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Autore: SaraPet87    12/04/2023    0 recensioni
Questa è la storia di Sam. Ed è anche un po’ la mia storia. E forse anche un po’ la vostra. Sam è una mamma single, una psicoterapeuta in formazione, un’amica, una figlia. Nella vita ha sofferto molto. Riusciranno la psicoterapia e l’amore a farle ritrovare se stessa?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Laura è arrivata puntuale e io mi sono subito raccomandata di non stimolare troppo Mattia durante la mia assenza. Mattia è un bambino che in gergo si definisce "altamente sensibile": il suo cervello riceve gli stimoli in maniera diversa elaborandoli a un livello più profondo. Questo fa sì che si sovraccarichi facilmente buttandolo in uno stato di agitazione difficile da gestire. Il che, se avviene prima di andare a dormire, significa passare quasi certamente una notte infernale. Di Alta Sensibilità mi occupo anche nel mio lavoro di Psicologa ed è stato proprio mio figlio a spingermi in questa direzione. Quando sfociava in pianti incontrollabili e tutti mi dicevano che era normale, che era solo un bambino e i bambini piangono, il mio istinto e la mia formazione mi hanno spronata ad andare più a fondo. L' Alta Sensibilità non è una malattia, ma solo una caratteristica della persona: è come avere i capelli biondi o castani, essere alti o bassi, grassi o magri. Ma conoscerla può essere di grande aiuto. Soprattutto quando sei una madre single che già spende molte ore della sua giornata tra le lacrime. Laura mi ha tranquillizzata e io ho salutato Mattia con un bacio sulla guancia e mille parole di rassicurazione. Io e Marylu camminiamo verso il ristorante: le vie sono semi deserte un po' perché siamo in mezzo alla settimana, un po' perché l'aria è fredda e minaccia pioggia. Io indosso dei jeans e ho fatto lo sforzo di cambiare la felpa. Sono struccata e i miei capelli sono raccolti in una coda spettinata. Non mi interessa granché del mio aspetto, ad essere sincera. Ci pensa Marylu ad alzare il livello estetico del nostro duetto con il suo vestitino di lana blu notte stretto in vita da un cinturone, i tronchetti con il tacco alto e grosso e un trucco leggero che fa risaltare i suoi meravigliosi occhi verdi erba. 'L'isola del sushi' si trova in Piazza della Sala, nel centro della città. Di giorno questa piazza quattrocentesca ospita il mercato giornaliero di frutta e verdura, ma di sera le luci dei locali si accendono per aperitivi e cene. Entriamo nel piccolo ristorante dalle tende a righe rosse e gialle e ci accomodiamo al tavolino per due che ci viene indicato. "Ho voglia di involtini!" annuncia subito Marylu "Voglio mangiarne fino a star male! È una vita che non metto piedi in un sushi!" "Sì ma non esageriamo che poi dobbiamo pagare comunque." la ammonisco io. Marylu ha, come direbbe mio padre, gli occhi più grandi della pancia. Sarebbe capace di ordinare cibo per un esercito solo per la soddisfazione di riempirsi lo sguardo. Ovviamente esageriamo. Le portate arrivano a rotazione e sembrano non finire mai. Rischiamo davvero di sentirci male. In questi casi, si può fare solo una cosa. "Bagno?" bisbiglia lei. Annuisco anche se un po' riluttante. Senza farci beccare, avvolgiamo una discreta quantità di pollo fritto, gamberoni alla piastra, avanzi di involtini nei tovaglioli di carta. Poi buttiamo tutto nelle borse e ci dirigiamo verso il bagno dove ce ne liberiamo gettandolo nel wc. Non è una cosa bella da fare e io un po' me ne vergogno. La mia amica se ne accorge. "Dai, Sam! Non è la fine del mondo. Non saremmo né le prime né le ultime a farlo. Paghiamo e usciamo a prendere una boccata d'aria!" Non so se se sue parole mi facciano stare meglio o sentire ancora più in colpa. Probabilmente la seconda. In mezzo alla piazza c'è un vecchio pozzo. Ci sediamo sulla sua pietra dura e gelida e ci mettiamo a chiacchierare. So già che quando mi alzerò avrò dei cubetti di ghiaccio al posto delle natiche. "Ehi, ragazze! Possiamo disturbarvi?" Davanti a noi ci sono due ragazzi più o meno della nostra età. Prego che non stiano tentando di rimorchiarci perché non ne ho proprio voglia e faccio cenno di sì. "Ci siamo appena trasferiti. Che cosa si può fare  di sera in questa città?" Non mi aspettavo una domanda del genere e dal sopracciglio alzato di Marylu mi accorgo che anche lei è stata colta alla sprovvista. Ma si riprende in fretta. "Facciamo un giro che ve lo mostriamo." O mio Dio no, penso. È tardi. Domani devo alzarmi e Mattia mi aspetta. Non mi pare proprio il caso di improvvisarmi guida turistica per due sconosciuti. Perché Marylu ha sempre queste iniziative bizzarre? "Fantastico!" esclamano in coro. "A proposito, non ci siamo presentati. Io sono Giorgio." "Francesco." E niente. Mi ritrovo a mostrare la città a due perfetti estranei insieme alla mia migliore amica. Ho avvisato Laura del ritardo assicurandole che non farò più tardi delle undici. A quando pare Mattia sta già dormendo. Marylu parla a spada tratta. Io per lo più ascolto e, ogni tanto, bofonchio qualche sillaba. Giorgio e Francesco vengono dalla Sicilia ma sono emigrati al nord per intraprendere la carriera di Paracadutisti della Folgore. "Ci hanno spostati alla caserma Marini da un paio di giorni" spiega Francesco. "A proposito. Ecco Noah!" Questo Noah sta parlando fitto fitto al cellulare e quando ci vede fa un cenno con la mano ai suoi compagni. Lancia un'occhiata furtiva a me e Marylu, poi abbassa lo sguardo e torna a camminare spazientito avanti e indietro sul marciapiede con una mano che tiene il cellulare e l'altra in tasca. Deduco che la telefonata lo stia agitando. Noi continuiamo a passeggiare. Marylu e Giorgio sono avanti e parlano tra loro con una certa intensità. Francesco è più silenzioso. Forse il mio controllare l'ora di continuo non lo invoglia ad intavolare una conversazione. Mi rendo conto che qualcosa nei movimenti di Noah attira la mia attenzione. Sono curiosa di sapere cosa sta dicendo: sarà la psicologa che è in me che si attiva ogni qual volta qualcuno mi sembra in difficoltà. Dopo circa dieci minuti lo vedo chiudere la chiamata e avvicinarsi. "Scusate" dice un in tono concitato "mio padre". Giorgio e Francesco si limitano ad annuire senza dire niente: evidentemente è un tasto delicato. Poi è un attimo. Senza che io me ne accorga mi ritrovo a camminare al suo fianco. Lui fa su e giù dal bordo del marciapiede. "Anche tu ti sei trasferito da poco?" è una domanda retorica ma non so come rompere il ghiaccio. "Mi sono trasferito dalla Calabria da otto anni. Ma sì: sono arrivato qui da poco." "Ah, sei calabrese." "Sorpresa?" mi chiede con un mezzo sorriso "pensavo si intuisse dall'accento." Alzo le spalle: "Il tuo nome mi ha mandato in confusione. Noah non mi sembra un tipico nome del sud, ecco." mi giustifico. Lui fa una breve risata: "no, hai ragione. Ma mia madre è fissata con Noah Kornor. È uno scrittore statunitense. Lo conosci?" Scuoto la testa. "Immaginavo! Lo conosce solo lei. E tu, invece? Come mai ti chiami Sam?" "Oh, il mio nome è Samantha. Sam è solo un diminutivo." "E cosa fai nella vita Sam?" si informa. "Mi sto specializzando in Psicoterapia" rispondo "sono una Psicologa." Mi aspetto già qualche battutina ricca di cliché. Invece Noah resta in silenzio. "Ti prendi cura del prossimo" dice serio "deve essere bello, ma anche stancante." Sono stupita. Parlare con questo sconosciuto si sta mostrando davvero gradevole. E dire che ho sempre difficoltà ad aprirmi con chi conosco poco o nulla (come in questo caso). "In un certo senso anche il tuo è un mestiere dove ti prendi cura dell'altro." Per la seconda volta, Noah scoppia a ridere. Questa volta la sua risata è più piena e contagia anche me. "Sì, ma ti prego: non dirlo in giro! Non ti crederebbe nessuno se dicessi che noi Paracadutisti facciamo un lavoro altruista!" Immagino sia vero e avverto un po' di amarezza nella sua risata. Senza accorgercene siamo arrivati in Piazza San Francesco, punto principale di ritrovo della città. Sento una goccia colpirmi la fronte e scendermi lungo il naso. Ci mancava solo la pioggia! "Accidenti, fa sempre così freddo da queste parti?!" sbuffa Giorgio soffiandosi sulle mani nel tentativo di scaldarle. "Direi che è meglio rientrare..." interviene Noah. Sono d'accordo anche se realizzo che salutarlo un pochino mi dispiace. "Ragazze, ci lasciamo i numeri?" questa volta è Francesco a parlare. Lo chiede ad entrambe, ma il suo sguardo è tutto per Marylu. Penso che è da una vita che qualcuno non mi chiede il numero di cellulare: solo contatti Facebook o Instagram, ormai. Come usava ai vecchi tempi, iniziamo a farci squilli per salvare i rispettivi numeri. Poi è il turno di Noah. "Io preferirei di no. Non ve la prendete." Il suo sguardo, invece, è tutto per me. Rimango spiazzata per un attimo. Vorrei dirmi di non esserci rimasta male, ma mentirei a me stessa. Non sarò la gnocca di turno ma mi era sembrato che parlare con me gli fosse piaciuto. Lui deve essersi accorto di avermi indispettita, ma io riprendo in fretta il contegno. "Figurati. Non ci conosciamo neppure." taglio corto "andiamo Marylu?" È stato bello passare una serata diversa dal solito e Noah diventa un piacevole ricordo lungo la strada verso casa.
   
 
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