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Autore: sese87    07/12/2020    4 recensioni
Tokyo, Giappone. Bulma e Vegeta si incontrano in una giornata di pioggia. Inizieranno una relazione proibita tra studente e professore?
Storia liberamente ispirata a "Il Giardino Delle Parole" di Makoto Shinkai.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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GdP6

Il Giardino Delle Parole

Capitolo 6 

Verserò lacrime
sui germogli
che ho posato sul ceppo

- Nakamura Kusatao -

  

A Vegeta non importava ciò che la gente pensasse di lui, finché la gente pensasse anche che lui fosse il migliore. E così saperne più di tutti era difesa contro le avversative peggiori. Una giustificazione. Una scusa. Perché se non era il più bello, il più alto, il più simpatico, era almeno il più sapiente. Il più intelligente.
Lo rendeva superiore. Tuttavia, non intaccabile.
La freddezza con cui Vegeta si approcciava al mondo era una boa in mezzo a sacrifici ed emozioni. Lo aiutava a mantenere la calma. Pareva attraversare la vita con peculiare cinismo. A distanza.
Soffriva.
La mediocrità lo spaventava.
E se Bulma gli aveva mostrato la differenza tra genio ed intelletto, Enma gli aveva dimostrato che per essere davvero il migliore occorreva che gli altri lo percepissero tale. Persino l’ultimo arrivato era stato creduto più degno di lui. A che pro gli sforzi per raggiungere la riva?
Non voleva più mettere piede al Politecnico.
Non voleva più insegnare.
Si rigirò nel letto vestito con tutte le scarpe. Il sole chiuso dietro le tende sfuggiva dai bordi di stoffa.
Libri strappati per terra.
Il telefono riprese a squillare.
 

Vegeta trovava ogni volta una scusa affinché lei dovesse andare a cercarlo: i libri consegnati in ritardo, l’essersi quasi fatto sostituire da Ginew, l’averle messo un voto basso. E adesso si vedeva costretta a lamentarsi per un voto troppo alto: non voleva essere lo zimbello della “scuola”.
Dovevano guardarla per la sua bellezza, invidiarla per la sua intelligenza, non additarla per qualcosa che non aveva mai fatto!
Raggiunto il pergolato, Bulma richiuse l’ombrello.
 

L’ingresso al parco il lunedì era chiuso, negli altri giorni, dalle nove alle sedici, costava 200 yen.
«Ma io pensavo fosse gratuito!»
Un’alzata di spalle, «Inserisca le monete lì, per favore.»
Goku si grattò la testa, «Ma ho solo una banconota da 5000!»
 

Vegeta uscì di casa senza ombrello.
La pioggia nei capelli come dita fresche, sul collo, tra pelle e maglietta.
 

Il temporale aveva conquistato il parco, sconquassato i fiori e reso il fogliame più verde. Prima o poi la stagione delle piogge sarebbe finita, l’autunno avrebbe infuocato gli alberi. E lei sarebbe ripartita.
Bulma si accese una sigaretta. Il suo respiro diventò fragole, vapore.
Guardò l’orologio. Si chiese quando Vegeta sarebbe arrivato.
Si voltò verso il selciato.
 

La vide ed esitò, non sapendo che fare. Ma lei si accorse di lui e lo chiamò: «Goku!» 
 

L’interno del palazzo della F.C. era come Vegeta lo aveva sempre immaginato: asettico. Non c’era nulla alle pareti bianche; il pavimento era uno specchio lucido. I corridoi senza fine.
«Vegeta Ōji. Ho appuntamento con Freezer-sama.» Qualsiasi cosa si dicesse rimbombava. Il freddo si era attaccato alla sua schiena bagnata.
«Abbiamo problemi con l’aria condizionata.» Il receptionist, vestito di rosso, controllò l’elenco delle visite. Gli consegnò il pass per usare l’ascensore, «Settantanovesimo piano.» Tornò a bere una soda al guaranà.
 

Di Goku colpiva la bellezza del viso: funzionava ogni dettaglio. Il suo sorriso era uno spicchio di cielo terso, una carezza al cuore.
Finché non apriva bocca. «Non è che non sono contento di vederti, Bulma, ho solo le tasche piene di monetine.»
«Ma che stai dicendo?»
«Non ti riferivi alle protuberanze nei miei pantaloni?»
Bulma arrossì. «Imbecille, intendevo che non ci vediamo da parecchio!»
«Scusa, non sono granché a cogliere il sarcasmo!»
«E chi ne ha fatto!»
«Cosa?»
«Lascia perdere.» Riusciva sempre ad innervosirla! «Perché non mi racconti dove sei sparito?» Si era sentita molto sola negli ultimi diciannove giorni, abbandonata da tutti in un momento così tragico!
Goku prese posto accanto a lei sulla panca. «Mi sono rintanato a studiare.» Periodo di esami. Poi aveva ricevuto una chiamata dal rettore Enma: Vegeta saltava il lavoro da giorni. A casa non c’era, «Ma quando arriva?» Disse Goku.
«Chi?»
«Vegeta.» Avevano litigato di nuovo forse? «Non sei qui per vederlo?»
Non c’era stato un accordo. Bulma controllò l’orologio; il parcò avrebbe chiuso nel giro di un’ora, «Non so dove sia.» A braccia incrociate riprese a picchiettare le dita sui fianchi.
«Allora che ci fai qui?»
«Perché, questo posto gli appartiene?!» Sbraitò.

 

La cabina dell’ascensore era completamente trasparente. Così in alto Vegeta non era mai salito.
Tokyo, sotto i suoi piedi, sembrava un cancro alle ossa, con quei picchi indistinti di cemento.
Voleva liberarsene.
Vegeta sollevò lo sguardo al cielo. Tra poco avrebbe superato le nuvole e la pioggia sarebbe rimasta come un ricordo sui suoi vestiti. Avrebbe sentito calore.
Aveva perso tutto, ma la sopravvivenza era un istinto feroce.
Al settantanovesimo piano, il sole.
Le porte dell’ascensore si aprirono.
 

«Quindi neanche tu l’hai più visto?» Disse Goku.
«Perché avrei dovuto?»
«Ma non state insieme, scusa?»
«No, Goku, non stiamo insieme. Chi te l’ha messo in testa, lui, forse?» E lo guardò intensamente: una speranza, per quanto assurda, era pur sempre una speranza.
«Che c’è, ho qualcosa sul viso?»
Bulma sospirò affranta. Si stravaccò sulla panca con davvero poca calcolata eleganza. Senza Vegeta era giusto una giornata di pioggia. «Sai, fatico a credere che voi due siate fratelli.»
«Lo dice anche Vegeta!» Goku ridacchiò, «Comunque lui non mi dispiace e poi è l’unico rimasto, no?»
«Che vuoi dire?»
 

Ma il parco, da lassù, era ancora un cuore aperto tra vene di asfalto. E sotto le nuvole rade stava sempre piovendo.
«La vista è mozzafiato.» Gli disse l’uomo che si era presentato come Sorube Sorbet. Di notevole aveva un anello d’ottone al dito medio e l’intelligenza di non aver notato il suo stato pietoso.
Vegeta pensò a Bulma e si chiese se lo stesse aspettando.
Non aveva importanza quanto lei fosse stata distante: sue le uniche braccia verso le quali Vegeta avrebbe teso le proprie. Gli unici flutti dai quali si sarebbe lasciato condurre.
L’acqua che avrebbe spento il suo inferno; era una ragazzina con una cotta. E lui bruciava per lei.
Vegeta ebbe paura di se stesso. Rialzarsi era stata una scusa per fingere di non provare dolore.
«Mi segua. Freezer-sama è pronto ad accoglierla.»
 

Bulma strinse le mani. «Certo che lo sapevo!» Rispose a Goku. Vegeta non le aveva raccontato niente! L’aveva trattata come una ragazzina scema, lasciandole peggiorare la situazione.
Goku tirò un sospiro di sollievo, «Urca, meno male, pensavo di averne combinata un’altra delle mie!»
 

Continua…

  

 

Salve a tutti! :D
Questa volta sono stata più veloce ad aggiornare! La storia si infittisce ma i nodi verranno presto al pettine: non manca molto alla fine! Come sempre vi chiedo, li avete colti tutti i riferimenti? xD
Spero di sì, anche se qualcuno è stato piuttosto metaforico, come il “freddo” che si attacca alla schiena bagnata di Vegeta: scena su Namecc, quando Freezer lo ripesca dal fondo del lago e lo prende a pugni sulla schiena (povero Vegeta!).
 

In questo capitolo volevo mostrare un po’ la differenza tra Vegeta e Goku. Voglio dire, nonostante il fascino di Vegeta, credo sia indubbio che fisicamente Goku sia da intendere (anche se disegnati simili xD ) come il più bello tra i due, in Dragon Ball. Vegeta è un “bel fusto” soltanto nel doppiaggio della Mediaset, quando Bulma lo invita a stare da lei; nella versione giapponese e nel manga, lei lo invita senza fargli alcun complimento. Ma diciamocela tutta, lei non lo ha mai notato per la sua bellezza e di certo non è tipa da essersi mai lasciata scappare un complimento per un bel ragazzo, sia tra i buoni che tra i cattivi. Quindi, ne deduco che il fascino di Vegeta risieda altrove: nella sua aura di mistero, nel suo modo di fare e nella sua intelligenza, che in Dragon Ball è stata evidenziata in più di un’occasione. Direi che nonostante Vegeta non sia “bello” nel senso convenzionale del termine, Bulma si sia innamorata perdutamente di lui! Mi viene in mente Adam Driver di Star Wars: non si può certo dire sia “bello” però cavoli se ha fascino!

Questa piccola digressione perché in questo capitolo volevo far capire per quale motivo la Bulma di questa storia non si è mai interessata al bel Goku dal viso perfetto, ricreando la situazione che lei vive spesso con Vegeta: la pioggia, il parco, il panorama. Ma tutto questo non basta se non si è Vegeta! E spero che, scemenza di Goku a parte, io sia riuscita a rendere Vegeta abbastanza fascinoso.
 

Ma adesso cosa accadrà? xD
 

Alla prossima! :*

 
Note e citazioni: 
La frase “l’aveva trattata come una ragazzina scema” è presa dal film il Giardino Delle Parole; nel film la pronuncia Takao “Mi hai trattato come un ragazzino scemo”, quando viene a scoprire da altri la storia di Yukari, la professoressa, la quale però continua a starsi zitta a riguardo.

 

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