Il
Giardino Delle Parole
Capitolo
6
Verserò lacrime
sui germogli
che ho posato sul ceppo
-
Nakamura Kusatao -
A Vegeta non
importava ciò che la gente pensasse di lui, finché la gente pensasse anche che
lui fosse il migliore. E così saperne più di tutti era difesa contro le
avversative peggiori. Una giustificazione. Una scusa. Perché se non era il più
bello, il più alto, il più simpatico, era almeno il più sapiente. Il più
intelligente.
Lo rendeva
superiore. Tuttavia, non intaccabile.
La freddezza con
cui Vegeta si approcciava al mondo era una boa in mezzo a sacrifici ed
emozioni. Lo aiutava a mantenere la calma. Pareva attraversare la vita con
peculiare cinismo. A distanza.
Soffriva.
La mediocrità lo
spaventava.
E se Bulma gli
aveva mostrato la differenza tra genio ed intelletto, Enma gli aveva dimostrato
che per essere davvero il migliore occorreva che gli altri lo percepissero
tale. Persino l’ultimo arrivato era stato creduto più degno di lui. A che pro
gli sforzi per raggiungere la riva?
Non voleva più
mettere piede al Politecnico.
Non voleva più
insegnare.
Si rigirò nel
letto vestito con tutte le scarpe. Il sole chiuso dietro le tende sfuggiva dai
bordi di stoffa.
Libri strappati
per terra.
Il telefono
riprese a squillare.
Vegeta trovava
ogni volta una scusa affinché lei
dovesse andare a cercarlo: i libri consegnati in ritardo, l’essersi quasi fatto
sostituire da Ginew, l’averle messo un voto basso. E adesso si vedeva costretta a lamentarsi per un voto
troppo alto: non voleva essere lo zimbello della “scuola”.
Dovevano guardarla
per la sua bellezza, invidiarla per la sua intelligenza, non additarla per
qualcosa che non aveva mai fatto!
Raggiunto il
pergolato, Bulma richiuse l’ombrello.
L’ingresso al
parco il lunedì era chiuso, negli altri giorni, dalle nove alle sedici, costava
200 yen.
«Ma io pensavo
fosse gratuito!»
Un’alzata di
spalle, «Inserisca le monete lì, per favore.»
Goku si grattò la
testa, «Ma ho solo una banconota da 5000!»
Vegeta uscì di casa senza ombrello.
La pioggia nei capelli come dita fresche, sul collo, tra
pelle e maglietta.
Il temporale aveva conquistato il parco, sconquassato i
fiori e reso il fogliame più verde. Prima o poi la stagione delle piogge
sarebbe finita, l’autunno avrebbe infuocato gli alberi. E lei sarebbe ripartita.
Bulma si accese una sigaretta. Il suo respiro diventò
fragole, vapore.
Guardò l’orologio. Si chiese quando Vegeta sarebbe
arrivato.
Si voltò verso il selciato.
La vide ed esitò, non sapendo che fare. Ma lei si accorse
di lui e lo chiamò: «Goku!»
L’interno del
palazzo della F.C. era come Vegeta lo aveva sempre immaginato: asettico. Non c’era
nulla alle pareti bianche; il pavimento era uno specchio lucido. I corridoi senza
fine.
«Vegeta Ōji. Ho appuntamento
con Freezer-sama.» Qualsiasi cosa si dicesse rimbombava. Il freddo si era
attaccato alla sua schiena bagnata.
«Abbiamo problemi
con l’aria condizionata.» Il receptionist, vestito di rosso, controllò l’elenco
delle visite. Gli consegnò il pass per usare l’ascensore, «Settantanovesimo
piano.» Tornò a bere una soda al guaranà.
Di Goku colpiva la
bellezza del viso: funzionava ogni dettaglio. Il suo sorriso era uno spicchio
di cielo terso, una carezza al cuore.
Finché non apriva
bocca. «Non è che non sono contento di vederti, Bulma, ho solo le tasche piene
di monetine.»
«Ma che stai
dicendo?»
«Non ti riferivi
alle protuberanze nei miei pantaloni?»
Bulma arrossì. «Imbecille,
intendevo che non ci vediamo da parecchio!»
«Scusa, non sono
granché a cogliere il sarcasmo!»
«E chi ne ha
fatto!»
«Cosa?»
«Lascia perdere.»
Riusciva sempre ad innervosirla! «Perché non mi racconti dove sei sparito?» Si
era sentita molto sola negli ultimi diciannove giorni, abbandonata da tutti in un
momento così tragico!
Goku prese posto
accanto a lei sulla panca. «Mi sono rintanato a studiare.» Periodo di esami.
Poi aveva ricevuto una chiamata dal rettore Enma: Vegeta saltava il lavoro da
giorni. A casa non c’era, «Ma quando arriva?» Disse Goku.
«Chi?»
«Vegeta.» Avevano litigato
di nuovo forse? «Non sei qui per vederlo?»
Non c’era stato un
accordo. Bulma controllò l’orologio; il parcò avrebbe chiuso nel giro di
un’ora, «Non so dove sia.» A braccia incrociate riprese a picchiettare le dita
sui fianchi.
«Allora che ci fai
qui?»
«Perché, questo
posto gli appartiene?!» Sbraitò.
La cabina
dell’ascensore era completamente trasparente. Così in alto Vegeta non era mai
salito.
Tokyo, sotto i
suoi piedi, sembrava un cancro alle ossa, con quei picchi indistinti di
cemento.
Voleva
liberarsene.
Vegeta sollevò lo
sguardo al cielo. Tra poco avrebbe superato le nuvole e la pioggia sarebbe
rimasta come un ricordo sui suoi vestiti. Avrebbe sentito calore.
Aveva perso tutto,
ma la sopravvivenza era un istinto feroce.
Al
settantanovesimo piano, il sole.
Le porte
dell’ascensore si aprirono.
«Quindi neanche tu
l’hai più visto?» Disse Goku.
«Perché avrei
dovuto?»
«Ma non state
insieme, scusa?»
«No, Goku, non
stiamo insieme. Chi te l’ha messo in testa, lui, forse?» E lo guardò
intensamente: una speranza, per quanto assurda, era pur sempre una speranza.
«Che c’è, ho
qualcosa sul viso?»
Bulma sospirò
affranta. Si stravaccò sulla panca con davvero poca calcolata eleganza. Senza
Vegeta era giusto una giornata di pioggia. «Sai, fatico a credere che voi due siate
fratelli.»
«Lo dice anche
Vegeta!» Goku ridacchiò, «Comunque lui non mi dispiace e poi è l’unico rimasto,
no?»
«Che vuoi dire?»
Ma il parco, da
lassù, era ancora un cuore aperto tra vene di asfalto. E sotto le nuvole rade stava
sempre piovendo.
«La vista è
mozzafiato.» Gli disse l’uomo che si era presentato come Sorube Sorbet. Di notevole aveva un anello d’ottone
al dito medio e l’intelligenza di non aver notato il suo stato pietoso.
Vegeta pensò a
Bulma e si chiese se lo stesse aspettando.
Non aveva importanza
quanto lei fosse stata distante: sue le uniche braccia verso le quali Vegeta avrebbe
teso le proprie. Gli unici flutti dai quali si sarebbe lasciato condurre.
L’acqua che
avrebbe spento il suo inferno; era una ragazzina con una cotta. E lui bruciava
per lei.
Vegeta ebbe paura
di se stesso. Rialzarsi era stata una scusa per fingere di non provare dolore.
«Mi segua. Freezer-sama
è pronto ad accoglierla.»
Bulma strinse le
mani. «Certo che lo sapevo!» Rispose a Goku. Vegeta non le aveva raccontato
niente! L’aveva trattata come una
ragazzina scema, lasciandole peggiorare la situazione.
Goku tirò un sospiro
di sollievo, «Urca, meno male, pensavo di averne combinata un’altra delle mie!»
Continua…
Salve a tutti! :D
Questa volta sono
stata più veloce ad aggiornare! La storia si infittisce ma i nodi verranno
presto al pettine: non manca molto alla fine! Come sempre vi chiedo, li avete
colti tutti i riferimenti? xD
Spero di sì, anche
se qualcuno è stato piuttosto metaforico, come il “freddo” che si attacca alla
schiena bagnata di Vegeta: scena su Namecc, quando Freezer lo ripesca dal fondo
del lago e lo prende a pugni sulla schiena (povero Vegeta!).
In questo capitolo
volevo mostrare un po’ la differenza tra Vegeta e Goku. Voglio dire, nonostante
il fascino di Vegeta, credo sia indubbio che fisicamente Goku sia da intendere
(anche se disegnati simili xD ) come il più bello tra i due, in Dragon Ball. Vegeta
è un “bel fusto” soltanto nel doppiaggio della Mediaset, quando Bulma lo invita
a stare da lei; nella versione giapponese e nel manga, lei lo invita senza
fargli alcun complimento. Ma diciamocela tutta, lei non lo ha mai notato per la
sua bellezza e di certo non è tipa da essersi mai lasciata scappare un complimento
per un bel ragazzo, sia tra i buoni che tra i cattivi. Quindi, ne deduco che il
fascino di Vegeta risieda altrove: nella sua aura di mistero, nel suo modo di
fare e nella sua intelligenza, che in Dragon Ball è stata evidenziata in più di
un’occasione. Direi che nonostante Vegeta non sia “bello” nel senso
convenzionale del termine, Bulma si sia innamorata perdutamente di lui! Mi
viene in mente Adam Driver di Star Wars: non si può certo dire sia “bello” però
cavoli se ha fascino!
Questa piccola
digressione perché in questo capitolo volevo far capire per quale motivo la Bulma
di questa storia non si è mai interessata al bel Goku dal viso perfetto,
ricreando la situazione che lei vive spesso con Vegeta: la pioggia, il parco,
il panorama. Ma tutto questo non basta se non si è Vegeta! E spero che,
scemenza di Goku a parte, io sia riuscita a rendere Vegeta abbastanza
fascinoso.
Ma adesso cosa
accadrà? xD
Alla prossima! :*
Note
e citazioni:
La frase “l’aveva
trattata come una ragazzina scema” è presa dal film il Giardino Delle Parole; nel
film la pronuncia Takao “Mi hai trattato
come un ragazzino scemo”, quando viene a scoprire da altri la storia di Yukari,
la professoressa, la quale però continua a starsi zitta a riguardo.
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