessuno che le desse il buon giorno con un dolce ed appassionato bacio. Voleva uscire da quel posto. Voleva tornare da Duncan, tornare ad essere viziata con le sue blandizie, le sue coccole, il suo amore. 
S'infilò nella sua tuta arancione ed uscì dallo spogliatoio, dirigendosi ai bagni superiori, dove si era tagliata i capelli in quella sera ormai lontanissima di un anno prima. Ora che ci pensava, era proprio passato un anno da quando Duncan le aveva accorciato i capelli. Forse era ora di rifarlo.
Si levò frettolosamente la camicia, gettandola in terra, e prese dall'armadietto un rasoio elettrico e lo stesso paio di forbici da cavallo che aveva usato lui. Si guardò intensamente allo specchio, rimirando la sua lunga chioma bionda ancora legata in una coda di cavallo. Sorrise con il cuore che le pulsava in gola. Stava pensando ad una cosa decisamente troppo pazza da fare, ma sentiva che era giusto. Le cose erano cambiate e sarebbero cambiate nuovamente poco meno di un mese dopo. Era ora che cambiasse nuovamente anche lei.
Sciolse i capelli dorati e li inumidì per tutta la loro lunghezza, poi li pettinò con cura distratta, tenendo i suoi magnetici e meravigliosi occhi azzurri incollati al suo riflesso leggermente opaco e macchiato. Per la prima volta dopo molto, si ammiró il fisico rinforzato, privato in pochissimo tempo delle poche morbidezze che possedeva; aveva ancora un fisico quasi secco, ma ormai era un blocco d'acciaio, senza contare che le sue curve femminili ne avevano molto giovato. Perfino il viso era diventato più affilato. Sorrise nel ricordare la sua paffutezza di quasi due anni prima, il modo goffo in cui teneva le spalle incurvate e la magrezza flaccida delle sue braccia. Era passato molto tempo, molto più di quanto non fosse stato in realtà. 
Tornò sulla terra, in quel vecchio bagno silenzioso, i rumori del piano di sotto in sottofondo, e senza indugiare oltre afferrò le forbici affilate e cominciò a tagliare con diligenza tutte quelle belle ciocche poco sopra alla spalla. I capelli caddero leggiadri sul pavimento attorno ai suoi piedi e il suo cuore prese a battere più forte, le mani quasi a tremare. I ciuffi diventavano man mano più corti e i tagli più precisi, anche se quasi fulminei. Li scalò dall'alto, lasciando un ciuffo lungo fino al mento, mentre li accorciò di più sui lati. Rifinì tutto con il rasoio elettrico e poi li pettinò con una strana delicatezza. Si rimirò nuovamente allo speccio e non riuscì a trattenere un grido di sorpresa. Si porto le mani alla bocca e rise con un sollievo quasi isterico. Si trovava fantastica, incredibilmente cresciuta, incredibilmente se stessa. Da molto tempo trovava che quei capelli lunghi non le donassero più : era diventata grande ormai, ed il tempo delle trecce era passato. 
Riordinò il bagno, gettò i capelli nel cestino di metallo arrugginito e si rimise la camicia, poi corse ai piani inferiori con un gioioso ed ormai quasi estraneo sorriso. Stava ripartendo, e lo stava facendo in grande stile. 
~~~
Era sulla veranda della baita a Rockford Lake, con una sigaretta tra le labbra, una bottiglia di whisky sul tavolino accanto alla comoda sedia di legno e lo sguardo perso nel cielo stellato. 
Ora capiva perchè Allison amava quel posto. La baita era in realtà una villa sulla riva del gigantesco Rockford Lake, in una valle circondata da alte cime e una magnifica foresta di sempreverdi, ma non era quello. Era il silenzio. Nessun rumore della città, nessun vicino, nessuna automobile. C'era soltanto la natura, gli animali che sussurravano tra loro, i lupi che chiamavano la luna in lontananza e il cielo che brillava indiamantato. Cominciava a credere che spiriti arcani della foresta, durante quelle magnifiche notti stellate, vagassero attaverso gli alberi fino al gigantesco specchio d'acqua; pensava che si sedessero sulle rive erbose del lago, alzassero i loro sguardi mistici e vedessero chissa quali meraviglie sconosciute agli uomini. Sorrideva spesso a quelle fantasie, ma le trovava piacevoli. Gli tenevano compagnia. 
Si era trasferito lì due giorni dopo essere uscito da Alkalie Lake, giusto il tempo di prendere le sue cose, tra cui la sua moto e la Mustang di Allison, e per dare una bella pulita alla casa. Dalla quantità di polvere che aveva trovato, nessuno ci andava da un bel po' e questo gli dispiacque. Era un luogo troppo bello per essere dimenticato. Passava le notti a fissare il cielo, bevendo forse un po' troppo e fumando una sigaretta o due, mentre di giorno lavorava come tatuatore nella cittadina più vicina. Gli piaceva molto la sua nuova vita, una vita quasi normale, ma mancava la cosa più importante.
Pensava a lei ogni attimo della sua esistenza. Negli ultimi tempi, grazie al suo lavoro, avrebbe potuto approfittare di almeno dieci occasioni per rimorchiare qualche bella ragazza, ma a stento le guardava. Ognuna di loro, dopo Allison, era come morta. Gli mancava, gli mancava terribilmente, e aveva come la sensazione di vivere così passivamente senza di lei. Si chiedeva come stesse, che cosa pensasse, se in quel momento stesse dormendo nella loro branda, se stesse davvero dormendo o se fosse sveglia, ad immaginarsi il cielo stellato di Rockford Lake o a torturarsi come soleva fare quando erano spesso erano insieme, nelle notti tempestose d'autunno. 
Bevve un lungo sorso di whisky, sentendo la sua voce rimproverarlo con un dolce sorriso, come sapeva fare soltanto lei. Non dovresti bere così tanto. Diventerai lento e goffo se continui così. Ridacchiò tra sè e sè e poi tornò a fissare quel manto indiamantato che stava limpido a migliaia di chilometri da lui. L'acqua del lago gorgogliava calma non lontano da lui e qualche grillo dava un po' di colonna sonora a quel silenzio quasi surreale. Era un posto così bello, un posto che rispecchiava perfettamente la sua principessa, quieta eppure piena di meraviglie dentro di sè. 
In quella che doveva essere la sua stanza nei giorni in cui andava lì in vacanza con lo zio aveva trovato cumuli di libri e cd, disegni e peluches. Aveva curiosato un po', trovando nell'armadio un bellissimo vestitino marrone a fiori bianchi e ridendo nell'immaginarsi Allison infilata in quel sacco di patate, e poi aveva visto sul comodino una foto che sembrava di molti anni prima, quasi di un'altra epoca. Riconobbe immediatamente la sua principessa. Aveva i capelli morbidamente sciolti sulle spalle e il viso rotondo, ma presentava già evidenti accenni dello sviluppo che il suo corpo stava affrontando sotto un delicato abitino bianco e azzurro; in viso aveva stampato un sorriso che avrebbe illuminato un palazzo buio, gli occhi come zaffiri nel sole. Era bellissima anche da bambina. Accanto a lei, abbracciata, c'era Valery Johnson con il suo stesso sorriso, quasi gli stessi capelli ed un vestito bianco sfumante al lilla. Gli ritornò improvvisamente in mente il ritratto che Allison aveva attaccato alla parete della sua branda e ne rimase quasi sconvolto. Per un attimo, si sentì mancare l'aria. Non sapeva perchè, ma quel dettaglio lo obbligò a sedersi sul letto morbito e leggermente impolverato, trattenendo a stento le lacrime. In quel momento, volle la sua tigre più che mai. Dopo lo shock iniziale, aveva lasciato lì quella foto e chiuso la stanza, non tanto perchè gli ricordava Allison, anzi, ma perchè non riteneva giusto cambiare proprio quel posto. Si sentiva come se avesse in qualche modo violato uno spazio sacro, e non era assolutamente sua intenzione. L'avrebbe aspettata, poi avrebbero messo a posto per bene la loro nuova casa. Insieme. Per il momento, si arrangiava perfettamente nei pochi spazi che aveva osato invadere.
Finì la sigaretta in un'unica lunga boccata, la spense nel posacenere e rientrò, riponendo la bottiglia di whisky nel minibar. Lavò le poche stoviglie, nonostante ci fosse un'ampia lavastoviglie, salì al piano supriore, all'ultima camera in fondo a destra, la più piccola ma funzionale, quella che aveva scelto per sè per quel lungo periodo. L'unica finestrella dava su un angolo del lago, uno spazio cespuglioso e ricco di arbusti che si evolveva lentamente nella grande e fitta foresta di abeti che circondava Rockford Lake. Nella fioca luce proveniente da quella cameretta, l'unica per miglia e miglia, vide qualcosa brillare proprio tra quei cespugli. Aguzzò la vista e notò che non era solo : due ambre dorate risplendevano come fiochi lumi nell'oscurità e sembravano fissare proprio lui. Nel luccichio delle stelle distinse a fatica il morbido manto grigio e la figura regale che stava nascosta tra gli arbusti. Passarono pochi secondi, poi il lupo scomparve, lasciando un sorriso ammirato e stupito sul viso di Duncan. Per un attimo, gli era parso che fosse Allison.
 
Luglio
Anche luglio era arrivato, portando con sè il Giorno dell'Indipendenza e il caldo cocente. Le piogge tipiche di giugno erano terminate in poco più di due giorni e il cielo azzurro era quotidianamente illuminato da un sole meraviglioso. Nel cortile si respirava l'odore della secca terra sabbiosa bruciata, il tepore del soffice vento estivo e il cambiamento. 
I ragazzi erano molto gioviali, stavano disputando un ardua partita di football, supervisionata da una spensierata e sorridente Allison, seduta su una delle vecchie panche che solo quell'estate avevano fatto la loro comparsa nel cortile. Guardava i suoi compagni battersi per il possesso della palla, esultare per una meta oppure imprecare per un punto mancato, ma alla fine li vedeva sempre come dei cuccioli di leone giocherellare tra di loro. Ogni tanto in mezzo al gruppo le sembrava di rivedere l'ombra di Trent e Duncan, ma non la rattristava. Sapeva che erano in un posto migliore, Duncan fuori da Alkalie Lake e Trent in Paradiso. Ripensava poi a Valery e suo nipote, a quanto felice potesse essere, e sorrideva ancor di più. Forse era il sole, o forse era la consapevolezza che in poco meno di due settimane avrebbe varcato le soglie del riformatorio per poter essere di nuovo libera, poter di nuovo vivere.
Le sarebbe mancato quel posto. Lì era cresciuta, aveva combattuto i suoi demoni ed incontrato le persone migliori di sempre. Aveva imparato che non ogni male viene per nuocere e che anche nel luogo più buio si può trovare la speranza, ritrovare se stessi. Si chiedeva come sarebbe stato dopo la sua partenza. Chi avrebbe preso il comando del Branco? Probabilmente Paulie. E Berry, Finch e il resto delle guardie? Avrebbero sentito la sua mancanza? Sì, glielo ripetevano ogni giorno, e nei loro occhi brillava la sincerità. Forse alla fine non sarebbe cambiato nulla, o magari sarebbe cambiato tutto. Non ne aveva idea onestamente, ma, anche se avrebbe avuto nostalgia dei bei ricordi, non voleva certo ritornare per controllare. 
Puntò i suoi occhi azzurro ghiaccio sulla strada contornata dai prati verde luminescente, quella lunga lingua grigia e luccicante al sole che la richiamava da due anni e nove mesi a quella parte. Dilatò il suo sorriso ferino, sentendo quasi l'odore dell'asfalto invaderle le narici, l'aria che le sferzava il viso, il rumore del motore mentre si allontanava da quell'orrendo palazzo grigio. Quel momento stava arrivando ed era più felice che mai.
L'atmosfera gioviale fu bruscamente interrotta dalla porta metallica del cortile che si apriva cigolando prima del previsto. Il tempo parve fermarsi; tutti i ragazzi si voltarono verso quella direzione. Allison notò ogni singolo sguardo incupirsi, ogni compagno diventare una spaventosa statua di sale. Quando anche lei vide chi stava entrando, spalancò gli occhi color ghiaccio. Scortato come un sacco d'immondizia da due secondini e lanciato malamente in mezzo alla terra secca, Scott Laughton si copriva gli occhi dall'accecante luce solare, gemendo e rialzandosi tentennando, fallendo e ricadendo. Era in condizioni pietose : puzzava da far schifo, la sua pelle era bianca come quella di un cadavere e portava barba e capelli completamente incolti; erano palesi i segni della sporcizia e del degrado su ogni parte di lui, compresa la tuta arancione diventata ormai di un colore indefinibile. 
Allison si alzò in piedi automaticamente, avvicinandosi lentamente, così come tutto il Branco stava facendo. Si ritrovò accanto a Paulie, entrambi con uno sguardo così apatico da far spavento, a pochi metri da quello che una volta era stato il terrore di Alkalie Lake. Sentivano un concitato brusio di completo disappunto tutto intorno a loro ed Allison percepì chiaramente la tensione crescente nelle guardie che pattugliavano il cortile. Nel frattempo, Scott sembrava riuscire a tollerare la luce del sole e non appena si vide circondato dal gruppo di detenuti si fece piccolo e con occhi pietosi, come un cane randagio. 
-" Che diavolo ci fa qui questo sacco di merda? "
chiese qualcuno, con voce gelida, e Paulie rispose : 
-" Evidentemente il periodo di isolamento è finito. Boss, che ne facciamo del sacco di merda? "
Tutti si volsero verso Allison, che, con le braccia incrociate al petto ed un aria fieramente pensosa, fissava con freddo disprezzo l'ex terrore del riformatorio. Non riusciva a credere che quello fosse lo stesso mostro che un anno addietro aveva tentato di violentarla, che l'aveva traumatizzata e terrorizzata per mesi, tanto da spingerla ad imparare a lottare contro degli armadi una volta e mezzo più grandi di lei. Chiaramente l'isolamento gli aveva impartito una bella lezione, e di questo era molto soddisfatta. Con una certa tristezza ammise di provare piacere nel vederlo in quello stato e quasi sorrise al lato più sadico di lei. 
Scott la stava guardando sconvolto, pallido forse più di prima, con un crescente terrore negli spiritati occhi verde sporco. Avrebbe voluto spaventarlo ulteriormente, ma si sarebbe soltanto abbassata al suo livello. 
-" Nulla. Nessuno gli parlerà, lo guarderà e lo terrà in considerazione o alzerà mai le mani su di lui. Dovrà diventare il manichino di Alkalie Lake, dimenticato da chiunque. Dovrà essere un morto tra i vivi. Fin quando io sarò il capo qui, queste sono le regole. Paulie, quando il comando passerà a te, deciderai cosa fare poi. "
Sorrisi carichi di malvagia soddisfazione si dipinsero sui volti dei ragazzi del Branco, che pian piano si allontanavano da quell'essere indegno; gli unici a rimanere furono proprio Allison e Paulie. Mentre lei teneva gli occhi fissi su Scott, guardandolo strisciare via sempre più impaurito, lui la guardava a bocca aperta, incredulo per le ultime parole pronunciate.
-" I-io? Al comando? "
Solo in quel momento Allison si volse verso il gigante, con un gioviale ed orgoglioso sorriso.
-" Sì, tu. Saresti stato tu l'erede al trono se non ci fossi stata io, quindi è giusto che questo diritto ti ritorni. Sarai un ottimo capobranco, so che mi renderai più che fiera. "
Quelle dolci frasi toccarono il cuore del ragazzone, che, in lacrime di commozione, abbraccio forte la sua piccola Tigre. La strinse con delicatezza, ma le fece sentire tutto l'affetto che provava per lei. Da molto tempo qualcuno non gli diceva quanto fosse fiero di lui ed Allison era stata la prima; ed era stata anche la prima amica che avesse avuto, la prima ad aver visto com'era in realtà e la prima ad aiutarlo a diventare se stesso e non ad essere il ciclopico criminale che tutto il resto del mondo aveva conosciuto. 
Non era stato l'unico. Nei pochi mesi in cui Allison aveva avuto il potere, ognuno dei ragazzi era diventato qualcun'altro. Forse era stata la sua gentilezza, o forse la sua delicatezza di ragazza, ma qualcosa in lei aveva fatto cambiare gran parte del riformatorio. Era stata il raggio del cambiamento, quello di cui quei ragazzi avevano bisogno. Perchè non erano solo criminali, erano anche esseri umani, esseri umani con problemi, insicurezze, paure, tutte cose che un gesto amorevole poteva curare. Ed Allison, di gesti amorevoli, ne aveva fatti tanti, a partire dall'ascoltare le storie di ognuno dei suoi compagni all'ora di lettura di un libro in biblioteca. Più che un capo, era diventata mamma e sorella, quella che per molti era sempre mancata e per cui avevano sempre pregato. Ora avevano la forza e capivano quanto Duncan Nelson, il Marcio per i tabloid, fosse fortunato ad avere una compagna come lei.
 
Quella sera, nella mensa, c'era un clima molto allegro. Nonostante il ritorno dello zombie Laughton, i ragazzi si erano molto divertiti quel pomeriggio ed anche le guardie parevano essersi godute quel duro match di football. Tutti stavano cenando e chiacchierando concitatamente, riempiendo la grande stanza di quel calore e quell'allegria che ad Allison tanto piacevano; lei al contrario era silenziosa, sorridente ma quieta, e, come spesso faceva, si guardava intorno e controllava che tutto fosse in ordine. 
Ad un tratto, però, alcune guardie abbandonarono la mensa in fretta e furia, seminando un po' di panico nello stanzone. Allison stessa sentì la tensione crescere sulla sua pelle, che cominciò ad intirizzirsi. Che sta succedendo? , leggeva sulle facce del suo Branco, guardandosi perplessi l'un l'altro. Tutte le guardie cominciavano ad attaccarsi alle radio, una corse verso i telefoni, la maggior parte abbandonò la mensa. Stava accadendo qualcosa di grave, molto grave. Si sentiva nell'aria. 
Tutti volsero gli sguardi preoccupati verso la biondina, la quale aveva indossato la sua maschera di gelida calma che ormai i ragazzi conoscevano molto bene.
-" Continuate a mangiare. Torno subito. "
Si alzò rapidamente dal tavolo, camminando in mezzo alla sala come un fantasma e andando direttamente da Berry, pallido come un cencio ed evidentemente nervoso.
-" Che succede? E non dirmi niente. "
Il secondino non oppose alcuna resistenza di fronte alla durezza della ragazza e prima di parlare sospirò.
-" Scott Laughton ha appena tentato il suicidio nella sua cella. "
La notizia, stranamente, non toccò minimamente Allison. Non era sorpresa. Era sempre stato un codardo, non sarebbe cambiato nemmeno dopo mesi e mesi in isolamento, questa fu soltanto l'ultima conferma. Sperava che sopravvivesse : voleva che i demoni che l'avevano spinto a questo lo tormentassero fino alla fine naturale dei suoi giorni. Questo era quello che meritava per tutto ciò che aveva fatto e questa era l'ennesima conferma del trionfo di Allison. Lei aveva sconfitto i suoi mostri con le sue fragilità, lui, con la sua finta durezza e il suo cuore torbido, li aveva soltanto nutriti.
-" Fammi sapere. E dì agli altri secondini di non mettere così tanto panico, per favore. "
Berry annuì e lei tornò al suo posto, con gli occhi dell'intero branco puntati addosso.
-" Niente di grave, il sacco di merda voleva fare l'addobbo appendendosi al soffitto. Continuate a cenare tranquilli, noi non abbiamo nulla di cui preoccuparci. "
Non che fosse stato molto carino, ma tutti tirarono un sospiro di sollievo e ripresero a mangiare e chiacchierare con calma. Era grottesco il modo in cui tutti odiassero Scott Laughton, così tanto da non curarsi della sua vita o morte. Ma per tutta la vita si era fatto odiare ed aveva fatto del male a così tante persone... Sarebbe stato assurdo che qualcuno avesse potuto amarlo per davvero. Era l'unica persona al mondo di cui Allison avesse quest'opinione. 
Finita la cena, tutti tornarono alle rispettive celle con calma e quasi con serenità; l'unica cosa che smorzava la tranquillità erano i secondini che correvano avanti e indietro e la presenza di polizia ed ambulanza nel cortile, tutti con le sirene e i lampeggianti spianati. Era molto disturbante che delle autorità estranee ad Alkalie Lake fossero lì, per questo molti dei detenuti dormirono poco o male. 
Lei era sveglia sotto il piumone profumato, ad ascoltare i suoni lontani sola nella sua branda fissando i disegni dalla parte opposta della cella, e per un solo momento si sentì in colpa. Pensava che fosse stato per la nuova regola imposta quel pomeriggio che Scott avesse deciso di compiere un gesto tale, ma poi si rese conto di quanto stesse sbagliando. Lui stesso aveva decretato la sua condanna a morte molto tempo prima, in quella gelida e piovosa mattina di un lontano febbraio, quando per arroganza e lussuria aveva deciso di volerle fare del male, e poi ancora quella sera nelle docce, quando per poco non c'era riuscito. Scott Laughton era morto molti mesi prima, ma ancora non se n'era accorto. Lei, invece, era riuscita a sopravvivere.
~~~
Come ogni mattina, dopo essersi svegliato, lavato e vestito, era sceso in cucina per prepararsi la colazione e nel mentre aveva acceso la piccola televisione posta in un angolino vicino all'entrata della stanza. Stava mettendo quattro deliziosi pancake a cucinare e segnando un giorno in meno sul calendario quando una giornalista nominò qualcosa nel suo interesse.
-" La notte scorsa, nel penitenziario minorile di Alkalie Lake, uno dei detenuti ha tentato il suicidio impiccandosi ad una delle brande. "
Duncan mollò la presa sulla forchetta, inciampando poi su una delle sedie, e si lanciò davanti al televisore con gli occhi sbarrati; vide la giornalista in piedi nel cortile del riformatorio, circondata da secondini, una volante della polizia e l'ambulanza nella serata scura che contornava l'edificio.
-" Il detenuto in questione, Scott Laughton, diciotto anni, era stato condannato per crimini sessuali a venticinque anni di carcere, da scontare ad Alkalie Lake fino al raggiungimento della maggiore età. Il direttore del carcere minorile Abraham Harrison dichiara che il ragazzo soffriva di gravi disturbi mentali, tra cui la schizofrenia. In questo momento si trova al Saint Helena Hospital di Aprilville, ma non è ancora stata sciolta la prognosi... "
Duncan rimase per lunghi secondi a fissare stordito lo schermo, come se il suo cervello si fosse spento, poi corse di scatto al telefono e digitò tremando il numero di Alkalie Lake. Riconobbe all'altro capo la voce di Finch, ma non si perse in ciance, aveva di meglio a cui pensare. O di peggio.
-" Devo parlare con la detenuta McLean. "
-" Attenda in linea. "
Un silenzio ronzante e frustrante calò dall'altra parte del filo, facendolo innervosire terribilmente. Era preoccupato come non mai e non sapeva il perchè. In fondo era di Scott Laughton che avevano parlato, perchè essere così ansiosi? Perchè quel bastardo era uscito dall'isolamento. E fuori c'era Allison.
-" Pronto? "
La voce confusa ma sana della sua principessa lo fece volare per il sollievo. Quasi non riusciva a credere di risentire la sua voce dopo due mesi. Era davvero passato così tanto tempo?
-" A-Allison? Principessa, sono io. "
-" Oh mio Dio! Tesoro, come stai? "
La felicità nella voce della sua piccoletta gli tolse il fiato e lo fece sorridere come un ebete. Non poteva vederla, ma sapeva perfettamente che in quel momento anche lei sorrideva, rossa in viso e con gli occhi azzurrissimi che brillavano di gioia ed euforia. Era bellissima, come sempre. 
-" B-bene, e tu? Ho sentito di Laughton al telegiornale... Dimmi che stai bene piccola. "
-" Sto benissimo, sta' tranquillo. Qui va tutto benone. Come mai tanta preoccupazione? "
Duncan sospirò al pensiero di cosa quella bestia avrebbe potuto farle.
-" Nulla, nulla... Soltanto... Beh, quello stronzo. "
La risata cristallina di Allison cancellò ogni singolo problema al mondo. Dio, come gli mancava.
-" Sì, immagino... Ma lo sai che sono cambiata. È diverso adesso. E comunque, non potrà più fare nulla a nessuno. Lo trasferiranno in un manicomio criminale. "
-" Bene... Mi fa piacere che te la cavi anche senza di me. "
-" Mi hai insegnato tu come fare, Grande Lupo Cattivo. "
Duncan ridacchiò a quel soprannome, sentendo una gioisa nostalgia e una grande commozione dentro di sè. Era così fiero di lei. Ripensando alla Allison di quasi tre anni prima, non riusciva a credere che fosse cambiata così tanto. Eppure eccola lì, potente più che mai, una splendida donna pronta a sbocciare. La sua splendida donna.
-" Ora devo andare, Berry mi sta per strappare il telefono di mano. Manca poco Duncan. Manca poco. Ti amo. "
-" Non vedo l'ora principessa. Ti amo anch'io. "
La chiamata s'interruppe e Duncan si sentì il cuore pieno di felicità. Controllò il calendario ed effettivamente mancavano meno di due settimane. Meno di due settimane e lei sarebbe tornata. Sorrise pieno di energie e decise che quel giorno era l'ideale per mettere a posto un po' di cose.
 
Erano le tre del pomeriggio quando arrivò ad Aprilville. Il sole era come sempre splendente ed il cielo limpido, ed il caldo era smorzato da una piacevole brezza estiva. Malgrado fosse un cimitero, quello di Aprilville era un posto molto piacevole in cui stare. Non era cupo od ombroso, ma alla luce del sole, pulito e dalle lapidi semplici. Camminò a lungo prima di trovare la tomba che stava cercando, ma alla fine eccola lì, non lontana da un albero di faggio che la copriva parzialmente dai cocenti raggi del sole. La lapide era di un bianco forforescente, semplice e squadrata, un po' come Trent; qualcuno, probabilmente Gwen, aveva piantato un'adorabile piantina di narcisi gialli che incredibilmente erano ancora in fiore. C'era una sola scritta sotto il nome e la foto del ragazzo : I drove for miles and miles and wound up to your door, I've had you so many times but somehow I want more, una strofa di She Will Be Loved dei Maroon 5. Ricordava bene tutte le volte in cui canticchiava quella canzone e sorrise. Gli dispiaceva non aver mai fatto di più per quel ragazzo, ma era inutile ed ipocrita farlo ora che era troppo tardi. 
Si tolse i Ray Ban da sole che Allison aveva lasciato nella Mustang e pregò solennemente per lunghi minuti, promettendo a Trent, il fratello perduto della sua compagna, che avrebbe realizzato il suo ultimo desiderio. 
Si rimise poi gli occhiali ed uscì commosso dal cimitero, rimontando in auto ed accendendo lo stereo di nuova generazione che aveva fatto montare insieme a Chris; sapeva che Allison detestava le vecchie radio, e dopo turni su turni in biblioteca con Carven le avrebbe odiate ancora di più. Con gli AC/DC a tutto volume in sottofondo, si diresse sfrecciando sull'autostrada verso Castle Rock. Fece per cinque volte il giro della città alla ricerca di quel maledetto appartamento e alla fine lo trovò. Era ormai sera, ma non gli interessava; non era molto tardi ed in qualunque caso non sarebbe tornato indietro, non quel giorno.
Il posto che stava cercando si trovava in un tranquillo quartiere residenziale a metà strada tra il centro e la periferia; non era un luogo per ricchi, ma non si trattava nemmeno di favelas, anzi. Tutte le case erano piccole e sembravano confortevoli, con un ampio giardino e dei bei vialetti lindi ed ordinati. Parcheggiò la Mustang davanti alla numero 223, in cui le luci erano accese. Si sistemò la giacca e si tolse gli occhiali, poi pigiò il pulsante del campanello ed attese. Ad aprire la porta fu un sorpresissimo Viktor in canottiera e pantaloni della tuta dall'aria felicemente stanca, che lo fissò dall'alto in basso prima di salutare senza far trapelare alcuna emozione.
-" Hey. Sei l'ultimo di cui mi aspettavo una visita. "
-" Immagino... "
Entrambi i ragazzi ridacchiarono forse un po' imbarazzati, stringendosi però calorosamente la mano; entrarono nell'accogliente seppur piccola casetta e Duncan udì la gioviale voce di Valery arrivare dalla cucina; un delizioso profumino proveniva dalla stessa direzione e dedusse che era arrivato al momento giusto.
-" Hey tesoro, chi era? "
I capelli bruno rossicci della ragazza spuntarono dalla porta e s'illuminarono appena videro Duncan. 
-" Oh Gesù, guarda chi si vede! Vik, non mi avevi detto che il nuovo armadio a muro sarebbe arrivato così presto! "
Tutti risero alla battuta di Valery, che accolse il ragazzone con un dolce ed affettuoso abbraccio. I due coniugi si affrettarono a far accomodare l'ospite nel piacevole salotto e Viktor portò due birre fresche, lasciandosi poi cadere sul morbido divano accanto al ciclopico amico.
-" Allora, come mai da queste parti? "
chiese, sorseggiando dalla bottiglia. Duncan lo imitò, apprezzando l'ottima qualità dell'alcolico.
-" Ero in giro ed ho pensato di venire a trovarvi. È da un po' che sono uscito, ma non ho mai avuto molto tempo, così ne ho approfittato. "
-" Capisco. Anche noi siamo stati occupati... "
Duncan sorrise con dolcezza ed una grande emozione, molto palpabile dai suoi occhi acqua marina che si illuminarono tutt'a un tratto.
-" Il bambino? "
Negli occhi di Viktor si accese una luce di gioia inquantificabile ed automaticamente puntò gli occhi verso Valery, che stava cucinando allegramente sulle note di una canzone dei Blink-182. Si capiva immediatamente quanto quel ragazzo amasse la sua famiglia e Duncan ne fu toccato.
-" Proprio lui. Cresce ogni giorno più in fretta, fa già sentire vecchio suo padre. "
Risero entrambi, poi Viktor lo invitò ad alzarsi e lo condusse in cucina, dove sul seggiolone stava un fagottino di ciccetta ad osservare sorridente la mamma che canticchiava e ballava goffamente. Era un quadretto meraviglioso, pensava, quasi non riuscendo a crederci. Si avvicinò con cautela, attirando l'attenzione dell'ometto. 
-" Salve signor capitano! "
Gli porse il dito ed il bimbo sorrise immediatamente, afferrandolo con le minuscole manine. Si sentì il cuore pieno di gioia e di un sentimento a lui sconosciuto ma stupendo che lo scaldò.
-" Come si chiama? "
Fu Valery a rispondere, guardando commossa l'affetto innato che suo figlio provava per lo zio.
-" Andrew. Vuoi tenerlo in braccio? "
Duncan si voltò sconvolto e rosso in viso. Non riuscì a parlare, perciò annuì, e Valery fu più che felice di mostrargli come tenerlo. Quando ebbe il piccolo tra le braccia, non riuscì a trattenere le lacrime. Era una creatura bellissima, identico alla madre ma con gli occhi del padre, e si sentì onorato di averlo tra le braccia. Il suo nipotino. Non avrebbe mai pensato che un bambino potesse fargli tale effetto. Era così piccino... Essere papà doveva essere qualcosa di eccezionale. 
-" Vi assomiglia... Bula-bula-bula! "
Andrew ridacchiò alla buffa smorfia dello zio, e così i genitori, che riconobbero di avere un nuovo membro in famiglia. Era bello poter accogliere qualcuno che aveva fatto così tanto per sua sorella e nei suoi occhi aveva riconosciuto tutto l'amore che provava per lei. Era davvero felice e sapeva che lo sarebbe stata anche Allison. Se lo meritava.
-" Ti fermi per cena? "
Alla domanda di Valery, con quello sguardo carico di gioia e speranza, Duncan non potè assolutamente rispondere di no.
 
La serata passò in tutta tranquillità tra risate, chiacchiere, un chiassosissimo ed energico Andrew e una gustosissima cenetta. Valery ai fornelli era un vero fenomeno. Quando arrivò l'ora dei saluti dispiacque a tutti, era stata una bella avventura per tutti. 
Duncan abbracciò affettuosamente Valery e salutò calorosamente Viktor, per poi rimettersi in marcia verso casa. Era felice. Aveva constatato di avere una nuova famiglia ormai. Ora mancava soltanto la sua principessa. E mancava davvero poco.
~~~
Quella sera i cuochi avevano addirittura acceso la radio, collegandola agli altoparlanti della mensa, per fare da colonna sonora a quel grandissimo evento : uno degli ospiti più importanti nella storia di Alkalie Lake il giorno seguente avrebbe lasciato la struttura, tornando ad essere libero. Nonostante la crescente malinconia e nostaglia, l'atmosfera era carica di felicità. Tutti ridevano, cantavano, alcuni addirittura ballavano; le guardie giocavano a carte con i detenuti in gruppi da sette e alcuni sfruttavano il piccolo televisore rubato alla biblioteca per seguire la partita di football che si stava svolgendo quella sera, organizzando scommesse su cui si puntava qualsiasi cosa. Harrison aveva dato il consenso alla preparazione di un ottimo e lauto pasto per tutti, pollo arrosto con patate e una squisita torta con frutti di stagione per tutti. La festa continuò fino a tardi, molto oltre l'orario di regolamento, ma a nessuno importava. In fondo, perfino il Grande Capo era sceso a fare visita ai ragazzi, finendo col giocare con loro a poker e perdere miseramente per tre volte di fila. 
Avevano ballato e cantato per ore, animando Alkalie Lake di uno spirito mai visto. Per la prima volta in tutta la storia di quella triste struttura, nessuno era triste e nessuno pensava alla pena del domani, di un altro giorno da scontare senza poter respirare l'aria fresca, o fissare il cielo notturno, o uscire con gli amici. Era tutto perfetto, tutto così dannatamente perfetto. Sembrava che il tempo si fosse fermato con tutta quella gioia. Era forse un sogno? Onestamente, nessuno lo sapeva con certezza, nemmeno i membri più introversi di quel nuovo ed estraneo gruppo. 
In una sola serata l'intero riformatorio era cambiato. Nessun secondino, nessun direttore, nessun detenuto. Erano tutti uguali, tutte persone, che fossero giovani o più mature, e tutti stavano insieme a ridere, giocare, a godersi la reciproca compagnia e a scoprire lati nascosti di ognuno di loro. Quella sera il Branco non fu un gruppo ristretto di ragazzi detenuti, bensì l'intero istituto, guardie e direttori compresi. Qualcosa di simile fino a due giorni prima era stato ritenuto impossibile da ogni fronte, perfino da quello più ottimista e speranzoso, ed ora eccoli là, tutti quanti allo stesso bancone ad urlare su una scommessa persa o su quale artista country tra Johnny Cash e Kris Kristofferson fosse migliore, o ancora a ballare su un tavolo in barba a leggi civili e regole penitenziarie. Era uno spettacolo incredibile. Avrebbe voluto che tutto il mondo potesse vederlo, ma non era necessario. Bastava a lei, bastava a loro. Perchè quello era un luogo al di fuori del mondo, era oltre il reale e oltre le regole umane; dopo quei cancelli e quelle recinzioni, tutto finiva e una nuova vita ricominciava. Una vita di prigionia, di stress, di demoni, ma anche di amore, di fratellanza e di crescita. Questo era stato Alkalie Lake. Di questo si sarebbe ricordata per il resto della sua vita. Avrebbe ricordato quella serata. Avrebbe ricordato un'intera famiglia. La sua. 
 
Ad attenderla oltre la tenda c'erano Paulie e Berry. Quella mattina, il vecchio secondino Rileigh le aveva fatto trovare un paio di bellissimi jeans, una camicetta, anfibi ed un chiodo, tutti indubbiamente neri e probabilmente provenienti da suo zio, mentre Paulie l'aveva aiutata a preparare le valigie; il dolce gigante aveva pianto per tutto il tempo, era stato incapace di celare la sua infinita tristezza. Già sentiva la mancanza della sua migliore amica, l'unica che avesse avuto in lunghi anni.
Si guardò per un secondo prima di uscire, sentendosi completamente estranea in quei vestiti. Era davvero strano ritornare ad indossare degli abiti civili, quasi la spaventavano, ma non si vedeva male in essi. Scostò la tenda e i due uomini la fissarono a bocca aperta, sconvolti nel vedere quanto bella fosse. Sorrise imbarazzata, arrossendo e continuando ad abbassare la testa per celarlo, anche se in vano. Paulie le andò incontro, osservandola con un sorriso incantato e quasi ebete dall'alto in basso, ammirandola in tutto il suo giovane e quasi infantile splendore.
-" S-sei bellissima... "
Allison ridacchiò timidamente, ma tornò subito seria, anche se con le labbra piegate in un sorrisino.
-" Mi mancherai. "
Il gigante l'abbracciò immediatamente, stringendola con tutto l'affetto che potesse darle e cominciando a singhiozzare nuovamente; nascose il viso paffuto nel collo pallido della ragazza, inumidendolo con lacrime salate che non riuscì a trattenere in alcun modo. Si era ripromesso di non piangere più, di non farla sentire male e di essere felice per lei, perchè stava avendo il privilegio di abbandonare quel luogo e di ricominciare a vivere insieme al suo Duncan, ma non vi riuscì. Non che fosse triste per lei, anzi, ma già ne sentiva l'infinita nostaligia. Da quel momento, Alkalie Lake sarebbe tornata il grigio inferno che era stato due anni prima. O forse no? Non ne era sicuro, ma una cosa era certa : sarebbe stato molto più brutto senza di lei.
Allison ricambiò l'abbraccio, piangendo sommessamente a sua volta. Molte volte Paulie era stato la sua ancora di salvezza, tanto quanto lo era stato Trent a suo tempo; l'aveva sostenuta durante i suoi crolli e l'aveva portata in infermeria ogni volta che agli allenamenti si era sentita troppo male. Era stato il suo nuovo fratellone, non una sostituzione, semplicemente un nuovo membro dlla famiglia. 
-" Ti voglio bene... Mi mancherai anche tu... "
-" A-avrei solo voluto incontrarti in un posto diverso... "
-" Verrò a trovarti Dolce Gigante, promesso.. E quando uscirai ti verremo a prendere. "
La sirena e l'enorme portone si spalancarono, interrompendo quel momento di amichevole intimità tra i due, che si rassettarono a vicenda. Non appena Allison lanciò lo sguardo sul cortile, vide che era colmato dalla presenza di ogni detenuto di Alkalie Lake, i membri del Branco in pirima fila, e da tutte le guardie del penitenziario minorile. Tutti guardavano nella sua direzione in un silenzio solenne, alla luce del caldo sole mattutino che inondava la prateria circostante. L'aria profumava di rugiada. Percepì un soffio al cuore, un'emozione incomparabile e mai provata prima. Erano tutti lì per lei, per darle l'ultimo saluto che si meritava e che nessun detenuto prima di lei aveva mai ricevuto. Era sconvolta, non si capacitava di quella meravigliosa e scioccante sorpresa. Non poteva essere più felice, pensò, ma si sbagliava : questo era solo l'inizio.
Il rombo di un motore potente falciò la quiete e a quel suono il mare di ragazzi si divise in un piccolo corridoio, mentre le recinzioni si aprivano una dopo l'altra, pigramente e ronzando nell'eco lontano. Ogni sensazione fu moltiplicata per mille, dal contatto con la brezza leggiadra all'intensità dei colori e degli odori fino al più flebile respiro. Era semplicemente devastante. 
Con gli occhi colmi di felici lacrime, lacrime che non versava da anni ed anni, si voltò verso Berry, stringendolo in un abbraccio disperato. Non l'avrebbe mai dimenticato, di questo era sicura. Il suo secondino preferito, il primo che le aveva dato il benvenuto nel penitenziario, la prima amicizia che aveva avuto, la guardia perfetta dal nascosto cuore d'oro. Ritornò per un attimo a quel primo giorno, in ottobre, appena varcate le due recinzioni da cui ora stava per uscire, stavolta per sempre, e si sentì il cuore colmo di mille emozioni. 
-" Avanti, corri! "
gridò il secondino, quasi lanciandola via, ed Allison partì. Fu in quel momento che la folla esplose. Urla, fischi, feste, salti; niente di simile si era mai visto ad Alkalie Lake prima d'ora. Mentre quell'angelo biondo correva verso la libertà, un'ovazione invase la pianura, assordando e caricando chiunque. Allison per prima sorrise al mare di volti che stava attraversando di corsa, nonostante fosse in lacrime, e sentì una scarica elettrica sfolgorare lungo ogni singolo capillare nel suo corpo; il suo cuore stava scalpitando selvaggio e i suoi occhi sfolgoravano di un'emozione sconosciuta ad ogni essere umano, da tanto forastica e violenta che fu. 
In un tempo brevissimo ed infinito, giunse alla fine di quel lungo corridoio di corpi, anime, cuori e si fermò bruscamente. Proprio davanti all'uscita stava in Grande Capo in persona, con il suo abito migliore e i due bagagli della ragazza; sorrideva dolcemente a quella piccola teppista scompigliata dall'emozione e dalla fatica e per la prima volta da anni si lasciò andare davvero. Poggiò i borsoni a terra e la strinse in un affettuosissimo abbraccio paterno, aumentando ancor di più l'euforia dei galeotti; Allison ricambiò quasi rabbiosamente quella stretta, ringraziando silenziosamente quel vecchio soldato per averle dato tanto in quel quasi infinito cammino di sofferenza. 
-" Sei stata l'angelo di questo posto. Non ti dimenticherò mai, Tigre. "
-" Grazie signore. Lo stesso vale per lei. È stato un ottimo comandante. "
Una lacrima rigò il volto segnato del duro Harrison, che asciugò con le grandi mani ruvide il visetto delicato della piccoletta che in qualche modo gli aveva cambiato la vita.
-" Non farti più vedere da queste parti, teppistella. "
Le porse i borsoni e si fece da parte. 
Ed eccolo lì, bellissimo come sempre, tutto in nero e fasciato da un sensuale giubbotto di pelle, che la aspettava fuori dall'auto rossa fiammante con un sorriso stupendamente felice. Un grido di pura gioia scaturì dalla sua fragile eppure potentissima gola, prese nuovamente a correre e saltò in braccio al suo Duncan, che la sollevò da terra come un'esile bambolina di pezza, stringendola a sè, baciandola e facendole ogni festa possibile. Urla ancora più forti, se possibile, uscirono dal cortile di Alkalie Lake mentre i due ragazzi si riunivano con dolci baci e in un fortissimo abbraccio, dicendosi mille cose che soltanto loro compresero tra i pianti di gioia, le grida e tutta l'euforia che aveva preso il posto dell'aria in quella pianura. Era così surreale, non credeva possibile che il momento che aveva sognato per mesi e mesi fosse finalmente arrivato, eppure era lì, tra le braccia del suo Grande Lupo Cattivo fuori da Alkalie Lake.
Duncan caricò i borsoni nel bagagliaio della Mustang ed Allison corse al porto del passeggero, salutando a non finire i suoi cuccioli mentre le recinzioni si richiudevano alle spalle dell'auto e qualche guardia sparava a salve alcuni potenti colpi di addio. Tutti avrebbero sentito la mancanza di quella ragazza angelo che aveva salvato molte anime in quel luogo di morte spirituale e da quel momento nulla sarebbe più stato lo stesso. Ancora una volta, Alkalie Lake mutava.
 Il ragazzo fece avviò il motore rombante e partì sgommando, suonando il clacson a non finire; Allison si sporse un'ultima volta dal finestrino agitando la mano e piangendo, dicendo addio non solo i suoi grandi amici, ma anche all'enorme edificio mangiatore di anime che per molto, molto tempo l'aveva ospitata, l'aveva spaventata, cullata, cresciuta, temuta. Salutò il suo luogo di ritiro spirituale e il suo fantasma finchè non sparì dietro agli alberi che per mesi aveva osservato da una prospettiva diversa. Non credeva che sarebbe stato così semplice, ma ora era lì, in auto con il suo fidanzato in rotta per la sua nuova vita. In libertà.
-" Andiamo a casa? "
Duncan le sorrise con una dolcezza inquantificabile, posando delicatamente una mano sul ginocchio della sua piccoletta. Nemmeno lui credeva possibile che fosse davvero in quell'auto con lui. Aveva aspettato così tanto...
-" No. Non ancora. "
Si guardarono per un breve secondo negli occhi e per Duncan non ci fu bisogno di ulteriori chiarimenti, sapeva esattamente dove portarla. Appena arrivato sulla strada principale, imboccò la prima uscita a sud-ovest. 
~~~
Epilogue
Lungo la strada avevano parlato di mille cose, a partire dal nuovo lavoro di Duncan fino alla stravagante e bellissima pettinatura di Allison. Per tutto il tempo, l'abitacolo della Mustang fu colmato soltanto da chiacchiere gioviali, risate e buona musica. Era bello, pensavano entrambi, anzi, bellissimo poter finalmente essere liberi insieme. Avrebbero ricominciato la loro vita insieme, in compagnia di Valery e Viktor e del loro figlioletto Andrew e chissà, magari avrebbero potuto mettere su famiglia anche loro, in qualche modo. 
Duncan narrò delle mirabolanti avventure allo studio di tatuaggi, di quanto adorasse quel lavoro e di quanto gli sarebbe piaciuto che anche Allison andasse a lavorare lì; aveva talento, diceva, e molto probabilmente era vero. Ci avrebbe fatto un pensierino. Allison invece gli raccontò di tutti gli allenamenti e gli incontri nel penitenziario, di tutte le volte in cui aveva vinto e di quando aveva iniziato un nuovo ospite di Alkalie Lake. In quei mesi ne avevano passati entrambi delle belle e di sicuro non si erano annoiati.
Nel frattempo, giunsero a destinazione. Dopo aver parcheggiato la Mustang rossa fiammante, varcarono il cancello ed entrarono in quello spazio aperto e fresco in cui brillava calda la luce del sole pomeridiano; tutti gli alberi erano in fiore ed il prato era di un sano verde fosforescente. Si avviarono lentamente, mano nella mano, scrutando i nomi sulle lapidi e facendo una piacevole passeggiata nel silenzio pacifico di quel luogo sacro. Alla fine, giunsero al luogo predestinato, un posto che Allison non aveva mai lasciato spiritualmente, che, come Alkalie Lake, si era tenuto un buon pezzo della sua anima. Si sentiva quasi nervosa, era molto agitata, anche se non ne conosceva il motivo. Era strano tornare in quel posto dopo così tanto tempo e realizzare un'ultima volta che ora iniziava qualcosa di nuovo.
S'inginocchiò e sorrise alla foto del suo fratello perduto, carezzandola delicatamente con la punta dell'indice fino; Duncan rimase due passi indietro : pensava che fosse più rispettoso lasciare a quei due un piccolo momento insieme.
-" Ciao fratellino. Come hai visto, sono uscita e sono venuta a trovarti. In fondo, te l'avevo promesso e sai che mantengo sempre le mie promesse. Nei prossimi giorni andrò a trovare anche Gwen, ma per il momento sono qui. Volevo solo dirti che sono guarita. Sono sopravvissuta. Adesso sto per cominciare una nuova vita con Duncan, lo amo e lui ama me e mi rende terribilmente felice. Vorrei che fossi stato con lui oggi, ad abbracciarmi e coccolarmi, ma... Beh, alla fine sei sempre con me, vero fratellino? Ti adoro, ti adorerò sempre e sempre sarai nei miei pensieri. Sicuramente sarai in un posto migliore, ma sappi che mi manchi. Mi manchi da morire. Ti voglio bene Trent. Infinitamente. "
Lasciò che qualche lacrima le sfuggisse, ma non era un pianto di disperazione, quanto più di nostalgia e forse di sfogo. Per molto tempo aveva atteso quell'attimo ed ora, giustamente, le sembrava surreale. Davvero era lì? Davvero era libera? Davvero stava portando a termine una delle promesse più importanti che avesse mai fatto? Sì, era proprio così, il tempo dei sogni era finito.
Si alzò lentamente, spazzandosi le ginocchia, e lasciò il suo piccolo debito sulla tomba di Trent, per poi incamminarsi insieme all'amore della sua vita verso la Mustang. Lanciò un ultimo sguardo alla lapide candida e quasi luccicante sotto i raggi del sole e sorrise orgogliosa. 
Questa volta fu lei ad accomodarsi al posto del guidatore, più entusiasta che mai. Indossò i vecchi Ray Ban di suo padre e come colonna sonora scelse Good Times degli All Time Low, poi avviò il motore, sorridendo elettrizzata al volante in legno massello.
-" Allora principessa, dove andiamo? "
Già alla guida, Allison sorrise fieramente, lanciando un dolcissimo sguardo di complicità al suo Duncan.
-" Ho qualche faccenda in sospeso a Castle Rock, direi di cominciare da lì. "
Il ragazzo ricambiò quell'occhiata quasi sognante e baciò sulla guancia la sua splendida principessa.
-" Per me va benissimo. " 
Entrambi ridacchiarono, poi la ragazza spinse la ruggente Mustang a tavoletta sulla strada illuminata dal cocente sole estivo di metà luglio. Erano così diretti a sud, verso la vecchia e raggiante Castle Rock. Prima di andare a casa, dovevano ancora salutare Valery, Viktor e il nipotino. In fondo, ora avevano tutto il tempo per poter stare insieme, tanto valeva aspettare ancora un po'.
 
Nel mentre, su una tomba candida nel cimitero di Aprilville, quella del giovane Trent McCord, nella brezza estiva, sventolava attaccata ad un asticella di fortuna una bandana Stars And Stripes. 
 
The end.~
   
 
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