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Autore: Chevalier1    23/01/2023    6 recensioni
Nata quasi per caso come una raccolta di one shot, iniziata con i turbamenti di una piccola Oscar alle prese con la scoperta di essere una bambina, è diventata di fatto una serie di notti agitate lungo la cronologia dell'anime.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Versailles, 1770.

 

Un attimo prima di varcare per la prima volta i due battenti del sontuoso portone di legno ancora chiuso che aveva davanti a sé Oscar François de Jarjayes, impeccabile nella sua uniforme bianca di Capitano delle guardie reali, sentì lo stomaco rimbalzare. Ignorò la sensazione, prese un respiro profondo e aprì le porte, sapendo che tutti gli occhi di Versailles da quel momento in poi sarebbero stati puntati su di lei. Fece due passi dentro con andatura marziale e sguardo altero. Ebbe appena il tempo di abituare gli occhi al gioco di luci e ombre che l’alternanza di muri e finestre  trafitte dai raggi del sole disegnava sul tappeto rosso e di notare le guardie reali schierate immobili sull’attenti su entrambi i lati, davanti alle vetrate, per tutta la lunghezza dell’ampio corridoio. Subito si trovò davanti, a un centimetro dal petto all’altezza del cuore, la punta della spada del Tenente Girodelle: «In guardia, Capitano», l’apostrofò aggressivo ma con lo stesso sorriso sarcastico che lei stessa aveva spento battendolo in duello nella radura un paio di giorni prima. «Come saprete sono stato io a dire al sovrano che questo ruolo era adatto a voi, ma adesso dovrete dimostrarlo, madamigella Oscar  – disse calcando la voce sul madamigella con l’intento studiato di sottolinearne la femminilità – qui, davanti a tutti. Non crederete che Versailles si accontenti di quello che avete mostrato di saper fare al riparo da sguardi indiscreti, tra le fronde di un bosco?».

Oscar dissimulò la sorpresa, sapeva nascondere l'emotività, glielo avevano insegnato presto, anche se qualcosa in quel momento dentro di lei – un disagio sconosciuto – la faceva sentire all’angolo, come mai prima. Tenne testa al tenente come aveva fatto due giorni prima riuscendo di nuovo a disarmarlo, ma a quel punto, prima che avesse il tempo di capire che cosa stava accadendo, un soldato lanciò nelle mani di Girodelle quello che nell’immediato le parve un lungo bastone, in realtà una spada affilatissima, molto simile a un’arma bianca vista nelle mani di un guerriero orientale che il padre le aveva mostrato nell’illustrazione del libro di memorie di un mercante di ritorno dal Giappone. Un’arma che si diceva capace di tagliare qualsiasi materiale avesse incontrato. Oscar non fece in tempo a riconoscerla che la sentì fendere l’aria: nel giro di pochi secondi avvertì la sua bella uniforme caderle di dosso tagliuzzata in mille minuscoli pezzi insieme al resto del vestiario. Fece in tempo a stupirsi di non sentire dolore e di non avere neanche un graffio, prima di accorgersi che quell’arma l’aveva denudata completamente, esponendo un corpo che non le sembrava il suo: più morbido, forse anche più bello, insomma più femminile. Pietrificata dalla vergogna fece per dire qualcosa ma la voce non uscì, impotente e privata di tutte le sue sicurezze, sentiva il cuore batterle fin nelle tempie quando un freddo improvviso la investì.  (1)

 

Il rumore secco di un’anta che sbatteva svegliò Oscar di soprassalto, con il cuore ancora in gola, lasciandole la sensazione sgradevole che l’urto fosse arrivato un attimo prima che gli sguardi di quei soldati schierati diventassero mani addosso. Impiegò un attimo a capire dove si trovava, dato che il vento aveva spento i doppieri. Si era addormentata in poltrona, vestita, vicino alla finestra aperta del salottino adiacente alla sua camera, dove André l’aveva lasciata sola a pensare qualche ora prima. Sollevata dal fatto che fosse stato solo un incubo, seppure carico di quelli che riconosceva come i suoi timori reali e più profondi, si dispiacque di aver congedato André – l’unico che in fondo la capiva, l’unico antidoto alla sua solitudine – un po’ bruscamente. Ma aveva bisogno di riflettere da sola, di dipanare nel silenzio la matassa dei pensieri di quella giornata.

 

Ripensò al giorno prima, a quando suo padre le aveva intimato di indossare la divisa di Capitano delle Guardie reali e alla violenta reazione del genitore davanti alle sue titubanze: constatò che era stata una reazione di fronte alla quale il corpo esile di lei nulla avrebbe potuto forse neppure volendo, anche se non era neanche immaginabile pensare di opporre una qualche resistenza al padre. Ripensò al duello con Girodelle sotto gli alberi: in fondo con la spada aveva avuto ragione di lui facilmente. Le sovvennero i due manrovesci da parte del padre nelle scuderie dopo che lei aveva sfidato Girodelle lungo la strada mancando l’appuntamento pubblico alla presenza del re Luigi XV. Il Generale aveva colpito duro e lei era crollata a terra come una donna delle carte che adoperava come bersaglio quando si allenava con le armi da fuoco.

 

Qual è il grado di scontro fisico che sei in grado di sopportare, Oscar? Avrai le physique du rôle e la tenuta psicologica per portare i gradi da ufficiale? Chiese a sé stessa davanti a uno specchio immaginario. Ti basteranno velocità e agilità? E le Guardie reali quando vedranno il loro nuovo Capitano lo denuderanno con lo sguardo come nell’incubo di poco fa?

 

Approfittando dei bagliori del temporale estrasse di tasca l’acciarino e accese il doppiere. Chiuse la finestra perché il vento non spegnesse le candele e poi ne adoperò una per accendere la lampada a olio. Gettò un’altra occhiata, illuminandolo, al dolcissimo ritratto della madre che teneva appeso alla parete e che aveva contemplato poche ore prima alla ricerca delle risposte che cercava dentro di sé.

 

Dove siete, madre? Che cosa pensate voi, in fondo al vostro cuore, di questa mia vita? Alle mie sorelle avete probabilmente indicato una strada, dato i consigli che si devono a future gentildonne, avete dato un esempio. Di fare tutto questo con me si è occupato il padre, è stato lui il mio esempio. Ma io non posso prendere completamente a modello né lui né voi. A chi posso chiedere come si fa a essere da donna all’altezza del soldato che dovrei diventare? Mi sento sola. Sono sola. Anche se André mi legge dentro non può capire le domande che mi agitano, domande cui risponderà solo il mio corpo crescendo come vorrà, senza obbedire ad altri che alla sua natura. Madre, non ce l’ho con voi per il vostro silenzio. So bene che non potete aprirmi il vostro cuore: se consideraste questa mia vita una forzatura e me lo diceste esautorereste il padre e mi lascereste ancora più sola in questo destino. Non siete nella posizione di farlo e forse non lo trovereste giusto. Se pensaste che questa mia vita sia un privilegio per me e me lo diceste, sentireste di avere fatto un torto alle mie sorelle dandomelo, pur essendo io uguale a loro, solo nata dopo. Siete sola come me, in questo dilemma, madre. E forse per questo anche se non dite niente, anche se state a distanza in questi giorni più del solito per non interferire, vi sento vicina. Ditemi, madre, avevate paura anche voi la sera prima del vostro debutto in società? Anche, voi, in un ruolo diverso, a 14 anni avete temuto gli sguardi indagatori? Si provano le stesse paure crescendo da donne alla mia età? Non mi avete mai raccontato niente della notte in cui sono nata, qualcosa mi ha detto Marie ma niente più di quello che non potessi intuire da me: che il padre aveva deciso così. Di più non ho osato chiedere: potrei forse domandarlo al padre? Come posso spiegargli che mi preoccupa diventare l’ombra della futura regina di Francia, una donna, una ragazza della mia età, perché ho paura di specchiarmi in lei e che quel confronto continuo agli occhi degli altri metta in discussione il mio ruolo.

 

Stando attenta a non fare rumore, Oscar prese la lampada a olio e scese le scale fino a piano terra per poi raggiungere dall’interno del palazzo l’ala della sala delle armi.

Amava quel luogo fin da bambina, da quando, poco dopo aver scoperto di non essere il maschio che si era creduta fino a cinque anni, aveva maturato lì dentro – luogo di allenamento invernale e di storie di onori militari – una fantasia capace di fugare le sue paure e i suoi momenti difficili.

Entrò in punta di piedi ignorando i ritratti degli antenati e puntò dritta a quello di suo padre, in uniforme di gala, al tempo del suo primo incarico da Generale. Si fermò davanti al dipinto e lo illuminò: nella tela incrociò lo sguardo del Generale giovane e notò che il tempo rendeva sempre più simile il taglio dei loro occhi azzurri, freddi all’apparenza, ma capaci di una vampa che solo loro conoscevano e che nasceva da un che di impulsivo nel loro carattere così simile. Un dettaglio che tutta l’esperienza del padre non era bastata a dissimulare del tutto in lui nemmeno da uomo maturo.

 

Padre, voi che mi avete insegnato a reprimere la paura e persino a rinnegarla, che mi avete cresciuta spavalda fino a intraprendere azioni temerarie come sfidare a duello Girodelle, per esempio, avete avuto paura anche voi prima di prendere servizio, anche voi vi siete domandato se foste all’altezza del compito? Va tutto bene finché giochi e corri, ma poi quando diventi grande diventa tutto più difficile: ma è poi vero che gli eroi non hanno mai paura o hanno solo imparato a non lasciarsene condizionare? (2) E ditemi, padre, coraggiosi si nasce o si diventa? E adesso, padre? Anche voi state pensando che fin qui è stato solo addestramento ma che da domani ogni duello sarà per la vita e per la morte, per me e per le persone che sarò chiamata difendere? Anche voi avete temuto a vostro tempo questo cruciale passaggio? Anche voi vi state chiedendo se quello che avete fatto di me basterà là fuori? Se io dovessi sbagliare che cosa diventeranno i sorrisetti a mezza bocca che già vediamo quando mi chiamate figlio? È tanto più grande di me, padre, quello che mi attende: il mio primo errore, padre, ricadrà su di voi. È questo che mi spaventa tanto. Vi rinfacceranno l’azzardo, forse godranno del naufragio di chi sfida le Colonne d’Ercole.

 

Oscar si voltò verso la parete nord, alla destra del ritratto del padre. Tre tendoni di velluto rosso coprivano gli spazi riservati ai ritratti della discendenza della loro antica famiglia coperta d’onori militari, nei secoli fedele alla Corona: ritratti di là da venire. Da bambina in quello spazio aveva immaginato la propria effigie, se la era figurata come avrebbe dovuto essere una donna soldato nel migliore dei mondi possibili e per molto tempo quella fantasia aveva placato le sue inquietudini. Nascondersi lì dentro ed evocare quella figura l’aveva tante volte aiutata a ricacciare indietro lacrime di frustrazione, di dolore, di paura. Quella sera invece non vide nulla oltre il drappo rosso: lo sentì greve come il peso che gravava sul suo giovane cuore.

 

Rientrando nella sua camera Oscar sentì gli zoccoli di un cavallo allontanarsi al galoppo e poi notò che filtrava luce dallo studio del padre. Per timore di essere scoperta in giro a quell’ora di notte, si nascose nel corridoio adiacente e da lì si sporse sul cornicione per origliare la conversazione: dentro lo studio il Generale Jarjayes stava intimando ad André di convincerla – anzi di convincerlo dato che parlava sempre con lei e di lei al maschile – a indossare la divisa di Capitano delle guardie reali. Oscar aveva udito bene la voce tonante del padre, senza riuscire a percepire la risposta di André.

Il mattino dopo – all’alba di una notte inquieta – trovò il ragazzo di buon’ora nelle scuderie. Come si attendeva la invitò a cavalcare, sapeva che l’avrebbe portata in riva al laghetto, un luogo da sempre teatro dei loro confronti importanti. Lì avrebbe cominciato col darle ragione e poi l’avrebbe convinta a obbedire al padre. Oscar ci andò di malavoglia. Ma quando si trovò sul posto André invece di parlarle subito la provocò allo scontro, finirono per fare a botte. André sapeva infatti che quello era l’unico modo concesso alla sua amica per sfogare le sue emozioni senza recare disonore alla rigida educazione marziale che le era stata impartita. In quel modo riuscì a dimostrarle almeno che lei era abbastanza forte da tenergli testa.

«Non devi dirmi niente, André?».

«No, Oscar».

«Ho sentito mio padre che ti parlava ieri sera».

«Non è una buona ragione per convincerti a intraprendere un’esistenza che non ti è gradita, per questo avevo deciso di non dirti nulla».

Sapere che c’era almeno una persona che non le avrebbe negato il suo sostegno se non avesse seguito la strada segnata rinfrancò Oscar, le bastò quella frase per andare a riprendere il cavallo e tornare sulla via di casa.

Ma André non aveva finito: «Una cosa però voglio dirtela e poi non ne parleremo più», le gridò mentre lei lo lasciava indietro, «Fermati, Oscar, sei ancora in tempo, diventa una donna!».

Mentre quella frase le rimbombava in testa, galoppando verso palazzo Jarjayes, la mente  di Oscar tornò alla prima festa in famiglia cui le fu concesso di partecipare. Aveva allora otto anni e si trattava del fidanzamento di una delle sue sorelle maggiori allora quattordicenne. Oscar che all’epoca non sapeva che cosa fosse un buon partito né aveva mai sentito parlare di doveri coniugali aveva notato che a quella festa sembravano tutti felici tranne l’interessata. Mentre galoppava Oscar ripensò allo sguardo da animale braccato di quella ragazzina che all’epoca le somigliava molto, si immedesimò in lei, e improvvisamente le nubi che aveva dentro si dipanarono. Le sue domande erano ancora tutte lì, ma almeno una risposta se l’era data.

Lasciò il cavallo nelle scuderie affidandolo ad André e dopo averlo ringraziato senza aggiungere altro Oscar corse in camera sua e si vestì con la massima cura.  Fece passare la fascia rossa di traverso sul petto e la fissò in vita, allacciò la spada al fianco e scese i gradini con incedere solenne a testa alta. Vide in fondo alle scale il Generale e gli lesse una sorpresa fiera nello sguardo.

 

Mentre scendeva con studiata lentezza Oscar ripassava mentalmente il da farsi: si disse che avrebbe passato tutto il tempo che divideva quel giorno dall’arrivo in Francia della principessa Maria Antonietta, promessa sposa del Delfino di Francia, a studiare la planimetria di Versailles,  a memorizzare ogni volto, a battere ogni anfratto della cittadella reale. E quando sentiva la sicurezza vacillare si ripeteva, mentre scendeva le scale, l’insegnamento di suo padre, augurandosi che sarebbe bastato: «Devi essere pronta allo scontro con le armi se necessario, per questo devi saperle usare meglio di tutti, ma non dimenticare mai che il più importante compito di una guardia del corpo viene prima: consiste nel fiutare il pericolo e prevenirlo. Occhi aperti, Oscar: la tua testa conterà più del tuo corpo». Oscar desiderò con tutta sé stessa che fosse vero, mentre andava verso la sua strada segnata.

 

Padre non lo faccio per voi né per chiunque altro.

Ma vi giuro sul mio onore e su questa spada che non avrete mai a vergognarvi di me, dovesse costarmi la vita.

 

Pensò prima di cavalcare incontro alla propria solitudine.

 

  • 1.     La scena dell’abito tagliato è una citazione dall’episodio della II serie dell’anime Lupin III ep. 100, cross over usato nel 1979 dalla casa di produzione per lanciare l’anime Versailles No Bara in programma un mese dopo.
  • 2.     La citazione è un omaggio a Giovanni Falcone, il concetto è suo: « L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza», Marcelle Padovani, documentario La solitudine di Giovanni Falcone, 1988.

   
 
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