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Autore: Adhara    04/08/2018    1 recensioni
Soltanto una nuova minaccia per il Mondo Magico poteva far riavvicinare l'Auror Potter col suo ex professore di Pozioni. Due uomini del tutto nuovi, vecchi rancori e una strega oscura sono gli ingredienti per una pozione ammaliante e... pericolosa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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17.

Che la mattina era arrivata Harry lo capì solo dal movimento di Severus nel letto: scivolò via dal suo abbraccio, allungandosi ad afferrare la veste da camera per non affrontare il gelo mattutino nudo e crudo, e lasciò Harry lungo disteso sotto le coperte in lana, un piede scoperto, un braccio a penzoloni. Il giovane Auror mugugnò.

«Buongiorno, bella addormentata» disse con voce roca Severus. Si schiarì la gola: con vergogna si ritrovò a pensare che, forse, durante la notte avrebbe dovuto urlare meno. Il pensiero della lunga, selvaggia, appagante nottata gli ritornò in mente. Arrossì.

«Ma cosa fai, è presto» biascicò Harry, allungando una mano verso di lui per trascinarlo di nuovo a sé. Trovò però la sua schiena, e le sue dita non ebbero la forza di aggrapparsi alla stoffa della giacca da camera.

«Il negozio non si apre da solo» rispose Severus, «tu resta pure qua. Giù non mi serviresti»

Senza sentire veramente cosa gli aveva detto, Harry mugolò in approvazione e, quando Severus si fu alzato, se ne stava già dormendo.

Era da poco passata l’alba e, dopo le vacanze invernali, era per Severus il momento di tornare in attività. Sarebbero arrivati dei fornitori, quel giorno. Si preparò per la giornata con calma, si fece una doccia bollente, bevve un tea seduto in cucina, poi tornò in stanza a prendere gli abiti e trovò Harry a russare, così, alzando gli occhi al cielo, andò a vestirsi in studio.

Aprì la bottega alle sette e mezza spaccate, dopo aver messo tutto in ordine, aver passato la polvere e dato la cera a terra. Arricciò il naso davanti alla neve che si era sedimentata davanti alla porta nella notte, e con un gesto della bacchetta disegnò un bel sentiero nel bianco, per poi chiudersi nel proprio antro.

Una bottega per Pozionisti non era proprio come una boutique di alta moda: in pochi ci capitavano, ma i pochi che venivano avevano i loro affari, e non mancavano mai. Infatti alle otto spaccate il solito mago dall’aria poco raccomandabile entrò, comprò il solito bezoar e la solita ampolla di olio di origano, e quindici minuti dopo la vecchia strega gallese aprì la porta e si fece consegnare la solita pinta di pozione antiruggine. Che cosa se ne facessero, i suoi clienti abituali, di ciò che non mancavano mai di comprare, Severus non se lo domandava. Non era affar suo.

Dopo che la strega gallese se ne fu andata, comunque, l’uomo si ritirò nella stanzetta dove immagazzinava i prodotti più preziosi, attendendo i prossimi clienti solo verso le dieci e i fornitori alle dodici.

Ma rimase là sereno solo per poco perché, dopo pochi minuti, un tonfo lo fece voltare: c’era qualcosa nella bottega, qualcosa che non aveva aperto la porta.

Severus afferrò saldamente la bacchetta, pronto. Non si sarebbe fatto cogliere impreparato, anzi, e scivolò dietro al bancone con sinuosità, come aveva imparato a fare durante tutti i suoi anni da spia. Studiò la sala: nulla. Allora guardò meglio attorno: c’era qualcosa a terra, poco lontano dalla porta. Una busta viola. Severus imprecò.

«Maledetta Granger» esclamò, afferrando la busta.

Uno stampiglio sulla carta recitava: Ministero della Magia – Auror H. Potter. Missiva inviata dalla Segreteria Generale Impiegati Ministeriali.

La povera Granger, quindi, non era del tutto colpevole. Severus fece una smorfia: certo, avrebbe sicuramente potuto notare l’idiozia di comunicare coi propri impiegati in quel modo, ma pazienza.

In fretta, salì al piano di sopra, davvero poco intenzionato a lasciare il negozio incustodito oltre il dovuto. Entrò in camera da letto a passi lunghi e, flettendo il braccio per lanciare a Harry la missiva, si accorse solo in ritardo che il giovane uomo si era del tutto liberato delle coperte e ora giaceva nudo sul coprimaterasso sprimacciato, i muscoli torniti, la pelle scura, il pube scolpito lasciati in bella vista.

Severus deglutì.

«È arrivata questa per te» disse quindi, facendo subito dietrofront mentre Harry alzava il viso, svegliatosi di soprassalto all’impatto della busta con proprio stomaco. «E vedi che non diventi un’abitudine, non viviamo assieme»

Severus stava già uscendo dall’appartamento quando la voce impastata di Harry gli rispose.

«Per ora!» urlò, e Severus si dovette trattenere dal tornare in stanza e farlo pentire amaramente di averlo anche solo pensato.

 

Harry non avrebbe mai pensato che il suo ex insegnante di Pozioni fosse così insaziabile, a letto. La notte era caduta su di loro allacciati tra le coperte ed era diventata un’adulta velata che ancora i fianchi di Harry si muovevano contro il profilo di Severus, strappandogli gemiti rochi e urla soddisfatte. Era per questo che Harry quel giorno non riusciva proprio a svegliarsi, distrutto fisicamente e anche mentalmente dal disastro che stava consumandosi attorno a loro. Ma ora era sveglio, una fredda e gonfia busta gli stava in grembo, e dopo aver afferrato gli occhiali abbandonati sul comodino si mise dritto, mettendo a fuoco il mondo attorno a sé.

Prese la busta. Era la solita che riceveva quando aveva del lavoro da svolgere a casa, o un caso che non gli permetteva di andare in ufficio. Strappò la carta.

Un biglietto color panna svettava su quello che sembrava un quotidiano arrotolato.

 

Caro Harry,

 per prima cosa, come Capo dei tuoi capi ti ho ufficialmente assegnato al caso Inga, NON venire in ufficio, sarebbe utile solo ai giornalisti. Ci terremo in contatto.

Come stai? Io e Ron ti mandiamo un grande abbraccio, sai che qualsiasi cosa non vada puoi contare su di noi.

Comunque, ti mando un quotidiano babbano, è di oggi. In prima pagina, leggi bene e pensaci su. Non rispondere a questa mia, per ora, intanto, possiamo solo aspettare.

Tua,

 Mione.

 

Harry mise da parte il biglietto, curioso. Il quotidiano che Hermione gli aveva mandato era il Times. Scorse rapidamente la prima pagina.

A quanto pareva, una nave si era incagliata nella notte dopo la traversata da Calais. Era un traghetto turistico, di quelli che coprivano quotidianamente la tratta Calais-Dover, e chi aveva scritto l’articolo evidenziava che non si era spiegato il motivo per cui il capitano aveva deciso di mettersi in mare nonostante il mezzo fortunale che si era consumato nella Manica. Si ipotizzava che il capitano fosse sotto l’influsso di stupefacenti e i passeggeri raccontano che anche le hostess erano state strane durante il viaggio. Ma ancor peggio era che tutti erano sopravvissuti, sì, ma una ragazza era stata trovata morta nella cabina di pilotaggio: era stata assassinata con una pugnalata che le aveva squarciato la giugulare.

Harry rabbrividì, ricordandosi subito della cicatrice che svettava sul collo di Severus. Senza leggere oltre si alzò. Era stata Inga, lo sapeva. E ora era in Inghilterra e forse stava già arrivando a Londra.

Harry si vestì di corsa, poi scese nella bottega, lasciando biglietto e giornale nel letto sfatto. Sbucò nel negozio che Severus stava servendo un’anziana coppia.

«Dovremmo chiudere» gli sussurrò, dopo aver salutato con un cenno moglie e marito.

Severus lo guardò aggrottando le sopracciglia.

«Non tutti possono godersi ferie pagate illimitate» rispose, allungano una mano a prendere i soldi dei due anziani. Li guardarono uscire dalla bottega.

«Severus, sta venendo qui» ribatté Harry, piccato. Severus si voltò a guardarlo, gli occhi penetranti.

«Che venga» rispose con arroganza, il tono strascicato. «Non ho paura di lei»

«Io invece sì» ribatté Harry, «Ha imperiato l’intera crew di un battello per venire qua dalla Francia. Si sposta coi mezzi babbani. Non possiamo rintracciarla finché non arriva qui»

«Non chiuderò per lei» continuò a dire Severus.

«Ha ucciso una ragazza»

«Non è l’unica ad aver ucciso!» gridò Severus, gli occhi lampeggianti d’ira, lasciando Harry immobile, ormai silenzioso. Il Pozionista gli voltò le spalle, tremando nel tentativo di calmarsi.

«Molto bene allora» mormorò Harry. «Direi che siamo in tre, quindi. Scenderò se sentirò rumori di lotta»

E così dicendo tornò alle scale e risalì nell’appartamento, lasciando Severus aggrappato al bancone.

Fu proprio in quel momento che la porta della bottega si aprì di nuovo e Severus alzò gli occhi sul giovane mago biondo che stava entrando. Era una visione piuttosto singolare, soprattutto per Notturn Alley: l’uomo, che non sembrava contare più di venticinque primavere, indossava una veste a due pezzi di un sgargiante celeste, un giustacuore color ciano e un pesante mantello di pelliccia di coniglio grigia. Alla mano aveva una valigetta di pelle.

«Buondì» cinguettò giulivo.

«Desidera?» chiese Severus con tono cupo. Gli mancava solo un cretino, dopo il litigio con Harry. Sperò che il mago facesse in fretta e se ne andasse, perché il sorriso radioso che aveva sul viso lo infastidiva. Ma da come si stava guardando intorno con sguardo clinico Severus intese che non sarebbe stata una cosa rapida.

«Ho sentito tanto parlare di questa bottega» disse il mago a mo’ di risposta. I suoi denti brillavano come perle.

Severus non rispose.

«Lei è il proprietario?» aggiunse il giovane. Severus annuì lentamente.

A passi rapidi, il mago si avvicinò a lui e alzò la mano per presentarsi.

«Sono Owain Norum» disse. Severus annuì di nuovo, senza stringergli la mano. Owain, senza smettere di sorridere, abbassò il braccio e, con un gesto imperioso, fece da parte il mantello e appoggiò al bancone la valigetta.

«Lei è un ex insegnante di Hogwarts, vero?» chiese.

«Potrei esserlo» rispose Severus. «Lei è qui per qualcosa, signor Norum, oppure ha solo una gran voglia di annoiarmi?»

Owain rise di una risata cristallina.

«Ho una lista, in realtà» fece. Aprì la valigetta e vi scartabellò per un poco prima di trarne una pergamena su cui erano segnati una ventina tra ingredienti pozionistici vari. Severus alzò un sopracciglio. Avrebbe giurato di aver sentito uno squittio provenire dalla valigetta.

«A lei» disse Owain, porgendogli la lista. Il Pozionista la prese e iniziò a sfaccendare per servirlo.

«E mi dica, signor Piton» disse Owain guardandosi attorno, «quello che ho visto sparire là dietro era proprio Harry Potter?»

«Mmm, deve avere le traveggole» rispose in un borbottio Severus.

Se lo era aspettato, di dover far fronte a fan e curiosi, dal momento in cui Harry era rientrato a far parte della sua vita – e in modo tanto assiduo. Ma la cosa lo infastidiva ugualmente, prevedibile o meno.

«Oh no, ne sono certo» sorrise Owain. «Lei era il suo insegnante di Pozioni a Hogwarts, non è così?»

«Lei sa molte cose per uno che poco fa ha dovuto domandare se fossi io il proprietario» ribatté Severus, studiando Owain. Era certo non fosse nulla più di un curioso, nulla di preoccupante, ma il sorriso stampato sulla sua faccia gli metteva le mani nel sangue.

«Mi perdoni» disse Owain. Si zittì, e Severus continuò a pesare, tagliare, avvolgere ingredienti per lui. Finché dei passi non risuonarono sulle scale. Severus alzò la testa come un animale, ma Harry fu troppo veloce: imbacuccato nel giaccone apparve, alzando, da parte di Owain, un suono soddisfatto.

«Harry Potter!» esclamò l’uomo. Prima che Harry potesse accorgersi di qualcosa, il mago biondo gli strinse con forza una mano.

«Stavamo giusto parlando di lei» aggiunse Owain. Severus negò con voce stentorea, e gli occhi di Harry presero a palleggiare tra i due maghi mentre Owain si presentava nuovamente.

«Qualcosa mi dice che lei è appena sceso dalle stanze private del suo ex professore» ghignò Owain.

«Che cos-?» fece Severus, ma Harry lo interruppe.

«Ma lei chi è?» domandò, la voce tinteggiata di un tono gelido.

Owain prese un’espressione stupita.

«Io?» chiese, «Sono solo un cliente curioso»

Severus scivolò nel retrobottega per il terzultimo ingrediente. Harry si sbottonò la giacca, studiando Owain.

«E cosa stava dicendo, prima, col signor Piton?» chiese, il tono fintamente curioso che aveva imparato ad usare coi criminali – quel tono mellifluo, ferino, che parve mettere in allarme Owain.

«Mi era proprio sembrato di averla vista, prima di entrare» rispose lui, la voce meno allegra, più tagliente. Harry poteva quasi annusare nell’aria la puzza di finzione che aleggiava intorno al mago.

«Sa, Harry Potter col suo ex insegnante… è curioso» aggiunse Owain. In quel momento Severus tornò e mollò senza tanti complimenti un sacco pieno sul bancone.

«Sono novantatre Galeoni e nove Falci» disse duramente. Owain, il sorriso onnipresente, gli porse il denaro e, lentamente e in silenzio, prese il sacco. Quando lo smosse si alzò un rumore cristallino, di due oggetti che cozzassero, ma il mago non parve farci caso, anzi si caricò il sacco sulla spalla senza troppi complimenti. Harry e Severus lo fissavano, torvi.

«Buona giornata, signori» trillò quindi Owain, «Grazie della bella chiacchierata»

I due non risposero, né parve che Owain attendesse di sentire oltre da loro: girò sui tacchi afferrando con un gesto fluido la valigetta – ancora aperta – e se ne andò, andando a sparire oltre l’uscio.

 

 

 

 

 

 

 

°Tjena! Due righe soltanto per dirVi che, dopo questo capitolo, la storia sarà in pausa sino alla fine del mese/inizio di Settembre: le valigie sono pronte e i biglietti aerei stanno aspettando di essere presentati al check-in! Vi lascio ringraziandoVi di cuore per l’affetto che date alle mie storielle e auguro a tutti una felice pausa estiva!°  

 

  
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