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Autore: Longriffiths    12/10/2023    1 recensioni
Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto; se le più turpi cose assumessero il volto della grazia, la grazia resterebbe sempre grazia;
-William Shakespeare, Macbeth, 1606
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Molto rispetto al loro passato ci è naturalmente sconosciuto, e ci basiamo soltanto sui loro fugaci incontri per fantasticare sul come e sul quando siano effettivamente diventati amici. Ma c'è davvero un momento preciso? E sul loro futuro, sul come e quando si sono innamorati, forse, ne sappiamo ancora meno.
Insomma come ha preso Crowley la fissa per le piante? Perché Azi è così tanto attaccato ai suoi libri?
Tutto andava ricostruito, ed è ciò che noi abbiamo fatto partendo dall'antica Grecia.
-Una storia di Giulia e Arianna.-
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 1888 d.C;

 

Quale grande periodo fu il XIX secolo, Aziraphale guardò estasiato le prime locomotive a vapore, l’illuminazione a gas, nel 1829 fu brevettata la prima macchina da scrivere che rivoluzionò decisamente la vita dell’angelo (per quanto continui a preferire la scrittura a mano). In Francia si diffuse il positivismo e, come temevano gli Arcangeli, una fedeltà alla scienza decisamente più forte, soprattutto dopo l’opera di Charles Darwin “L’origine della Specie” che, malgrado tutto, Aziraphale trovò decisamente ispirata.
A livello artistico fu un periodo decisamente vitale, il romanticismo fu particolarmente apprezzato dall’angelo, vide in prima persona i lavori di Gustave Courbet, Théodore Géricault, l’inquietudine di Goya, per non parlare degli impressionisti. La dolcezza del bacio di Hayez, in particolare, scosse molto l’angelo, senza un motivo preciso. Il modo in cui l’uomo, nel dipinto, bacia la dama, gli sembrò quasi fugace tanto che è possibile vedere l’elsa del pugnale emergere, come se da un momento all’altro qualcuno li stesse per scoprire, dietro sullo sfondo gli parve di vedere un’ombra. Essere scoperti, non poter vivere un momento così dolce in tranquillità.. gli ricordava qualcosa, la perenne angoscia dell’essere scoperto a “fraternizzare” con un demone, anche solo in amicizia, il timore che da un momento all’altro Gabriele lo chiamasse perché lo aveva scoperto; quell’ombra nel dipinto fu l’elemento che inquietò di più l’angelo.

 

 

La libreria di Aziraphale si riempì presto di tanti titoli, tuttavia l’angelo non amava vendere libri e anzi.. cercava molti modi per non farlo, tuttavia quel luogo divenne presto un punto fisso, una posto dove sentirsi davvero a casa.
Londra era nel pieno dell’era vittoriana, un’epoca fatta di luci e ombre: se da una parte la cultura risplendeva dando vita a opere e architetture notevoli, dall’altra vi erano molti lati oscuri che turbavano l’angelo come la dilagante prostituzione, la povertà delle classi basse e il lavoro minorile. Spesso l’angelo cercò di aiutare bambini e donne, ma molti erano riluttanti ad accettare il suo aiuto, essendo lui inserito nell’élite della classe alto-borghese. Questa élite era decisamente ipocrita e paternalistica, credeva di sapere tutto e giudicavano con facilità chi stava al di sotto del loro rango. Tuttavia, sfruttando proprio tale superficialità, spesso induceva (indirettamente) i facoltosi ad aiutare i più bisognosi, tramite raggiri di parole e cambiando spesso le carte in tavola, di certo aver collaborato con Crowley aveva dato i suoi frutti.
Grazie all’invenzione della macchina da cucire la moda era avanzata e Aziraphale di certo non era da meno: indossava spesso lunghi cappotti aderenti che andavano dal beige all’azzurro, in alcune occasioni indossava il frac con pantaloni leggeri, comprò diverse camicie di lino sia lisce sia a fantasia, cravatte che annodava in un fiocco e molti soprabiti ricamati.
Ma le esperienze dell’angelo non si fermavano qui, ben presto approfondì anche la danza della gavotte in un club per discreti gentiluomini e, proprio come a Firenze, danzare lo faceva sentire vivo come poche altre cose nella sua vita sulla terra.

Sotto il regno della regina Vittoria, politicamente e socialmente molti cambiamenti avvenirono, e principalmente la pace era ormai padrona della maggior parte d’Europa, dopo le dure e sanguinose Rivoluzioni politiche in America ed in Francia. Erano ormai giunti al termine tutti quei rigidi e bigotti protocolli, tutte le regole e i dettami collettivi che descrivevano i comportamenti socialmente accettabili e soprattutto che delineavano la distanza tra borghesia e aristocrazia.
Non vedeva Aziraphale da quel giorno a Parigi, ove per la ventesima volta in tutta la sua esistenza, aveva toccato cibo.
Ancora in quel frangente, lo aveva sentito. Quel senso di allerta che pizzicava il retro della nuca, e gli pulsava nelle tempie. La sensazione di pericolo a cui si era aggrappato quando aveva usato le proprie capacità soprannaturali lo aveva condotto da lui, ancora una volta.
Ma molte, troppe cose erano accadute perché i due potessero incontrarsi ancora tanto presto.
Edimburgo fu sede del loro ultimo e fugace incontro clandestino, nella quale Aziraphale per la prima volta messo dinanzi al concetto di peccare per buona causa, in quel cimitero tetro e desolato. L’angelo infatti sembrò comprende che alle volte, peccato e tentazione erano due concetti completamente distanti l’uno dall’altro. Avrebbe volentieri approfondito la cosa con lui, se solo il demone non fosse stato risucchiato nella terra e sottoposto a un processo Infernale e fastidiosamente noioso, per aver condotto una buona azione tra mille e più inganni e malevolenze.
Non mise piede sulla terra per due anni.

Il mondo andava avanti veloce, come proiettato nel futuro ancor prima che i giorni presenti volgessero al termine. Ogni ora correva più velocemente di quella precedente, e gli esseri umani stavano sorprendentemente al passo. Forse, furono proprio le due creature ultraterrene a dover imparare a star dietro al loro ingegno, ai loro cambiamenti.
Quando tornò infatti, tante furono le invenzioni, sensate o meno, utili o dilettevoli che gli uomini avevano creato.
I viaggi del demone Crowley di fatto non terminarono di certo, malgrado si fosse deciso a stabilirsi a Londra, nella stessa città del proprio oppositore non così tanto rivale.
L’Inferno aveva scoperto che egli risiedeva lì, e Crowley ne aveva sagacemente approfittato per avanzare la proposta di una sede fissa, così da darsi modo di tenerlo sotto controllo e bloccare i suoi tentativi di benedizione più facilmente.. sempre senza farsi notare.
L’unica cosa che desiderava era solo vederlo più spesso, ma quel momento era ancora troppo lontano. 

 

Verso la fine del secolo, Aziraphale iniziò a leggere le opere di tale Oscar Wilde, rimanendo profondamente colpito per la dialettica e la capacità di uso delle parole, era impossibile non rimanere ipnotizzati dalla sua scrittura, dal modo in cui intrecciava l’arte con la vita in significati che, in realtà, erano ben lontani dalla morale dell’angelo: la ricerca del piacere e l’edonismo, elementi che portarono il protagonista del romanzo appena pubblicato, Dorian Gray, alla morte.
Eppure perché Aziraphale era attirato da quelle letture come una falena verso la luce? Non avrebbe dovuto approvarle, anzi, Wilde stava decisamente svolgendo molto bene il lavoro che, di norma, facevano i demoni: tentare, indurre l’uomo a ricercare i piaceri, non privarsene.
La vita imita l’arte, più di quanto l’arte non imiti la vita”, fu una frase di Lord Henry, nel libro, su cui l’angelo si trovò a riflettere. Quale tipo di rapporto aveva Wilde con i suoi personaggi, si rispecchiava in qualcuno, in cosa credeva davvero?

Erano tante le domande, finché non fece in modo, una sera, di incontrarlo ad una cena dell’altà società. La sala era uno sfarzo di rosso e oro, di luci, di profumi e sapori, quando l’angelo vide Wilde rimase incantato dall’abilità e prontezza con cui conversava, nessuno sembrava tenergli testa… tranne Aziraphale, la visione della vita e dell’uomo di Oscar Wilde era in contrasto con la sua, eppure la loro conversazione attirò presto l’attenzione di tutta la sala. Quel grande e alto uomo, sembrava avere occhi solo per l’angelo, quella sera. Quando Oscar sembrava trovare qualcosa su cui Aziraphale non fosse preparato, si sbagliava di grosso, e più andavano avanti più l’angelo smentiva e rigirava le provocazioni dello scrittore inglese. Persino l’angelo rimase sorpreso da sé stesso, non si era mai ritenuto un grande conversatore, ma con Oscar Wilde era diverso. Vestito di cappotto e pantaloni beige e bianco, l’angelo contrastava con lo scrittore inglese, che risplendeva di un rosso vermiglio acceso e nero, con lunghi stivali fino alle ginocchia. 

 

 

La serata passò velocemente, Oscar Wilde parlò poi con altri gentiluomini e con un tale Robbie Ross, con cui sembrava avere un bel legame. Aziraphale, senza dare nell’occhio, si ritrovò presto in strada, sotto la luce lunare e vicino alle carrozze che sfrecciavano per le strade londinesi. 

«Aspettate, non fuggite.» disse improvvisamente Oscar, apparendo poco dietro l’angelo.
«Si è fatto tardi e..»

«Non privatemi della vostra compagnia così presto, signor Fell.»

L’angelo accennò un sorriso, e accettò di passeggiare con lo scrittore ancora un po’.

«Siete misterioso Signor Fell, avete la risposta sempre pronta, ma non mi avete detto niente di voi.»

«Non c’è molto da dire, vengo dalla Grecia, ma viaggio molto, studio, dipingo e scrivo..» Oscar Wilde sembrò sorpreso.

«Ah, quindi un uomo dalle mille risorse, dipingete dite? Vorrei vedere delle vostre opere. Non me ne sorprendo, siete l’uomo forse più preparato e acculturato rispetto a quella massa di ignoranza che c’era in quella sala..»
«Ho avuto dei privilegi, signor Wilde, che mi hanno permesso di ampliare le mie conoscenze.»

«Non c’entra il privilegio, tutti in quella sala hanno avuto le possibilità di imparare, si tratta di volontà, di curiosità, di sete di conoscenza, sono in pochi ad avere uno spirito come il suo. Non è sposato?»

«No.. non ho tempo.» disse l’angelo distogliendo lo sguardo. Sapeva bene che un uomo della sua età non sposato, a Londra, era molto.. strano. Oscar sembrò compiaciuto della risposta.
«Saggia scelta, il matrimonio è la tomba della passione, se me lo permette. Ma essendo lei un uomo dalla fede incrollabile, immagino siate di diverso avviso.»
«Penso che il matrimonio possa essere una tomba.. solo se si sceglie la persona sbagliata, ma non mi ritengo un esperto di.. queste cose.» Oscar Wilde rise, sembrando divertito.
«Queste ‘cose’ signor Fell? Le donne?» 

«Non intendevo-- parlavo di relazioni umane..»
«Mh, relazioni umane.. lei è un viaggiatore, avrà incontrato tante persone, nessuno le ha rapito il cuore?» L’angelo sembrò imbarazzato, Oscar Wilde lo notò, e fu proprio per questo continuò su quell’argomento, stuzzicato come un leone che, prima di divorare la sua preda, ci gioca e la trae in inganno.
«Direi di no..» 

«Giusto, forse nella vostra vita c’è solo l’amore verso Dio, e tuttavia.. non siete monaco né prete, apprezzate il buon vino, la buona tavola e le mie opere, che di religioso hanno ben poco. Come ve lo spiegate?»

«La religione non è per forza legata alle sacre scritture, Dio è bellezza, e se in qualcosa vi vedo bellezza, allora per me è degna di essere apprezzata.»
«Ecco che rigirate di nuovo le parole, signor Fell.. se davvero vedete Dio nella bellezza, forse il vostro concetto di bellezza è alquanto discutibile, di che tipo di bellezza stiamo parlando? La ricerca del piacere, della passione, una ricerca tanto spasmodica da portare al crimine e al decadimento della morale? Non potete davvero vederci Dio in questo.»

«Voi non capite, non è tanto il significato dell’opera in sé, ma il modo in cui la storia è stata ideata e scritta e--»

«Vi state arrampicando sugli specchi, signor Fell, il fatto è che non siete così retto come credete di essere, avete un’immagine piuttosto distorta di voi stesso.» lo interruppe Oscar, fermandosi in una delle vie secondarie di Londra, essendo egli parecchio più alto di Aziraphale, in quell’angolo di città, con le luci fioche, lo faceva sembrare quasi una creatura sovrannaturale.. ma non del Paradiso. 

Decisamente non del Paradiso, tutt’altro.

«E voi dite questo solo dopo aver parlato con me per una sera, signor Wilde.» 

«Vedete, io sono uno scrittore e sto lavorando a diverse commedie, sono un buon osservatore, se non lo fossi, non potrei scrivere delle passioni umane. E quel che ho capito stasera, signor Fell.. è che con voi sicuramente c’è da divertirsi. Vi prego di unirvi a me nei successivi pomeriggi, vorrei discutere con voi della.. vostra particolare concezione di rettitudine.» Disse Oscar Wilde con un sorriso divertito, sottolineando la parola “rettitudine” in modo canzonatorio e ironico. L’angelo sussultò indispettito, e ogni moto di imbarazzo e fastidio sembravano essere gocce di miele per lo scrittore inglese. 

 

E così iniziò quella strana amicizia tra Oscar Wilde e l’angelo Aziraphale, un’amicizia fatta di visioni contrastanti, ma uniti da qualcosa che ancora l’angelo non si spiegava.. dall’amore per la cultura, per la vita, per l’arte?
Forse, o forse era semplicemente una connessione mentale che non aveva mai avuto prima, nemmeno con Alessandro Magno. Passavano i pomeriggi a prendere il tè, a visitare mostre o luoghi remoti di Londra, parlando delle commedie che Oscar scriveva, iniziando a darsi presto del “tu”. 

Passarono i mesi, e poi gli anni.
E tuttavia, le voci iniziarono a circolare.. le voci sulla condotta morale di Oscar e dei suoi amanti, Aziraphale non ci mise molto a capire di cosa si trattasse, soprattutto avendo avuto modo di conoscere Robbie Ross, e vedendolo diverse volte.. Oscar si comportava con lui in modo diverso, ancora di più con ‘Bosie’, Lord Alfred Douglas, con lui Wilde sembrava perdere parte della propria razionalità, era chiaro che provasse dei sentimenti. 

L’amicizia con l’angelo non ebbe mai le connotazioni particolari dei precedenti nomi citati, tuttavia Oscar Wilde aveva un’altissima considerazione di Fell, lo considerava un suo pari, un grande amico.. forse il compagno che desiderava ma che sapeva di non meritare, le loro nature erano troppo diverse, Fell sembrava qualcosa di lontano e intoccabile per lui. 

 

In un pomeriggio uggioso londinese, al caffè Ye Olde Mitre, Oscar sembrava un po’ sovrappensiero.

«Oscar, qualcosa non va?» chiese l’angelo mettendo via il cappello cilindrico sul tavolo.

«Fell.. voglio parlarti di una cosa.» così Aziraphale si mise sull’attenti, prima di ordinare il tè.
«Dimmi.»

«Avrai sentito le voci, sei un uomo intelligente, non mentirmi.»
«Sì, le ho sentite.»
«Ebbene?» Oscar sembrava agitato.
«Dovrei dire qualcosa?»
«Non ti turbano? Sai che potrebbe risentirne anche la tua, di reputazione? Non.. va contro la tua morale?»
«Non mi turbano e no, la Bibbia è stata molto fraintesa, Dio è amore, non mi importa chi ami, Oscar, purché ti faccia felice. E non preoccuparti della mia reputazione.. tanto non sono interessato a inserirmi più di tanto nell’alta società.» Oscar sembrò rimanere colpito dalle parole dell’angelo, rimanendo in silenzio per un momento. 

«Grazie, Fell.. non so cosa farei senza di te, sono felice di averti incontrato.» L’angelo gli rivolse allora un sorriso.
«Fell, non posso fare a meno di pormi delle domande, dopo averti osservato in questi anni.» continuò lo scrittore, e Aziraphale lo guardò interrogativo.
«Per esempio?»
«In questi anni tante donne ti hanno guardato, io le ho viste, ma tu.. non ti accorgi nemmeno di loro. Sei un pozzo di conoscenza di letteratura, arte, ma sembra che tu sappia molto poco delle passioni umane.»
L’angelo fu un po’ imbarazzato da quella constatazione.. ma Oscar aveva ragione. Aziraphale amava leggere dell’amore umano, ma dell’amore non ne sapeva nulla.
«Te l’ho detto.. non ho tempo e..»
«Non ti interessano le donne?» chiese Oscar senza staccare lo sguardo da lui, Aziraphale avvampò, per poco non si strozzò con il tè.
«Non è questo, ho fatto voto di.. castità.»
Lì per lì sembrava l’unica soluzione per soddisfare i dubbi e le domande dello scrittore. Tuttavia Wilde non sembrava del tutto convinto.
«Mh.. capisco. Anzi no, non ti capisco proprio Fell, ti privi di uno dei piaceri più grandi della vita. Un’ondata di passione, il primo soffio ardente della giovinezza, ecco cosa valgono i proverbi di tutti i sapienti che ben conosci. Non tormentarti l’animo con la filosofia morta, non abbiano noi, forse, labbra per baciare, cuori per amare, occhi per vedere?»
Aziraphale rimaneva sempre incantato dal modo in cui Wilde usava le parole, e gli rivolse un sorriso, seppur ancora imbarazzato.
«Mi sono già fatto tentare con il cibo e con il vino tanti anni fa.. e guardami ora, continuo a mangiare biscotti, ci manca solo.. tutto il resto.» disse l’angelo accennando una risata, ma Oscar si accigliò con sorpresa.
«Aspetta, aspetta, qualcuno è riuscito a tentarti e incrinare la tua rettitudine con l’alimentazione e l’alcol? Dimmi chi è, voglio sapere chi è questo grande sapiente.» disse Oscar, improvvisamente concentrato.
Aziraphale avvampò nuovamente, tirando un sospiro esasperato.
«Sul serio, Oscar, devo parlare di lui mentre prendo il tè?» Oscar allora accennò un sorriso, più un ghigno.
«Ah, un lui, come immaginavo. Sì, voglio sapere tutto, sai come divento quando sono curioso, sarò il tuo tormento.» e Aziraphale sospirò di nuovo, iniziando a raccontare (parafrasando, per rendere credibile il tutto) della sua amicizia con Crowley, per la prima volta nella sua vita ne parlava con un umano, e sembrò come togliersi un peso dal petto.. alla fine fu felice di avergliene parlato. Oscar lo ascoltò con attenzione e trasporto per tutto il tempo, osservando ogni minimo movimento o cambio di tono nell’angelo.
«Potrei scriverci un libro, si è gettato nelle fiamme per salvarti? Questo è.. notevole. Lo sai, Fell, che mentre ne parlavi hai sorriso come un ebete per tutto il tempo?» Aziraphale lo guardò accigliato.
«Io sorrido spesso, che sciocchezza.»
«Ti conosco da ormai diversi anni Fell e no, non ti ho mai visto sorridere in questo modo, né parlare mai di un tuo.. amico, in questo modo.» L’angelo scosse la testa.
«Bosie ti sta dando alla testa Oscar, vedi le cose dove non ci sono, quel giovane può avere una cattiva influenza, sai.. stai attento.» lo redarguì l’angelo, finendo il suo tè.
«Mio caro Fell, sei tu ad essere cieco, io sono ben lucido, come mai lo sono stato prima, ho capito più io di te che tu di te stesso.»
Aziraphale, quel giorno, tornò a casa più confuso che mai, era stata una strana conversazione.
In ogni caso, sentì l’impulso di scrivere al demone, qualche giorno dopo.

 

“Caro Crowley,

Come stai? Non ci sentiamo da un po’, hai visto la nuova locomotiva? Ci sono salito! E’ splendida, è quasi come volare, solo sulle ruote!
Sono stato anche alla prima Esposizione Universale di Londra nel 1851, l’arte sta davvero facendo progressi. Incontriamoci, un giorno di questi.
Un saluto,

- Stella Egiziana”

 

Il demone Crowley fu sorpreso di ricevere la dannatissima colomba.
Erano stati letteralmente anni di silenzio assoluto, l’angelo sembrava non avere ragione o motivi anche solo per sentirlo.
L’unico frangente in cui aveva visto o avuto notizie dell’angelo, era tramite propaganda giornalistica per le commedie del tale Wilde.
Egli era uno degli artisti correnti letterarialmente parlando, che rispecchiava maggiormente l’aria cangiante dei tempi a quel punto moderni.
Sul giornale in bella vista la prima teatrale di una sua opera, in fotografia vi era il viso pulito e l’aspetto perfetto del commediante, le gambe accavallate e il sorriso compiaciuto e beffardo di chi stava contrastando lodevolmente gli ideali tipici. Aveva incontrato il suo nome in giro per i Caffé ove gli umani discutevano gli argomenti di attualità in chiave filosofica, o per l’appunto sulle stampe, ma non si era mai interessato più del dovuto. Forse perché la sua idea di poesia si era sviluppata in Francia, ove i cosiddetti Poeti Maledetti iniziarono a descrivere per le prime volte argomenti spinosi e considerati tabù, come la droga, la prostituzione, la povertà e la violenza, la crudeltà del mondo.
Tutti naturalmente, dediti all’assunzione di sostanze che sicuramente ampliavano il loro malessere e l’oscurità dei pensieri.
L’assenzio e l’oppio per esempio, sembravano trasportarli in viaggi astrali così allettanti che Crowley stesso non seppe resistere alla tentazione di mettergli cose in testa mentre la loro stessa lucidità era compromessa. Era esilarante vederli sconnettersi dalla realtà e incalzare sceneggiate che davano dell’assurdo, non crebbe di aver riso così tanto in vita sua come in uno di quei salotti in cui lacrime e disperazione dei discorsi sulla falsità del velo che copre la psiche furono il principale tema di conversazione. Era una comicità così macabra e strana che, in futuro, lo avrebbe portato ad appassionarsi alla commedia.
Gli esseri umani erano così bizzarri.
Ma astuti, quelle droghe erano davvero un regalo meraviglioso.

E accanto a Oscar, in fotografia, vi era il volto dal più bianco sorriso mai visto sulla terra, felice e spensierato.
Il demone non fu tanto sorpreso, Aziraphale aveva sempre osservato da vicino gli esponenti delle arti che più lo allietavano, era logico che facesse parte da così vicino della vita del critico. Non fu in effetti quello a disturbarlo, quanto il senso di domesticità che scaturiva da quell’immagine. Aziraphale sedeva proprio così vicino da risultare quasi intimo, e in quanti millenni aveva saputo e conosciuto il suo amico, mai lo aveva visto approcciare con una tale naturalezza a un essere umano, quasi non esistesse tra loro il varco enorme che era la sua immortale e divina fondamenta. Non si toccavano, ma il linguaggio del corpo esprimeva ciò che le parole non facevano. Erano sporti l'uno verso l'altro, le spalle aperte, le mani strette in un pugno rilassato.
Si sentì molto, parecchio stranito. Ma non in un senso di disagio, era più simile a qualcosa che gli alterava il raziocinio.

I pensieri erano brutti, il sapore era amaro. Non era preoccupato per lui, lo era per se stesso. Una emozione egoistica e bruciante, come il rigetto dello stomaco all’assunzione di un vino troppo acido. La stessa vampa di calore, ma riflessa nel cervello. 


Si rese conto che voleva sapere tutto di quella persona, conoscerla, ma non aveva alcuna intenzione di vederla. Così azzardò a prendere in prestito alcuni dei suoi scritti, e lesse.
E non gli piacque affatto.
In una occasione contraria sarebbe stato soddisfatto del suo modo di esprimersi, e di come la sua testolina girava.
Ideali liberalistici, beffe sul sacro distorto, continue e costanti prese in giro in chiave ironica ed elegante, critiche contro la società, il potere, i regimi, le restrizioni.
Non erano altro che lamentele, dopotutto, ed il demone Crowley adorava lamentarsi. Di tutto, di tutti. Oscar sarebbe stato uno degli umani degni della sua attenzione.
Una cosa che odiava il demone, per esempio, era lo squallido ideale che la sessualità fosse ancora distinta così tanto abissalmente, per gli uomini e le donne, come il concetto che non provassero piacere se non tramite penetrazione vaginale.
E quando esse s’inventarono la malattia più assurda che l’umanità avesse mai preso per buona, l’Isteria, e la conseguente cura per masturbazione, fu molto di un'enorme soddisfazione per lui, per non parlare del sotterfugio usato per indurre l'interruzione della gravidanza, quando era indesiderata, senza farsi passare per colpevoli dalla società maschile e dalla Chiesa, che decideva per loro. 

"Nuovo farmaco integratore per la cura della pelle, dalle mille proprietà benefiche e distensive, per la vostra routine di bellezza. Attenzione, può causare dissenteria, nausea e aborti." 

A buon intenditor poche parole.

Certo al demone non faceva così tanto piacere che si sbarazzassero dei bambini, ma ammise che l'ingegno era al pari di un qualunque demone con un po' di fantasia.

Gli esseri umani maschi erano così frivoli e deboli al loro confronto. E Oscar lo aveva capito.

Eppure, sentiva un profondo odio che difficilmente provava per gli uomini. Tanto innato e istintivo che poco plausibilmente si spiegava.

Si sentì inoltre ignorato dall' angelo, e stavolta non per gli impegni celesti né per la proroga di stabilire una certa distanza atta a non destare sospetti dai loro Capi, ma per causa di un'altra creatura. Una creatura umana.
Fu per quello che quando il volatile si posò sulla sua finestra, non esitò un attimo a raccogliere il piccolo foglio legato alla sua zampa.
Lesse la lettera tutta d'un fiato, e non esitò a rispondere. 

 

"Ho visto la locomotiva. Ne sono impressionato, devo essere sincero. Sicuramente non si dovranno più preoccupare dell'odore delle bestie da soma per muoversi. 

E a proposito, non so se ti è arrivato l'uso dell'arsenico nei cosmetici. Per Satana, non toccare quella roba."

 

Il demone prese e posò la penna più volte. Voleva scrivergli, voleva raccontare. Ma per la prima volta si sentì.. distante.
 

Londra, 1895

 

Il tempo passò, e la condotta morale di Oscar Wilde andò peggiorando, Aziraphale litigò anche più di una volta con Bosie, intimandolo di dare un freno a tutto, altrimenti Oscar sarebbe finito nei guai. Bosie, dal canto suo, non lo ascoltava, anzi, lo accusò di essere geloso, di avere una relazione con Oscar.. un vero caos. Wilde iniziò ad alloggiare in albergo, ricercando di proposito un ambiente ambiguo e sregolato, Bosie d’altro canto non si nascondeva, entrava dalla porta principale per mostrare a tutti che era il prediletto del poeta.
Tuttavia Oscar incontrava Aziraphale in luoghi pubblici, in quanto aveva troppo rispetto per l’angelo per invitarlo nel suo alloggio.
Oscar, d’altro canto, covava da sempre un desiderio per Fell, ma non aveva mai osato fare delle avance. 

«Oscar, lo sai bene com’è la società in cui vivi.. se continui così finirai processato, di sicuro! E i tuoi figli..» Oscar scosse la testa, stavano passeggiando di sera, in uno dei parchi di Londra, le luci dei lampioni illuminavano debolmente la strada.
«Posso resistere a tutto, Fell, ma non alla tentazione. Non ci riesco. Sono già dannato ormai, non crucciarti per me. Non credo di meritare le premure di un uomo retto e.. puro, come te. Mi chiedo perché mi frequenti ancora, dopo tutto quello che hai visto.» disse Oscar guardandolo con la coda dell’occhio.
«Sei mio amico, Oscar..» disse l’angelo, e Wilde sorrise dolcemente.
«Se fosse lecito sposare un uomo, ti avrei già fatto mio sposo, e probabilmente non sarei caduto così in profondità nel peccato, perché con te accanto, chiunque può essere un uomo migliore, Fell.» Aziraphale arrossì, sospirando.
«Fell. Guardami.» Oscar si fermò, il parco era deserto, solo il suono del verso di un gufo rompeva il silenzio. Aziraphale lo guardò.
«Non sono l’uomo adatto per elargire consigli a uno come te, ma.. smettila di mentire a te stesso.» l’angelo lo guardò confuso.
«Mentire a me stesso? Di che parli?»
«Non hai fatto nessun voto di castità, e non è vero che non hai mai provato interesse per qualcuno, lo hai provato, lo provi, per il tuo amico Crowley.» Aziraphale strabuzzò gli occhi, il cuore gli martellava nel petto, tutto il mondo intorno a lui sembrò iniziare a girare.
Oscar, allora, gli prese il volto tra le mani e lo baciò, fu un bacio profondo in cui le loro lingue si intrecciarono, un bacio che lasciò l’angelo totalmente inerme, come se fosse neve sotto al sole, sciogliendosi lentamente.
«O-Oscar! Che fai?!» gli disse, il volto paonazzo e il respiro accelerato, le labbra gli sembrarono come tremare.
«Perdonami, Fell, ma se non facevo così.. non avresti mai capito, e non voglio che ti privi di una delle cose più belle che Dio ci ha dato.. l’amore, perché te lo meriti. Ora rifletti, se fossi stato Crowley, come ti saresti sentito?»
Aziraphale lo guardò come sconvolto, i suoi neuroni sembravano non connettere più ma le parole di Oscar gli mandarono, involontariamente, un’immagine: immaginò che fosse stato davvero Crowley a baciarlo in quel parco, oppure quella sera a Roma, al tramonto ad Alessandria.. una serie di immagini apparvero nella sua mente. E allora il suo volto cambiò e gli occhi si inumidirono, e guardò Oscar, questa volta con espressione spaventata.
Era terrorizzato.
«Vedo che hai capito. Non devi aver paura, lasciati amare Fell… probabilmente io morirò con il grande rimpianto di non averti mai potuto avere come mio, perché la mia anima è nera, corrotta fino al midollo, ma tu, tu puoi amare in un modo meraviglioso, non privartene.» Aziraphale non sapeva cosa dire, e semplicemente se ne andò, lasciando Oscar in quel parco, solo con i suoi pensieri.
Tornò a casa e scoppiò in un forte pianto, lasciando gocce dorate ovunque, quelle immagini continuavano a vorticare nella sua mente, vedeva Crowley ormai ovunque.
Aveva paura, paura perché l’amore tra un angelo e un demone era blasfemo, impossibile, loro erano nemici.
Come preso da una trance.. prese matita e carta e iniziò a disegnare, disegnava e piangeva allo stesso tempo.
E quando finì il disegno, alle quattro del mattino, fu più terrorizzato di prima, le sue mani tremavano mentre stringeva quel pezzo di carta, si addormentò sulla scrivania per qualche ora.. e quando si svegliò mise sottochiave quell’opera. E proprio come Dorian Gray, sapeva che quel disegno sarebbe stato il suo tormento, perché rappresentava per l’angelo ciò che di più proibito poteva desiderare: amare un demone. Ma sapeva.. sapeva che ciò lo avrebbe portato alla distruzione, ma cosa più importante non era la propria distruzione, quanto quella di Crowley, non avrebbe mai messo in pericolo il demone, mai.
L’angelo aveva realizzato di amare Crowley, di averlo sempre amato probabilmente.. e per un momento odiò Oscar Wilde che era stato capace di leggere nel suo animo come nessun altro prima d’ora. Come poteva vivere adesso, con quel tormento?

 

 



Erano giornate difficili per l’angelo, non dormiva più bene, pianse per.. molto tempo, le lenzuola si sporcarono di oro così tanto che dovette cambiarle. Doveva distrarsi, doveva trovare qualcos’altro da fare, e non poteva vedere Crowley, non in quel momento. Era come vivere con un laccio legato al cuore, bastava davvero poco e questo laccio si stringeva, e il cuore sanguinava. Dopo quella sera non vide Oscar per diverso tempo e questi non si fece sentire, probabilmente aveva compreso che Fell aveva bisogno di tempo.
In passato si erano scambiati delle lettere, quando Wilde era in America, che custodiva gelosamente, in ordine cronologico, ma non questa volta, preferì non scrivere al poeta inglese. Ad ogni modo, capitò a pennello un gentiluomo che conobbe a teatro, anche lui un antiquario, lo avvisò di una fiera di libri e antiquariato a Brighton, durava due giorni. L’angelo voleva assolutamente andarci, ma non voleva lasciare incustodita la libreria, vi era stato qualche furto nel circondario e non voleva rischiare. Così scrisse un altro messaggio al demone.

“Crowley, vorrei andare ad una fiera di libri e antiquariato a Brighton il prossimo fine settimana, per due giorni, tuttavia non mi sento tranquillo a lasciare la libreria.. ti dispiacerebbe stare lì, per quei due giorni? Ho anche comprato del caffè se vuoi fartelo. Ci sono stati dei furti nell’ultimo mese, non vorrei rischiare.
Fammi sapere, ti ringrazio.

 

P.s:  non vendere NIENTE, non toccare niente, dormi sul divano, non spostare nulla e non entrare in camera mia. Grazie, mio caro.

- Stella Egiziana”

Non vi era modo per cui Crowley potesse rifiutarsi.
Mio Caro era l’oggetto della lettera.
Gli scrisse una veloce risposta, ma quando poi si presentò fuori dalla libreria, nessuno c’era ad accoglierlo. Si trovò costretto ad aprire la porta con un miracoloso gesto della mano, ed una volta dentro, si tolse lo sfarzoso cappotto vittoriano nero gettandolo su una sedia, e si rilassò.
L’esplorazione fu la principale attività del demone. Non ci entrava da un po’, ciò che notò però era che assolutamente niente era cambiato, se non l’aggiunta di qualche curioso oggetto nuovo inventato da pochi anni, come per esempio il cilindro fonetico, il grammofono. Era interessante l’idea di ascoltare della musica senza andare ad un concerto, certo privava le persone della bellezza del vedere le abili mani dei musicisti e le loro espressioni mentre davano vita ad una canzone, ma d’altra parte permetteva a chi non poteva fisicamente assistere ad uno di essi, di ascoltare almeno l’opera. La tecnologia progrediva prodigiosamente.
Dovette cacciare qualche cliente di tanto in tanto, e ne approfittò per portare con sé le piante che gli aveva proposto il secolo scorso, consapevole che l’angelo non lo avrebbe ascoltato.
Ed infatti, era spoglio di vegetazione.
Quindi sistemò un po’ di quelle creature senz’anima ma dotate di profonda comprensione quantomeno per le vibrazioni captate in giro per la libreria, compresa una dei figlioletti della Stella Egiziana che l’angelo gli aveva donato ad Alessandria molto tempo addietro.
Impiegò quasi tutto il giorno ad addomesticarle perché fossero sempre in fiore, rigogliose e sempre ben profumate, ai completi voleri dell’angelo.
Si presentò alla potenziale clientela di volta in volta come un lontano parente di Lady Zira -nome trasmesso da nonna a nipote- e del Signor Fell, e il forte accento scozzese lo definiva come settentrionale. Molti portavano i saluti, talvolta delle lettere, o dei dolcetti, e Crowley non faceva molto altro che accatastare gli oggetti in un angolo della scrivania principale con nonchalance, seppure molto spesso si fermava a conversare soltanto per ingannare il tempo, dato che il rigido non toccare niente della lettera era stato semplicemente ignorato a dovere.
Si era solo soffermato sui vari tomi e sulle opere, nello spazio dedicato al suo adoratissimo Alessandro Magno compreso di un mezzobusto in marmo, e sui romanzi che collezionava così tanto gelosamente. Ma la sua attenzione scemò presto per la letteratura.
Oltre al grammofono poi, sulla scrivania vi era un telefono, il primo modello della storia, di quelli che trasmettevano la voce umana tramite elettricità fino a un chilometro e mezzo di distanza. Si divertì ad utilizzarlo per infastidire i negozianti vicini e dirimpettai.

Quando la sera calò, il demone Crowley si trovò spaparanzato sul divano, comodo, ma assai piccolo per la sua stazza. Era parecchio alto, e doveva scegliere se tenere fuori dai cuscini la testa o i piedi.
Scelse nessuno dei due, e salì al piano superiore.

Troppe direttive, non era poi così abituato a seguire le regole.
Pregustò il calore delle coperte quando si rese conto che non si sarebbe mai ricordato l’ordine preciso e le posizioni degli oggetti sparsi sul letto di Aziraphale, per potergli garantire di averlo ascoltato.
Alla rinfusa vi erano un reggiseno, una camicia di lino, delle mutande da uomo, e tre libri. Uno di essi recitava la scritta 𝕎𝕀𝕃𝔻𝔼  sulla copertina con conseguente titolo, ed accanto ad esso vi era un biglietto e un abbozzo di ritratto. Dovette sporsi col busto in avanti appigliandosi alla testiera del letto per arrivare a leggere senza creare una sola piega sul letto.

"Al mio caro Fell, sono felice di averti incontrato, il mondo è più luminoso grazie alla tua presenza

- Oscar Wilde"

Gli ci volle l’intero autocontrollo per non raccoglierlo e compiere un gesto inconsulto.
In effetti, non aveva visto al piano inferiore una sola mensola che esponeva quel nome.
Espirando aria in un impeto infastidito, girovagò per la stanza in cerca di qualcosa che potesse distrarlo, ma anche in quel frangente non una virgola era diversa dall’ultima volta che aveva visto la camera. Soltanto una penna e un calamaio sul comodino a destra, vicino alle tende della finestra.
Era molto singolare, più da esposizione che da uso proprio. La manifattura era perfetta, erano entrambi in argento brillante, con trasposizioni di colore blu e verde. Non poté resistere al rigirarlo tra le mani per osservarne i dettagli, o almeno era ciò che credeva di fare.

Quando allungò la mano per toccarlo, però, la carne umana del suo corpo entrò dentro l’oggetto. Era come se non esistesse, come se non avesse una forma tangibile ma fosse soltanto la raffigurazione di ciò che sembrava.
Provò in diversi modi a renderlo tangibile, fino a che l’illuminazione non gli solleticò l’intelletto. Non era affatto un calamaio.
Schioccò le dita, ed una pila di lettere apparve, e quelle si che si facevano toccare.
Ed erano tutte di Oscar.
Crowley lottò con una serie di mostri nella sua mente per qualche ora: la ragione, la conseguenza, il rispetto per l’amico, la fiducia che aveva riposto in lui. Morse le cuticole delle dita fino a farsi sanguinare il contorno del letto ungueale, mentre passeggiava avanti e indietro con le lettere tra le mani e gli occhi fissi sulla busta sì chiusa, ma non sigillata.
Alla fine cedette.
Voleva, aveva bisogno di sapere.
Si sedette ai piedi del letto rispettando l’ordine in cui le buste erano state raccolte l’una sull’altra, dal basso. Le sistemò a testa in giù così da avere una cronologia precisa, e sfilarle ad una per volta.
E così, cominciò.

Gennaio 1893

Mio Caro Fell,

Il mio tour sta andando bene, come al solito le persone mi rivolgono domande stupide e scontate. Presto sarò in Francia, poi dovrò andare a trovare mia madre che non sembra stare molto bene.
Mi mancano i nostri pomeriggi a sorseggiare tè e parlare di commedie.. dimmi tu, come stai, amico mio.

 

Il tuo Oscar Wilde


 

Il volto del demone non parve turbato.

 

Febbraio 1893
 

Mio Caro Oscar,

Sono felice che le tue opere abbiano successo, te lo meriti. Io sto portando avanti la libreria, le vendite stanno andando bene.
Sto inoltre finendo il ritratto che mi avevi chiesto di farti, ma.. non ne sono molto convinto, forse ho perso il mio tocco.

A presto, mio caro.

Fell

 

Le mani strinsero la carta.
Non era Crowley ad essere il caro di Aziraphale, era la cortesia del linguaggio. O questo, o l’angelo li metteva al pari, e questa fu l’opzione che scartò a mani basse.

 


Marzo 1893

Mio Caro Fell,

Sono contento, la tua libreria è un cuore pulsante di Londra, quella città ha bisogno di persone come te.
Per il ritratto, niente che le tue mani creano può essere brutto, Fell, sono certo che mi avrai colto in ogni dettaglio. Ho sempre amato il tuo tocco. 

 

Il tuo Oscar Wilde

«Le tue opere sono così sfacciate e le tue lettere così pudiche, bastardo di un puttaniere incallito. Che diavolo combini, Aziraphale?» incazzato nero, gettò via quella lettera.

 

Agosto 1893

Mio Caro Oscar,

Ho saputo delle tue conferenze sui Preraffaelliti e dei tuoi numerosi viaggi, spero che ti stia divertendo.
Ti allego una bozza disegnata del tuo ritratto.. spero che tu abbia ragione, tienimi aggiornato. 

 

Fell

 

 


 

Ottobre 1893

Mio caro Fell,

Sì, mi sto divertendo, viaggiare apre la mente, ma sarei stato più felice se avessi potuto passeggiare e scoprire nuovi piatti insieme a te.
Il tuo disegno è meraviglioso, come sempre. Un giorno vorrei tornare in Italia, e quella volta verrai con me, non accetto un no come risposta. Dopotutto, mi hai raccontato di aver soggiornato a Firenze per diversi anni. 

Presto sarò di nuovo a Londra, aspettami al nostro caffè. 

 

Il tuo Oscar Wilde

 

Nulla più gli sembrò così tanto ambiguo. Difatti, sembrò riprendere fiato. In un modo o nell’altro si era calmato, quando l’orologio a pendolo rintoccò una volta. Lesse quella che gli sembrava l’ultima lettera per parte che si erano scambiati.
 

[*Aziraphale, per un breve momento a suo tempo cambiò aspetto, ringiovanendo la sua attuale forma di circa vent’anni, per poi farsi scattare una fotografia in doppia copia, invecchiandole poi con un miracolo]

 

Febbraio 1894

Mio caro Oscar,

Se insisti tanto, ti invio una mia fotografia ai tempi del College.
Non credo di essere così angelico come dici.. ma ti ringrazio.

Stammi bene, ti aspetto.

Fell

 


 

 

Marzo 1894

Mio caro Fell,

Non credo di aver mai visto niente di più bello né divino, del tuo volto in quella fotografia. Grazie per questo dono.
Ci vediamo tra qualche giorno.

Il tuo Oscar Wilde


E qualcosa non quadrò più. Non gli aveva chiesto alcuna fotografia, possibile che da ottobre a marzo si fossero visti quando le lettere indicavano precisamente la loro lontananza? Fino a che non notò, nella stessa busta dell’ultimo scritto di Oscar, un ulteriore foglio. Così, cercando di ignorare il fatto che il loro rapporto fosse tanto delicato, l’impaccio del biondo e l’impertinenza del poeta, lesse l’ultima lettera. E da quel momento in poi, fu tale la rabbia che non si curò di rimetterle al loro posto.

Gennaio 1894

Mio caro Fell,

Pochi giorni e sarò di nuovo a Londra. L’altro giorno stavo giusto visitando una chiesa ricca di meravigliosi dipinti e affreschi.. in uno di questi vi era un angelo dai riccioli biondi, con due ali perfettamente disegnate, mi ha ricordato te. Credo che, diversi anni fa, il tuo aspetto fosse simile alla visione di una fonte d’acqua nel deserto, tuttavia non hai mai voluto mostrarmi fotografie né ritratti di te stesso da ventenne.. non posso far altro che volare con l’immaginazione.
Fell, mi farai diventare pazzo, lo sai?

Il tuo Oscar Wilde


Non erano più parole equivoche, un concetto elusivo che dava spazio all’immaginazione. Era una chiara dichiarazione. Era il perfetto accenno a qualcosa che andava ben oltre il platonico.
Crowley conosceva benissimo quel lato dell’umanità. Sapeva quanto potessero essere sfrontati e allusivi gli uomini quando la cupidigia faceva padrona del loro volere. I perfetti seduttori, quelli capaci di avvolgere tra le proprie peccaminose spire gli animi più casti, prede inconsapevoli della loro sottigliezza, arte che da millenni instaurava in loro per indurli in tentazione. Ed Oscar non era affatto un tipo da romanticismo. L’angelo invece si, e lui lo aveva evidentemente compreso, essendo i suoi deposti verso di lui colmi di desiderio pur apparendo pateticamente frutto di toccanti sentimenti e di sogni a lungo termine.
Tutte le irragionevoli stronzate che amava Aziraphale.
E Crowley purtroppo si rifiutava di pensare che non se ne fosse reso conto. Leggeva troppi stupidi romanzi per non cogliere lo stile di chi faceva la corte a qualcuno, e gli rispondeva. Lo assecondava.
Un essere umano vizioso e cinico, al contrario di tutti i principi per cui si batteva contro il demone da sempre.
Un essere umano mortale e traviato.

La sensazione medesima di quando li aveva visti insieme in foto qualche anno prima tornò a bruciargli lo stomaco. La faccia pizzicava di calore, lo stomaco rivoltatosi al contrario in un intreccio con le viscere intestinali, il cuore che martellava contro l’osso del petto, la testa e i pensieri avvolti in un uragano di emozioni, e le mani che prudevano sui palmi.
La sensazione di allora era la stessa di adesso, amplificata per tante volte quante erano quelle in cui Aziraphale gli aveva detto che era sbagliato ciò faceva fare agli umani.

La gelosia.

Era caduto per un umano, e Crowley dovette andarsene di lì per non appiccare un incendio, dato che le carni gli stavano fumando.
Una volta fuori dalla libreria, l’urlo di rabbia che gli partì dal petto era tale che il cielo per poco si spaccò, e la pioggia attecchì alle strade inondandole nel giro di pochi minuti. Goccioloni sommergevano accumulandosi in una sola unica e grande pozza tutto il manto terreno, così forte che il rumore dell’acqua che batteva era quasi più forte del rombo dei tuoni sulla testa di Londra.
La sua mente corse troppo velocemente. Ma Crowley era un demone, e come tale era troppo corrotto dal distorcere la realtà dei fatti quando essi erano ancora solo un’ipotesi, per non pensare che Oscar non fosse solo l’unico colpevole in quella relazione. Perché di questo trattavasi, secondo lui.

Respirava così forte con la testa tra le mani nel mezzo della tempesta, con l’acqua che gli correva lungo le membra gelide e tremanti di ira, che non aveva più visione davanti a sé. Gli occhi erano come bendati e accecati, tanto che il cerchio alla testa lo costrinse a cedere in ginocchio e poi completamente seduto al suolo, in mezzo alla fanghiglia e al fiume che aveva creato la pioggia.
La tempesta incombé per molte ore, assieme ai gesti del demone mossi da una furia che gli aveva fatto strappare i capelli dalle radici. Non aveva modo di uccidere quel dolore. Ferirsi era l’unica cosa che gli sembrava sensata, come se tutto potesse fluire fuori di lui e lasciarlo in pace.
Non c’era modo di esorcizzarsi, e non c’era modo di accogliere neanche un solo frammento di ciò che sentiva.

Non sapeva come avrebbe potuto affrontare Aziraphale il giorno dopo.
Erano le cinque del mattino quando si stese esausto e si abbandonò alla disperazione.
E più tardi quel mattino, quando l’acqua era ancora tutta pregna nelle nuvole nere, risistemò le lettere dove le aveva trovate.
Aveva deciso di andarsene, e lo fece.
Ma quella volta non si sentì né in potere né in dovere di proteggerlo da niente, per cui ventiquattr’ore dopo, era seduto sulla poltrona del salotto proprio difronte la porta di entrata, con gli occhiali al loro posto sul suo naso, le zanne avvelenate, e i tratti facciali distorti, mentre sfogliava con ingordigia e disgusto il libro di Wilde trovato sul letto di Aziraphale.

 

In quei due giorni cercò di non pensare e si concentrò sui libri, Aziraphale fece di tutto per allontanare.. le emozioni, ma lui era un angelo, era pregno di emozioni dalla testa alle ali, soprattutto da quando si era avvicinato così tanto all’umanità. Da quando si era divorato i romanzi d’amore, da quando aveva iniziato a dipingere. Era sempre riuscito a rimanere serafico, a controllarsi, ma quando si ritrovò davanti alla libreria, il laccio che aveva attorno al cuore iniziò a stringersi, e gli sembrò di sanguinare dentro. La gola era chiusa in un nodo, così come lo stomaco, ma doveva farsi forza ed entrare.
Così entrò.
Si ritrovò subito davanti Crowley, e al solo vederlo si sentì sprofondare, ma cercò di mantenere un’espressione normale e serena.

«Oh, Crowley, leggi? Spero.. sia andato tutto bene.» esordì l’angelo accennando un sorriso, anche se faticava persino a guardarlo negli occhi.
«Tutto bene. Non ho venduto niente, sono stato bravo.» Il demone parlò senza guardarlo. Il rumore della pagine sfogliate era l’unica cosa che riempì il silenzio, anticipando la sua voce pacata seppure alta.
«Non vi è altro modo di liberarsi da una tentazione che di soccombere ad essa. Se resistete, l’anima vostra si ammalerà di desiderio per quelle cose che le sono state rifiutate.» recitò.
«Ah, leggi Oscar.» disse mettendo via il cappello e il cappotto sull’appendiabiti, ovviamente riconobbe subito quelle parole. «Sì, mi sembra tutto a posto, grazie Crowley.»
«Ngh.» il suo fu più un rancoroso vagito che una risposta.
«Allora, che cosa mi racconti? Secolo interessssante, questo.»
Aziraphale notò le piante e sorrise, effettivamente stavano bene, tuttavia si sentiva sempre più pesante, accanto a Crowley.
«Io? Beh, sono stato a questa fiera di libri e ho fatto ottimi acquisti, poi..» Aziraphale sembrò fare fatica a trovare le parole. «Ho fatto molte cose, sì, teatro, uhm, passeggiate.. e nuove amicizie.» raccontò guardandosi intorno distrattamente.
«E’ bello avere qualcuno con cui fraternizzare che non sia un demone che ti faccia avere dei richiami.» Allora, sollevò gli occhi su di lui. L’intensità dell’oro in essi era tale da comparire al di sotto delle lenti scure. Crowley richiuse il libro, e lo lanciò aggraziatamente sul divano lì vicino, posandosi le mani in grembo mentre muoveva la caviglia della gamba che aveva a cavallo dell’altra.
«Anche se, non è poi così tanto diverso da me.»
Aziraphale lo guardò un po’ confuso, non capendo le parole del demone.
«Scusa, ma di che parli?» gli chiese, sedendosi alla scrivania e sistemando alcune carte, proprio non riusciva a sostenere il suo sguardo.
«Del tuo amico. E’ passato ieri sera, pensava di trovare te. Abbiamo conversato.» le lettere avevano conversato con il demone. Non aveva proprio idea di che colore fossero gli occhi, o i capelli dell’uomo, le fotografie dell’epoca non erano poi così tanto fedeli alla realtà, né tantomeno Wilde aveva forse idea di chi Crowley fosse. Iniziava a sentire il sapore del deserto sulla lingua.
Aziraphale lo guardò allarmato, ora sì che era agitato, dopo ciò che era successo. «O-Oscar? E’ passato? Ah.. cosa.. voleva? Ti ha detto qualcosa?» sperava non avesse raccontato niente al demone, ma l’atteggiamento dell’angelo diceva già tutto, non sarebbe mai stato capace di tenere un segreto, non con Crowley, non dopo aver compreso.. ciò che provava.
«Un Haiku Giapponese. Deve sapere bene quanto ami la poesia orientale. Non lo ha di certo scritto, non è nel suo stile. Me lo ha solo recitato e chiesto di riportartelo, in quanto non riusciva a tenerlo sulla lingua un minuto in più.» alzò le mani come per sottolineare testuali parole, e si schiarì la voce alzando una mano come l’Amleto avrebbe sorretto il teschio.
«Respiro ogni fiore della tua pelle, che trasformano i miei desideri in farfalle di ossessioni.» Il demone Crowley sorrise in una maniera inquietante. Era come un quadro che cangiava se guardato da destra, o da sinistra. Poteva essere un sorriso tanto quanto una smorfia.
«Poetico perfino per me.»
Aziraphale semplicemente si sentì andare a fuoco per l’imbarazzo, e probabilmente il suo rossore sarebbe stato visibile persino da Parigi. Il colletto della camicia diventò stretto e provò ad allentarlo.. non voleva che Crowley si facesse l’idea sbagliata, non amava Oscar Wilde, lo aveva capito sin troppo bene. La gola era secca, ma provò a parlare.
«Oh, beh.. Io.. cioè noi.. noi..» Aziraphale balbettava, mentre guardò nervosamente il demone. «N-Non c’è niente tra me e Oscar, è un tipo passionale diciamo, ma.. c’è stato solo un..» Aziraphale stava quasi sudando. «Un bacio, qualche giorno fa al parco, ma inaspettato.. insignificante, io.. non provo niente per lui. Lui.. lui non lo so, forse sì? Non saprei. Ma non accadrà di nuovo.» una risata nervosa accompagnò quelle frasi, non poteva tenerselo dentro, non ci riusciva.
Fu allora che per la seconda volta nella sua intera esistenza sentì il cuore spezzarsi in due metà che mai più si sarebbero ricucite assieme, i bordi nello squarcio erano troppo irregolari, e avevano perso i cocci in qualche lugubre luogo nella sua anima quando quelle parole gli esplosero dentro. Crowley scosse il capo con un’espressione strafottente, la pelle creava rughe intorno alla bocca piegata all’insù.
«Io non ho detto che tu o lui provate qualcosa. Lo stai dicendo tu.»  l’indifferenza nel tono del demone sparì quando schioccò la lingua in mezzo ai denti, mentre guardava fuori dall'enorme finestra della libreria.
«Mi chiedo soltanto..» posò le mani sui braccioli della poltrona, appoggiò entrambi i piedi a terra e con un finto verso stanco si alzò, camminando per un paio di metri.
«Come sia possibile che un essere umano ti influenzi e non il contrario.» Il demone indicò il libro sul divano.
«I matrimoni sono una tomba, la fedeltà è un costrutto sociale che non appartiene alla natura, il bello del vivere è godersi i piaceri.» citò alcune delle cose che aveva letto quella mattina.
«Non è molto conforme al tuo principio morale eppure, non ti fai problemi.» 

Aziraphale lo ascoltò e lo guardò accigliato, mentre cercava - invano - di calmarsi. «Lui non mi influenza! Siamo di visioni opposte, ma.. anche con Alessandro ero di visioni opposte, però eravamo amici. Oscar mi rispetta, non ha mai cercato di indurmi a fare nulla, anzi.. il contrario, mi ha aiutato a--» Aziraphale si bloccò, no, non poteva dirlo, non poteva, doveva riflettere prima di parlare. «Non ho mai fatto niente di disdicevole.. e non l’ho baciato io, ma lui, a tradimento. Certo non è stato male, devo dire. Pensavo saresti rimasto divertito, vuoi davvero parlarmi tu di morale? Lascia perdere. Non devo giustificarmi con te.. per un errore, uno in secoli di vita sulla Terra.» disse Aziraphale alzandosi dalla sedia con nervosismo, davvero lo stava giudicando, lui? Lo stesso che vide a Roma insieme ad altre.. quante erano, quattro persone? Sapeva di aver sbagliato, ma l’ultima cosa che voleva era una ramanzina da un demone, anzi, proprio da Crowley, non da lui.
«Io mi prendo una pausa. Dato che sono apparentemente l’unico essere indegno di fiducia tra quelli che possono dire di conoscerti o di averti conosciuto fuori dalla tua stupida arte, devo trovare una protezione da solo.» Crowley sospirò sconfitto e parecchio deluso, avviandosi fuori dalla libreria.
«Ricordati che abbiamo un patto. Le tentazioni ormai ti escono fuori bene, hai fatto la lingua lunga angelo, sono le orecchie il tuo eterno problema.»

Il demone si avviò alla porta, e non si prese la briga di richiuderla dietro di sé.
«Aspetta! Non è vero che non sei degno della mia fiducia.. !» provò a dire l’angelo, ma ormai Crowley sembrava lontano. Cos’era successo? Aziraphale fece fatica a processare, non capiva, perché il demone era arrabbiato? Per Oscar? No, non aveva senso. Non capiva più niente, l’angelo, si mise seduto sul suo divano, e pianse ancora tanto oro.

 

E il giorno temuto arrivò, Aziraphale non fece neanche in tempo a riprendersi dall’incontro con Crowley, che Oscar.. fu processato. Quando emisero la sentenza di due anni di carcere, poté sentire Wilde dire “Mio Dio, Mio Dio” e quasi svenne. Anche Aziraphale era distrutto, ricordò bene quando portarono via Oscar, questi si girò e urlava il suo nome, come se l’angelo potesse salvarlo.. come se l’angelo fosse l’unica cosa davvero pura che lo scrittore avesse mai toccato. Aziraphale andò a trovarlo in carcere, cercando di aiutarlo a riconciliarsi con Dio, e Oscar peggiorò di anno in anno, lo sfarzo e i colori di un tempo erano solo un lontano ricordo. Uscito dal carcere, Oscar andò in Italia e Aziraphale lo seguì, vissero come “vicini” di casa alcuni anni a Roma, insieme, e l’angelo lo ringraziò.. per avergli fatto davvero capire cosa provava per Crowley.
«Mi ringrazi ma.. sei qui con me, e non con lui.» disse lo scrittore.
«Non posso Oscar.. non posso, è semplicemente impossibile, è complicato.. ma lui non.. penso mi amerebbe mai.» disse l’angelo con voce strozzata.
«Come è possibile che un qualsiasi essere umano non possa amarti, tu fai innamorare chiunque incontri, con la tua gentilezza e la tua vivacità, se non fosse stato per te.. non so cosa ne sarebbe stato di me, in quel carcere, i pomeriggi a studiare la Bibbia con te mi hanno salvato.» Aziraphale sorrise, e così gli anni continuarono.. e Oscar si ammalò, l’angelo ormai aveva capito che presto sarebbe scomparso. Lo aveva capito anche lo scrittore, che lo chiamò mentre era a letto, desideroso di parlare. Vederlo in quello stato spezzò il cuore dell’angelo, ma Oscar sembrava tormentato.
«Fell, devo.. devo parlarti, devo togliermi questo peso.» la sua voce era bassa, del grande uomo che si stagliava nel centro di Londra come una torre, ne rimaneva solo l’ombra.
«Dimmi, amico mio.»
«Tu.. ti conosco da quasi una vita, Fell, non sei invecchiato di una virgola, non ti ho mai visto ammalarti, e in carcere.. sono certo di averti visto far addormentare una guardia, come per magia. Fell, questi pensieri mi tormentano da mesi.. chi sei tu, davvero?» e udendo quelle parole, l’angelo iniziò ad agitarsi, quasi sudava freddo, e Oscar lo notò, Aziraphale era un libro aperto.
«Sono solo Fell, non so di che parli..»
«Non mentirmi! Non a me Fell, non so nemmeno se sono ancora lucido, ma so che.. tu sei qualcos’altro, non sei umano, non è possibile che tu sia identico a quando ti conobbi. Dimmi la verità, dimmela!» Aziraphale non sapeva cosa fare, ma odiava mentire, non a lui, non dopo una vita accanto, rischiava grosso a rivelarsi, ma.. Oscar se lo meritava, per ciò che aveva fatto. L’angelo chiuse a chiave la porta e abbassò le veneziane, e Oscar lo guardava rapito, confuso.
«Oscar, io sono.. un angelo, dal Paradiso. Mi chiamo Aziraphale.» Oscar strabuzzò gli occhi, la sua espressione era un concentrato di shock, paura e.. forse meraviglia. Perché Oscar se lo sentiva, Fell.. il suo Fell, non poteva che essere un angelo.
«P-Provalo, Fell..» e Aziraphale mostrò le ali, e il suo aspetto cambiò leggermente, era luminoso come l’alba del mattino, e Oscar, in automatico, pianse a quella visione.
«Oh Fell… Oh Dio, sei.. sei meraviglioso.» disse Wilde in lacrime.
«Me lo sentivo, mi dispiace.. di averti baciato, non avrei dovuto, non volevo.. corromperti. Puoi perdonarmi?» Aziraphale si avvicinò e gli sorrise.
«Non devo perdonarti nulla Oscar.. è stato bello essere tuo amico.»
«Perché.. perché un angelo mi è stato accanto? Non lo meritavo, non ti ho mai meritato Fell.. Aziraphale. La tua luce, ho goduto della tua luce che mi accarezzava il volto ogni volta che ti vedevo, una luce che ho desiderato con tutto me stesso.»
«Sono stato amico di uomini anche peggiori.. sono stato al fianco di Alessandro Magno, che era un soldato, un omicida. Non sentirti in colpa per.. avermi desiderato. Ne sono lusingato, in realtà, mi sono sempre trovato poco desiderabile.» gli disse sedendosi sul letto.
«Hai davvero un’opinione totalmente distorta di te stesso.. eppure sei un angelo.» Aziraphale alzò le spalle, e per un momento una delle ali non diede un ceffone al povero Oscar.
«Scusa!» ma Wilde rise. «Sono davvero belle, parlami del Paradiso.. della tua vita sulla Terra.. e dell’Inferno, che è il luogo-- aspetta un momento, ma allora Crowley chi è?!» chiese allarmato Oscar.
«Lui è.. un demone dell’Inferno.» Oscar rimase attonito.
«Un angelo.. è innamorato di un demone? Questo spiega tante cose, potrei davvero scriverci un libro, peccato che sto morendo. E’ per questo che non puoi stare con lui? Mi dispiace, Aziraphale.» E allora, Aziraphale pianse oro, e Wilde lo abbracciò teneramente, e parlarono tutta la notte dei viaggi dell’angelo, di storia, di arte..
«Fell, quando finirò all’inferno.. non potrò più rivederti.»
«Purtroppo no, Oscar.. forse vedrai solo Crowley.»
«Capisco, ho.. paura. Tanta paura.»
«Tieni, usa questo anello dorato, quando la sofferenza sarà troppo forte.. lenirà un po’ il dolore. E ti ricorderai di me, ma non dire a nessuno che te l’ho dato, e non dire di conoscermi, per favore, o sarò nei guai.» Oscar prese l’anello, e sorrise malinconico. «Non mi starai chiedendo di sposarci..» entrambi risero, e il giorno dopo Oscar morì.
Aziraphale andò al funerale e quando tutti erano ormai andati via, andò alla tomba di Oscar e lasciò un leggero bacio sulla lapide.
«Addio, amico mio.»

La discesa di Oscar negli Inferi fu facilitata. Quando un’anima lasciava il corpo, non fluttuava fuori una volta che il cuore smetteva di battere, come credenza dava a pensare. Ecco perché quando gli esseri umani iniziavano a invocare gli spiriti ciò che ottenevano, se Crowley era presente, non era altro che l’esplodere delle lampade o il volare di tavoli e sedie, solo e soltanto per spaventarli.
I morti non avevano più accesso al regno dei vivi.
Nessuno poteva connettersi con l’oltretomba.
Quando un corpo compiva l’ultima esalazione, l’anima semplicemente si restringeva, sempre di più come se stesse implodendo, fino a restringersi in un punto concentrico, e i ventuno grammi si sottraevano alla salma.
Leggera e priva di forma o di sostanza, veniva richiamata da una forza vorticante  che l’aspirava conducendola laddove apparteneva, e se macchiata, come un alito di vento raggiungeva le viscere della Terra.
E allora ritornava ad essere spiritualmente, preservata di tutta la concentrazione di cui l’essere umano l’aveva nutrita nella permanenza in quel luogo di passaggio che era il mondo.
L’anello d’oro al dito di Wilde valse molto di più che due monete per Caronte, che traghettò il suo spirito assieme a quello di molti, tanti altri dannati. Ma non volle separarsene, e fu per quello che suo malgrado, rubò delle monete da un altro dannato. I peccati della terra erano quelli che contavano, dopotutto. Il suo destino era già scritto.
Il fiume era nero, colmo di anime perse che non avevano potuto pagare il traghettatore cercavano di appigliarsi alla barca, e il loro pianto di dolore era straziante. Fu allora che i peccatori nella concavità del legno asciutto sedevano in terra cercando di stare lontani da quelle figure, e attorno a loro l’oscurità impediva la visuale. Si stringevano tra loro e molto spesso urlavano, per un attimo convinti che fossero stati catturati e trascinati in quelle acque.
Oscar se solo avesse ancora avuto un cuore, avrebbe sicuramente sperimentato l’infarto del miocardio.
Sedeva con le mani nei crini castani, la sua anima aveva la memoria della respirazione, fu solo per quello che continuò a compiere il movimento di quel gesto come se potesse aiutarlo a calmarsi. La memoria emotiva però era perfettamente intatta, e la paura gli scuoteva la sostanza.
L’unico e solo modo per non pensare, era conversare ancora e un’ultima volta con i dannati suoi accompagnatori.
Ricordò il Decamerone, il poeta. E da lì raccolse l’idea, di ingannare la consapevolezza di stare per perdersi per l’eternità.
La barca si arrestò con un tonfo secco, e le anime furono costrette a scendere. Dietro una grotta in pietra chiusa da una porta, vi era il primo vero demone loro interfacciato.
Minosse.


Quando Oscar fu chiamato al cospetto, il cieco diavolo gli fece segno di avvicinarsi. Gli occhi erano privi di qualsiasi bulbo, due fosse orbitali scure e vuote. Eppure fu solo quando l’enorme volto del mostro si avvicinò a lui, che tentò di fuggire invano.
«Fermo, umano. Sento i tuoi peccati.» la coda della creatura avvolse l’anima, e l’annusò profondamente. Due furono le spire della coda. Due cerchi. Secondo girone.
«Lussuria!» asserì la voce gracchiante, e l’enorme mano lo spinse tra le mani di due subordinati che lo condussero agli uffici nella quale sarebbe stato smistato.

Quando Crowley lesse sui giornali della dipartita del commediante, l’unico suo gesto fu l’alzare le sopracciglia. Prima o poi sarebbe dovuto arrivare il momento.
Tolse i suoi occhiali e disegnò un Pentacolo di sale intorno a sé, alla quale poi diede fuoco. Pochi minuti dopo, era nel proprio cerchio.
Attraversò l’inferno fino a raggiungere la burocrazia, e in cambio di un permesso di possessione, essendo la Terra la sua giurisdizione, uno dei demoni di turno gli diede accesso ai registri. Quando si trovò dinanzi alla sua cartella, però, notò un piccolo particolare. Era stato trattenuto, per possesso di averi. Il demone si accigliò. Le lunghe corna fuori dai capelli rossi come il fuoco vivo, e le lunghe unghie nere percorsero quelle diciture.
Beni ultraterreni non idonei alla permanenza.
Che diavolo voleva dire?

«Vi dico che non potete prenderlo. E’ mio!» Oscar stringeva l’anello con avidità. Tecnicamente, nessun demone poteva fargli niente fino a che non veniva chiuso nel suo girone. Ma non potevano neanche tenerlo lì, in quell’Ufficio.
«Adesso basta, Ilah, chiama Michele e facciamolo scendere.»
«L’Arcangelo Michele non ha niente a che fare con noi, Beliah.» la doppia voce di Crowley riempì la stanza.
«Ah, hanno mandato te. Era ovvio, la roba di quel posto tocca a te.»
«Divertiti Crowley, avrai una pila intera di scartoffie di cui occuparti!»
I subordinati uscirono sbattendo la porta. Oscar fissò gli occhi serpenteschi, le squame scure, le ali fatte di tenebra.
«Nessuno quaggiù perde occasione per scaricarti addosso qualcosa di fastidioso.» Il demone Crowley parlò, avvicinandosi all’anima. Per la prima volta si conobbero.
«Vi ha mandato lui..?»
«Chi? Aziraphale?» Crowley sussurrò quel nome, e fu spontaneamente scosso da una risata che non aveva niente di spiritoso.
«Non c’è modo che possa comunicare con te. Non più. Ma gli eviteresti un sacco di processi se gli restituissimo quello che gli appartiene. Non l’abbiamo messo nei guai sette secoli fa, non lo faremo adesso.»  E così dicendo allungò la mano aperta, e titubante, Oscar vi posò sopra l’anello.
Crowley lo ripose nella veste, e lo osservò. Quell’umano era così vulnerabile ora, come tutti loro. Perso, e spaesato. Gli sembrò di stare davanti a un fastidioso, irritante, desolante specchio.
«Posso essere il meno peggio che incontrerai. Ti conviene stare zitto. Lassù poteva sembrarti intelligente, perfino appagante blaterare dei tuoi chiamiamoli  principi, ma qua sotto nessuno ha mai letto neanche uno dei cartelli appesi al muro, né conversato di niente, e se solo azzardi una parola delle tue gli dai molta più.. motivazione.»
«Dovrei ringraziarvi?»
«Mh.. decisamente no!» Il demone lo canzonò con tono impertinente e infantile, aprendo la porta per lui.
«Quanto male farà su una scala da uno a dieci?» gli chiese sapientemente Oscar, attraversando la porta per seguire il demone. Più lo guardava, e più il suo ormai simbolico cuore oscillava tra l’inquietudine e l’ammaliamento. Era forse il più piacevole alla vista di tutti i demoni che popolavano quel luogo, e fino ad allora, l’unico che non aveva tentato a modo proprio di distruggerlo.
«Oh tu hai molta fantasia. E’ tutto connesso. Ricordi la sensazione di stare vicino all’oggetto del desiderio, Oscar Wilde. La frenesia che avvolge la mente e infiamma i lombi, la sensazione del cuore che pompa, il fremito lungo le membra e i brividi dietro la nuca, il magnetismo che attira. E’ uguale, solo che è dannatamente doloroso. Ma non è niente di cui un uomo della tua portata non possa essere pronto. Ti sei preparato per tutta la vita.»
Oscar allora chiuse gli occhi, e parve sofferente. I due camminavano assieme, fianco a fianco. La pressione dello spirito occulto incombeva su di lui, che avrebbe potuto soffocare nel corpo umano se ne avesse posseduto ancora uno.
Quando arrivarono a destinazione, Crowley salutò rispettosamente il padrone del Cerchio, che li lasciò passare. Immediatamente il calore asfissiante colpì l’anima umana, e fu ben presto sostituito dalla cocente ustione indiretta che erano le lingue di fuoco che avvolgevano i dannati.
«Meritiamo davvero tutto questo, non è così?»
«Ritardare la tua pena in questo modo è davvero indegno di te.»
«Non siete un amante delle domande retoriche, Crowley.» 
«Non sono un amante di chi arrivato a questo punto comincia a riflettere.»
«Vorrei solo poter portare agli uomini tutto quello che concepirò qui.»
Crowley fece una smorfia comprensiva.
«Nah. Hai fatto abbastanza.»  prima che Oscar potesse rassegnarsi alla dannazione eterna nel proprio vento cocente di cui da quel momento in poi sarebbe stato l’occhio, mentre il ciclone di fuoco gli avrebbe consumato e rosicchiato lentamente le carni spiritiche, si voltò verso Crowley.
«Salutereste Aziraphale per me? Diteglielo, che l’ho sempre amato.»
«Avresti dovuto dirglielo tu, Oscar. Non lo hai fatto?» 
«Come non lo ha fatto lui.» Wilde gli disse, ma non si stava riferendo a sé stesso. Questo però, Crowley non lo comprese, e godette egoisticamente della sofferenza di tutti e due in un tale e animalesco modo, quando il poeta scomparve tra le fiamme ed urlò.


Pochi giorni più tardi, dopo lunghe e tortuose pratiche per poter aggiustare quel malinteso all’Inferno, Crowley fece spedire un pacchetto nella libreria dell’angelo a Londra. Dentro vi era il suo anello con lo stemma dei Principati, e un biglietto.

“Le mie più sentite condoglianze.
Soltanto un idiota avrebbe potuto anche solo pensare che un oggetto del Paradiso potesse entrare all’Inferno con così tanta leggerezza.
Non è Dio quello che dovresti ringraziare in eterno se adesso non ti trovi un’orda di pustole in faccia.

E dice di averti sempre amato, ma tanto lo sapevi.

Divina Commedia, Inferno, canto V.
È sullo scaffale in alto sulla sinistra mi sembra.” 


Quando Aziraphale ricevette la lettera, sembrò scoppiare di gioia come non gli capitava da decenni, ma leggerne il contenuto.. lo intristì. Non fu tanto per il destino di Oscar, sapeva quale pena avrebbe vissuto, né per la sua confessione, Aziraphale lo sapeva, glielo aveva detto sul letto di morte.
Ma Crowley non gli domandò né come stava, né di vedersi.. sembrava non interessargli, sembrava si fosse disturbato solamente per ferirlo, forse sarebbe stato contento di finire in un processo infernale, forse era l’unico modo per vedere quel dannato demone serpentino.
Aziraphale strappò la lettera, e si chiuse in camera tutto il giorno.


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Salve a tutti!
Allora... XD non sappiamo che dire in realtà, solo che ci abbiamo perso testa e cuore qui come con il capitolo su Dante.. sono stati momenti veramente complicati, lo scavare nelle loro essenze e fare in modo che i momenti in cui i loro sentimenti per l'altro fossero riconosciuti, quindi SPERIAMO di aver fatto un buon lavoro. 
Grazie MILLE per il vostro supporto, siete prezios*.
A presto!
   
 
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