Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Dhialya    12/06/2020    0 recensioni
Una serie di eventi sconnessi tra loro, il rimorso graffiante di troppe parole taciute.
La sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Sbatté varie volte le palpebre, quasi sperando che in quel modo tutto tornasse alla normalità. La libreria svuotata, i fogli sparsi per il divano, il tavolino rovesciato e una tazza andata in pezzi. Qualche buco sul muro, la vetrata che dava sul balcone crepata. E il sangue. Sul pavimento c'era una scia di chiazze di sangue.
-Che cazzo è successo?-

Una storia dove passato e presente s'intrecciano riportando a galla ricordi di una vita intera, dove i rimpianti esondano e non sempre certe situazioni sono così facili da affrontare o sistemare.
Dove la speranza è l'ultima a morire o forse se n'è andata già da tempo.
Osservò il cielo azzurro fuori dalla finestra e il sole illuminare la stanza con una prepotenza che quasi le fece male agli occhi, la testa ogni tanto le mandava delle fitte acute e le ferite sotto le bende bruciavano.
Faceva caldo, ma lei sentiva solo freddo.
-Ho perso l'Unicità.-

[Altri generi: Mistero, Malinconico, molto Introspettivo;]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cherry Blossom Tree
Prologo. Senza Petalo.








«Come stai?»

La mora seduta sul letto fece uno sbuffo, deviando lo sguardo che le stava rivolgendo l'amico e puntandolo fuori dalla finestra. Accennò ad un mezzo sorriso amaro, sentendosi trapassare la mente dall'espressione angosciata che gli aveva letto in faccia nonostante stesse cercando di mantenersi il più possibile neutro per non farla preoccupare.

Era sempre stato un pessimo bugiardo e si conoscevano troppo bene per mentirsi a vicenda.

Osservò il cielo azzurro fuori dalla finestra e il sole illuminare la stanza con una prepotenza che quasi le fece male agli occhi, la testa ogni tanto le mandava delle fitte acute e le ferite sotto le bende bruciavano. Faceva caldo, ma lei sentiva solo freddo.

«Beh... »  si portò una mano graffiata davanti al viso, sentendo le parole morirle sulla punta della lingua ancor prima di poter prendere vita. Ingoiò il groppo che le strinse prepotentemente la gola, accorgendosi del peso sul letto solo quando percepì un altro respiro mischiarsi al suo e l'inconfondibile sensazione di quando le veniva violato lo spazio vitale.

Il suo profumo l'avvolse come una dolce carezza e le fece cadere anche l'ultimo rimasuglio di compostezza.

Alzò gli occhi angosciati notando che, come si era immaginata, si era seduto sul bordo del letto. Le prese la mano che si stava guardando tra le sue e la inchiodò con lo sguardo, aggrottando la fronte in una muta richiesta di risposte.

Sussultò davanti al suo viso, osservando le pesanti occhiaie circondare gli occhi smeraldini, i capelli in ricci più scompigliati del solito e i vestiti stropicciati di chi non si cambia da giorni o infila le prime cose che trova.

Ho perso l'Unicità
, gridò dentro di sé, ma dalla sua bocca uscì solo un lamento strozzato che nulla aveva a che vedere con la violenza con cui quella consapevolezza le saettò nella mente folgorandola come un fulmine.

Tremò visibilmente e lui la strinse impulsivamente in un abbraccio che le fece mancare il respiro, e solo in quel momento si rese conto della gravità delle cose, perché le volte in cui lo aveva fatto in anni di amicizia si potevano contare sulle dita di una mano.

«Ho perso l'Unicità.»  riprovò, e il dolore che aveva pensato di riuscire a contenere divenne terribilmente reale insieme a quelle parole tremanti che si persero per la stanza.

Che cosa aveva fatto?




***



«Dottore, il paziente della camera nove ha iniziato a mostrare delle onde anomale.» 

Mentre percorreva il corridoio asettico l'uomo tese una mano verso l'infermiera, afferrando il tablet che gli stava porgendo. Osservò i dati con sguardo serio per lunghi attimi, riflettendo tra sé e ignorando volutamente le occhiate che la collega gli lanciava. Non era proprio il momento per gli sguardi languidi, quello. Prima doveva capire cosa stava succedendo.

«Da quanto tempo?» domandò, facendo improvvisamente dietro front e grattandosi la nuca. La donna seguì alla perfezione quel cambio di direzione, abituata da anni di lavoro al suo fianco alle sue improvvisazioni ed i cambi di idee o semplicemente per i riflessi necessari in caso di emergenze. I loro passi risuonarono per l'ambiente bianco e silenzioso, mentre si dirigevano verso la camera.

Il corridoio era intriso dell'odore di disinfettante, delle guardie passeggiavano per controllare gli accessi e vicino all'ascensore c'era un piccolo gruppo di infermieri in pausa.

«Da questa notte. Il medico del turno notturno ha lasciato appuntato che suppone si stia risvegliando dal coma.»

Il medico tese le labbra, irrigidito. Si passò una mano tra i capelli e sospirò ridando il piccolo computer all'infermiera, lanciando delle occhiate veloci alle porte che superavano fino ad arrivare di fronte a quella che gli interessava.

Quel dettaglio avrebbe dovuto dirglielo non appena aveva iniziato il turno, ormai tre ore prima. Colpa sua che aveva perso l'abitudine di controllare di persona i resoconti dei colleghi, preferendo farlo fare alle infermiere perché non c'era mai niente di particolare da sapere e dopo anni di lavoro gli sembrava di perdere solo tempo.

Posò la mano sullo schermo appeso al muro e la serratura scattò con un lieve bip prolungato, socchiudendosi e mostrando il contenuto della stanza.

I due medici fecero scorrere lo sguardo sulla figura distesa sul letto ricoperta di bende, illuminata solo dalla luce appesa al soffitto e dal lieve sole mattutino di febbraio che filtrava attraverso le tapparelle rigorosamente abbassate. Le grate per impedire eventuali fughe o entrate indesiderate rendevano il tutto ancor più geometrico e la donna si avvicinò alla finestra per aprirla e far cambiare l'aria, sperando di rendere meno persistente l'odore del disinfettante che le stava dando alla testa.

Lo schermo dell'elettroencefalogramma messo in un angolo schizzava come impazzito disegnando picchi altissimi e il dottore lo mutò, infastidito dal suono acuto che gli fischiava nelle orecchie ma senza staccare gli occhi dal tracciato.

«Bisogna fare qualcosa, altrimenti potrebbe essere un problema.»




***



«Come mai sospettate di lui?» 

L'ispettore Reiji osservò l'uomo attraverso il vetro della sala interrogatori, sondandolo con lo sguardo e riportando poi la sua attenzione all'agente che aveva richiesto come supporto per quel caso.

«È l'unico erede, trarrebbe una fortuna dalla morte dei genitori ed era risaputo litigasse spesso con loro.» portò le mani nelle tasche dei pantaloni, rilasciando un grosso sospiro esasperato e socchiudendo leggermente gli occhi assonnati.

Erano settimane che brancolava nel buio senza trovare altre piste ed iniziava ad essere profondamente frustrato di non riuscire a trovare alcun collegamento che gli fornisse una svolta. Appena preso in mano gli era sembrato un caso semplice, qualcosa che avrebbe risolto nel giro di qualche giorno, invece si stava rivelando più ostico del previsto.

Aveva esultato troppo presto.

«Purtroppo è l'unica pista concreta che abbiamo, signor Kujaku, e lei è piuttosto famoso nel suo campo.» sussurrò, amareggiato.

Quello che vedeva seduto nella piccola stanza vuota era poco più che un ragazzo fatto e finito, dai capelli neri increspati e gli occhi blu che spiccavano sul viso abbronzato, l'aspetto trasandato di chi ha smesso di prendersi cura della propria persona. Teneva lo sguardo basso sul tavolo come in trance ed era infossato nelle spalle, indifferente al resto del mondo come se non esistesse, spento e vuoto come la stessa espressione che aveva in viso.

Era strano accostare quella visione alla parola assassino, ma l'esperienza che aveva sulle spalle grazie agli anni di lavoro era troppa per farsi ammorbidire dalle apparenze.

L'ispettore Reiji fu attirato da un movimento e riportò l'attenzione al collega al proprio fianco. Lo vide portarsi indice e pollice al mento, pensieroso, mentre faceva scorrere gli occhi sulle prime righe del fascicolo che gli aveva dato, e non poté evitare di guardare le bizzarre piume che gli spuntavano tra i capelli.

«Vediamo che riesco a fargli dire qualcosa.»




***



«Avanti Raggio di Sole, è ora di svegliarsi.»

Avrebbe voluto dire qualcosa, ma dalla gola secca non uscì alcun suono.

Forse era meglio così.

Rimase immobile, fingendo di non aver sentito ed essere ancora svenuta. Sentiva in bocca il sapore del sangue, i polsi bruciavano, ogni parte del corpo le urlava dolore.

Era da troppo tempo che non dormiva decentemente, aveva perfino smesso di contare i giorni passati in quel buco angustio e buio ed era sicura che se non fosse cambiato qualcosa entro breve ci avrebbe perso la vita, lì dentro.

Chissà se la stavano cercando.


Non chiamarmi in quel modo, avrebbe voluto ribattere, perché era il nomignolo che aveva sempre usato suo padre. Cercò di fare il possibile per far finta di dormire, con la testa china in avanti e ciocche di capelli che le coprivano parte del viso. Le labbra pulsavano, sentiva colarle lungo una tempia qualcosa di tiepido e viscoso.

Dio, come si era ridotta in quello stato?

Strinse i pugni, decidendosi ad aprire gli occhi quando percepì uno spostamento d'aria. Dovette raccogliere tutta la motivazione che le rimaneva perché sentiva le palpebre pesanti in modo osceno e avrebbe davvero voluto abbandonarsi alla spossatezza, ma non riuscì a reprimere uno scatto per il terrore.

Qualcosa strascicò sul pavimento e solo dopo svariati tentativi mise a fuoco la figura che le stava davanti.

«Finalmente.» L'uomo si rigirò un coltello tra le dita, saggiando la consistenza dell'elsa come se lo avesse tra le mani per la prima volta. Poi si grattò la nuca, pensieroso, ed arricciò il naso. Riportò lo sguardo violetto su di lei, sorridendole in un modo così subdolo che le diede i brividi.

Ebbe la certezza che il tempo che le era rimasto fosse drasticamente diminuito.


«Pronta a dirci ciò che vogliamo sentire, Raggio di Sole?»



***



«Come è possibile che non si abbiano nuovi indizi?!»

Il rumore di qualcosa che viene pestato per terra.

«Calmati, Bakugou. Le indagini sono in corso. La polizia ci sta dando una grossa mano e molti Pro Heroes sono stati avvisati.» 

Come se fosse possibile, il tono pacato – pacato! Come diavolo faceva a essere sempre così posato lo sapeva solo lui – di Todoroki lo fece infuriare ancora di più.

«Allora dovrebbero impegnarsi di più.» 

«Kacchan... »

Un grugnito di risposta.

« ...sei sicuro che non ti dice niente?»


Silenzio.

 
Strinse maggiormente il foglio, trattenendosi a stento dal stropicciarlo a causa dell'irritazione.

Lo studiò nuovamente, si soffermò sul modo in cui sinuosamente le lettere andavano a formare quell'unica domanda sulla carta bianca. Non c'era dubbio che avrebbe riconosciuto quella scrittura ovunque – anche dopo anni senza vederla, anche se c'era stato qualche lieve cambiamento. Troppe volte l'aveva vista riempire pagine bianche di appunti.

Bakugou corrugò la fronte, se possibile ancora più di quanto già non fosse, sentendo qualcosa di estremamente importante sfuggirgli come sabbia tra le mani ogni volta che cercava di dare un significato a quel messaggio imparato a memoria.

Odiava quella sensazione, detestava tutto ciò che sentiva smuoversi senza controllo dentro di lui. 

“È stato bello il nostro primo Hanami, vero, Katsuki?”  


Che cazzo voleva dire?
















































































































Benvenuti a voi! E benvenuta a me in questo fandom, lol!

Sono un paio di mesi che ho in progetto questa storia e mi ero ripromessa di pubblicare verso agosto, quando avessi scritto almeno fino al ventesimo capitolo - sono al decimo -, ma mi sta crescendo un dente del giudizio, domani ho un'otturazione e sentivo la necessità di fare qualcosa che mi distraesse.

Che dire... come si sarà forse intuito, amo l'attenzione ai dettagli e all'introspezione, viceversa faccio davvero fatica per le scene di azione e quelle che ho affrontato al momento mi hanno messa non poco in difficoltà, però ho cercato di fare del mio meglio. In ogni caso, questo è solo un prologo, ma spero che vi abbia incuriosito abbastanza da proseguire nella lettura. Maggiori dettagli li scriverò nelle note dei prossimi capitoli, al momento posso dirvi che la storia seguirà due storyline - presente ambientato in un eventuale futuro, e passato - e che spero di aver reso i personaggi abbastanza IC da non farvi scappare a gambe levate.

Ho provato a immaginarmeli da grandi, sapendo anche qualcosa di come prosegue il manga, ma non ci saranno spoiler a riguardo quindi ho dato abbastanza sfogo all'immaginazione sia per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro da Eroi nelle agenzie sia per come potrebbero evolversi i loro caratteri mano a mano che crescono e con le esperienze che affrontano nella mia storia, specialmente Bakugou è stato quello più criptico e spero di aver reso abbastanza le motivazioni dietro certi suoi atteggiamenti.
I personaggi non mi appartengono tranne quelli originali che compariranno.

Insomma mi sono impegnata molto per gestire il tutto meglio che potevo e spero si noti, qualsiasi pensiero a riguardo è sempre ben accetto.

Stay tuned e grazie per aver letto fino a qui.
D. <3

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Dhialya