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Autore: Sunnyfox    11/12/2023    3 recensioni
Rufy si era abbarbicato sulla polena non appena era stato annunciato l'avvistamento di una nave.
Non un'imbarcazione imponente. Se ne stava ferma, in mezzo al mare, le vele ammainate, le bandiere a mezz'asta. Non si avvertiva quella tipica, frenetica presenza di personale di bordo. Ma quel canto raccontava loro una storia diversa. Qualcuno c'era e stava intonando una nenia: lenta, malinconica; parole incomprensibili. [...]
«Affidatemi al freddo mare azzurro. Che lo strepitio delle onde sia il mio requiem solenne, dormirò un sonno sereno...» enunciò Sanji, affiancandoli.
Videro il gruppo di marinai trasportare sulle spalle un'asse, alla quale era assicurato quello che, da lontano, sembrava solo un sacco di iuta. Solo quando lo fecero scivolare sul parapetto e lo sporsero all'esterno, offrendolo al cielo, al mare e al vento, si resero conto che fasciato lì dentro doveva esserci un corpo. Probabilmente il compagno di viaggio che se ne era andato per sempre.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Il naufrago
 

Quindici uomini, quindici uomini, sulla cassa del morto
yo-ho-ho, e una bottiglia di rum per conforto!


 

 

La notte a Especia si illuminava spesso di bagliori cangianti.

Il vulcano, che svettava come un grosso gigante oscuro, fatto di pietra e zolfo, di tanto in tanto ancora si preoccupava di ricordare che era vigile e attivo. Lo dichiarava con orgogliosi zampilli di lava e singhiozzi di fumo. Lo ribadiva ostentando la sua magnificenza, con la speranza che nessuno si sarebbe mai davvero accomodato alle sue pendici.

Eppure la vita aveva trovato modo di adattarsi anche lì.

La terra scura, ricca e profumata aveva dato vita a prosperose piantagioni di fiori ed erbe aromatiche. Gli isolani erano riusciti a farne la loro ricchezza e ad avviare un fiorente commercio di spezie, nonostante la fama tutt'altro che favorevole che si portava appresso.

Dal porto fino al villaggio la strada era illuminata da una lunga scia di fiaccole e luci imprigionate in lanterne colorate. Per le strade c'era odore di incenso e spezie dalle essenze più esotiche e su ogni lato una lunga, straordinaria, colorata esposizione di botteghe dalle insegne bizzarre.

Eppure l'isola non era fatta di sole luci.

Così come la luna mostra più o meno sempre la stessa faccia alla Terra, persino l'isola sembrava voler nascondere il suo lato più oscuro. Sul lato opposto c'era una foresta che si inabissava in una fosca palude ma nemmeno lì la vita sembrava essersi fermata. Nemmeno lì l'isola sembrava trovar pace dagli insediamenti umani.

Un piccolo villaggio, dimenticato tanto dagli esseri umani quanto dalle divinità che si preoccupavano di onorare. Poche case, un recinto a tener lontano la civiltà dal loro minuscolo, esclusivo nucleo infernale.

Un ragazzo dall'aria spaurita si era fermato sulla soglia di quella che sembrava l'abitazione più riccamente decorata, nella sua dignitosa povertà. Tenuta insieme da legno marcescente e consunti mattoni d'argilla. Un tetto fatto di paglia che necessitava manutenzione. Tutt'intorno, un recinto di paletti acuminati sui quali svettavano diversi teschi di animali. Strani simboli dipinti sulle pareti.

«M-madame Dust...» la voce del ragazzino sembrò rimbombare in quel silenzio spettrale, fatto di echi distorti, di animali notturni, creature striscianti negli acquitrini, occhi vispi nei canneti e nell'erba alta.

La porta si aprì lentamente, mossa da una mano invisibile.

Dapprima ci fu solo fumo, del colore delle foglie d'autunno. Inondò il ragazzino, costringendolo a tossire un paio di secchi colpi di tosse.

«Mia madre vi manda questo» disse posando sulla soglia un cesto, coperto da una tovaglia «quindici pulcini, come avevate richiesto...»

Si allontanò di un passo, come temesse di venir inglobato da quel fumo che si arricciava in spirali mai esauste.

«Ringrazia tua madre» rispose una voce di donna all'interno. Impossibile dire con certezza da quale parte della stanza «La sua richiesta verrà presto esaudita. Torna domani».

Qualcosa si allungò dall'oscurità e diradò il fumo. Due lunghe braccia afferrarono la cesta, trascinandola all'interno.

Il ragazzino fece appena in tempo a cogliere due occhi enormi, gialli e spalancati, che per un attimo gli sembrarono implorarlo di qualcosa. L'istante successivo la porta si richiuse di schianto, facendolo trasalire.

Non ebbe bisogno di altri pretesti per allontanarsi il più velocemente possibile da lì.

Nell'abitazione la nebbia cominciava a diradarsi. Dalla cesta i pulcini pigolarono in coro.

Il vulcano gorgogliò da lontano.

«Qualcuno sta tornando...» disse una voce nell'oscurità.

Una mano tatuata e con lunghe unghie rovinate, si allungò sui pulcini e ne afferrò uno e uno soltanto.

 

*
 

L'uomo con l'uncino era stato issato a bordo.

Con sommo disappunto di Zoro che non aveva allentato nemmeno per un istante la presa sull'elsa della sua Wado e le placida diffidenza di Robin, che lo occhieggiava da lontano, pronta a intervenire in qualsiasi momento. A far da vedetta persino Franky e Jimbe, due massicci colossi, come ultimi baluardi di un possibile pericolo.

Rufy gli si era fatto incontro, cercando di spronarlo a parlare, ma quando l'uomo aveva scorto il volto scheletrico di Brook nel gruppo, aveva preso a gridare come se ne andasse della sua stessa vita.

«È tornata a prendermi! È tornata per me!»

Ci erano voluti i duri sforzi di Rufy e Sanji per tenerlo fermo e placarlo dalle convulse manovre che volevano spingerlo di nuovo fuori bordo, verso il mare. Usop si era preoccupato di trascinare via Brook, più scioccato della sua vittima: non riusciva proprio a capire cosa avesse mai potuto scatenarlo a quella maniera.

Riuscirono a placarlo solo dopo diversi tentativi e a trascinarlo in cambusa, per un rapido controllo.

Nulla di lui suggeriva davvero qualcosa di diverso da ciò che diceva di essere: solo un naufrago. Non sembrava aver più di trent'anni. Ad invecchiarlo solo la pelle scura, incartapecorita dall'acqua e da troppe giornate spese al sole. E sotto due folte sopracciglia, nere come la sua chioma, un paio di straordinari occhi verdi. Gli mancavano un paio di incisivi e il volto era affilato, scarno, quasi privo di barba, deperito forse anche a causa di un inizio di scorbuto.

Chopper si era preoccupato di medicargli le mani e le piccole ferite che aveva riportato in una non ben nota occasione; Sanji gli aveva portato qualcosa di caldo da mettere sotto i denti.

Sulle spalle teneva una coperta, ma non aveva smesso un solo istante di tremare. Come il gelo gli si fosse insinuato nelle ossa, sottopelle.

«Il mio nome è Ishmael» aveva esordito solo quando Rufy aveva cominciato a mostrare insofferenza per quei silenzi, intervallati da lunghi colpi di tosse: suoni secchi, esausti, scosse che si rincorrevano ad inseguire ossigeno, lasciandolo momentaneamente senza forze, pallido come un cencio. Sembrava aver ingerito troppa acqua di mare, i polmoni prosciugati dal sale.

«È tutto ciò che ricordo...» un'ammissione che parve non bastare a nessuno. Men che meno chi, come Nami, aveva rischiato la vita a causa di quel suo unico uncino. Non lo avrebbe perdonato tanto facilmente.

«Ricordi quello e il fatto che sei un naufrago a quanto pare...» si intromise nel discorso, guardandolo di sbieco, seduta accanto a Brook che lo scrutava, non meno impaziente degli altri, dietro quelle sue orbite oscure.

L'uomo sembrò non voler guardare nella loro direzione, il tremolio che non pareva chetarsi. Era dal loro primo disastroso incontro che non aveva fatto altro che evitare lo sguardo scheletrico del musicista della ciurma.

«Hai ragione, signorina dai capelli color del tramonto...» mormorò l'uomo, mantenendo la testa bassa.

«Nami...» suggerì lei, cercando di mantenere la calma, di non lasciarsi trascinare in quell'atmosfera lugubre, vagamente infastidita da come fosse stata apostrofata «il mio nome è Nami»

«Perdonami, non volevo arrecare alcuna offesa».

«È possibile perdere la memoria, in alcuni casi» intervenne Chopper «Rimuovere ricordi, a seguito di un profondo shock» sembrava più accomodante di tanti altri. Forse a convincerlo erano state le precarie condizioni di salute del malcapitato. Non pareva avere cattive intenzioni e, anche ne avesse avute, non avrebbe certo avuto le forze necessarie per portare a termine i suoi malefici intenti. Non nell'immediato, almeno.

«Dici che la memoria potrebbe tornargli, presto o tardi?» chiese Sanji. Preoccupato del fatto che l'uomo non sembrasse aver intenzione di assaggiare nemmeno un goccio della minestra che aveva preparato per lui.

«Difficile da stabilire. Ognuno reagisce a modo suo a certi eventi.»

«In effetti Usop di shock ne ha subiti tanti, eppure ricorda perfettamente tutte le sue strabilianti avventure» esclamò Rufy, dando una pacca sulla schiena del cecchino che cadde in avanti, andando a sbattere il viso sul pavimento, a causa della potenza messa in atto dal suo capitano.
Usop annaspò per qualche istante, prima di rimettersi dritto. Il volto, una maschera orrenda: «Ti vuoi ricordare o no che adesso al posto delle mani hai due padelle da mille chili ciascuna?!» lo aggredì, senza avere la forza di controbattere fisicamente.

«Scusami!» si affrettò a giustificarsi il capitano, saltando giù dal suo trespolo, mentre Chopper abbandonava la sua postazione dal naufrago per andare in aiuto al povero Usop che aveva preso a sanguinare copiosamente dal naso.

«Ora è qui comunque...» la voce di Zoro arrivò dal fondo della stanza: seduto accanto alla porta aperta, a prevenire qualsiasi tentativo di fuga o irruzione, nel caso l'uomo non fosse stato... solo.

Non aveva fatto altro che fissarlo, cercando anche solo un segno di cedimento, un guizzo di spavalda falsità, sembrò non trovarne e la cosa lo innervosì più di quanto si fosse atteso. Aveva una sensazione, alla quale ancora non era riuscito a dare un nome, ad individuarne l'origine.

Ma alle sue spalle c'era il rumore dell'oceano sconfinato e della fresca brezza da ponente, mentre di fronte a lui solo un uomo stanco, spaurito.

«Che dobbiamo farne di lui?»

La sua sentenza definitiva non trovò che scarsa solidarietà dalla ciurma.

«Intanto accertarci che si rimetta del tutto» lo rimproverò Chopper con in mano ancora il fazzoletto colmo del sangue del povero cecchino «e poi...»

«Especia...» la voce di Ishmael intervenne nel dibattito, debole ma chiara. Alzò lo sguardo puntandolo dritto in quello dello spadaccino con aria improvvisamente consapevole.

A Zoro parve che l'uomo stesse cercando di leggergli dentro, e quando anch'egli scrutò nei suoi occhi, avvertì di nuovo quella strana, effimera sensazione che non gli dava pace dacché lo avevano issato a bordo. Dovette fare un immenso sforzo per non abbassare per primo lo sguardo.

«So che è lì che dovrei tornare»

Quando Ishmael andò a indirizzare altrove la sua attenzione, Zoro puntò l'unico occhio sano in direzione di Nami.

L'unica che forse avrebbe potuto dare una risposta a quella imprecisa richiesta.

La ragazza si ritrovò ad annuire senza aver bisogno di spiegazioni.

«È su una delle nostre rotte. A non più di un paio di giorni di navigazione da qui...» si mise in piedi andando a recuperare una delle mappe che stava già consultando, prima dell'arrivo del naufrago «sempre che queste mappe trafugate siano precise. Ci stavo ancora lavorando»

La dispiegò sul tavolo, lasciando che i compagni ne analizzassero il contenuto, seguendo il movimento delle sue dita sulle linee tracciate approssimativamente.

«Especia... l'isola delle spezie»

«Ho già sentito questo nome. Forse in qualche leggendario racconto marinaresco» Robin si era avvicinata, scrutando la mappa distrattamente «non è quell'isola piena di cialtroni che pensano di occuparsi di arti occulte?»

Ishmael sembrò destarsi dal suo esausto torpore.

«Non di soli cialtroni...» sgranò gli occhi come avesse avuto una rivelazione «le cose che possono succedere a Especia vanno ben al di là di mere leggende marinaresche»

«Ti è per caso ritornata la memoria, naufrago?» di nuovo Zoro che si levò in piedi per tornare a osservare il mare, fuori dalla cambusa.

«No, ma di Especia ricordo cose che sembrano più un sogno che qualcosa di tangibile» si portò le mani alla testa, socchiudendo gli occhi «ma è tutto così confuso... ricordo un vulcano. Ricordo una donna»

«Ricordare una donna a me sembra un gran passo avanti, amico mio» cercò di incoraggiarlo Sanji, stringendogli una spalla.

«E ricordo...» sussurrò di nuovo, prima che la sua voce cambiasse tonalità e prendesse ad armonizzare quello che si rivelò un canto «Quindici uomini. Quindici uomini... sulla cassa del... morto»

«Io la conosco questa canzone» esclamò Rufy, trovando solidarietà nello sguardo di tutti. Sembrava che l'intera ciurma avesse riconosciuto la melodia di quella che fino a quel momento non era stata altro che una vecchia canzone popolare.

Fra le luci e le ombre della cambusa però quelle parole avevano assunto una connotazione oscura, inquietante. Ma soprattutto avevano riportato alla memoria quell'atmosfera lugubre che aveva caratterizzato il loro mesto pomeriggio, dopo aver assistito alla sepoltura in mare.

«Non una canzone...» dichiarò di nuovo Ishmael «Una maledizione».

La ciurma tutta restò ammutolita alla conclusiva piega che aveva preso il racconto, poi, una risata esplose come uno schiocco sul fondo della cambusa, deflagrando nel silenzio attonito e composto.

Decine di occhi si voltarono per posarsi su Zoro che non era riuscito a trattenersi.

«Scusate. Ma il mio corpo reagisce a modo suo, quando avverte odore di stronzate»

«Zoro!» esclamò Chopper che aveva abbandonato finalmente Usop, avanzando rissoso e claudicante al centro della stanza.

«Perché, non sembra a tutti un bel po' confuso?»

«Può darsi che lo sia, ma questo non ti da il diritto di prenderti gioco di lui...»

Zoro scosse la testa, gli sembrava perfino superfluo spiegare che non si stava prendendo gioco di lui, ma solo mostrando la sua completa sfiducia nei suoi riguardi. Gli sembrò di ricevere uno sguardo solidale solo da parte di Robin che però se ne restò in silenzio, ancora indecisa sull'esprimere un giudizio definitivo.

«Dovremmo permettergli di riposare» aggiunse il medico, indicando l'uomo che non sembrava avere le forze per reggere ancora per molto.

«E noi prendere una decisione...» Nami si era rivolta direttamente al Capitano, forse provata lei stessa da quell'inutile interrogatorio. L'unico che avrebbe potuto dare una svolta a quella serata già di per sé fin troppo singolare.

Rufy si sentì lo sguardo di tutta la ciurma addosso e per un attimo li osservò spaesato.

«Bè, se c'è davvero un vulcano...» esordì infine, a rispondere alla muta richiesta di tutti «io direi di andarci davvero ad Especia!»

Il sospiro collettivo che ne seguì chiuse definitivamente la questione.

 

*

 

Zoro si era sistemato sulla coffa. Nonostante fosse stata una serata piuttosto intensa, aveva accettato stoicamente il suo ruolo di vedetta, per quella notte.

Ma forse non sarebbe comunque riuscito a dormire: troppe informazioni, troppe stramberie per un giorno solo, per non rimuginarci su a dovere. La sensazione che ci fosse qualcosa che gli sfuggisse ancora lì, presente e martellante.

Quando udì un rumore provenire dalla scala che scendeva sul ponte non si scompose più di tanto. Sapeva che qualcun altro della ciurma avrebbe faticato a riposare, tanto quanto lui. A parte forse solo quello sconsiderato del loro Capitano.

Chi mai avrebbe potuto dormire tranquillo con uno sconosciuto a bordo che di sé non aveva fatto altro che nominare il proprio nome e quello di una maledetta isola?

«Vuoi un cambio?» la voce di Nami arrivò prima che entrasse nel suo campo visivo quella sua chioma color del tramonto, così come l'aveva apostrofata Ishmael solo poche ore prima. Curioso come non ci avesse mai pensato prima. Se doveva associare un colore a Nami, sarebbe stato quello dei mandarini inondati dal sole, non certo quello del sole morente.

«Non è il tuo turno» le disse, raccogliendo le gambe per permetterle di non inciampare mentre si issava con lui sulla postazione.

«Lo so. Li faccio io i turni» si prese la responsabilità di quell'affermazione «ma visto che non riesco a prender sonno, mi chiedevo se volessi andare a dormire»

«Sto bene. Puoi tornare a... fare quello che stavi facendo giù.»

Nami gli lanciò uno sguardo tagliente, forse un po' offeso, ma gli si sedette di fronte comunque, ignorando la sua pseudo proposta.

«Alle volte mi chiedo se ti ci impegni a far girare le palle alla gente o se ti viene proprio così: naturale»

«Non sono responsabile di come le persone percepiscono le cose che dico»

«Potremmo andare avanti per ore con questa conversazione e non uscirne fino all'alba ma non ne ho voglia»

Zoro le rivolse un solo, breve sguardo, prima di tornare a rivolgerlo verso il mare.

«A quanto pare Rufy ha deciso di riportare Ishmael a Especia»

«Lo so. C'ero anche io mentre lo diceva»

«Sì, bé, credo lo faccia più che altro perché non vedeva l'ora di imbarcarsi in una nuova avventura e forse il mistero di quell'uomo ha affascinato un po' tutti. Persino Sanji sembrava eccitato all'idea di approdare in un posto del genere, probabilmente attirato dalla fama delle loro spezie...»

«Nominami una sola cosa che non ecciti quello svitato.»

Nami lasciò cadere l'argomento.

«Non ti fidi di quell'uomo, non è così?» gli chiese allora, la domanda era diretta, aveva provato a girarci attorno senza riuscirci. Ma Zoro non aspettava altro.

«No»

«Perché? Chopper sembra sicuro della sua diagnosi»

«Plausibile, certo. Non fosse per quell'improbabile dettaglio della maledizione.»

«E tu non credi alle maledizioni»

«Lo sai che non ci credo»

Nami annuì, sbirciando le spade che aveva posato al suo fianco. Le portava con sé persino quando dormiva. Forse la sua Wado la teneva stretta a sé, durante la notte. Non aveva maneggiato anche delle spade maledette? O che possedevano uno spirito indipendente? Gliene aveva parlato una volta, in una conversazione che si era persa fra i fumi dell'alcool. Non aveva approfondito, in seguito.

«Anche Robin ha i suoi dubbi» disse allora «E... anche io»

Zoro adesso le stava rivolgendo tutta la sua attenzione. Non si era certo illuso di essere l'unico a non credere al racconto dell'uomo ma trovare l'appoggio di Nami, per una volta tanto, sembrò confortarlo.

«A partire da come abbia fatto ad aggrapparsi alla nostra nave e farsi trascinare per tutto il giorno senza che ce ne accorgessimo o senza morirci malandato com'è...» disse, guardandolo dritto negli occhi «e al fatto che non abbia pensato fosse importante farcelo sapere»

La logica della ragazza gli strappo' un sorriso.

«Immagino dovremo tenere gli occhi aperti, allora» le rispose, intrecciando le mani dietro la nuca «me ne farebbe comodo uno in più»

Nami sgranò gli occhi, era forse la prima volta che lo sentiva scherzare su una cosa del genere. Su una delle sue cicatrici. Nemmeno le era mai capitata l'occasione di chiedergli come lo avesse perso il suo occhio sinistro. Nemmeno le era mai passato per l'anticamera del cervello di farlo, in effetti. Probabilmente uno dei tanti misteri che si sarebbe portato appresso per sempre.

«Considerami il tuo occhio di scorta...» gli rispose, rimettendosi in piedi, pronta a lasciarlo solo e tornare alle sue mappe, a stabilire la nuova rotta, ora che alcuni dei suoi dubbi erano stati sedati.

Zoro la seguì con lo sguardo senza augurarle la buonanotte.

 

Fu solo verso le tre del mattino che il vento parve cambiare.

Quando tutto si era fatto davvero silenzioso e tutte le luci interne della Sunny si erano spente.

Zoro si levò in piedi per ascoltarne il mormorio, per osservare l'increspatura delle onde sulla carena, lo spostamento delle vele.

Ma una sensazione di vuoto terribile ed oscuro s'impossessò di lui, quando da lontano gli parve di avvertire le note di un canto.

Serrò le mani al parapetto della coffa, scandagliando i dintorni, non meno di come aveva fatto solo poche ora prima. E fu di nuovo quel maledetto naufrago che individuò sul ponte, il busto sporto in direzione del mare.

Cantava di nuovo quella canzone come attratto da qualcosa verso l'oscuro nulla.

«Che diamine sta facendo?» bisbigliò rabbioso, improvvisamente allarmato.

«Ehi!» lo richiamò, la voce che veniva inghiottita dal vento. Combatté insensatamente con se stesso per vincere la ritrosia a spostarsi da lì. Come il suo corpo avesse deciso preventivamente di evitare quel confronto. Poi si forzò di scendere le scale con solerzia e attraversare il ponte con ampie falcate.

Afferrò il braccio dell'uomo prima che potesse arrampicarsi sul parapetto.

«Devono piacerti parecchio i tuffi in mare!» esclamò senza trovare davvero altro da dire a quella scena da manuale.

Ishmael si dimenò per un solo istante, prima di realizzare che si trovava di fronte allo spadaccino. I suoi occhi sembrarono ridestarsi dalla nebbia che li avevano offuscati solo l'istante prima.

Zoro riconobbe gli occhi di un sonnambulo. Quando era ancora un cacciatore di taglie aveva condiviso spesso una stanza per la notte con Johnny e Yosaku. Uno dei due fratelli soleva levarsi dal proprio giaciglio e camminare in circolo per la stanza, blaterando stupidaggini con quegli stessi occhi, velati dal sonno. Yosaku si assicurava di non svegliarlo mai bruscamente, di riportarlo a letto e convincerlo a tornare a dormire.

Si chiese se non avesse fatto una grande stupidaggine, svegliandolo.

Ishmael era arretrato dalla quella presa, da quel risveglio atterrito. Si guardava attorno come se non avesse la benché minima idea del perché si trovasse lì.

«È tutto a posto, Ishmael» gli parve che chiamarlo per nome fosse la soluzione migliore per tenerlo ancorato alla realtà «stavi solo sognando. Sei ancora sulla Sunny. Ricordi?»

L'uomo ansimò qualcosa a mezza bocca, prima di focalizzarlo, e di focalizzare i dintorni. Sembrò placarsi lentamente, sebbene il volto fosse ancora pallido e gli occhi infossati e persi in luoghi remoti della sua stessa mente.

«Ti riaccompagno dentro. Dovresti tornare in cabina a riposare»

«Riposare. Forse è quello che avrei dovuto fare... per sempre...» gli rispose in modo ambiguo.

«Di che diavolo stai parlando?» lo guardò dritto in volto, avvertendo di nuovo quel paralizzante, gelido terrore, al suo cospetto.

«Di qualcosa che hai visto da vicino anche tu. E che probabilmente ha visto anche l'uomo scheletro che vi portate appresso. Ve l'ho letto addosso. Come il residuo di qualcosa che vi si è insinuato dentro»

«Non riesco a seguirti.»

«Parlo della Morte, spadaccino. La Morte»

Zoro realizzò, finalmente, dove avesse già avvertito quel respiro glaciale in grado di far fremere persino le sue solide ossa.

 

Continua.

 

Note:

Ci ho messo un po' a cacciar fuori questo capitolo perché da quando ho ripreso a scrivere sono precipitata nel classico, tremendo, blocco dello scrittore. Ho scritto e cestinato queste pagine più volte di quante voglia ammettere, ma alla fine eccoci qui.

Sono sicura che qualcuno di voi avrà colto la citazione sul nome del naufrago: Ishmael o Ismaele.

«Chiamatemi Ismaele» famosissima intro dell'ancor più famoso romanzo: Moby Dick. No, la storia non c'entra nulla con balene bianche e capitani ossessionati ma mi diverto a inserire minuscole citazioni marinaresche. Così come la canzone dei Quindici Uomini. Devo citare davvero L'isola del Tesoro? Vediamo quante riesco a sgraffignarne in giro, prima di finire le risorse.

Alla prossima.

 

   
 
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