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Autore: liraTH12    03/10/2023    0 recensioni
"...Non era un uomo dedito ai vizi o alle estreme passioni. Viveva ritirato, trovando conforto unicamente nel cibo, a cui si dedicava con estrema cura. Aveva interessi molto disparati, parlammo di letteratura, di politica, perfino di biologia eppure ogni informazione non sembrava destare in lui grande stupore o meraviglia. La sua enorme conoscenza riduceva il sapere a semplici dati che in realtà lo annoiavano. Leggeva gli uomini come se fossero romanzi, ma questa straordinaria capacità sembrava ormai lasciarlo indifferente."
Genere: Azione, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes, Sorpresa
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Finisce così la storia? Con due uomini che non hanno più nulla da dirsi? 

Io e Richard giocammo a fare la guerra. Quel giorno vinsi io. Mi attaccò con una tale furia che mi fu impossibile non difendermi. Ricordo il buio, le nostre spade si muovevano senza direzioni precise, il suono delle lame che fendevano l'aria era il solo punto di riferimento a nostra disposizione. Inciampammo più volte nelle insidie del terreno, poi cademmo a terra e le nostre spade si persero.  Iniziammo a rotolare, i nostri pugni si muovevano alla cieca, ci picchiammo come nella più meschina rissa da bar. La mia unica guida era la volontà di rimanere vivo…. Ad un certo punto fui sopra a lui, misi le mani intorno al suo collo e strinsi con tutta la forza che mi rimaneva. Lo uccisi in questo modo, avvolto dalle tenebre della notte di campagna. Sentii la sua vita andarsene sotto le mie mani. Non era la prima volta e in seguito successe altre volte, ma l'aria che usciva con forza dai suoi polmoni… quel suono continua ad accompagnarmi ogni sera, prima di dormire. Caddi pesantemente sul suo corpo come un sacco vuoto, annaspando, in cerca di tutta l’aria possibile. Non avrei mai voluto ucciderlo, ma quali alternative avevo? La sua furia era cieca, non ascoltava ragioni, non ammetteva debolezze. Voi non sapete quante notti ho sperato di essere morto al suo posto, invece ho preso sulle mie spalle la colpa che era stata sua. Con che coraggio avrei guardato il sole la mattina? Pensai ad Henry, ad Elizabeth.. con quale cuore avrei potuto guardarli ancora negli occhi?

 

Sherlock mi aiutò con la polizia locale e il caso fu archiviato come overdose, a causa della grande quantità di oppiacei presente nel corpo di Richard. I segni sul suo collo passarono inspiegabilmente inosservati, nonostante il rigor mortis li avesse resi ben visibili. Solo tempo dopo avrei capito che a garantire la mia libertà non fu la lingua tagliente di Sherlock, o l’incapacità dei poliziotti, bensì un ordine impartito da uno studio spoglio da un uomo estremamente potente e pericoloso. 

Ma forse questa storia sarà raccontata un’altra volta. 

In questo momento le mie parole e la mia mente ritornano alla mattina del funerale. Henry piangeva in silenzio. Rimase in mobile per tutta la funzione, con una mano serrata in un pugno davanti alla bocca, lo sguardo fisso e gli occhi rossi velati dalle lacrime. 

Elizabeth stringeva la mano di suo marito ma era composta, fiera come sempre. Al suo fianco sedevano le due figlie, vestite di nero. Nonostante fossero ancora bambine il contegno della madre era stato trasmesso ad entrambe. Eravamo rimasti solo noi, più che una famiglia, dei superstiti, forse senza più legami a trattenerci. 

“La magione ora è di Henry.” dissi uscito dalla cappella di famiglia dove una lastra di marmo era appena stata posta sulla mia colpa. Il mio cuore era pesante, sprofondato nelle viscere della terra insieme a quella bara.  

“Radila al suolo, riprenditi quella terra. Ti spetta.” rispose mio cugino senza esitazioni. Iniziò a camminare verso il cancello in fondo ai campi.

“Non hai niente da dirmi?” chiesi di getto, rincorrendolo. “Te ne vai così, un’altra volta? Almeno urla, insultami e poi vattene se proprio devi!”

Henry si fermò in mezzo al vialetto ciottolato, alto, magro, stretto nel suo vestito scuro. Si voltò, gli occhiali piccoli tondi e neri facevano risaltare il pallore cadaverico della sua pelle. Sembrava un fantasma illuminato dalla luce del giorno. Mi guardò dritto negli occhi. Pensai che avrebbe estratto una pistola e che mi avrebbe sparato in pieno petto, e l’avrei accettato con gioia. 

“Hai dovuto farlo..” mormorò. C’era sofferenza nella sua voce, ma anche decisione. Elizabeth gli si avvicinò e lo prese per mano.

“Non andartene via, non ancora. Forse noi ora dovremmo parlare un po’.” disse lei, trovando la forza in qualche angolo del cuore. 

“Cosa c’è da dire?” chiese lui guardando la sorella.

“Vieni con me.” rispose lei, stringendogli la mano e senza aggiungere altro iniziò a camminare verso la Villa. Mi superarono e  continuarono ad avanzare verso le antiche mura. Li osservai e poi percorsi la distanza che mi separava da loro. Mi chiesi se questa volta il fato sarebbe stato clemente con tutti noi.

 
   
 
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