Capitolo 54
L'insegna
del Sunset Bar, lucida e colorata, lampeggia davanti ai miei occhi e mi
premuro di trarre un respiro profondo, prima di entrare. Uno
schiacciasogni tintinna quando mi faccio spazio nel locale. Nicola,
come speravo, è al bancone, stretto nella sua divisa, e sta
servando la colazione ad alcuni clienti. Rimango ferma, lì,
accanto alla porta, mentre lo osservo destreggiarsi nel suo lavoro. Non
riesco a fare a meno di guardarlo quando accenna un sorriso cordiale e
si muove, velocemente, per servire le persone che si avvicinano. Mi
rendo conto che la mia attenzione sia completamente catalizzata su di
lui- riscoprendomi profondamente orgogliosa del mio amico- senza fare
caso al resto che mi circonda.
"Ehm, scusi?" avverto qualcuno, dietro di me, schiarirsi la voce e portarmi a voltarmi, incuriosita.
"Sì?" domando.
"Dovrebbe spostarsi, sta intracciando il passaggio" mi fa presente la signora, a disagio.
Faccio un balzo di lato, accennando a un sorriso costernato.
"Mi dispiace" ammetto, in imbarazzo, ma lei, annuendo, mi ha già sorpassato.
Abbasso il capo, muovendomi in direzione del mio amico, che adesso è di spalle, intento a preparare dei caffè.
Mi avvicino, accomodandomi ad alcuni sgabelli posti accanto e, forse,
per la prima volta, da quando sono entrata, mi permetto di dare
un'occhiata all'ambiente che mi circonda. Il Sunset Bar si trova a
ridosso di un centro direzionale, dove pullulano uffici e aziende di
editoria. Non mi è difficile capire perché la maggior
parte dei clienti presenti abbia un abbigliamento molto formale. Il
locale in sé è molto carino, in uno stile minimal chic,
con il bancone in granito scuro e i faretti a illuminare l'ambiente.
"Ciao! Scusa, mi faresti un caffè?" proferisco, sporgendomi nella sua direzione.
Nicola annuisce, nonostante non possa vedermi, e sistema due tazzine sugli appositi piattini.
"Sì, certo, arriva subito" borbotta, indaffarato, sistemando le
molteplici ordinazioni da portare ai tavoli circostanti. "Macchiato o
normale...Anita?!" esclama sorpreso, incrociando solo poco dopo il mio
sguardo.
"Ciao, Nicola" lo saluto, sciogliendomi in un sorriso.
Lui sbatte gli occhi, ancora incredulo di avermi qui. D'altronde da
quando è tornato e ha trovato lavoro in questo posto, è
davvero la prima volta che io ci metto piede.
Il mio caffè è servito poco dopo, e nel frattempo che lui
lava alcune tazze sporche, ne approfitto per sorseggiare la mia bevanda
e sospirare davanti al sapore della caffeina che invade le mie pupille
gustative.
"Allora, cosa ci fai qui?" mi domanda Nicola, pulendo con uno straccio il bancone.
Incrocio il suo sguardo, arricciando le labbra in una smorfia.
"Non posso passare a salutarti?" gli replico, ingenuamente.
Lui corruga la fronte, accennando a una risata, scettico. "Anita, perché sei venuta?"
Rilascio un sospiro, ticchettando le mie dita sulla superficie liscia del marmo.
"Devo parlarti".
Il mio amico annuisce, incrociando le braccia al petto. Mi rendo conto
che il locale, data l'ora, si sia svuotato, e la quasi totale assenza di
clienti ci permetta di avere una certa privacy.
"Dimmi tutto" mi esorta.
"Io e Luca stiamo insieme" gli confesso, cercando di captare in lui
qualche reazione. Il comportamento di Nicola è capace di
colpirmi, perché mi dà l'impressione di essere
rimasto indifferente alla notizia.
"Okay" ammette, infatti, con non chalance.
Corruccio la fronte. "Okay?" gli chiedo, confusa.
Nicola rotea gli occhi al cielo, appoggiandosi al lavandino dietro di sé, facendosi leva con le braccia.
"Sì, Anita, okay. Mi fa piacere, stop." ribatte, evasivo, ma non
mi sfugge che il suo tono si sia fatto d'un tratto infastidito.
"È questo tutto quello che sai dirmi?" sussurro, intristita. Non
che mi aspettassi Nicola facesse i salti di gioia, sia chiaro, ma non
pensavo potesse reagire con questa insolita freddezza.
Lui arriccia le labbra in un sorriso irrisorio, indicandomi.
"Cosa vuoi che ti dica, Anita? Non posso mettermi di certo a fare un balletto della felicità".
"Pensavo l'avessi superata..." mormoro, allora, abbassando lo sguardo e
stringendo le mie dita attorno al bancone, con forza, fino a dar
diventare le nocche bianche.
"Io l'ho superata, Anita!" ribatte lui, stizzito, rendendosi conto solo
in seguito di aver alzato troppo la voce. Così si allontana,
facendomi segno di rimanere lì e lasciandomi a fare i conti con
un'angoscia nel petto.
"Gio', puoi sostituirmi un attimo? Ho bisogno di una pausa!" borbotta in direzione della porta che dà sulla cucina.
Un uomo alto e austero fa capolino da essa, fermandosi a scrutare Nicola dall'alto in basso.
"Che significa che hai bisogno di una pausa?" gli domanda, rigido.
Il mio amico si limita a indicarmi con il capo e quello si volta nella mia direzione, assottigliando lo sguardo.
Poi rilassa le spalle, accennando a un sorriso malizioso.
"Lo faccio solo per quella bella ragazza lì!" gli fa presente in
tono canzonatorio, mentre Nicola scuotendo la testa, mi fa cenno di
seguirlo.
Gli cammino a fianco, silenziosa, osservando il mio amico richiudere la porta del retro di sé.
"Così possiamo parlare più liberamente" ammette, indicando lo spazio che ci circonda.
Annuisco silenziosamente, appoggiandomi alla parete dietro di me.
Nicola alza lo sguardo al cielo, con i raggi del sole che illuminano il
suo volto, per poi lasciarlo ricadere su di me e trarre uno sbuffo.
"Anita, cosa c'è?"
Questa volta sono io a ridere, amaramente.
"Sei mio amico Nicola e ci tenevo a condividere questa notizia con te,
tutto qui. Non mi aspettavo che tu potessi fare i salti di gioia, no,
questo no, eppure non avevo considerato una reazione così fredda
da parte tua" proferisco, sentendomi improvvisamente libera da un peso.
Nicola abbassa lo sguardo, insinuando le mani nelle tasche del jeans e lasciando dondolare i talloni.
"Dovevo aspettarmi sarebbe successo, prima o poi, quindi, cosa vuoi che
ti dica? Che sono felice? Che Luca è la persona giusta per te?
Che vi auguro il meglio? Allora lo farò" ribatte, perentorio.
Scuoto il capo, incredula davanti alle sue parole.
"Non voglio che tu me lo dica se non lo credi davvero, ma sai anche come la penso io a riguardo..."
"Anita." Nicola rilascia un sospiro profondo. Ho come l'impressione che
stia facendo di tutto pur di trattenere la rabbia."Il mondo non gira
attorno a te, sai? E se proprio lo vuoi sapere, non è come credi
tu, non c'è nessun secondo fine dietro le mie parole. Io non
provo più niente per te, mettitelo in testa!" sputa fuori con
freddezza, indicandosi il capo con le dita.
Forse si rende solo in seguito che mi abbia ferito, perché lo
scruto compiere alcuni passi nella mia direzione, ma io incrocio le
braccia al petto, distogliendo lo sguardo dal suo. Avverto le lacrime
salirmi agli occhi, eppure faccio di tutto pur di ricacciarle. Forse,
mi viene da pensare, abbiamo mentito entrambi a noi stessi quando
pensavamo sarebbe tornato tutto alla normalità.
"Anita..."sussurra, muovendo una mano nella mia direzione. "Scusa, non era quello che volevo dirti".
Una lacrima sgorga, involontariamente, dai miei occhi, ma mi premuro di cancellarla velocemente.
"Io invece credo che era proprio quello che volessi dirmi. Ma va bene
così, sono stata io una stupida a credere che le cose tra di noi
potessero sistemarsi..."
Faccio un passo in direzione della porta, ma Nicola mi afferra per un
polso, costringendomi a voltarmi nella sua direzione, di nuovo.
"Anita, non te ne andare. Lo sai che, cazzo!" pesta un piede a terra,
con frustrazione. "Io non ne faccio una giusta, ma ti prego,
parliamone" mi supplica con lo sguardo.
Ma è troppo facile dire così, adesso. È troppo
facile inventarsi di avere un brutto carattere per giustificare tutto
questo.
"Nicola, lasciami." ribatto irremovibile.
"Anita..."ritenta.
"Lo sapevi, Nicola, io te lo avevo detto. Ma forse tu non hai ancora
fatto pace con te stesso. Quindi va bene così, prenditi il tempo
per sbollire questa cosa, se mai ne sarai capace" gli faccio presente,
prima di divincolarmi dalla sua presa. Poi gli volto le spalle.
Afferro la maniglia della porta, e quando sono ormai sull'uscio, mi giro, lanciandogli un'ultima occhiata di
sottecchi. Faccio in modo che il mio sguardo rimanga per un po' sulla
sua figura, come se volessi farla rimanere impressa nella mia mente,
spaventata all'idea di perderlo per sempre. Nicola non fa più
nulla per fermarmi, ma sbuffa arreso, passandosi una mano sul viso. Poi
scuoto il capo e lascio che la porta si richiuda dietro di me,
cancellando la sua immagine dai miei occhi.
Quando
mi lascio il Sunset alle spalle, macino passi come una furia, con il
solo scopo di scaricare tutto questo nervosismo che rischia di
logorarmi anche l'anima. Ma d'altronde, a tirare troppo la corda, poi
questa si spezza.
Lo sportello dell'automobile si richiude, producendo
un forte tonfo, ma ho altro a cui pensare per poterci badare. Appoggio
entrambe le mani al volante, stringendole con forza attorno al
manubrio, mentre rilascio un profondo sospiro.
Ma sì, che facesse pace con se stesso. Non posso più sopportare questi suoi sbalzi di umore...
A quel punto, afferro il cellulare, ignorando i messaggi delle mie
amiche che mi domandano come sia andata la nostra conversazione.
È andata male, malissimo, anche peggio di quanto mi aspettassi.
Ho bisogno di parlarne con qualcuno e avverto il desiderio di potermi
sfogare con Luca. Così digito il suo numero con lo scopo di
sentire la sua voce ed eclissare cosa sia successo poco fa.
Attendo che lui possa rispondere, riscoprendomi impaziente al pensiero
di poterlo rivedere. Se non dovessi andare al lavoro, sarei capace di
raggiungerlo a casa sua.
Luca accetta la chiamata quando ormai sto per riattaccare e dalla sua voce flebile e confusa mi rendo conto che stesse dormendo.
"Ehi, Anita...va tutto bene?" lo avverto soffocare uno sbadiglio e mi mordo un labbro, dispiaciuta.
"Oddio Luca, stavi dormendo! Scusami..." ammetto, costernata.
Lui trae un sospiro, accennando a una risata. "Sì, Anita, ho
staccato solo poche ore fa, ma dimmi tutto. È successo
qualcosa?" mi chiede, con apprensione.
Ecco, lo sapevo, l'ho fatto preoccupare!
Ci penso un po' su prima di rispondergli, tentennando su cosa dirgli.
"Anita, sei ancora in linea?" mi esorta lui e avverto in sottofondo il
fruscio delle lenzuola, come se avesse cambiato posizione o magari si
è alzato.
"Sì..." replico in un mormorio sommesso. "Niente di importante. Riposati, ok?"
Luca sbuffa, non convinto dalla mia scusa.
"Ok, ma oggi pranziamo insieme. Ti va? Così magari ne
parliamo..." mi propone, facendomi sciogliere in un sorriso. Ora
capisco perché io sia tanto innamorata di lui. Perché
Luca sembra capire sempre che ci sia qualcosa che non vada e si
mobilita per essermi accanto, in ogni modo.
"Va bene. Ma tu adesso torna a dormire" gli faccio notare.
Luca ride sommessamente: "Lo farò..."
"Ecco bravo...ehm, Luca?"
"Sì?" domanda lui, facendosi curioso.
"Mi manchi" gli confesso, giocherellando distrattamente con i bracciali che mi ricoprono il polso.
Lo avverto accennare un sorriso. "Non riesci proprio a starmi lontano, eh?" mi prende in giro, facendomi imbronciare.
"Come se per te non fosse lo stesso" esclamo, senza poter fare a meno di mostrare la mia felicità.
"Hai ragione...mi manchi anche tu" ammette, facendomi sciogliere in un brodo di giuggiole.
Lo amo così tanto...
Poco
dopo, quando ormai la telefonata è terminata e io non posso fare
a meno di sentirmi un'adolescente alla sua prima cotta, guido fino in
ospedale, per espletare il mio turno di lavoro. Oggi è una
bellissima giornata di sole ed è davvero un peccato doverla
trascorrere in ospedale, ma non mi è possibile sottrarmi.
Arrivo puntuale come sempre e mi metto subito all'opera, attenta a non
intaccare nelle grinfie di Visconti. Oggi hanno indetto una giornata
per la clownterapia e la mia mente torna indietro nel tempo, facendomi
sorridere malinconica al pensiero di Lucia e il suo naso rosso, quando
un clown venne a trovarla in stanza.
Mi ritrovo ad ammirare con quanto amore e dedizione i volontari
svolgano questo lavoro, dediti a regalare un attimo di spensieratezza
ai bambini ammalati.
Un piccolo buffetto alla gamba mi fa desistere dalla mia
attività, portandomi a voltare lo sguardo alla graziosa bambina
che mi è accanto.
"Ciao" la saluto, regalandole un sorriso dolce.
Greta è arrivata da poco, ed è stata capace di attirare
la mia attenzione con i suoi capelli biondi e ricci, le lentiggini
puntellate sul viso, un sorriso sdentato ma espressivo, e la sua
inconfondibile dolcezza.
"Mi posso nascondele qua dietro, dottolessa?" chiede, arricciando le
labbra in una smorfia e indicando la sedia, sulla quale sono seduta.
Accenno una risata, portandomi una mano alle labbra.
"Di cosa hai paura, tesoro?" le domando, facendola imbronciare.
Lei punta il dito a due clown che stanno intrattenendo i suoi compagni, coprendosi il volto poco dopo.
Non posso che sciogliermi davanti alla sua tenerezza.
"Oh, ma loro sono buoni. Non ti fanno nulla" le replico, lasciandole
una carezza tra i capelli. "Dai, vieni qui" batto una mano sulla
coscia, facendola destare nella mia direzione. Lei si muove esitante,
appoggiando le sue piccole manine sulle gambe, affinché le dia una mano
a salirmi in braccio.
L'aiuto a sistemarsi sulle mie ginocchia, accennando un sorriso. "Sei
sicura di non voler stare con i tuoi compagni? Sembra che si stiano
divertendo tantissimo..."la sprono, indicandole gli altri bambini che
girano in tondo. Lei usa il mio corpo per schermarsi dalla loro vista,
aggrappandosi al mio camice.
"Voglio stale qua." ripete con più enfasi.
"Va bene..." le concedo, "allora dobbiamo pensare a qualcosa da farti fare".
Lei si porta un dito davanti alla boccuccia, pensierosa, mentre non
posso fare a meno di osservarla con un pizzico di nostalgia. Una
nostalgia che mi riconduce ai miei momenti trascorsi con la piccola
Lucia.
"Voglio cololale!" confessa con entusiasmo.
"Ok" annuisco, procurandole alcuni fogli e dei colori, affinché possa dar sfogo alla sua fantasia.
Le scosto i capelli di lato che le ricadono sul viso, aggiustandoli
dietro le orecchie, e permettendole di concentrarsi sul disegno che ha
intenzione di realizzare.
La osservo applicarsi e corrucciare il viso in un'espressione buffa,
mentre colori e linee cominciano a prendere forma sul bianco del foglio
A4.
"Cosa stai disegnando, piccola?" le domando, destandomi curiosa.
Lei si volta nella mia direzione, dandomi mostra del suo sorriso dolce e spensierato.
"Tu! La dottolessa Anitaaa!" annuncia, battendo le mani, gioiosa.
Davanti alla sua espressione estasiata, non posso fare a meno di
scrutarla con una certa emozione, mentre abbasso gli occhi per osservare
la figura stilizzata che mi rappresenta. Nonostante i tratti siano poco
chiari e tipici della mano inesperta di una bambina tanto piccola, mi
rendo conto che rappresenti per il me il più bello dei
capolavori.
"È bellissimo, tesoro, grazie" le faccio presente, accarezzandole una guancia.
Lei accenna un sorriso, prima di abbassare lo sguardo e riprendere a colorare.
A quel punto, lei riprende a parlare, rispondendo alle domande che si sono formate nella mia mente.
"Il dottore Visconti l'aspetta nel suo studio" mi fa presente, incrociando le braccia davanti a sé, seriosa.
Le sue parole sono capaci di farmi tendere e anche Greta deve
accorgersi di questo, perché si volta nella mia direzione,
incuriosita dal mio repentino cambiamento di umore.
Cosa vorrà dirmi, adesso? Cosa avrà da contestarmi, ancora?
"Dottoressa..."il suo tono si macchia di una certa impazienza, mentre
abbasso lo sguardo, per incrociare gli occhi impensieriti della bambina
tra le mie braccia.
"Adesso devo andare Greta, ok? Ma tu rimani ancora qui, e disegna tutto
quello che vuoi. Va bene?" le domando, portandole una ciocca di capelli
dietro le orecchie.
"Va bene" accetta lei, mentre l'aiuto a sistemarsi sulla sedia dove poco prima ero seduta io.
"Le dia uno sguardo" aggiungo, nei confronti della collega sopraggiunta.
Lei annuisce, accovacciandosi poco dopo al fianco della piccola.
Le rivolgo un ultimo sguardo, cercando di trarre beneficio dalla
spensieratezza che aleggia sul viso di Greta. Ma adesso ho solo una
grande ansia a manifestarsi dentro di me e che non mi fa ragionare
lucidamente, mentre strascico i piedi, incamminandomi verso lo studio
del mio tutor.
Sosto a lungo fuori dalla porta, indecisa se entrare o meno, ma ho il
sentore che Visconti, nel caso non mi presentassi, sarebbe costretto a
venirmi a cercare. E non vedo l'ora di togliermi di torno questa cosa.
Così busso, lasciando battere il mio pugno contro la porta e
aspetto che lui mi dia il consenso per fare il mio ingresso.
Rilascio un sospiro, sostando sull'uscio e, incontrando gli occhi
severi del mio superiore, mi dirigo nella sua direzione a passo
tremante.
"Dottore, mi cercava?" gli domando, sedendomi di fronte a lui.
Lui, in risposta, sostiene a lungo il mio sguardo, poi annuisce con il capo.
"Ho bisogno di parlarle" mi fa presente, incrociando le mani davanti a
sé, facendosi con leva con i gomiti sulla scrivania.
Senza che me ne renda conto, le parole fluiscono dalle mie labbra.
"Cosa vuole rimproverarmi?" gli faccio notare.
Visconti assottiglia lo sguardo, scrutendomi di sottecchi, senza ben capire a cosa mi riferisca.
Ma sembra che io sia indifferente a utilizzare un filtro cervello-bocca.
"No aspetti, forse lo so" ammetto, alzando una mano nella sua direzione, per stoppare qualsiasi tentativo di fermarmi.
"Cos'è? Adesso vuole reguardirmi anche sulla mia vita privata?
Eh, sì, io e il dottor Franzese, o meglio Luca, stiamo insieme,
ma nonostante la notizia possa dare un certo scalpore, non credo che a
lei debba importare più di tanto con chi instauri rapporti
personali, no? Ah, no, dimenticavo, lei proprio non riesce a fare a
meno di penalizzarmi per qualsiasi cosa, giusto?"
Visconti si sporge verso di me, facendosi d'un tratto interessato ma allo stesso tempo confuso dal mio discorso.
Forse non so nemmeno da dove mi stia venendo il coraggio di affrontarlo
in questo modo, soprattutto dopo i nostri trascorsi, ma io sono un
fiume in piena e fermarmi, al momento, mi è davvero difficile.
Le conseguenze delle mie azioni passano completamente in secondo piano.
"Dottoressa..."
"No" lo interrompo. "Mi faccia finire, la prego. Ho sbagliato, è
vero, non c'è giorno in cui io non mi penta di quello che ho
fatto. Il mio comportamento è stato poco professionale, lo
riconosco, ma le ho chiesto scusa per questo. Le ho giurato che avrei
fatto in modo di recuperare la sua stima, impegnandomi anche più
di quanto facessi e lei questo lo sa benissimo. Ho lavorato sodo: da
quando sono ritornata non mi sono fermata un secondo, spaventata
all'idea di deluderla ancora. Ho sopportato le sue angherie, i suoi
sorrisi derisori, i rimproveri, i giri estenuanti delle visite con
lei, le vessazioni dei miei colleghi. Ho subìto tutto questo. in
silenzio, pur di farmi vedere eccellente ai suoi occhi. Ma lei non mi
ha mai dato la soddisfazione di dirmi che avessi fatto bene, che fossi
stata brava, mai. E se permette, comincio a sentirmi stanca di tutto
questo..."
Mi rendo conto quando finisco di parlare, di aver stretto i braccioli
della sedia forte tra le mani e che la mia voce sia diventata d'un
tratto affannosa, come se avessi fatto un grande sforzo.
Visconti trae un sospiro, appoggiandosi allo schienale della sua postazione.
"Ha finito?" domanda, imperturbabile; come se il mio discorso non avesse influito in nessun modo su di lui.
"Sì" ribatto, irriverente.
A quel punto, il mio superiore, arriccia le labbra in un ghigno,
scuotendo il capo. "Noto una certa saccenza nel suo tono, dottoressa.
Ma non era di questo che volevo parlarle" mi confida, trattenendosi
dall'utilizzare un'inflessione divertita.
Deglutisco a vuoto, sorpresa da tale rivelazione.
"Ah, no?" gli domando, flebilmente.
"No" cantilena lui. "Ma se proprio vuole..." aggiunge sornione.
"Di cosa voleva parlarmi, allora?" ribatto, incuriosita, facendolo gongolare di soddisfazione.
"Il dottor Conti le dà più fastidio?" mi chiede, ritrovando ogni tratto di serietà.
Corrugo la fronte davanti alla sua richiesta.
"No..."ammetto, alla fine, confusa. "Ma non credo se la stia passando bene".
"Sì, so tutto" proferisce lui, sommessamente. "Sono certo che
Conti non le darà più fastidio" mi fa presente,
terribilmente sicuro di sé.
"Okay..."replico, a disagio.
Il mio superiore abbassa lo sguardo, prendendo a sfogliare alcuni
appunti disposti sulla sua scrivania, facendomi intendere che il
discorso sia chiuso lì.
"Tutto qui, dottore?" gli domando, allora, intimorita.
Lui torna a prestarmi attenzione ma dura un attimo prima che sia distratto da qualche altro particolare.
"Sì, dottoressa, tutto qui. Può andare" mi comunica, indicando con il capo la porta dietro di me.
Mi rimetto in piedi, corrucciata, e con una certa flemma, cercando di prolungare la mia presenza qui più del previsto.
"È sicuro, dottore?" ritento, esitante. "Non ha davvero niente
da dire, nessun rimprovero per qualcosa che ho fatto, nessun richiamo
per quello che le ho detto prima? Niente di niente?"
Visconti rotea gli occhi al cielo, spalancando le braccia per
enfatizzare il concetto. "Cosa non le è chiaro del mio
può andare? Vada!"
"Sì,sì, certo" ribatto, velocemente. "Allora vado..."
Lui soffoca una risata, lasciando ciondolare la testa, mentre a passo felpato mi avvicino alla porta.
"Oggi mi sento magnanimo, quindi vada, prima che cambi idea".
Lo sapevo...
"Non pensavo davvero quello che ho detto" proferisco, allora, mettendo su un tono di scuse, plateale.
Visconti scrolla la testa, in diniego. "Lei pensava esattamente
ciò che ha detto e sa cosa c'è? Va bene, ho apprezzato
che sia stata sincera e le confesserò che non aspettavo altro".
Mi desto, all'improvviso, alle sue parole, porgendogli tutta la mia attenzione.
"Lei lo ha fatto di proposito..."vengo a patti con la realtà,
poco dopo, comprendendo il perché del suo comportamento.
"Già" annuisce lui. "Volevo portarla al limite e vedo di esserci
riuscito. E su, non faccia quella faccia adesso!" mi reguardisce. "Avevo
bisogno di capire come avrebbe reagito sotto pressione".
Spalanco le labbra, allibita dal suo discorso.
"E?"
Il mio tutor mi lancia un'occhiata di sottecchi, giocherellando con una penna, e facendola roteare tra le dita.
"Direi che se l'è cavata bene, ma adesso se ne vada, prima che
io diventi troppo sentimentale, su!" mi sollecita, abbassando lo
sguardo.
Avverto un piccolo sorriso affiorare sulle mie labbra, scrutando
il dottor Visconti fingersi poco interessato alla situazione.
"Grazie..." gli sussurro, allora.
Lui annuisce, distrattamente, mentre a tentoni mi muovo all'indietro.
Impatto poco dopo con la parete dietro di me, ancora incredula di
quello che sembra a tutti gli effetti un trattato di pace. Spalanco la
porta, mantenendo con forza la maniglia tra le dita.
"Dottoressa" mi richiama, una volta sull'uscio.
Mi volto verso di lui, invitandolo con lo sguardo a parlare.
"Non me ne faccia pentire".
Gli sorrido. "Lo prometto".
Quando mi ha scritto stesse arrivando, ho fatto un balzo, interrompendo
qualsiasi cosa stessi compiendo e sono corsa a darmi una sistemata, pur
di sembrare presentabile ai suoi occhi.
Luca ha scelto un tavolo appartato e mi rendo conto apprezzi che abbia
sacrificato il suo giorno di riposo per venire qui da me e pranzare
insieme.
Mi ritrovo ad ammirarlo, seduto alla sua postazione, mentre, serioso,
controlla qualcosa sul suo cellulare. Poi, quasi come se avesse
avvertito il mio sguardo su di sé, alza il capo, incatenandomi
con i suoi occhi.
Avverto il mio cuore cominciare a battere furiosamente, e mi premuro di accorciare le distanze il prima possibile.
"Ciao..." sorrido, con uno sfarfallio in petto.
Luca ricambia, mettendosi in piedi e avvicinandomi a sé per
salutarmi come si deve. Gli porgo la mia guancia, facendolo sbuffare un
po' infastidito, ma abbiamo deciso che, almeno per il momento, sia
opportuno limitare le effusioni sull'ambiente lavorativo.
"Grazie per essere qui..." gli sussurro, aggrappandomi al suo braccio, senza volerlo lasciare andare sul serio.
Luca ridacchia, appoggiandosi al tavolo dietro di sé. "Non
è proprio il massimo, ma dovremo accontentarci" ammette,
indicando con lo sguardo l'ambiente che ci circonda e accarezzandomi un
braccio con le dita. Rabbrividisco sotto il suo tocco, e mi viene da
pensare che sia vero, ma questo non ha importanza se lui è con
me.
Rimango a lungo con lo sguardo sulla sua figura, ritrovandomi a
reprimere un sospiro alla vista di Luca stretto in una camicia a
scacchi sopra una maglia nera che gli delinea alla perfezione il petto
tonico e allenato. Non sono abituata a vederlo in modo così
casual, soprattutto al lavoro, dove il suo abbigliamento è
sempre tanto formale, ma mi ritrovo a pensare che questo outfit gli
doni un'aria sbarazzina e maledettamente affascinante.
Ci pensa proprio lui a destarmi dai miei pensieri, facendomi segno di prendere posto.
Annuisco, seguendo il suo consiglio, e incrociando le mani davanti a me, sul tavolo.
Luca si premura di stringerle tra le mie, facendomi un occhiolino.
"Allora, di cosa volevi parlarmi?" mi esorta, spronandomi a raccontargli.
"Ho avuto un colloquio con Visconti, prima" gli confido, scrutando una
sua reazione. Lui mi lancia un'occhiata da sotto le ciglia, irrigendosi
alle mie parole ma mi fa cenno di continuare.
"Io gli ho detto delle cose..."ammetto.
Luca si fa d'un tratto confuso. "Cosa gli hai detto, Anita?"mi chiede, manifestando una certa preoccupazione.
Gratto una guancia, a disagio, traendo un respiro prima di confessargli
ogni cosa. Osservo sul volto di Luca palesarsi diverse emozioni, dallo
sbigottimento, al timore per arrivare a una mera soddisfazione.
"E quindi, alla fine ha ammesso di avermi portato al limite per
scrutare la mia reazione, capisci?! Per tutto questo tempo io ho
sopportato tutti i suoi giochetti in silenzio!" proferisco con un certo
sbigottimento.
Luca scuote il capo, anche lui incredulo con me.
"Non hai avuto paura che le tue parole potessero ritorcersi contro di te?" mi chiede, dichiarando la sua curiosità.
Ridacchio, facendomi prendere dall'euforia.
"Sì, ma ho agito di impulso e mi sono resa conto solo in seguito che potessi riscontrare la sua ira..."
"Beh..."Luca giocherella con le mie dita, arricciando le labbra in un
sorriso. "Direi che non ti sia andata affatto male, anzi. Ma non avevo
dubbi su questo. Visconti è un uomo intelligente e conosce
benissimo le tue capacità" mi confida, profondamente orgoglioso
di me.
Rafforzo la presa sulle sue mani, come a volerlo ringraziare per le sue parole.
"Ma non era di questo che volevi parlarmi stamattina. Giusto?" deduce lui, scrutandomi a lungo.
Scuoto il capo in diniego. "Giusto".
Prima che Luca possa ribattere ancora, ho già preso a raccontargli ogni singola cosa.
"Anita." lo osservo trarre un respiro profondo e arricciare le labbra
in una linea dura e severa. "Nicola è ancora molto preso da te,
su questo non ci sono dubbi".
"Lo so..." mormoro, soffocando un lamento. "Non è una questione
che riesco più a gestire. Eppure ero stata chiara con lui".
"Forse è tempo di tagliare la corda, non credi? Un po' di distanza gli farà bene" mi propone.
Annuisco, abbassando lo sguardo."Luca? Questa cosa ti dà fastidio?" gli domando, confessandogli la mia preoccupazione.
Lui, notando la mia tensione, addolcisce i suoi tratti, lasciando una carezza sul mio braccio.
"Mi fido di te, Anita. Conosco i tuoi, i nostri sentimenti. Non ti
negherò di essergli ancora amica, in futuro, se lo vorrai. Ma
adesso è giusto che Nicola rifletta su questa cosa e venga a
patto con la realtà dei fatti".
Lascio che un gran sorriso affiori sulle mie labbra, mentre mi accorgo
che in questo momento vorrei solo potermi sporgere verso di lui e
baciarlo per dimostrargli quando io sia contenta delle sue parole.
"E adesso perché mi guardi così?" Luca accenna un ghigno, scrutandomi divertito.
"Vieni con me, e te lo spiego" proferisco con un fare persuasivo, facendole irrigidire sotto il segno delle mie carezze.
Ridacchio, quando si alza dal suo posto, stringendo una mano tra le mie
e spingendomi, con una certa urgenza a seguirlo. Lascio che sia lui a
condurre il gioco, faticando a stare dietro ai suoi passi veloci.
Attraversiamo i corridoi del suo reparto, destando la curiosità
dei presenti, che non si aspettavano di vederlo qui a poche ore dal suo
doppio turno.
"Dottore, ma lei non era di riposo?" Un infermiere, infatti, intralcia la nostra strada, dando voce ai pensieri di molti.
Luca lo liquida velocemente, prendendo a camminare dritto davanti a sé.
"Ho dal lavoro da sbrigare, e ho dimenticato alcune cose nel mio
studio. Faccia in modo che nessuno mi disturbi, finché
sarò qui."
L'infermiere annuisce, dileguandosi trafelato sotto la sua occhiata.
A quel punto, il mio ragazzo-quanto fa strano denominarlo così-
intercetta la porta del suo ufficio e fa in modo che io entri,
richiudendola velocemente dietro di sé.
Prima che possa solo respirare di nuovo, Luca mi intrappola tra la
parete e il suo corpo, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.
"Allora?" mi chiede, malizioso. "Cos'è che volevi dirmi?"
Accarezzo le sue guance, tentando di riprendere in mano le redini della
situazione. Voglio che Luca si renda conto che io possa essere preda e
predatrice allo stesso modo.
Mi sporgo verso il suo viso, sorridendo soddisfatta, avvertendo ogni fibra del suo corpo, irrigidirsi sotto il mio tocco.
Allora allaccio le braccia dietro al suo collo, alzandomi sulle punte.
Strofino il mio naso contro la sua guancia, socchiudendo gli occhi. "Io
amo solo te, Luca, e non permetterò che qualcuno possa rovinare
tutto questo..."gli confido, facendomi sopraffare dalle mie stesse
parole.
Luca punta il suo sguardo, inchiodandomi con i suoi occhi e facendomi innegare in un mare di emozioni.
I successivi minuti che passiamo insieme sono un susseguirsi di azioni:
ci sono denti che cozzano, labbra che si cercano e poi mani e dita, che
stringono, lambiscono, accarezzano, manifestando all'altro quanto sia
l'urgenza di amarci come vorremmo. E, in preda all'eccitazione, mi rendo conto che farò in modo che, adesso, niente e nessuno si anteponga tra me e Luca.
ANGOLO AUTRICE:
Il primo, Nicola e Anita e poi la stessa e il dottor Visconti!
Ebbene, abbiamo scoperto che la conversazione tra Anita e Nicola non sia andato proprio come lei sperava fosse. Voi vi aspettavate che lui reagisse così? Fatemi sapere la vostra opinione ;)
Dall'altra parte, invece, è Anita che non riesce a trattenersi e agisce d'impulso, affrontando il dottor Visconti, eppure, sembra proprio che lui ne sia quasi soddisfatti. Pensavate lui lo stesse facendo di proposito per provocarla?
Intanto, ne approfitto per ringraziare chiunque legga questa storia e soprattutto chi recensisce, davvero grazie!
Adesso vi saluto, promettendovi, sessione permettendo, di aggiornare presto.
Vi ricordo, inolte, se vi va, di leggere le altre storie che compongono la serie di "Ricominciamo da qui", e di seguirmi, se siete anche lì, su wattpad:Ros-18
Nic, ma che ci combini?!
Alla prossima!