Epilogo
“Kagome!”. Sango bussò nuovamente
alla porta senza ottenere risposta. Fissò Miroku
confusa, il quale fece spallucce altrettanto spiazzato. Origliavano alla porta
da quando era entrato Inuyasha, ma poi le voci erano
cessate di colpo.
“Basta, io
entro!”, esordì alla fine la ragazza, facendosi coraggio.
“Sango!”. Miroku la trattenne per
il polso, facendola girare immediatamente sulla difensiva. “Che c’è?”, domandò
lei scocciata. Lui la fissò per diversi secondi.
“Credevi che
stessi per palparti vero?”, domandò con un’innocenza vergognosa. Sango arrossì inevitabilmente, ritraendosi. “C-che c’entra questo ora? E anche se fosse ne avrei
decisamente motivo!”, si difese subito la ragazza facendo l’indifferente. Miroku sorrise sghembo.
“Facciamo
così: prima risolviamo il problema di Kagome e poi mi
avrai di nuovo maniaco e tutto per te!”.
“Guarda che
mica ci tengo!”, strillò Sango arrossendo, mentre
l’altro ridacchiava divertito. “Basta adesso! Io entro davvero!”.
“Fossi in te
non lo farei”, suggerì il ragazzo. Sango lo fissò
perplessa. “E perché?”, domandò con la mano sulla maniglia.
“Potresti
trovarli mentre consumano”, rispose lui con semplicità.
“MIROKU!”,
urlò Sango arrossendo nuovamente.
“Il nostro
amico si è dato da fare allora!”. I due si voltarono verso l’origine della
voce, incontrando gli occhi verdi di una ragazza circondata dalla sicurezza.
Assieme a lei c’era una banda di ragazzi che continuavano a discutere tra loro
in manette.
“Prego?”,
domandò Sango confusa, fissando una delle guardie.
“Sono i
teppisti dell’ingresso”, spiegò l’uomo, “il signor Miroku
ha detto di portarli qui una volta catturati”. Sango
fece per parlare di nuovo, ma proprio in quel momento vide il manager fiondarsi sulla ragazza con mani
affamate.
“MI-RO-KU!!!!”,
strillò, mentre l’uomo si presentava alla ragazza con una delicata palpata. Ayame si immobilizzò.
“TU SEI
MORTO!”, strillò di colpo, liberandosi dalle guardie con una forza sovraumana.
“TU!!! COSA
HAI FATTO ALLA MIA FIDANZATA?!”, urlò un ragazzo con la coda nel mezzo del
gruppo, facendosi largo a spallate.
“Posso
spiegare, sono scivolato”, si giustificò Miroku
agitando le mani davanti al volto.
“Adesso
nessuno vorrà più sposarmi!”, pianse Ayame rabbiosa,
“Voglio vendetta!”
“Guarda! L’hai
fatta piangere!”, sibilò accusatorio il demone lupo.
“Ma… no… io…”,
balbettò Miroku in difficoltà. Si rivolse a Sango in ricerca di aiuto. “Sango,
una mano?”.
La ragazza lo
squadrò, prima di alzare il mento altezzosa.
Magari la
prossima volta si sarebbe ricordato di non scivolare.
“Secondo te saranno arrabbiati?”, domandai,
tenendomi con le braccia allacciate al collo di Inuyasha.
Lui correva veloce come il vento, tenendomi in braccio. I suoi capelli
argentati si confondevano con i riflessi della luna, e ne rimasi ipnotizzata finché
la sua voce non mi riscosse.
“Non saprei. Mi ha fatto entrare la ragazza mora,
quindi immagino si aspettassero che la nostra discussione andasse per le
lunghe”, disse con sincerità, mentre atterrava agilmente sul retro del palco.
Mi lasciò toccare terra con delicatezza, mentre lo baciavo a fior di labbra.
“Vado e torno, promesso”, dissi sorridendogli. Lui
annuì, un po’ imbarazzato. La sua timidezza mi faceva impazzire. Era troppo
dolce quando distoglieva gli occhi con quel rossore quasi impercettibile.
“Neko? EHI, NEKO!”. Mi
voltai perplessa verso la voce che mi chiamava, e vidi un microfonista che
correva nella mia direzione. “Vieni immediatamente! Il tuo manager è stato
aggredito!”.
Spalancai gli occhi incredula.
“CHE COSA?”.
Corsi nei camerini, guidata dal microfonista e
seguita da Inuyasha, come un’ombra senza la quale non
riuscivo a muovermi. Vidi Sango da lontano mentre
usciva dal mio camerino, e la chiamai. Lei si voltò nella mia direzione
confusa, ma poi mutò subito espressione.
Nonostante fossi decisamente lontana, mi bastò un
suo sguardo per terrorizzarmi.
Era arrabbiata.
Molto arrabbiata.
“KAGOME!”, urlò venendomi incontro. Mi paralizzai in
preda al terrore. “Come ti viene in mente di sparire? Senza un biglietto!
Un’indicazione! Nulla!”. Aprii la bocca per scusarmi, ma lei non mi diede il
tempo di farlo. “Non pensi a come mi sia preoccupata? Io mica mi fido di questo
qua!”, esordì additando ‘questo qua’
– alias Inuyasha – il quale la fulminò
immediatamente.
“E, tanto perché le disgrazie non arrivano mai da
sole, Miroku le ha prese dall’amica teppista di questo qui! Lui con le mani ferme mai!”,
continuò a lamentarsi Sango.
“Oh mamma!”, esclamai preoccupata, “e come sta?”.
“Ovviamente è rimasta scioccata, ma è una ragazza
forte”, mi tranquillizzò Sango, “supererà il trauma,
anzi ha già reagito fin da subito”.
“Sono contenta”, sorrisi, “poverina, deve essere
stata un’esperienza terribile”.
“Ehm… scusate?”. Ci
voltammo assieme verso Inuyasha, che ci fissava con
sguardo confuso. “Ma il tuo manager?”.
“Ah, non ti preoccupare! Figurati se quello desiste
per un po’ di botte”, sbuffai io rassegnata.
“Infatti, fossi in te mi preoccuperei della sanità
psicologica della tua amica”, gli consigliò Sango,
“anzi spero che non si sia fatta male alle gambe per picchiare quel maniaco”.
Annuii, anche se Inuyasha
mi fissava decisamente perplesso.
“Comunque, Kagome…”,
continuò Sango con una voce poco rassicurante.
“Sì?”, domandai, cominciando da subito a
terrorizzarmi.
“FILA SU QUEL BENEDETTO PALCOSCENICO!!!”, strillò additando
le quinte.
Ci corsi come un fulmine.
Faceva troppa paura per non obbedirle.
Fissai Kagome mentre fuggiva letteralmente da quella donna
spaventosa – Sango avevo capito – la quale sospirava
rassegnata.
“Che ragazza… non avrà mai
la testa sul collo!”, esclamò sconsolata, prima di concentrarsi su di me
svogliatamente. “Ti consiglio di andare dalla tua amica, gli altri tuoi
compagni teppisti sono in commissariato”, mi disse sbuffando, “immagino che ci
toccherà pure pagargli la cauzione. La ragazza è rimasta per farsi visitare da
un medico nel caso si sia fatta male”.
“Quindi è dal medico”, constatai, ma Sango scosse la testa con espressione contrariata.
“No, il medico è ancora da Miroku.
Ha insistito per visitare prima lui anche se dicevo che non faceva niente”.
…
Ma che razza di gente conosceva Kagome?!
Seguii le indicazioni di Sango,
e raggiunsi la stanza in cui avevano chiuso Ayame.
Fissava il vuoto. Oh Kami, magari era davvero rimasta
shockata da quel maniaco!
“Aya…”, cominciai, ma mi
interruppi appena si voltò a guardarmi, con uno scatto che non mi aspettavo.
Aveva lo sguardo di chi è persa in un altro mondo.
“Oh. Inuyasha”, disse
completamente atona, tornando a guardare davanti a sé. Era terribilmente
inquietante.
“Ehm… stai bene?”,
domandai avvicinandomi con lentezza calcolata. Domanda sbagliata. Mi fulminò, scattando in piedi.
“BENE?! Come ti viene in mente! Adesso non mi vorrà
più nessuno, non sono più una fanciulla pura e casta!”, strillò coprendosi il
volto con le mani. Nonostante la tragicità della scena – controllai di non
essere finito in uno shojo – la scenata non mi toccò
affatto.
“Ayame, tu non sei mai
stata pura e casta”, gli feci notare senza mezzi termini. Lei alzò il volto
altezzosa, facendo l’offesa.
“Non puoi certo dirmi tu queste cose, stupido padre di famiglia!”, disse stizzita.
Raggelai, prima di arrossire mortalmente.
“Non sono un padre di famiglia, lupaccia!”, urlai
imbarazzato. “Ma lo sarai presto! A me non mi vorranno mai, mai, mai più!”,
terminò lei ignorandomi.
Perché mi doveva rinfacciare il fatto che ero… ero spos… Ero, punto!
“Inuyasha?”.
“Che vuoi?”, domandai sulla difensiva, anche se il
suo tono aveva qualcosa di diverso. Mi guardò con i suoi grandi occhi verdi,
con lo stesso sguardo illeggibile di prima.
“Da quanto conosci me e Koga?”.
La guardai perplesso; non capivo dove volesse arrivare. “Molti, troppi anni”, risposi acido. Lei sorrise
debolmente, rendendomi ancora più confuso.
“E lui non è mai stato d’accordo su di noi,
giusto?”, domandò in tono malinconico. Non risposi, ma non riuscii a capire se
era una domanda retorica o meno. “Lo sai com’è lui”, cercai infine di
tranquillizzarla – anche se non era affatto il mio forte –, “non sopporta che
gli sia stato imposto un matrimonio, Ayame. È solo
per quello che si comporta così nei tuoi confron…”.
“No”, mi interruppe di colpo, “non è questo”.
Inarcai un sopracciglio confuso. Se voleva sfogarsi non ero la persona giusta
per farlo.
“Ha urlato che sono la sua fidanzata”.
La fissai sconvolta. Koga?
Proprio il Koga che conoscevo io? Quello che non si
sarebbe piegato ai voleri della famiglia Yoro mai e
poi mai? Il tipico ragazzo ribelle? Certo, era sempre stata Ayame
a rimetterci, e tutti capivamo che c’era del tenero, ma lui era troppo orgoglioso.
Mi riscossi dai miei pensieri solo quando vidi gli
occhi di Ayame farsi lucidi.
“Inuyasha!”, strillò
scoppiando a piangere e abbracciandomi, “Sono così felice!”.
Rimasi paralizzato dalla sorpresa. Non avevo mai
visto Ayame piangere. Mai. Tantomeno era mai stata tanto affettuosa. Nonostante il mio
carattere freddo non potei evitare di sorridere, ricambiando il suo abbraccio.
“Stupida palla di pelo rosso che non sei altro”,
mormorai divertito, “piangi per quello scemo?”.
“Zitto, stupido marito da quattro soldi!”, strillò lei
isterica, continuando a piangere sulla mia spalla.
“Non dovresti dirlo a me dato che il tuo non sarà
certo meglio”, borbottai offeso e imbarazzato. La sentii ridacchiare
debolmente.
“Già”, singhiozzò asciugandosi le lacrime, “sembra
che sarà così”.
Sospirai sollevato, mentre lei si calmava e si
sedeva nuovamente con gli occhi leggermente arrossati.
“Devo andare immagino”, le dissi, avvicinandomi alla
porta. Troppo affetto tutto insieme, non ero abituato a dire frasi tanto
consolanti alle persone.
“Non dire a Koga che ho
pianto”, mi pregò subito, ed io mi limitai ad annuire. Tanto non l’avrei fatto
comunque.
“Verrò a pagare la cauzione, prometto”, dissi
aprendo la porta. Lei annuì tranquilla.
“Ah, Inuyasha!”. Mi
fermai, fissandola. “Hai un buon nuovo odore”. Sorrise malignamente: ecco l’Ayame che conoscevo.
“Sì”, borbottai arrossendo, e sbattendo la porta
dietro di me. Doveva sempre avere l’ultima parola quella maledetta!
Adesso cosa dovevo fare? Kagome
era sul palco, Sango si era dileguata, e io ero dietro
alle quinte del concerto più seguito del Giappone.
Cosa mi avrebbero fatto se avessi accidentalmente
staccato qualche contatto degli altoparlanti? O dei microfoni? Forse mi
avrebbero crocefisso. O, in alternativa, mi avrebbero costretto a lavorare a vita
per la nonnetta della lavatrice. Ma poi, alla fine, l’aveva ricomprata oppure
no? Non ero sicuro di volerlo sapere, saperlo equivaleva a ricevere una sua
chiamata, sicuramente per un guasto.
“Ehi tu?”.
Mi voltai verso il proprietario della voce, per assicurarmi
di essere il ‘tu’ in questione e, nel caso, per fargli una bella ramanzina per
la sua educazione di trascurabile qualità.
Ma mi ritrovai davanti ad una persona di non
trascurabile importanza.
Ok, non conoscevo Neko.
E va bene, non frequentavo da un po’ l’ambiente
musicale.
Ma nessuno, nessuno
in tutto il Giappone non conosceva Naraku Shouki, della omonima e onnipotente azienda. Credo che solo
le nobili famiglie dei demoni potessero essere più ricche di lui. Come la mia.
Ma io non ne facevo parte in fondo, o non avrei scroccato soldi dalla prima
ragazza che incontravo per strada. E questa mia perenne mancanza di denaro non
l’avevo mai adorata come in quel momento.
“Dov’è Neko?”, domandò
brusco, squadrandomi dall’alto in basso.
“È sul palco”, mi limitai a rispondere freddo.
“Bè, portami da lei… cosa sei, un microfonista? Addetto alle luci?”,
domandò con disprezzo. Aprii la bocca per rispondere, quando Sango sbucò davanti a me.
“Cosa fai ancora qui?”, mi chiese confusa, “La
saletta è da quella parte!”.
“Ci si rivede Sango”,
ridacchiò Naraku, dietro di lei. La vidi
paralizzarsi, prima di voltarsi lentamente.
“Ah… io…”,
balbettò la ragazza, lasciandomi di stucco. Non pensavo che quella furia della
natura fosse capace di balbettare.
“Portami da Neko, dato che
i tuoi sottoposti sembrano incapaci”, comandò lui, fissandomi in maniera
fastidiosa, “E hanno un odore strano. Quasi familiare…
chi sei?”.
Feci per rispondere, ma Sango
mi fermò.
“Nessuno! Non è nessuno!”, ripeté, lanciandomi
un’occhiata intimidatoria, “Venga, Kagome ha quasi
finito”.
“Sarà…”, si limitò a
mormorare lui, per poi seguire Sango. Non prima di
avermi raggelato con lo sguardo, ovvio. Non ci feci grande caso, ero ancora
confuso dalla reazione di Sango. Odore familiare… era perché adesso odoravo anche di Kagome. Ma perché non poteva saperlo? Precisiamo, non ci
tenevo che la notizia facesse il giro del mondo, non così almeno. Mi bastava
sapere che Kagome fosse mia, e che tutti potessero
sentirlo. Non per questo dovevo correre in giro lanciando volantini riguardo il
mio ma… il mio matr…
Oddei, non riuscivo neppure a
pensarci.
Seguii la scia di Sango, e
la raggiunsi proprio mentre Kagome scendeva dal
palco.
“Bene Neko, spiegami un
po’ cosa è successo”, comandò Naraku, con tono
minaccioso, “Ti sembra il caso di interrompere un concerto così? Sai da dove
sono venuto a causa tua? La mia esistenza non è così inutile come la tua, sono
corso qui da un meeting importante”.
Strinsi i pugni, mentre Kagome
si mordeva il labbro inferiore, abbassando lo sguardo. Avevo una forte
tentazione di picchiarlo, ma sapevo bene che non potevo farlo. Ogni mio gesto
sarebbe ricaduto su Kagome.
Naraku annusò l’aria, perplesso.
Spalancò gli occhi, prima di voltarsi a fissare me.
“Non è possibile”, sibilò, assottigliando gli occhi,
“tu sei pazza!”.
“Non ho potuto fare nulla, mi dispiace”, si difese
lei rapidamente, “non potevo aspettare!”.
“Ti rendi conto di cosa hai fatto?”, sbraitò Naraku, “tu sei una idol! Non
puoi fare come ti pare! Sei di mia proprietà!”.
Mi stavo trattenendo, lo giuro.
Ma di fronte a quell’affermazione, non potei evitare
di ringhiare.
“Lei. È. Mia”, scandii minacciosamente, mentre
l’uomo mi fissava sconvolto.
Naraku boccheggiò, mentre Kagome si torturava le mani per l’ansia.
“Le idol non possono causare
simili scandali”, sibilò infine, “ogni loro gesto deve essere calcolato in base al tempo, e preparato per ottenere dall’evento più
soldi possibili”.
“Kagome non è una macchina
per sfornare soldi”, ringhiai, ormai incapace di trattenermi.
“Questo lo decido io, ragazzino”, concluse lui, prima di darmi le spalle.
“Non se Kagome cambia
sponsor!”.
Quella voce.
Mi voltai sconvolto verso la ragazza che aveva
pronunciato quelle cinque parole, e vidi una sorridente Rin
venirmi incontro. Ovviamente mio fratello – o l’alieno che lo sostituiva,
dovevo accertarmene – la seguiva come un’ombra.
“Come dici?”, domandò Naraku
sconvolto. Sempre educato a quanto pare, dato che dava del tu ad una
sconosciuta. Sesshomaru lo gelò con lo sguardo.
“Quello che ho detto”, spiegò Rin
con semplicità, “sono della famiglia Taisho. Sì, non
faccia quella faccia, sono la moglie del primogenito di Inu
no Taisho. E sono qui per diventare il nuovo sponsor
di Kagome”.
Rin era sempre stata molto diretta
quando si arrabbiava.
“Non può! Lei ha un contratto con me!”, urlò Naraku adirato.
“Bene”, liquidò Rin
semplicemente, “la denunci. Pagheremo la causa”.
L’uomo boccheggiò, per poi andarsene in preda
all’ira.
Sango ancora non credeva ai suoi
occhi.
Kagome mi fissava incredula.
Io ero convinto che Rin
fosse un mito.
Miroku arrivò zoppicante esordendo
con un semplice ‘Che mi sono perso?’.
Sesshomaru… bè,
lui fissava Rin contrariato. E ci credo, la ragazza
gli aveva spillato fior di quattrini con due frasi messe in croce.
“Non ci credo”, sussurrò Kagome
avvicinandosi, “sono libera da Naraku”.
“Suvvia Kagome, siamo
amiche!”, ridacchiò Rin spensierata, “Avrei fatto
questo e altro per te”.
Kagome la guardò, con le lacrime agli
occhi.
“Oh Rin”, singhiozzò,
“grazie!”. La abbracciò scoppiando a piangere.
Sospirai, fissando mio fratello. Anche lui mi
guardava, probabilmente per il mio odore. Feci spallucce, sorridendo
debolmente.
Lui si voltò a guardare Rin.
Quel giorno giurai di aver visto, seppur debolmente,
un piccolo sorriso increspare le labbra di mio fratello.
“Voglio che tu sia il mio chitarrista”, annunciò Kagome, sorseggiando il suo cocktail. Quasi mi cadde di
mano il mio bicchiere.
“Che cosa?”, domandai incredulo, mentre Koga si faceva una risata, probabilmente per la mia
espressione. Lei mi fissò con lo sguardo di una che non stava affatto
scherzando. Boccheggiai spiazzato, anche Bankotsu e Hiten ridacchiarono.
“Insomma, ma è impossibile!”. Ci voltammo tutti
verso la provenienza dell’urlo. O meglio, tutti tranne me, io fissavo ancora Kagome sconvolto.
“Io sono un mago delle freccette, non mi batterai
mai!”.
“Concordo, non avevo mai perso contro nessuno prima
d’ora!”, confermò Jakotsu tutto eccitato, “e poi con
un uomo così bello!”.
Kikyo e Sango
fissarono perplesse Jakotsu, mentre Miroku ancora si gongolava nella sua vittoria.
“Suvvia signorina Kikyo,
potrei concederle la rivincita ma…”.
“Ma?”, domandò Kikyo,
l’autrice dell’urlo di prima. Era esasperata, ma il suo volto manteneva
quell’espressione impassibile.
“Prima potrei avere l’onore di avere un…”.
“Ehi Sango! Posa quel
tavolo!”, strillò Kagome mettendosi in mezzo. Saltò
giù dallo sgabello, correndo verso la ragazza.
Non riuscivo a credere che potesse sollevare un
tavolo, che razza di forza aveva?
“I tuoi amici sono davvero divertenti, Inuyasha!”, disse Ayame, il
gomito sul bancone come un maschiaccio.
“Dici?”, biascicai io perplesso.
In effetti rallegravano il locale, e Kagome sembrava felice. Si stava alleando con Kikyo per battere Miroku a
freccette, mentre Sango lo fulminava circondata dalle
fiamme infernali.
“Facciamo maschi contro femmine!”, propose Yura, trascinata dall’entusiasmo generale.
“Sì! Kagome, Ayame, voi in squadra con me!”, disse Jakotsu
con entusiasmo.
“Jakotsu, tu sei un uomo”,
disse Kikyo con innocenza.
Il povero ragazzo si ritirò in un angolino a fare
cerchietti depresso.
“Io passo”, dissi subito, non avevo voglia di
mettermi in mezzo.
“Anche io passo!”. Mi voltai perplesso verso Rin. Era lì da molto tempo, ma non aveva ancora ordinato
nulla. Aveva solo fatto amicizia con Ayame, e aveva
chiacchierato un po’ con Hiten.
“Rin, non dovresti essere
a casa?”, domandai con tutta la delicatezza di cui ero dotato.
“Casa è una noia quando Sesshomaru
non c’è”, borbottò lei, accasciandosi sul bancone, “e i tuoi amici mi
sembravano molto simpatici!”.
“Davvero?”, domandai perplesso. Strano pensiero
quando al concerto aveva assistito a una rissa.
“Sì! Anche se Sesshomaru è
convinto che siano una banda di teppisti”.
Questo mi rassicurava, forse gli alieni avevano
finito di fare esperimenti su mio fratello.
“Senti Rin, c’è una cosa
che voglio chiederti”, ricordai, guardandola serio. Lei mi sorrise come suo
solito, invitandomi a continuare.
“Cosa ci facevate tu e Sesshomaru
dietro alle quinte del concerto?”.
“Kagome ci aveva dato un
Pass”, rispose semplicemente, “per sdebitarsi della nostra accoglienza. Grazie
a lei abbiamo visto in concerto in prima fila!”.
“Capisco”, mi limitai a mormorare, prima di
concentrarmi su Kagome e Kikyo.
Stavano elaborando strategie contro Miroku, e Kagome spiegava con precisione la tecnica del lancio a Kikyo.Ero convinto che entrambe si stessero sforzando per
diventare amiche, e non sapevo se esserne felice o meno.
La porta si aprì, accecandomi con la luce
dall’esterno.
“Buongiorno”, salutò il barista, mentre un ragazzo
alto, snello, con capelli biondi e lunghi fino a metà collo si posava come un
modello sul pianobar.
“Buongiorno, cercavo il Neko
Café. Sa dirmi dove trovarlo?”, disse con voce
suadente e dolce. Tutti noi, concentrati sullo sconosciuto, inarcammo le sopracciglia.
Il suo modo di fare ricordava qualcuno.
“Non c’è nessun locale simile in questo quartiere”,
spiegò con semplicità il barista. Il ragazzo lo guardò male.
“È impossibile! Sono sicuro che ci sia!”, strillò
subito, inalberandosi.
“Mi spiace signore, ma le assicuro che non c’è”, si
difese l’uomo, decisamente colpito dalla reazione del ragazzo.
“Sta dicendo che me lo sono inventato?”, domandò
l’altro, permaloso come non mai.
“No ma…”.
Jakotsu, dal suo angolino, sollevò lo
sguardo verso il ragazzo.
“Oh. Mio. Dio!”, scandì, accorrendo al bancone, “Sei
il ragazzo più bello che io abbia mai visto!”.
L’altro si voltò verso di lui arrossendo
terribilmente.
“G-Grazie”, balbettò arretrando un poco, “sei molto
gentile”.
“Dico sul serio!”, esclamò Jakotsu
con gli occhi che brillavano, “Ti prego, esci con me!”.
“Io… ecco…”,
balbettò l’altro, “magari posso fermarmi un po’… sì, per fare conoscenza…”.
Tutti quanti fissavamo la scena sconvolti.
“Piacere, mi chiamo Maguri”.
Era come Jakotsu.
“Vieni, ti offro da bere”.
Le ragazze lo fissavano, tutte con lo stesso
pensiero in mente – lo avrei giurato.
Che spreco di
materiale.
Poi un urlo ci riportò alla normalità.
Miroku palpò Yura,
Hiten lo minacciò di morte, e nel locale tornò il
caos. Kagome tratteneva Sango,
che aveva presto un paio di bottiglie – rigorosamente piene – e stava tentando
di lanciarle con la tecnica delle freccette dell’amica addosso a Miroku.
Mi allontanai dal bancone per tenermi lontano
dall’aura di Shojo manga che emanavano Maguri e Jakotsu, e per cercare
di salvare quel maniaco con cui, in fondo, ero in debito.
Sorrisi, fissando Kagome
che rideva divertita, mentre Sango le chiedeva
confusa che cosa ci fosse da ridere.
Forse era proprio così che dovevano andare le cose,
da quel fatidico giorno in cui la incontrai, completamente coperta da risultare
irriconoscibile.
E forse sì, potevo decisamente diventare il suo
chitarrista.
In fondo non c’era nulla di male.
Ero già suo marito, no?
NdA:
Allora,
avevo promesso di non partecipare a contest prima di finire questa storia,
vero? Ecco… come dire… i
bandi erano così attraenti e pucciosi…
*Aryuna
schiva pugnale ò.ò* O-ok, ma adesso la storia è
finita, giusto? ^__^’ suvvia, siate clementi con me ù__ù Ho scritto 4 shot e 6 drabble in due giorni per
scrivere questo capitolo! *anche questo in due giorni
e finito ieri, ma prima di pubblicarlo sono stata sfrattata dal mio
adorabilissimo (?) fratello =__=*
Allora,
vorrei parlare un poco della storia appena finita.
Fin
dall’inizio avevo deciso che si sarebbe conclusa nel bar, e l’avrebbe
raccontata Inuyasha. Date che il prologo era
cominciato con Kagome, volevo che l’epilogo
terminasse con lui. Ma devo ammettere che doveva essere molto più corto l’intro, il litigio con Naraku
molto più lungo e il pezzo di Ayame totalmente
assente O.o Mi è venuto così scrivendo. L’unica cosa
decisa era l’incontro tra Jakotsu e Maguri *personaggio di Shishi Doumei Cross*
perché per una volta volevo che anche la nostra adorabile fatina (?) avesse un
happy ending ù__ù
La
frase pensata dalle ragazze è la stessa che pensai io vedendo Maguri sulla copertina del volume la prima volta, quando
seppi che era omosessuale XD
Ok,
avevo scritto dei lunghi e bellissimi ringraziamenti a Roro,
Emiko e Onigiri, ma il mio
adorato Word, che funziona sempre perfettamente si è bloccato e se li è
mangiati. Ora, dato che avevo appena finito di scrivere TUTTI i ringraziamenti,
non me ne volete se farò un elenco povero e misero, ma è dalle 11 che scrivevo
ringraziamenti e proprio non ce la faccio, scusate T___T
Ringraziamenti
per i commenti:
-Onigiri
-lola2
-Vale728
-Bchan
-Eriko chan
-achaori
-coco_
-Emiko92
-roro
Ringraziamenti
per i preferiti:
-achaori
-akuby_ge
-baby_dark
-Bchan
-BebyChan
-bribry85
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-Danda93
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-Desy95
-Emiko92
-Eriko Chan
-Fin Fish
-FlyingSquirrel
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-hachi22
-hina
-Hope35
-inufan4ever
-J84
-ka chan
-Kaggi_Inu91
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-Meg___X3
-nitibotu
-Onigiri
-Pikkola amika
-roro
-sackiko_chan
-Selvaggia_Chan
-solandia
-sunsunset
-TheBestLady
-_Dana_
Ringrazio per le seguite:
-inufan4ever
-meris
-pillina28
-vanessa_91_
Ci
risentiamo per B&B *rabbrividisce*