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Autore: SnidgetCielo    16/11/2020    1 recensioni
"I pray for no more youth
perish before its prime;
That Revenge and iron-heated War
May fade with all that has gone before
Into the night of time.”

Storia in fase di re-editing. Tra scherzi malandrineschi, draghi di polveri piriche e Incantesimi malfunzionanti, alcuni dei più suggestivi personaggi nati dalla penna della Rowling affrontano il Mondo Magico tra equivoci ed emozioni propri dell'adolescenza.
Marlene spicca tra tutti per caparbietà, goffaggine e superbia, ma anche per prontezza di spirito, spontaneità e l'innaturale capacità di attrarre a sè le attenzioni di entrambi i rampolli di casa Black.
Dall'ultimo capitolo - "C’era qualcosa che continuava a ronzarle in testa, un presentimento tanto infido quanto presuntuoso che le si era infilato nell’orecchio insieme alla voce squillante di Dorcas [...]. Quel presentimento era entrato nel suo cervello e lì sembrava voler restare: un presentimento che aveva l’aspro sapore del risentimento e l’aspetto maliziosamente affilato di Sirius Black."
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Marlene McKinnon, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'The Best of Youth.'
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The Best of Youth

Capitolo X

Di nuovi appuntamenti e vecchi rancori


Sabato, 1 ottobre 1977

Qualcuno aveva visto Regulus Black rincorrere Marlene McKinnon per i lunghi corridoi che si diramavano dal cortile interno. Qualcuno, tra quelli che pensavano che stessero insieme da sempre, bisbigliava che lui avrebbe voluto lasciarla da tempo, ma che lei non ci stava proprio ad essere mollata.
Qualcuno, invece, aveva preferito non vedere; non che i cambiamenti fossero così evidenti, alla luce del giorno. L’ultimo rampollo della casata Black e l’unica figlia di Johnatan McKinnon proseguivano nella loro vita di studenti di Hogwarts nella più consueta delle maniere. Continuavano a sedersi vicino alle lezioni che avevano in comune; lui era solito riprenderla con una battuta arguta a qualche sua azione incredibilmente stupida e lei reagiva, come sempre aveva fatto, con un risolino e il dolce sguardo di chi cerca comprensione.
Continuavano a fare pranzo insieme, ai piedi del lago, quando il clima temperato dell’autunno lo rendeva ancora gradevole.
Regulus non le permetteva di essere particolarmente affettuosa a scuola, e raramente venivano visti darsi la mano; agli occhi più attenti non erano sfuggiti i baci fugaci di Marlene sulle rigide labbra di lui, o sulle sue guance esangui, quando Regulus, chino sui libri, non guardava – o fingeva di non guardare.
Nei fine settimana, quando nessuno dei due doveva allenarsi per il Quidditch della domenica, passavano i pomeriggi ad Hogsmeade: Regulus comprava qualche etto di schifezze da Mielandia, e le dividevano nel sentiero che conduceva alla Stamberga Strillante.
Era una stagione tenera, fatta di sguardi veloci e di sorrisi timidi. Parlavano di cosa piaceva all’una dell’altro, di cosa odiavano, della vita ad Hogwarts, e di cosa sarebbe accaduto una volta diplomati. Lei sognava la Svezia, dove avrebbe potuto studiare e proteggere i draghi – poco importava se le sarebbe costato un braccio, o una gamba. Regulus la ascoltava silenzioso, con un piccolo ricciolo sull’angolo della bocca, ammirandone lo sguardo sognante; non parlava mai di cosa avrebbe voluto lui, dopo Hogwarts. Gli bastava che fosse lei, a desiderare qualcosa per entrambi.
Nei fine settimana passati sulla riva del lago, Regulus riusciva a sciogliersi di più: la teneva per mano, ed era lui a baciarla, mentre timidamente lasciava scivolare la sua mano sotto al cappotto di lei, a cercare un lembo scoperto della sua pelle morbida tra i bottoni della camicia.
Dorcas e Lily la guardavano tornare alla sera, prima del coprifuoco. Lui la salutava nel cortile, stringendola in un bacio. Quando saliva in Dormitorio, Marlene accennava appena a come aveva trascorso il pomeriggio, mentre i suoi occhi raccontavano il resto. Tanto bastava alle due, che non potevano pensare a niente di meglio della sua felicità.
Per Amelia non era lo stesso. Lei e Marlene non si erano più parlate, da quando il suo rapporto con Regulus era “ufficialmente” cambiato; si limitavano a scambiarsi un freddo saluto, quando c’erano di mezzo Dorcas o Lily. Queste ultime (e in particolare Dorcas), dal canto loro, non riuscivano ad immaginare per chi delle due fosse più difficile scusarsi: decisero, comunque, che quel doloroso compito spettava ad Amy. D’altronde, era lei ad essersi intromessa nella relazione tra Marlene e Regulus, e Marlene restava libera di frequentare chi voleva.
Amy se l’era presa, quando Dorcas le aveva confidato come la pensava, ma lei, in cuor suo, non s’aspettava niente di diverso: sapeva che, alla fine, le avrebbe dato ragione.
Era un sabato pomeriggio pigro, e la pioggia di inizio ottobre aveva precluso a Marlene e Regulus di fare la loro consueta passeggiata al lago; pensarono quindi di darsi appuntamento in biblioteca, ma lei stava già pensando a come farlo desistere dallo studio mentre scendeva le scale del Dormitorio femminile di Grifondoro.
Nella Sala Comune un gruppetto di studentesse del primo anno sedeva sui divani intorno al fuoco, ed una coppia di ragazzi del terzo dibattevano animosamente riguardo all’ultima partita di campionato nazionale di Quidditch. Remus Lupin sedeva con un papiro pregno d’inchiostro e di studio ed un grande manuale alla sua sinistra, mentre Sirius Black mordicchiava una liquirizia, seduto sul davanzale dell’ampia finestra dinanzi alla scrivania su cui sedeva l’amico, assorto nella lettura di un manualetto che aleggiava leggero davanti ai suoi occhi, voltando pagine da solo.
«Ciao, Remus» fece rapida Marlene.
«Buona sera, Marlene» gli sorrise lui.
Sentì la liquirizia di Sirius spezzarsi ferocemente sotto i suoi denti.
Riuscì a resistere alla tentazione di voltarsi, e si passò la sciarpa della sua casa attorno al collo, mentre dava ordine alla Signora Grassa di aprire la porta. Si trovò davanti Amelia, altrettanto sorpresa di trovarsela davanti.
«Dorcas sta scendendo» si limitò a dire, rimanendo nel corridoio della Sala Comune.
«Si…» bisbigliò Amelia «… il che significa che dovrò aspettare un bel po’, prima che sia pronta»
Sorrisero entrambe.
«Posso sempre farti entrare io. La Signora Grassa ha un gran debito con me dopo l’ultimo solfeggio» si propose Marlene, e le fece spazio per entrare nella Sala Comune di Grifondoro, ignorando le lamentose spiegazioni della guardiana della Casa.
«Si… grazie…» Amelia entrò, fermandosi davanti a lei.
«Volevo dirti che lo so che mi odi» proferì, lasciando Marlene spaesata.
«Io non ti odio, Amy»
«Certo che mi odi, perché penso di poterti dire chi frequentare o no. E hai ragione a farlo, perché non dovrebbero essere fatti miei»
Aveva continuato guardare Marlene negli occhi, mentre ammetteva di aver torto.
«La realtà è che non mi interessa chi frequenti, con chi esci o chi ti scopi. Mi basta continuare ad averti come amica» disse, prima di superarla all’interno della Sala Comune, e poi su per le scale del Dormitorio.
Marlene la guardò allontanarsi, più sbigottita per la rapidità del discorso che per il fatto che Amelia – forse per la prima volta da quando la conosceva – le aveva dato ragione.
Voltandosi, sentì il gelido ghiaccio degli occhi di Sirius Black su di lei.

Crack.

La liquirizia si spezzò ancora sotto i suoi denti esperti, e il dolce frammento scuro prese a dondolare sulla sua lingua, mentre Amelia Bones entrava nel dormitorio e ricambiava lo sguardo. Gli occhi color nocciola scura di Amy erano tanto affilati quanto quelli cristallini di Sirius. Terminato il gioco di sguardi, la ragazza si diresse verso il fuoco, appoggiandosi senza troppa delicatezza sul bracciolo della poltrona ove era seduto Remus, curiosa di scoprire che libro stesse pazientemente sfogliando.
«E’ l’Antologia degli Incantesimi del Diciottesimo Secolo» rispose lui
«Purtroppo non sono riuscito a trovare l’edizione precedente. Pare ne siano rimaste veramente poche, dopo l’incidente del Fiammagranchio al Wizzhard Books»
Amelia socchiuse e piccoli occhi a mandorla in un’espressione perplessa.
«Di che incidente parli?»
«Qualche anno fa un Fiammagranchio stufo ed impaurito dall’orafo che lavora per Telami e Tarlatane si riparò sotto gli scaffali del magazzino della casa editrice»
«Fu come accendere un fiammifero in un pagliaio» proferì Sirius, con un sorriso divertito in bocca, il piede sinistro appoggiato sul freddo davanzale di pietra, la gamba sinistra penzoloni dondolante sino a sfiorare, con la punta delle dita, il ricco tappeto rosso disteso sul pavimento, lo sguardo annoiato dall’incessante scroscio dell’acqua sui vetri. Il manualetto a mezz’aria era dolcemente atterrato sulla sua mano, che teneva abbandonata sul fianco.
«Come on baby, light my fire…»
La voce di Dorcas risuonò squillante dalla tromba delle scale, precedendola nella Sala Comune. Aveva alle orecchie delle curiose cuffie di metallo, indubbiamente insufficienti a scaldarle le orecchie. Dall’estremità inferiore delle cuffie si diramavano delle altrettanto curiose e sottili cordicelle scure, che andavano a riunirsi in una piccola cassetta azzurra, che la ragazza teneva aggrappata alla cintola dei pantaloni. Dorcas volteggiò accanto alla poltrona e lasciò che le cuffie cadessero leggere sulle spalle coperte dai capelli biondi come il grano.
«Questa è la miglior invenzione del mondo, Amy. Non so come tu abbia potuto nascondermela per tutto questo tempo!» esclamò, mentre prendeva in mano la cassetta, rimirandone la lucentezza.
Sirius aveva girato lo sguardo verso di loro, e aveva aggrottato le sopracciglia scure.
«Che nuova diavoleria è quella?»
«E’ un PassUomo
Amelia non riuscì a trattenere un risolino divertito, e anche Remus sorrise.
Pensò al suo precedente compleanno, quando Marley glielo aveva regalato, avvolto in un pacchetto malfatto e un po’ acciaccato.

«Me lo ha portato mio fratello dal Giappone, ma credo che me lo abbia regalato solo perché non sa utilizzarlo. Neanch’io so farlo, magari tu ci riesci»

Sorrise a quel ricordo.
«Un walkman, Dorcas»
«E io che ho detto?» sorrise la ragazza, girandosi verso Sirius «Queste cose non le fanno mica nel nostro vecchio e polveroso Mondo Magico, caro mio. Devi andare dai Babbani per trovare PassUomini canterini!» concluse, riportandosi le cuffie alle orecchie e piroettando in mezzo alla stanza.
Sirius guardò i suoi capelli volteggiare dietro la schiena minuta della ragazza, prima di reclinare la testa all’indietro, con aria divertita e al contempo annoiata, e tornò a guardare la pioggia, mentre dava il colpo di grazia all’ultimo misero pezzo di liquirizia che ballava sulla sua lingua. Crack.
«Non devi preoccuparti per il tuo libro, Remus» sorrise Dorcas. 
«Potresti trovarlo alla Fiera della Magia dell'ultima domenica del mese»
«Hai ragione» osservò Amy, rivolgendo un sorriso a Remus «A quella fiera ho trovato dei libri rarissimi»
Remus ricambiò lo sguardo, prima di riabbassarlo al manuale «Magari… se non c’è il Quidditch, l’ultimo weekend del mese potremmo andarci insieme»
Amelia sentì un tonfo al petto e un improvviso calore alle guance.
«S-si.. non c’è il Quidditch nel weekend di Halloween. E comunque pensavo già di andare»
«Bene! Ora tutti hanno un appuntamento tranne me!» gridò Dorcas con un ghigno, smettendo di ballare da sola in giro per la stanza.
«Magari potremmo andare anche noi» disse Sirius con voce ferma.
Stavolta furono Dorcas, Remus ed Amy a voltarsi verso la finestra. Sirius rivolse uno sguardo affilato a Dorcas.
«Visto che questa fiera della Magia sta diventando una celebrazione anticipata di San Valentino, non vedo perché non potrei portare anche te» sorrise.
Dorcas abbassò il mento, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio paonazzo di imbarazzo, ma non smise di ridere.
«Non vedo perché no»
Le labbra del ragazzo si allungarono in un sorriso malandrino. «Allora è deciso»
Dorcas sfilò la cassetta azzurra dai suoi pantaloni di velluto, e la sventolò in aria.
«A patto che possa portare il mio PassUomo, ovviamente»
«Si chiama walkman, Dorcas»
«E io che ho detto?»

 
 ♦

Marlene cercò di togliersi la sensazione dello sguardo di Sirius Black di dosso mentre scendeva nervosamente le scale, verso la Biblioteca. Regulus la aspettava davanti all’ingresso principale, le spalle appoggiate alla legnosa colonna intarsiata di rami e foglie di quercia.
Aveva le mani intrecciate dietro di sé; stava sorridendo, fino a quando non aveva visto l’espressione di lei.
«Stai bene?» aveva chiesto, chinando un po’ la testa verso la spalla destra. Sperando che smettessero di tradire il suo nervosismo, Marlene abbassò gli occhi e abbozzò un sorriso con l’angolo della bocca.
«Si, è che questo tempo rende tutto più noioso»
Regulus tirò un sospiro esasperato, mentre le prendeva la mano e poggiava il pugno chiuso sul suo palmo.
«Tu e la tua metereopatia» sorrise; quando lasciò passare le dita negli incavi tra le dita di lei, Marley sentì il tocco crespo e sottile della carta. Abbassò gli occhi e video delle piccole tessere dorate, su cui era inciso un nome che riconobbe subito.
«Ma questi sono i biglietti per il concerto di Halloween di Blodwyn Bud ai Tre Manici di Scopa!» esclamò Marley.
«Credevo fossero finiti questa estate! Come hai fatto ad averli?»
«Con tutti i Galeoni che abbiamo lasciato da Mielandia nelle scorse settimane, ne avevamo ottenuti tre. Non che tu te ne sia accorta, perché scappavi via col bottino non appena pagato» sorrise Regulus, passandosi una mano tra i capelli corvini, mentre Marlene allungava le labbra in un risolino colpevole.
«Comunque.. sono riuscito ad estorcere due biglietti extra, quindi… immagino che, se alle tue amiche piacciono le sue canzoni… magari potresti dirlo a loro» proseguì, timidamente esitante.
«Per Merlino!» esclamò Marlene. Continuò per un momento a guardare i biglietti, prima di alzare il viso verso il suo interlocutore. Non sapeva se fosse più sorpresa per il fatto che le stesse regalando dei biglietti che credeva terminati da mesi o piuttosto dalla circostanza che voleva che Regulus Black le stesse effettivamente chiedendo di conoscere le persone a lei più care. Non era certamente un atteggiamento che si sarebbe aspettata da lui, già così poco disposto ad aprirsi con lei, che conosceva dai primi anni di scuola, così chiuso nei confronti di tutte le forme di vita che non aleggiassero nella sua stanza di Dormitorio.
«Il burbero, solitario e silenzioso Regulus Black vuole conoscere le amiche della sua ragazza?»
Regulus tentennò, arrossendo visibilmente.
«Ma no… è che Piton e Nielsen avevano già da fare, altrimenti li avrei dati a loro» disse abbassando gli occhi. Marlene sorrise, imbarazzata dal non essere riuscita a celare la sua sorpresa dietro a quel commento ironico.
«Non preoccuparti, timidone» disse, mentre riponeva i biglietti nella tasca posteriore dei suoi jeans «le mie amiche adorano Blodwyn Budd, e se vuoi posso chiedere loro di venire con noi, ma solo se tu vuoi»
Si alzò sulle punte dei piedi, stampando un tenero bacio sulle labbra sottili e candide di lui.
«Altrimenti, non avranno problemi a starsene sotto il palco a deliziare gli spettatori della loro indiscussa incapacità canora»
 
Passarono il pomeriggio in biblioteca. Marlene si dondolava annoiata tra gli scaffali, alla ricerca di qualche volume polveroso il cui titolo potesse ridestare la sua mente dall’indolenza che la ancorava: avrebbe voluto persuadere Regulus a fare qualcos’altro, ma le sarebbe dispiaciuto alzare la sua testa corvina china sul libro di Pozioni e rovinare la sua metodica concentrazione nello studio; e, anche ove, in preda ad una inaspettata spinta egoistica, avesse voluto tirarlo su dai libri, non avrebbe potuto, dopo il regalo che le aveva fatto con quei biglietti. Si limitò quindi a bighellonare in giro per la biblioteca scura ed umida, fino a quando non trovò un volume sulle proprietà curative delle squame di drago che finalmente, catturando la sua attenzione, la costrinse a sedere sul davanzale di una delle ampie vetrate del salone, dove le gocce di pioggia si rincorrevano in una danza incessante.
Quando la sera penetrò da quelle vetrate con la sua oscurità, Regulus le si avvicinò e, sorridendole al lume delle fiaccole divenute le uniche fonti luminose, la prese per mano, per accompagnarla verso la Sala grande per il pasto.
Lei non poteva fare a meno che adorarlo, in quei gesti timidi ed eleganti, gli sguardi veloci e traditori, i silenzi assordanti che lei rompeva sempre con qualche frase fuori posto.
La lasciò fuori dall’ingresso con il suo freddo profumo sulle labbra, e lei si sentì felice mentre attraversava i lunghi tavoli già imbanditi per la cena. Essendo, per una volta, in anticipo, le panche non erano ancora del tutto piene di studenti. Eppure, neanche stavolta riuscì ad arrivare prima delle sue amiche: Dorcas, in una delle sue ronde nelle cucine, aveva estorto al mastro pasticcere, uno gnomo grasso dai lunghi baffi rossicci, che il dolce, quella sera, sarebbe stata una cheesecake al burro di arachidi e datteri, e aveva costretto Lily a scendere mezz’ora prima del solito, per assicurarsi un posto davanti all’attesa delizia.
Lily fece cenno a Marlene di sedersi accanto a lei con un sorriso gentile.
«Guarda un po’ chi si vede, la nostra innamorata preferita»
Marlene sorrise, lanciando un’occhiata veloce prima a Lily, e poi a James, seduto dall’altra parte del tavolo, qualche metro più in là «E guarda un po’ chi parla. Sono quasi sicura di aver visto la tua piuma incantata scrivere un sacco di J a forma di cuore sulla tua bozza del compito di Trasfigurazione, l’altra sera»
Lily arrossì, acchiappando nervosamente il calice colmo d’acqua di fronte a sé.
«Ma.. che dici, Lene»
«Dico che ho una sorpresa per voi, vecchie fattucchiere»
«Se è per il dolce di stasera…» fece Dorcas, con la bocca piena di purè di patate «Lo sappiamo già.. dovrebbe materializzarsi da un momento all’altro»
Marlene frugò nella tasca posteriore dei suoi jeans, estraendo i biglietti.
«Ho paura che questi non siano commestibili» disse, porgendo i biglietti a Dorcas, che li agguantò con le mani sporche di purè. Marlene vide la patina dorata dei biglietti scintillare negli occhi luminosi di Dorcas. Seguì uno squittio assordante, che per un solo attimo risuonò nella Sala Grande.
«Dorcas, credo che tu mi abbia appena perforato un timpano» disse Lily, con tono severo e gentile al tempo stesso, come solo Lily era in grado di fare.
«Come… come?!» esclamò Dorcas, tenendo ancora tra le mani tremolanti i biglietti.
«Me li ha dati Regulus. Ha detto che li ha ottenuti con la raccolta punti Mielosi di Mielandia. Ne ha tre in più e mi ha chiesto se qualcuna delle mie amiche potesse essere interessata»
«Stai scherzando?! È una vita che voglio andare ad un concerto di Blodwyn Bud!»
«Esattamente… quanti soldi avete speso da Mielandia per ottenere tutti questi biglietti?» chiese Lily.
Marlene si protese sul tavolo imbandito, pretendendo i biglietti indietro da Dorcas.
«Alcuni ce li hanno regalati»
«Ok… allora quanti soldi avete speso da Mielandia perché quei tirchi coniugi Flume vi regalassero dei biglietti?» continuò Lily.
«Per Morgana, Lily Evans, non è da te esporre tuoi giudizi così personali sulle persone» fece Marlene, con un sorrisetto cinico, mentre agguantava i biglietti sporchi di purè dalle mani resistenti di Dorcas.
«Allora, ci venite o no?»
Al “sì” istantaneo di Dorcas si contrappose l’altrettanto deciso ma contrario “no” di Lily. Marlene le guardò aggrottando la fronte, mentre le due si scambiavano sguardi complici ma incoerenti, come due fuggitivi che non avessere concordato per bene cosa dire a propria discolpa nel caso in cui fossero stati catturati.
«Entrambe le risposte sono state troppo veloci per non nascondere qualcosa» disse interrogativa.
«Il concerto non è la notte di Halloween?» chiese Lily, senza staccare gli scintillanti occhi verdi da Dorcas, che la guardava perplessa.
«Si… abbiamo già programmi per la notte di Halloween?»
«Non so… Dorcas, abbiamo programmi per la notte di Halloween?» ripeté Lily, ma la sua non sembrava una domanda. In realtà, sembrava che Lily conoscesse già la risposta, e che quella stessa risposta si stesse pian piano materializzando sul viso di Dorcas. Questa, per tutta risposta, riprese ad ingozzarsi di purè, davanti allo sguardo spaesato di Marlene e quello ormai furiosi di Lily.
«Dorcas!» esclamò, severa e per niente gentile, stavolta. 
«C’è qualcosa che devi dire a Marlene?»
«O per Merlino, cosa può aver combinato stavolta che le impedisca di venire al conc-…»
«Esco con Sirius Black, quella domenica 31»
Marlene rimase in silenzio, fin quando la bocca socchiusa non si tirò in un largo sorriso e scoppiò a ridere.
«S-stai scherzando… vero?» disse, tra le risate.
«Me lo ha chiesto questo pomeriggio in Sala Comune» sibilò Dorcas, senza distogliere lo sguardo dal suo piatto.
«In… in che senso?» fece Marlene, mentre il suo sorriso si restringeva sempre di più.
«Black? Sirius Black? Misonocagatoneipantaloni-Black? Di lui stiamo parlando?»
«Sei stato tu a farlo cagare nei pantaloni, ti ricordo» fece la bionda, trovando quel poco di coraggio che le serviva per alzare gli occhi.
«Si! E tu eri con me, a ridere a crepapelle, quando è successo! Pensavo fosse abbastanza per curare almeno te dal discutibile fascino che quel merdone sembra avere sull’intera fauna femminile scolastica!»
«Non è come credi, Marlene» proferì Lily.
«James ed io andremo alla Fiera della Magia dell’ultima domenica del mese, e così anche Remus, non ci perdiamo mai quella fiera… e Remus ha invitato Amelia… così Sirius…»
L’accurata spiegazione di Lily fu interrotta dal movimento repentino di Marlene, che tirò le spalle indietro, le braccia piegate in avanti, i palmi delle mani aperti all’altezza del costato, e un’espressione ancor più interrogativa in faccia.
«Amy sta uscendo con Lupin?» chiese.
«Cosa c’è che non va con Lupin? Pensavo ti piacesse Lupin!» esclamò Dorcas.
«Quello che non mi spiego è perché io sia sempre l’ultima a sapere queste cose»
«Beh, se non stessi sempre insieme a quel Seperverde esangue, magari…»
«Dorcas!» tuonò Lily Evans.
Marlene fece appena in tempo a sentì il calore esplodergli nella pancia e salire su per l’esofago, prima che Lily aprisse le braccia in segno di sosta.
«Credo che dovremmo darci tutti una calmata. Marley, ovviamente Dorcas sarebbe molto felice di venire con te al concerto, e non riesce a ringraziarti solo perché è un’idiota…»
«Evans, la tua diplomazia ha conosciuto giorni migliori» bofonchiò Dorcas.
«… ma non credo sia saggio combinare un appuntamento tra coppie in cui siano compresi entrambi i fratelli Black»
Marlene distolse lo sguardo da Dorcas e appoggiò i gomiti al tavolo.
«Su questo siamo d’accordo, immagino»
Incrociò le braccia, e riprese a guardare Dorcas, che aveva ripreso a mangiare. A volte Marlene si chiedeva come potesse essere così magra, e si trovava ad invidiarla. Era un’invidia priva di malizia, di quelle che possono provarsi soltanto nei confronti di qualcuno a cui si è terribilmente affezionati. Eppure, il fatto che ora uscisse con Sirius – eppure…
«Perché ci esci? Insomma, Dorcas, lo sappiamo come tratta le ragazze»
«Se è per questo, sappiamo anche come Dorcas tratta i ragazzi» ammise Lily in un risolino.
«Hey…!» scoppiò Dorcas, dopo aver fatto un altro boccone di purè. Abbandonò finalmente la forchetta sul piatto con un lieve tonfo, e protese le braccia come farebbe un ladro colto sul fatto «Ragazze, non ci sono neanche ancora uscita! Non so neanche cosa sia, se sia un appuntamento, se non lo sia… non ho abbastanza segnali per capire che intenzioni abbia!»
«Oh, e quanti segnali ti servono da lui?» chiese Marlene retorica.
«E’ Sirius Black, Dorcas! È un animale bifasico! Non merita neanche di essere ricompreso tra gli organismi complessi!»
«O per Merlino, Marlene! Ma perché ti interessa così tanto? Sai che posso difendermi dai tipi come lui»
Marlene abbassò gli occhi, riconoscendo che il suo atteggiamento tradiva un interesse che non avrebbe dovuto mostrare: un interesse che andava oltre alla preoccupazione che si può avere per un’amica.
Eppure, eppure…
C’era qualcosa che continuava a ronzarle in testa, un presentimento tanto infido quanto presuntuoso che le si era infilato nell’orecchio insieme alla voce squillante di Dorcas mentre le diceva che Sirius aveva proposto l’appuntamento. Quel presentimento era entrato nel suo cervello e lì sembrava voler restare: un presentimento che aveva l’aspro sapore del risentimento e l’aspetto maliziosamente affilato di Sirius Black.

Che Black abbia chiesto a Dorcas di uscire solo per allontanarla da me?

L’aveva visto, quella mattina – o meglio, più che vederlo, aveva sentito i suoi occhi su di lei – e la cosa non le era piaciuta. Subito dopo, almeno presumibilmente, aveva chiesto a Dorcas di uscire – ma sì, doveva essere andata così, altrimenti Dorcas glielo avrebbe detto prima, o almeno Lily l’avrebbe costretta a farlo.
Non riuscì a concludere i propri pensieri, che la sua rabbia aveva già preso un’altra direzione, una direzione che aveva già preso altre volte, ma mai in maniera così funesta.
«Lo so, Dorcas» sorrise Marlene, abbassando gli occhi «mi spiace mettere in dubbio che sei capace di tenere a bada un tipo come Black»
Dorcas e Lily si scambiarono uno sguardo interrogativo, sorprese dall’apparente (e solo apparente) calma di Marlene.
«Allora, dov’è questo dolce?»


Finirono il pasto dividendo un’intera cheesecake. Quando Peter Minus tentò timidamente di chiederne una fetta, Dorcas gli si ritorse contro, in una infelice imitazione di un Wampus.
Quando fu il momento di tornare al Dormitorio, James, alzatosi, abbracciando Lily da dietro, rivolse un saluto sorridente alla cugina, che le era seduta ancora accanto. Gli sentì chiedere se fosse pronta dell’allenamento della mattina, e gli rispose con un lieve cenno del capo, mentre guardava Dorcas alzarsi e andare verso Sirius. Li guardò percorrere la navata insieme, verso il portone centrale, mentre lei si avviava nella stessa direzione con il cugino – che continuava a parlargli delle strategie che aveva studiato durante l’estate per la squadra – e la sua ragazza. Guardava Dorcas parlare animatamente tra Sirius e Peter, mentre il primo le arruffava i capelli con fare divertito. Sentì il calore aumentare nella sua pancia. Non mancò neanche di vedere Amy che riceveva un libretto rilegato in pelle dalle mani di un Remus Lupin stranamente colorito in volto. Al contrario di James, animato dall’entusiasmo delle sue nuove ed eccezionali strategie di gioco, Lily non parlava, limitandosi a seguire con gli occhi i propri passi, per lanciare, ogni tanto, qualche sguardo preoccupato a Marlene.
 
 ♦

Quando andò ad allenarsi, l’indomani mattina, si accorse che la rabbia le aveva costretto i muscoli del corpo in una dolorosa morsa. Arrivata al campo di Quidditch, vide suo cugino al centro del prato verde e curato; al suo fianco c’era Sirius, che non mancò di riservarle uno sguardo felino. Stavolta non desistette dal contraccambiare la tacita accettazione di guerra.
Era la prima volta che la squadra si allenava al completo: il primo mese di allenamento, dedicato allo sviluppo della forza e della resistenza, lo aveva trascorso esclusivamente con le sue compagne di squadra.
Non vedeva l’ora di vedere se era effettivamente migliorata, e James Potter gliene diede subito occasione, decidendo di dedicare quel primo allenamento ad uno scambio di ruoli: attribuì a Marlene il ruolo del battitore, e a Sirius quello del Cercatore.
«Forsa, Sir, consegna la tua mazza a Marley, e vediamo se sa usarla meglio di te»
Ci fu un risolino collettivo, mentre il ragazzo, con gesto sprezzante, lanciava la mazza a Marlene, che riuscì ad afferrarla al volo ed andò alla sua scopa per levarsi a mezz’aria sul campo.
Aspettò che gli altri la raggiungessero, senza preoccuparsi di memorizzare i ruoli di ognuno: d’altronde, aveva già individuato il suo obiettivo.
La Pluffa venne lanciata in aria e i Bolidi liberati. Sirius si lanciò all’inseguimento del Boccino d’Oro, sulla curva ovest del campo. Marlene avvistò la traiettoria del Bolide più vicino a lei, e, senza perdere gli occhi da Sirius, volteggiò di modo da creare un angolo di novanta gradi tra il Bolide e il suo target. Alzò il braccio che impugnava la mazza, e attese che la funesta palla le arrivasse addosso per colpirla.
Sentì la voce lontana e arrabbiata di suo cugino urlare il suo cognome, ma non distolse lo sguardo dalla palla.
Al colpo secco, il Bolide schizzò via nella direzione di Sirius, che se ne avvide appena in tempo per non veder frantumato il proprio femore. La coda della sua scopa non se la cavò altrettanto bene. Il Bolide ne spezzò parte delle sue punte, tanto da costringerlo a rientrare dal gioco. Planò delicatamente a terra, e scese elegantemente dalla scopa, senza smettere di guardare in alto, nella direzione di Marlene; lei intanto era volata via dal secondo Bolide, che la inseguiva impazzante, sino a quando James non suonò il fischietto.
Con un’imprecazione, Marlene sfruttò la distanza guadagnata dal Bolide per colpire anch’esso, lanciarlo nell’altra direzione con un urlo di sfogo, e planare a terra.
«Marley!» gridò James, la cui voce arrabbiata tradiva al contempo un velo di meravigliata ammirazione. 
«Se quella fosse stata un’azione durante la prima di Campionato contro Serpeverde, non avrei avuto niente da ridire…»
Sirius era accanto a lui, e contava i crini mancanti dalla sua scopa.
«…ma hai cercato di azzoppare il mio unico Battitore esperto! Dico, sei impazzita?»
Ancora accigliata, Marlene lanciò la mazza ai piedi di Sirius.
«Il mio allenamento finisce qui» proferì, e lasciò la squadra alle spalle.
I suoi compagni la guardarono allontanarsi.
A James, nella sua incurabilmente infantile fantasia, parve quasi di vedere del fumo nero uscirle dalle orecchie e condensarsi sulla sua testa, così da formare una nuvola densa di pioggia – nonostante il cielo fosse sorprendentemente terso.
«Ora ci vai a parlare» disse, continuando a fissare quella nuvolina allontanarsi con la testa di sua cugina. Sirius gli si voltò, la fronte aggrottata e lo sguardo sorpreso.
«Stai parlando con me?»
«No, Felpato, sto parlando con la tua scopa
» 
La mano di James fu troppo veloce per permettere a Sirius di impedirle di infierire sulla sua nuca un flebile ma sonoro schiaffo. 

«Certo che sto parlando con te!»
«E che dovrei fare io?!» esclamò Sirius, accigliato. James si voltò di scatto vero di lui, e gli puntò l’indice al petto.
«Riportare qui la mia Cacciatrice. Non so perché, ma credo che se c’è qualcuno con cui quella mina vagante potrebbe avere uno screzio in squadra…»
L’indice si ricongiunse alle altre dita, ora aperte, della mano, che si alzò sulla spalla di Sirius, battendola un paio di volte.
«… quel qualcuno sei tu»

 
 ♦

«Hey, McKinnon, perché così di fretta?»
Sirius dovette correre per raggiungerla. Era arrivata sul ciglio della collina ove si ergeva il castello e lui l’aveva chiamata urlando il suo cognome già un paio di volte, senza che lei si prendesse il disturbo di voltarsi.
«Non ho niente da dirti»
«Bhe, magari io sì»
Marlene si voltò di scatto, e prese a camminare verso di lui. Sirius le andò incontro, e si fermò a guardarla con le braccia conserte e un sorriso presuntuoso. Lei invece schiacciava l’erba verde con tutto il peso del suo corpo e della sua rabbia, muovendo le braccia avanti e indietro; lo strattonò quando gli arrivò abbastanza vicino.
«Perché non riesci a lasciarmi in pace?»
«Sei tu, che non riesci a starmi lontana» sorrise Sirius.
«Forse oggi hai tentato di uccidermi per sbarazzarti di questa ossessione una volta per tut-…»
L’ultimo strattone arrivò più violento ed impetuoso degli altri, e il ragazzo dovette fare uno sforzo per non cadere all’indietro, giù per la collina.
«Perché hai invitato Dorcas alla Fiera della Magia?»
«Perché ha un bel sedere, McKinnon» fece Sirius, dopo aver ritrovato l’equilibro, con le gambe divaricate in una posizione poco naturale.
«Per non parlare dei suoi occhi; non ho mai visto degli occhi così in tutta la mia vita. Insomma, hanno un colore diverso per ogni sfumatura del cielo» sorrise. Si spostò a monte della collina, sopra di lei, per evitare di cadere rovinosamente ad un nuovo strattone, che arrivò, ancor più violento.
Marlene sentiva  il calore della rabbia salirgli dalle viscere, percorrergli il midollo ed arrivare alla testa, che era diventata pesante.
«A te non dovrebbe interessare, comunque» rise Sirius, facendo qualche passo indietro. Marlene lo sorpassò, voltandogli le spalle e facendo per risalire la collina.
«Mi auguro per te che sia così. Brutto figlio di … mi stai facendo incazzare un bel po’, Black»
«Cos’è, McKinnon? Adesso sei gelosa? Eppure, hai avuto più di una possibilità, e le hai sprecate tutte»
Marlene non poté che girarsi nuovamente verso di lui. Alzò le braccia a mezz’aria e si protese col busto a valle, come per voler indirizzare meglio la voce verso il suo interlocutore – come se gridare non fosse ancora abbastanza.
«Perché ho l’impressione che tu esca con Dorcas solo per infastidire me?»
«Da quello che vedo, se fosse così, sarei già riuscito nell’intento prima di uscire effettivamente con lei»
Marlene era diventata paonazza. Riscese di qualche passo, tanto da raggiungerlo, e raccolse tutta la forza che aveva per strattonarlo di nuovo indietro, costringendolo a scendere già per la valle e ad aprire le braccia per non perdere – di nuovo – l’equilibrio.
«Tu. Non devi. Farle. Del male.» strillò, scandendo le parole a forza di spinte.
Le urla le si soffocarono in gola, quando Sirius le fermò i polsi nella stretta morsa delle sue dita, costringendola a guardarlo negli occhi di ghiaccio.
«Non sono io quello che fa del male alle persone, Marlene. Tu lo sei» le sibilò in un sorriso.
«Tu pretendi la mia attenzione, ma rifiuti il mio affetto. Non riesci a sopportare che ora esca con una tua amica, perché non vuoi che altre si prendano le attenzioni che spettano a te. È questo che sei»
Le risa di Marlene gli scoppiarono in faccio con un boato inaspettato e fragoroso.
«Le attenzioni che mi spettano, Sirius? Davvero? E perché mai mi spetterebbero?»
Sirius allentò la presa, ma la attrasse a sé, ancora più vicina.
Lei continuò a fissarlo, sorridendo, sfidandolo con lo sguardo.
«Non hai avuto un minimo di rispetto nei confronti di quello che provavo per te» ghignò lui con rabbia, fissandola nei grandi occhi scuri, esitando sulle microscopiche lentiggini dorate sopra gli zigomi, che le uscivano soltanto al morire dell’estate e scomparivano prima della bella stagione.
«Di quello che tu provavi, Black? Davvero?» gridò Marlene, scoppiando in una fragorosa risata.
La risata si ruppe di colpo, e lei protese il collo verso il viso del ragazzo, ricominciando ad urlare.
«Sei uno Snidget troppo cresciuto, McKinnon! Maialina-Al-Miele, Principessa-Vomitina!»
Sirius allentò la presa, mentre lei continuava a gridare gli appellativi che le aveva affibbiato nei primi tre anni ad Hogwarts. Marlene riuscì a divincolarsi dalle dita di lui, e a risalire di qualche passo la collina, senza distogliere lo sguardo, senza smettere di ripetere a squarciagola quegli insulti.
«”Peccato, McKinnon, saresti pure un bella ragazza, sotto tutto quel grasso”!»
Cercando di lottare con la morsa che gli aveva stretto il petto, Sirius non poté fare a meno di notare che gli occhi di lei si erano gonfiati di lacrime. D’un tratto, gli parve di vedere al suo posto una piccola, tozza bambina, dagli occhi luminosi ma incerti e tristi, nascosti dietro spesse lenti di vetro, i capelli costretti in un elastico dietro la nuca. Le guance erano così prominenti che finivano per scendere sotto il viso paffuto e crearle un piccolo doppio mento, e la tunica di Hogwarts le pendeva dalle braccia troppo corte.
«Per tre anni ho sopportato le tue umiliazioni! Per tre anni non ho fatto altro che sentirmi sbagliata! Avevo tredici anni!»
Marlene aveva la faccia paonazza di rabbia e di dolore, e Sirius non riusciva a capire come avesse ancora il coraggio di guardarla in viso.
Adesso aveva davanti una donna, ed era forte e fiera e feroce. I pantaloni del Quidditch le aderivano alle cosce lunghe e tornite, risalendo la vita stretta.
Lì, il maglione dorato e scarlatto della sua squadra – la sua stessa squadra – fasciava morbidamente i seni maturi. I capelli lunghi e lisci le cadevano sciolti sulle spalle ampie, ma gli occhi – gli occhi erano gli stessi di quella bambina. Non era rimasto altro che l’ombra di quella tristezza – un’ombra che aveva l’aspetto di un dolore passato e mai del tutto sopito.
«Avevo tredici anni quando ho capito che mi sarebbe bastato essere abbastanza per me, senza curarmi di cosa pensassero gli altri»
L’aveva capito mentre lavava via dai capelli il suo stesso vomito, dopo aver ingurgitato quindici Fondenti Febbricitanti, cinque Cioccorane, una Torta di Melassa e un’intera bottiglia di sciroppo di ciliegia. Ma questo non glielo disse.
«E tu, Black, una mattina sei sceso per fare colazione e ti sei accorto che quella stupida, goffa ragazzina non esisteva più; che il suo sedere, pur non essendo cambiato di molto, non ti dispiaceva affatto, e che gli erano anche cresciute le tette»
Adesso era di nuovo a qualche centimetro da lui, e teneva la testa alta, con gli occhi rossi bagnati di lacrime e di rabbia e aveva abbassato il tono della voce, sino ad arrivare ad un lieve sibilo.
«Ma soprattutto, Black, hai guardato quella ragazza e hai capito che non avevi più alcun tipo di potere su di lei, e la cosa ti ha infastidito, e in quel fastidio hai trovato il gusto di una nuova sfida, e hai messo nel mirino un diverso tipo di preda» sussurrò Marlene.
«Fino a quando lei non si è accorta che c’era qualcuno che l’aveva desiderata anche quando era una povera ragazzina impacciata e grassoccia. A quel punto non eri più solleticato: eri soltanto infastidito»
Per la prima volta in vita sua, Marlene vide lo sguardo di Sirius vacillare.
«Sono stufa dei tuoi giochetti, Sirius. Esci dalla mia vita»
Lo sguardo pietrificato di Sirius prese lentamente a sciogliersi, la testa chinandosi verso il basso, mentre gli occhi anch’essi si abbassavano, e la bocca si arricciava in un sorriso spigoloso.
«Non sono mai entrato veramente nella tua vita, Marlene. Mi dispiace solo di averti fatto del male»
«No, non è vero, Black. Il problema è che a quelli come te non dispiace mai sul serio» continuò Marlene, senza staccare gli occhi infuocati da quelli di lui. Fece qualche passo indietro, risalendo, ancora una volta, verso il castello.
«Fai quello che vuoi, con Dorcas. Sono sicura che è abbastanza sveglia da uscirne prima che un fottuto pezzo di merda come te le spezzi il cuore» concluse, prima di girarsi e correre verso l’insenatura nelle mura di pietra.
Sirius avrebbe giurato di vederla asciugarsi le lacrime con le maniche della tunica scarlatta della squadra di Quidditch.
 

C’erano pochi posti, ad Hogwarts, veramente sconosciuti. Nonostante fosse un castello di immense dimensioni, colmo di cunicoli e stanze nascoste agli occhi dei più, il fatto che fosse la dimora di maghi e streghe dalla preadolescenza sino alla primissima maturità aveva permesso alla naturale curiosità e all’incolpevole incoscienza dei suoi abitanti di esplorare ogni singolo muro di pietra che lo percorreva all’interno. Eppure, rimaneva facile perdersi, e di notte il castello era talmente buio e silenzioso quasi da sembrare disabitato.
Marley e Amelia si erano ritagliate uno spazio in quella silente oscurità, un posto in cui dividere una Burrobirra e magari parlare con sincerità. Ogni tanto si incontravano lì, quasi come se dovessero rendicontare l’un l’altra le rispettive vite. Marley era andata lì, quella sera, portando due Burrobirre in bottiglia che aveva sgraffignato dalla borsa del Quidditch di cui cugino, lasciata incustodita nella Sala Comune dopo gli allenamenti da cui era scappata quella mattina. Non avvertì neanche Amelia del fatto che sarebbe andata lì, quella sera: pensò che, eventualmente, anche un po’ di solitudine le avrebbe fatto bene.
Continuava a domandarsi se potesse essere felice come lo era con Regulus senza perdere tutte le persone a cui teneva. La gente non vedeva in Regulus quello che vedeva lei – ovvero soltanto quello che c’era veramente da vedere: un ragazzo tanto educato da apparire timido, uno dei primi della sua classe, dedito allo studio e al duro lavoro, un eccellente Battitore. L’atteggiamento schivo e serio di Regulus, paragonato alla manifesta bellezza e alla vivacità del fratello, avevano finito per dare di lui un’impressione negativa, fondata su luoghi comuni che pesavano su tutti i membri delle rispettive case per il solo fatto di appatenervi.
Eppure, Regulus non era soltanto questo.
Non poteva fare a meno di chiedersi se la popolarità di Sirius Black non avesse gettato un’ombra sul fratello, eternamente il meno bello, eternamente il meno simpatico… eternamente condannato a non permettere a nessuno di vederlo davvero.
C’era qualcosa di ingiusto in quella situazione, talmente ingiusto da apparire quasi malato
Se ne stava lì, ascoltando il flusso dei suoi pensieri, appoggiata a quel balcone che si ergeva minuto e insignificante alla fine della scala a chiocciola della torre nord, troppo fredda e umida perché gli insegnanti decidessero di tenervi lezioni o gli studenti ci passassero del tempo. Guardò la luna riflettersi sulle acque superficialmente placide del lago, quando sentì i passi familiari di Amy alle sue spalle. La pioggia era finita, pensò, prima che la ragazza parlasse.
«Hai portato le mie birre?» chiese.
Marlene non rispose, ma si chinò per raccogliere le due bottiglie ambrate da terra. Amy le prese in mano, mentre con l’altra afferrava la bacchetta per liberarle dai tappi di latta. Ne porse una a Marley, e ripose l’altra sul corrimano di pietra, bagnato dall’umidità notturna. Poi estrasse il suo borsellino in pelle, e prese a costruirsi una sigaretta.
«Me ne faresti una?» chiese Marley, mentre buttava giù un sorso di Burrobirra. Amy fece cenno con la testa, ed alzò le sopracciglia, mentre le tirava la sigaretta appena fabbricata e prendeva a costruirne un’altra.
«Siamo di cattivo umore?»
«No, ho solo voglia di imparare»
Marlene pose la sigaretta tra le labbra e la accese con uno schiocco di dita – un trucco che suo fratello le aveva imparato quando era al primo anno.
Avvertì il fumo condensarsi nella bocca e inspirò per farlo scendere alla gola. Quando lo sentì solleticarle le corde vocali, non poté fare a meno di tossire, togliendo la sigaretta dalla bocca, gli occhi pieni di lacrime. Amy si astenne dallo scoppiare a ridere, accendendo la sua sigaretta.
«Sei negata, amica mia»
Se ne stettero per un po’ in silenzio, ridendo insieme ad ogni nuovo tiro di Marlene, decisa ad imparare ad utilizzare una sigaretta e a capire come fumare potesse essere rilassante.
«Allora… Lupin, eh?» disse d’un tratto Marlene.
«Già. È una persona interessante, Lupi»
«Si, un ragazzo intelligente. Mi piace Lupin» sorrise Marlene, continuando a guardare fuori dal balcone.
«Insomma, non che abbia importanza se piace a me, l’importante è che piaccia a te, sai…»
«Marlene…»
«… perché non vorrei mai impedirti di vedere una persona a cui tieni, questo lo sai, e so che non vuoi impedirmi di stare con qualcuno perché non ti piace ma semplicemente perché non ti fidi di quel qualcuno, che alla fine è un po’ come dire che non ti piace...»
Amelia scosse la testa, interrogandosi su come una persona potesse pronunciare tutte quelle parole in così poco tempo.
«Marlene» ripetè.
«… quindi probabilmente non ne usciremo. Ma io non sono te. Io ti voglio bene. E so che anche tu me ne vuoi, non volevo intendere che penso che tu non me ne voglia... insomma, voglio dirti che io mi fido di te, e mi fido delle persone che decidi di frequentare. E mi aspetto che anche tu possa fidarti di me»
«Lo sai che non vado d’accordo con tutti»
«Lo so che non vai d’accordo con tutti»
«Ma mi fido di te, Lène»
Amelia teneva ancora la birra tra le mani, mentre, dondolando nella direzione di Marlene, le diede un colpetto di spalla sul braccio sinistro. Seguì un altro lungo silenzio, in cui ad entrambe sembrò che tutto ciò che si potesse dire fosse già stato detto, o almeno compreso dall’altra.
«Quindi… Dorcas e Sirius Black, eh?» sospirò Marlene, finendo la sua Burrobirra con un lungo sorso.
«Non durerà» fece prontamente Amelia.
«Ma certo che non durerà»

 

Ciao a tutti.
Mi presento con un certo imbarazzo dopo due anni di assenza. Dalla pubblicazione dell'ultimo capitolo sono capitate molte cose nella mia vita. In effetti troppe, per descrivervele tutte. Non sono stati anni facili, ma immagino che la vita da adulti non sia mai una passeggiata. L'importante è che io sia qui, e spero anche voi, che avete seguito questa FF (mai dimenticata e mai veramente abbandonata). Prima di pubblicare questo capitolo ho sistemato la struttura e i refusi dei capitoli precedenti, come regalo di benvenuto ai nuovi lettori. Non me lo merito, ma se ci siete - vecchi o nuovi - battete un colpo nella sezione commenti.
Per sempre vostra.

 
Snidget

 
   
 
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