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Autore: MarySF88    27/10/2018    4 recensioni
Clexa ispirata al telefilm The 100.
Lexa si risveglia improvvisamente dopo la sua morte ma qualcosa non va. Non c'è Clarke vicino a lei né Titus, sarà stato tutto un sogno?
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 9, Strade

 

La notte era passata, attraversata da incubi inconsistenti e bruschi risvegli. Le luci dell'alba avevano accarezzato le palpebre di Lexa che non si sentiva affatto riposata. La consapevolezza di quanto era successo l'aspettava pronta a torturarle l'animo. Il dolore alla caviglia si presentò subito come una valida distrazione dalla pena della sua situazione. Tentando di mettersi faticosamente a sedere, si guardò intorno. Adesso riusciva a vedere bene ciò che la circondava. La cella era piuttosto grande, probabilmente sei metri per cinque. A parte lei e Melanippe, che osservava il cielo al di là della piccola feritoia, nella stanza c'era solo un po' di paglia e la ciotola che la ragazza le aveva offerto la sera prima. Nonostante si fosse certamente accorta del suo risveglio, la sua inquilina non le parlò e non distolse il suo sguardo, ricoperta come un manto dai suoi pensieri.

 

Dopo poco, si sentì nuovamente una porta che si apriva in lontananza e il passo solitario di qualcuno che si avvicinava.

La cella si aprì, stavolta senza alcun avvertimento. La guardia che entrò si rivolse a Melanippe, lanciandole ai piedi un'armatura di cuoio, dei calzari, un arco, una faretra e un fagotto.

Poi recuperò una sacca dall'esterno della cella e la gettò accanto a Lexa.

“Vogliate scusarci se non vi offriamo la colazione ma siamo certi che i vostri compagni provvederanno a rifocillarvi. Vi aspettano qua fuori. Torno tra 10 minuti. Muovetevi a vestirvi, non abbiamo tempo da perdere.” l'uomo rivolse loro uno sguardo malizioso. Era evidente che non gli sarebbe dispiaciuto rimanere mentre loro si cambiavano, ma uscì comunque chiudendosi la porta alle spalle.

 

Melanippe sospirò. Accarezzò il suo arco con voluttà poi prese a infilarsi i calzari. Indossava quella sorta di sandali con cura, come fossero oggetti preziosi. Si alzò in piedi con una certa soddisfazione. Stava per togliersi il vestito di dosso quando si bloccò come improvvisamente colta dal ricordo della sua presenza. Arrossì.

“Ti serve una mano per vestirti?” le chiese indicando incerta la sacca.

“Ce la faccio da sola.” rispose secca Lexa a cui non andava proprio di farsi spogliare e vestire da un'altra.

La ragazza annuì poi si voltò di spalle e si tolse il vestito, non con una certa insicurezza impacciata. La sua schiena dritta e muscolosa era puntellata qua e là da piccoli nei e numerose lentiggini. Usò gli stracci per coprirsi il seno, mentre, ancora rivolta al muro, si chinava aggraziata a raccogliere l'armatura con una mano. Nonostante fosse certamente molto pesante la alzò senza alcuno sforzo. Era chiaramente meno gracile di quanto non potesse sembrare a prima vista.

Lexa prese a spogliarsi a sua volta. Poi estrasse la propria armatura dalla sacca, che apprese con soddisfazione contenere anche le proprie spade.

Le costò molta fatica non chiedere aiuto in quell'operazione, ma appoggiandosi al muro riuscì a non sforzare troppo la caviglia. Quando ebbe finito di sistemarsi tornò a guardare Melanippe: si stagliava fiera contro la sudicia parete della cella, l'arco in spalla e il fagotto in mano. Aveva un aspetto completamente diverso rispetto a poco prima. L'armatura le conferiva una nuova sicurezza e non si poteva dubitare che fosse una guerriera. La stava osservando divertita, mentre Lexa con fatica si infilava le spade nel fodero.

“Non vorrai uscire con quello?” le disse indicandole la testa.

La Heda aveva dimenticato di togliersi lo straccio dalla testa. Con un gesto impaziente se lo tolse e lo gettò sprezzante a terra. I capelli si sciolsero da quell'abbraccio ricadendole scomposti sulle spalle.

Melanippe le lanciò uno sguardo intenso mentre arrossiva di nuovo leggermente. Poi prese a scuotersi la polvere dall'armatura concentrando tutta la sua attenzione su quell'operazione.

Lexa notò allora che intorno a lei il suo giaciglio era cosparso di fili di paglia intrecciati. Era decisamente una ragazza strana. Dubitava potesse essere veramente un'abile guerriera, al di là dell'aspetto che l'armatura le conferiva.

Aveva un che di delicato che le ricordava più un nobile cerbiatto.

 

La porta si aprì. Subito Melanippe le si fece incontro.

“Avrai bisogno di una mano per camminare.” le disse porgendole il braccio.

La cosa non le piaceva per niente ma Lexa dubitava di riuscire effettivamente a uscire di lì sulle proprie gambe. Stava per prenderle il braccio quando la guardia le porse un bastone.

“Tieni.” le disse bruscamente. “Per gentile concessione del Culto.”

Lexa non se lo fece ripetere due volte e afferrò l'oggetto usandolo per puntellarsi e avviarsi claudicante verso l'uscita. Notò un'espressione di disappunto sul volto di Melanippe che la seguì, però, senza dire niente.

 

Attraversarono, seguendo la guardia, il lungo corridoio che portava all'esterno delle prigioni. Non sembrava provenire alcun rumore dalle altre celle.

La ragazza dagli occhi di due colori diversi la seguiva senza incalzarla, lasciando che fosse Lexa a stabilire l'andatura: ebbe la netta sensazione che non volesse farla sentire a disagio per quella condizione di vulnerabilità in cui si trovava.

Una volta giunti all'esterno l'intensità della luce del giorno la abbagliò. Ci vollero alcuni istanti perché i suoi occhi si abituassero. Quel che scorsero era un piazzale circondato da un boschetto placido e tranquillo. Voltandosi vide un'alta costruzione contornata da colonne di cui le prigioni sembravano essere solo un piccolo annesso. La colpirono gli ornamenti che abbellivano l'edificio. Non aveva visto mai niente di simile prima e per qualche istante ne rimase incantata.

“Chissà cosa penserebbe Clarke di fronte a una vista come questa...” pensò amaramente.

Una voce la riscosse dai suoi pensieri.

“Mel!” ad aver gridato era un uomo che se ne stava con le braccia incrociate dall'altra parte del piazzale. Era alto e prestante, chiaramente un guerriero ed aveva una folta barba rossa. Accanto a lui altri due uomini, entrambi avevano l'aspetto di combattenti, ma uno dei due era decisamente più muscoloso dell'altro.

“Deve essere un avversario temibile” pensò soppesando la sua forza. La barba nera non faceva che accrescere la sua maestosità.

L'altro, alto e mingherlino, completamente senza barba, non faceva che balzare con lo sguardo da lei a Melanippe, visibilmente inquieto.

Lexa si sentì scalzare da Melanippe che la sorpassò con decisione. Il suo aspetto sembrava mutato. Alta, fiera, camminava sicura di sé, il volto serio e un po' altezzoso.

Raggiunse il gruppetto in pochi rapidi passi. Si muoveva con agilità e sorprendente leggerezza.

“Allora come è stata la vacanza?” la canzonò ridendo l'uomo con la barba rossa mentre la colpiva “affettuosamente” su una spalla con una poderosa manata. La ragazza sembrò quasi non accorgersi del colpo. Posò lo sguardo con sufficienza su quel corpo estraneo che la stava toccando e si scostò con un rapido movimento del corpo che aveva la stessa decisione e accuratezza di un passo di danza.

“Elleo, quante volte ti ho detto che non devi toccarmi?” la voce di Melanippe aveva smesso di essere fruttata ed era diventata forte e inflessibile.

“Anche per me è un piacere rivederti!” aveva ribadito l'altro gioviale senza dar ad intendere di essersela presa per quel gesto.

Il possente compagno alla sua destra l'aveva salutata con un cenno del capo al quale Melanippe aveva risposto allo stesso modo. Il ragazzo al suo fianco invece le si era fatto incontro e con un gesto improvviso l'aveva abbracciata stringendola a sé. Soltanto allora lei si era sciolta ricambiandolo affettuosamente e regalandogli un tenue sorriso che ricordava a Lexa la ragazza che aveva conosciuto nella cella.

Allo stesso modo con cui le si era accostato il ragazzino si scostò da Melanippe e incominciò a indicarle nervosamente Lexa.

“Lexa viene con noi.” disse quella per tutta risposta fulminando i suoi compagni con uno sguardo truce che non ammetteva repliche.

Questi la squadrarono per qualche istante, poi Elleo si diresse con passo elegante verso la Heda.

“Amabile fanciulla! Sono lieto di offrirti il mio aiuto! Vedo che qualche ignobile circostanza ha intaccato lo splendore della tua magnifica figura!” l'uomo aveva esercitato tutto il suo charme mentre con lo sguardo la scrutava da cima a fondo con evidente interesse.

“Grazie ma sono perfettamente in grado di muovermi da sola.” lo scostò Lexa senza degnarlo di attenzioni mentre si dirigeva rapida verso gli altri.

Melanippe aveva seguito la scena e li osservava evidentemente soddisfatta e anche un po' sollevata. Un tenue sorriso le increspava le labbra.

Elleo fece una piroetta su sé stesso e sospirò: “Mel, non le avrai mica parlato male di me, non è vero?” disse fintamente afflitto mentre anche lui si apprestava a raggiungerli.

“Potrà sorprenderti, Elleo, ma il mondo non gira intorno a te e non tutti sono vulnerabili al tuo fascino da strapazzo.” aveva ribattuto divertita la ragazza.

 

La guardia li osservava tutti con palese disprezzo.

“Portate i miei saluti al saggio Archiloco.” disse prima di voltarsi e scomparire all'interno dell'edificio alle sue spalle.

 

 

Appena si furono allontanati a sufficienza Elleo, che era passato in testa al gruppo, seguito come un cagnolino dal ragazzino biondo e senza barba, si voltò e porgendo la mano si rivolse a Lexa:

“Elleo di Neto, ex generale delle guarnigioni del Peloponneso!” esordì sicuro di sé gonfiando il petto.

Lexa si appoggiò al bastone e gli strinse la mano.

“Lexa Kom Trikru.” rispose asciutta.

“Che nome esotico e affascinante per una fanciulla dall'aspetto tanto forte quanto affascinante! Non siete di questi luoghi immagino.” la incalzò.

La Heda non rispose.

“In ogni caso...” continuò l'uomo senza farsi intimidire “Questo è Eracle di Trano.” disse indicando il possente guerriero alle sue spalle che le porse il braccio afferrando il suo in una stretta decisa.

“E questo simpatico sbarbatello è Timmi, anche lui di Neto. Può sembrare un buon a nulla ma gli devo la vita...”

Il ragazzino le strinse con timore una mano.

“Il povero Timmi ha perso la lingua anni or sono perciò non potrà allietarti con i racconti di tutte le mie coraggiose gesta...”

“Oh, puoi star certa che ci penserà lui stesso a rimediare al problema!” interruppe sarcastica Melanippe causando in Elleo una risata piena di sé.

“Ma dimmi un po', bella fanciulla, la nostra Melanippe è riuscita a non dare nell'occhio?” le si fece accanto Elleo ridendo compiaciuto per la propria battuta.

Gli occhi multicolore della ragazza furono attraversati da un lampo mentre li osservava a braccia incrociate.

Lexa non era estranea agli scherzi tra compagni d'arme ma era passato molto tempo da quando le era ancora concesso di lasciarsi andare in simili giochi e si sentiva a disagio di fronte a quel cameratismo.

“Lascialo perdere.” intervenne Eracle con voce possente. “Piuttosto, Mel, hai con te quello che Archiloco ci ha chiesto?”

Per tutta risposta Melanippe aprì il fagotto che teneva in mano mostrando una specie di cofanetto di legno.

“Ben fatto.” si complimentò il guerriero. “E adesso se vuoi spiegarci chi è questa ragazza e per quale ragione si è unita al nostro gruppo...”

“Non mi sono unita al vostro gruppo. Ringrazio Melanippe per avermi aiutata ad uscire, ma è mia intenzione proseguire il mio cammino da sola.” intervenne Lexa con decisione. Doveva assolutamente trovare un modo per tornare il più presto possibile da Clarke o almeno per mettersi in contatto con lei. Era sicura che avesse bisogno di lei perché, anche se fosse riuscita a distruggere A. L. I. E., era certa che le minacce per il loro mondo fossero tutt'altro che finite. Se solo fosse riuscita a trovare un altro specchio. Ormai era sicura che avessero un ruolo importante negli spostamenti tra una realtà e l'altra.

“E dove hai intenzione di andare?” era intervenuta Melanippe con un tono di voce leggermente alto che le aveva fatto abbandonare il suo atteggiamento da dura.

Questo suo intervento improvviso e concitato aveva attirato l'attenzione di tutti i suoi compagni che adesso la stavano studiando con attenzione. Ciò le provocò un leggero rossore sul volto, a cui ormai Lexa era abituata.

“Non lo so ancora.” rispose la Heda con sincerità.

“Se veramente non ricordi cosa è successo e non sai dove ci troviamo, come farai? E poi con una caviglia rotta! Resta con noi almeno finché non ti sarai rimessa.” insisté Melanippe ignorando gli altri.

Lexa esitò, ciò che aveva detto la ragazza era vero. Non sapeva se e quanto quel mondo fosse pericoloso ma la presenza di guerrieri non faceva ben sperare. Inoltre, non aveva idea di quale fosse la direzione da intraprendere. Forse l'unica soluzione poteva essere davvero quella di unirsi a quel gruppo cercando di raccogliere le informazioni che le servivano. Ma...

“Io devo tornare subito indietro...” sussurrò come una supplica rivolta al destino.

“Dove devi tornare?” intervenne Elleo con un tono meno giocoso.

“Nel luogo da cui provengo...” sarebbe stato complicato, anche se si fosse fidata completamente di loro.

“E sarebbe?”

“Polis, la mia città.”

“Mai sentito di una città con quel nome.”

“È molto lontana da qui.”

Elleo guardò Timmi che annuì e fece alcuni strani segni con le mani.

“Sembri sincera anche se è chiaro che non ci stai dicendo tutta la verità. Lo capisco, non ci conosci e non sai se puoi fidarti completamente di noi. Spero solo che non avremo di che pentirci...”

“Se Melanippe si fida a sufficienza di lei da invitarla ad unirsi a noi, allora anche noi dobbiamo fidarci di lei, Elleo.” intervenne con decisione Eracle. “In ogni caso, Lexa, se questo luogo è lontano come dici non puoi giungerci da sola con una caviglia in quello stato.” aggiunse indicandole il piede.

Mel lo guardava con ammirazione e gratitudine. Poi tutti si voltarono verso Lexa in attesa.

Un turbinio di pensieri le attraversava la mente. Fece appello a tutto ciò che aveva imparato durante il suo addestramento e gli anni di comando. Non aveva altra scelta.

“D'accordo. Ma appena mi sarò rimessa e avrò raccolto le informazioni che mi servono, proseguirò da sola.” sentenziò Lexa.

Lo sguardo di Melanippe si illuminò all'istante.

Fu allora che si accorsero di un rumore di cavalli al galoppo che giungeva da sud nella loro direzione.

Immediatamente ciascuno estrasse la propria arma e i tre uomini si posero in posizione d'attacco davanti a loro. Melanippe incoccò una freccia e si collocò in modo da avere un'ottima linea di tiro. Il suo sguardo era diventato feroce e implacabile, quello di una vera guerriera.

Lexa impugnò una spada e caricò tutto il suo peso sulla gamba sana facendo leva sul bastone. Si rese immediatamente conto che sarebbe stato molto difficile combattere in quello stato.

“Spero che tu sia una valorosa combattente Lexa, di questi tempi non si sa mai cosa può attenderci dietro l'angolo.” le disse cupo Elleo. La Heda si vide confermata la sua impressione che quei luoghi fossero decisamente pericolosi.

Dopo pochi istanti comparvero di fronte a loro due cavalli lanciati al galoppo. A cavalcarli, tuttavia, non sembravano essere dei guerrieri ma degli uomini vestiti con lunghe e variopinte tuniche. Lexa notò Melanippe allentare la presa sulla corda ma nessuno abbandonò la posizione di difesa.

Giunti a una decina di metri da loro i cavalli inchiodarono e uno dei due uomini scese al volo dalla propria cavalcatura. Alzò le mani mostrando di essere disarmato.

“Non attaccate! Mi manda Archiloco!” disse e lentamente infilò una mano sotto la propria veste mostrando l'altra in segno di pace. Estrasse con cautela una specie di cerchio di legno con su inciso un simbolo che la Heda non riconobbe ma che rassicurò gli altri a tal punto da far loro rinfoderare le armi. Allora anche lei abbassò la sua ma attese prima di riporla nel fodero.

“Che succede?” chiese Elleo.

“Dovete correre a palazzo, Re Mida vi manda a chiamare con urgenza! È successo un disastro, una vera tragedia! Il Re ha bisogno di voi e subito!” rispose l'uomo con il fiatone e un tono di voce colmo di disperazione.

Gli uomini si guardarono a vicenda poi, come al solito, fu Elleo a parlare.

“Archiloco ci ha affidato una missione e dobbiamo portarla a termine prima...”

“Oh, quasi dimenticavo! L'urgenza della situazione mi ha offuscato la mente.” disse il messo ed estrasse da una sacca che teneva legata a un fianco un foglio di pergamena arrotolato. L'altro uomo, in groppa al proprio cavallo li osservava senza intervenire ma sembrava non perdersi neppure un cenno.

Elleo afferrò la pergamena e la srotolò, poi lesse a voce alta.

Ho fornito al Re le vostre credenziali per l'ottimo servigio che mi avete svolto. Consegnate lo scrigno a Menelao e recatevi immediatamente dal sovrano. La missione che ha da affidarvi è della massima importanza. Il sigillo in cera lacca sembra quello di Archiloco.” concluse Elleo rigirandosi il messaggio tra le mani.

Il messaggero annuì.

Eracle guardò Timmi che nuovamente si produsse in strani gesti con le mani.

Allora i tre si fecero di lato per lasciare il passo a Melanippe che aveva seguito lo svolgersi degli eventi alle loro spalle. La ragazza si avvicinò a quello che doveva essere Menelao e gli consegnò con il fagotto che fino a quel momento aveva conservato con cura nella sua sacca. L'uomo lo prese e lo ripose al sicuro nella propria.

“Presto adesso recatevi a palazzo. A mezzo miglio da qui troverete quattro cavalli ad attendervi.”

“Temo che non ci siano più sufficienti.” intervenne Elleo indicando Lexa.

“Chi è costei?” chiese allarmato Menelao che sembrò accorgersi solo allora della sua presenza.

“La nostra nuova compagna.” sentenziò Melanippe con un tono che non ammetteva repliche da parte di nessuno, Lexa compresa.

Il messaggero sembrò esitare, incerto sul da farsi. Poi annuì dicendo:

“D'accordo, allora prendete il mio cavallo.”

“Non ci serve. Dubito che Lexa sia in grado di cavalcare da sola, per il momento. Salirà con me...” azzardò Melanippe.

“O con me.” intervenne Elleo facendole l'occhiolino.

Mel lo fulminò con lo sguardo. “Piantala, Elleo, tu non...”

Mentre i due si fronteggiavano Lexa sorpassò entrambi zoppicando e si affiancò al cavallo. Facendo forza sulla gamba sana si issò sulla bestia. Era forte e possente come raramente ne aveva viste a Polis e il suo manto era nero e lucido.

Lo sforzo le aveva fatto venire il fiatone e la caviglia sana cominciava a subire gli effetti del carico che le era imposto, ma si erse comunque con portamento fiero in groppa all'animale.

“Sono perfettamente in grado di cavalcare da sola. E ora andiamo.” non era affatto certa che questa così detta missione l'avrebbe avvicinata a quello che era il suo obiettivo, ma la situazione le era piuttosto chiara. Se voleva restare con quella compagnia non poteva imporre loro i suoi obiettivi a tal punto da far loro disobbedire a un ordine del Re.

Tutti i presenti la guardavano piuttosto impressionati, solo Eracle era particolarmente scuro in volto.

 

Si avviarono a piedi seguendo la strada fino a che non trovarono un piccolo edificio al cui esterno erano legati quattro magnifici destrieri, tutti di colore bianco, tranne uno che era pezzato di marrone.

Elleo slegò gli animali e si issò su uno di quelli bianchi.

“Quello di due colori va a Melanippe!” disse gioviale. Anche gli altri due uomini risero impossessandosi rapidamente degli altri due cavalli monocolore.

Melanippe non sembrava essere molto contenta di quella scelta obbligata e lanciò occhiatacce rabbiose

A Lexa sembrò che osservasse di sottecchi anche la sua reazione. Anche se aveva trovato lo scherzo divertente, la Heda non aveva mutato minimamente la sua severa espressione del volto, il che parve rinfrancare non poco l'altra ragazza.

“Dove dobbiamo recarci?” chiese Eracle.

“Al palazzo. Vi prego fate presto, la regina sta impazzendo di dolore!” si lasciò sfuggire Menelao.

I compagni si guardarono tra di loro con crescente preoccupazione. Cosa poteva essere accaduto di tanto grave?

“Bene, in tal caso, procederemo al galoppo. Lexa, stacci dietro. Immagino tu non conosca la strada.” ordinò Eracle.

Lexa annuì e il gruppo parti a gran velocità sul selciato.

 

 

I luoghi che attraversarono erano meravigliosi. Un paesaggio collinare percorso da boschi di querce, pini e faggi. Di tanto in tanto si vedevano porzioni di terreno coltivate in un modo che Lexa non riconosceva. Si scorgevano anche alcune capanne e dei pastori che li osservavano allarmati tenendo i loro greggi a distanza.

Dopo circa un'ora scorsero in lontananza un palazzo in cima a una collina circondato da un gran numero di edifici sparsi sulle sue pendici. Se fino a quel momento i luoghi che aveva attraversato potevano averle ricordato la sua terra d'origine, adesso Lexa rimaneva a bocca aperta perché non aveva mai visto niente che potesse anche solo vagamente assomigliare all'architettura di quella città. I rossi tetti spioventi, la bianca lucentezza dei muri e la ricchezza dei colonnati la incantavano.

Via via che si avvicinavano alla città incontrarono sempre più gente che andava o tornava dalla capitale trasportando a mano merci o trainando qualche carretto. Appena li sentivano arrivare si facevano da parte lasciando loro libero il passo.

Nessuno li ostacolò neppure in città dove furono, però, costretti a rallentare a causa del maggior affollamento di persone. Anche le guardie li lasciavano passare e anzi, trattenevano la popolazione ai lati delle strade: evidentemente qualcuno aveva provveduto ad avvisarli del loro arrivo.

Arrivarono in cima alla collina, di fronte al palazzo, che era ormai mezzogiorno. Lexa si sentiva debole, affaticata per la lunga cavalcata in cui di certo i colpi alle reni del cavallo non avevano favorito la ripresa della sua caviglia. Inoltre non mangiava dalla sera precedente, in cui, per altro, aveva a mala pena sbocconcellato la pagnotta offertale.

Appena smontarono da cavallo le guardie si fecero loro incontro guidate da un uomo con un'armatura più appariscente delle altre che doveva essere il loro comandante. Melanippe ed Elleo le si fecero contemporaneamente incontro per aiutarla a smontare, ma ignorò le mani protese di entrambi e si calò da sola a terra, cercando di celare la fitta di dolore che l'atterraggio le aveva causato. Notò Elleo ridacchiare mentre invece Melanippe si incupiva.

“Presto! Seguitemi!” intimò senza troppi preamboli il capitano delle guardie.

La maestosità del palazzo, il cui soffitto era altissimo e i cui pavimenti rilucevano come specchi, fece pensare a Lexa che mai in vita sua avrebbe immaginato niente di simile. Questo mondo era sicuramente molto più ricco del suo e temette al pensiero di quanto potesse essere potente il suo re.

Non le lasciarono il tempo di soffermarsi ad osservare ciò che la circondava per quanto la sua andatura claudicante la avvantaggiasse in quell'operazione. Notò anche che le guardie erano in subbuglio e sembravano accorse in gran numero al palazzo.

Due soldati spalancarono due immense porte che si stagliavano maestose davanti a loro e si trovarono in una stanza ancora più grande e riccamente decorata. Al termine di una breve scalinata, proprio di fronte a loro si ergevano due troni in legno. Lexa osservò compiaciuta che questi erano invece molto meno imponenti del suo nella torre di Polis. Sopra vi sedevano un uomo e una donna. L'uomo sembrava anziano, il suo corpo flaccido era ornato da ricche vesti e al fianco aveva una spada ma non le sembrò affatto un avversario temibile. La testa canuta era ornata da una luccicante corona e l'ispida barba bianca contribuiva a mala pena a celare il gran numero di rughe che gli solcavano il volto. Gli occhi acquosi sembravano pieni di un'incolmabile pena. La regina, invece, appariva molto più giovane e i capelli corvini erano intrecciati in una ricca acconciatura ornata di perle e altri gioielli. Le piccole labbra rosse spiccavano ancora di più su di un volto pallidissimo e l'espressione altera che aveva assunto mal si conciliava con i neri occhi pieni di lacrime.

Elleo, Eracle, Timmi e Melanippe si avvicinarono al trono e si inchinarono di fronte al Re. A Lexa si gelò il sangue nelle vene. Avrebbe dovuto inchinarsi anche lei, onore che fino a quel momento aveva riservato solo al comandante che l'aveva preceduta e a Clarke. Clarke, la vedeva adesso di fronte a lei, maestosa Wanheda, la più bella di tutte le regine.

Facendo appello a tutta la sua diplomazia, cominciò a spostare il peso sulla gamba sana tentando di non sbilanciarsi mentre si inginocchiava. Fu interrotta dal Re che fece loro un cenno sbrigativo della mano ordinando loro di alzarsi.

“Lasciate perdere questi convenevoli. Siete qui perché Archiloco mi ha parlato del vostro valore e soprattutto della vostra capacità di agire nell'ombra.” la voce del sovrano era cupa, anche se possente. Sembrava provenire dall'oltretomba.

“Questa notte i miei due figli gemelli sono stati rapiti.” esalò con una gran pena.

Tutti i presenti si scossero e la regina fece un piccolo sobbalzo mentre una lacrima silenziosa si faceva strada fino al suo petto, come il primo rivoletto d'acqua che la primavera fa scendere dai ghiacciai a valle.

   
 
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