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Autore: Selene123    05/11/2023    0 recensioni
La vita aristocratica di una donna alla ricerca di luoghi, persone e sentimenti raccolta in un prezioso diario settecentesco
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Epoca moderna (1492/1789), Rivoluzione francese/Terrore
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Le celebrazioni della città per il nostro arrivo mi avevano lasciato l'amaro in bocca. Quanta felicità avrei dovuto e potuto provare attraversando le vie con la carrozza aperta alla vista di tutti, sfilando davanti al porto per poi assistere alla rivista navale in nostro onore, se solo il mio adorato marito avesse avuto la buona creanza di aspettare con le grandi rivelazioni... 

Non avevo mai avuto l'occasione di vedere un'imbarcazione all'infuori delle illustrazioni dei libri e dei dipinti. Davanti a noi solcavano le placide acque del Mediterraneo quelle che la poca esperienza dei miei sedici anni suggeriva essere dei veri e propri giganti di legno, ornati di grandi vele e funi che scorrevano in ogni direzione tra le mani degli uomini che le stringevano. Ero affascinata dall'armonia con cui qualcosa di così imponente riuscisse a muoversi senza alcuna difficoltà. Per un momento ero riuscita ad allontanare dalla mia mente l'eco delle parole che il mio sposo aveva pronunciato durante il viaggio, rapita dallo spettacolo di che quella rivista ci stava offrendo. In uno slancio di confidenza, probabilmente per cercare di riparare all'errore che, volevo sperare, si fosse accorto di aver commesso, Louis Alexandre si era spinto oltre il confine invisibile che ancora ci separava e, indicando una grande nave al largo molto distante da noi, abbassatosi leggermente verso di me aveva esclamato: "È l'ammiraglia Royal Louis, quarta della sua famiglia. Dal 1668 la tradizione vuole che la più grande della flotta porti il nome del re". Il tono appassionato con cui descriveva perfino i dettagli più piccoli di tutto ciò che avveniva davanti a noi mi commuoveva. Aveva un amore smisurato per il mare, lo si capiva facilmente dalla cura con cui spiegava la storia delle imbarcazioni che ci onoravano con il loro saluto, le manovre necessarie per farlo e i segreti che i loro marinai mettevano in pratica per raggiungere il risultato sperato. Di tanto in tanto spostavo lo sguardo dalla rivista al suo volto e il suoi occhi erano illuminati. Mi stava facendo strada nel suo mondo, un passo alla volta, e con un discreto impegno che non potevo ignorare. La delusione nei suoi confronti stava lentamente lasciando il posto a un rinnovato senso di tenerezza: esisteva qualcosa che lo facesse sentire a proprio agio, ma non ero io. Non ancora, perlomeno. Con il senno di poi, dopo molti anni accanto a lui, erano reazioni perfettamente normali le nostre: eravamo due sconosciuti per ragioni diverse inetti alla vita sociale, pretendevamo l'uno dall'altro comprensione incondizionata senza considerare che prima di tutto fosse necessario concederci del tempo per scoprire cosa si nascondesse dentro di noi. 

Tolone, comunque, appariva ai miei occhi come un mondo nuovo. Era una città dai colori più chiari e luminosa, le persone più sorridenti e rilassate. Probabilmente era solo un'impressione, ma quella gente, anche la meno interessata alla nostra presenza, conduceva le proprie giornate con una leggerezza d'animo che solo chi vedeva il mare ogni qualvolta aprisse le finestre aveva. O, almeno, così credevo. Per quanto conoscessi più salotti che strade di Parigi, potevo senza paura di smentita affermare che quaggiù il clima fosse decisamente più piacevole. Nell'aria volava un leggero profumo di salsedine, gli alberi ai bordi delle strade mi sembravano più rigogliosi. Risalendo sulla carrozza diretta verso la mia futura casa cercavo di catturare ogni scorcio, ogni portone in legno rovinato dal sole e dalle intemperie, ogni pietra d'inciampo, ogni volto che ci circondava per non dimenticarli mai più. 

Il palazzo che avrebbe da quel giorno ospitato la nostra vita insieme era un grande edificio poco fuori dalla città. Il cancello di metallo lucido decorato con gigli d'oro sovrastava una piccola collina circondata da piante e prati verdi, i più verdi che mi fosse capitato di vedere. Sembravano distese infinite di smeraldi, quasi brillavano sotto il sole della Provenza. Poco distante, un piccolo ruscello scorreva placido all'interno dei confini dei terreni reali. Al nostro ingresso, nel tardo pomeriggio, la servitù al completo ci attendeva indossando la livrea delle grandi occasioni, il sorriso più cortese e le intenzioni migliori. Erano tanti, più di quanti avessi potuto immaginare, ma ognuno di loro era necessario per il sostentamento della nuova coppia e di quel maestoso palazzo di costruzione seicentesca così riccamente decorato da sembrare finto. Assomigliava a Versailles, ma le minori dimensioni la rendevano meno fredda e austera. Forse tutto sommato, pensavo guardandomi intorno, tanto male non sarei stata... 

Mentre il carico di bagagli veniva portato all'interno attraverso le porte di servizio per non dare nell'occhio, nel salotto accanto all'ingresso ci aspettavano le più importanti personalità della città e gli alti ufficiali della Marina. Erano perlopiù uomini di mezza età, alcuni di essi accompagnati dalle rispettive mogli, tutti in grande spolvero per venire a congratularsi con i novelli sposi. Le infinite presentazioni, i convenevoli mi ricordavano la rigida etichetta di corte e, in parte, quel palazzo altro non era che una sua piccola succursale. Le sole differenze risiedevano nel fatto che tra quelle mura un sovrano non c'era e che i principi eravamo noi. Due semisconosciuti, inadatti alla vita in società, uniti in matrimonio per volontà altrui e ora comodamente seduti su un divano – occupato per metà dal mio abito – a fingere affiatamento e convivialità davanti a persone che, al contrario dei miei desideri, mi auguravo continuassero a ignorare la mia presenza nonostante i costanti tentativi di Louis Alexandre di includermi. Cosa avrei potuto mai dire io, nata alle porte di Parigi e cresciuta tra salotti eleganti e chiacchiere tra signore eccessivamente incipriate, a esimi esponenti della Marina Reale? I miei contributi si limitavano a qualche sorriso, un paio di scambi con le signore presenti alle quali offrivo pasticcini che neanche io sapevo esserci e molti cenni del capo. 

Iniziava dunque così, in modo decisamente imbarazzato e impacciato, la mia lunga carriera di principessa di Condé, fuggitiva di sangue blu e annoiata di alto rango. Il sontuoso palazzo di Tolone accoglieva la mia nuova identità e si apprestava a diventare teatro di drammi, commedie e vicissitudini varie di una vita alla perenne ricerca di qualcosa da fare, vedere, ascoltare e qualcuno con cui condividere quelle esperienze se avesse voluto. 

 

   
 
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