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Autore: 18Ginny18    09/01/2024    0 recensioni
[Sequel di 'Light and Darkness']
Primordiali: entità senzienti che diedero vita alla magia stessa. Nati più di duecento milioni di anni fa, camminano sulla terra solo tramite un ospite corporeo, un umano. Ginevra Andromeda Black è uno di quest’ultimi e quello che credeva fosse un parassita, in realtà, è proprio un Essere superiore di nome Entity.
Purtroppo il potere che Entity e Ginevra condividono è minacciato dal Signore Oscuro, il quale vuole impossessarsene più di ogni altra cosa. Impedirglielo non sarà un’impresa facile.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ted/Andromeda
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 11 – In trappola

  - Che cosa voglio? - Lo strano sorriso di Flitt si ampliò, diventando sgradevolmente malizioso.
 Resistere all’impulso di assestargli un calcio nelle parti basse non fu affatto facile per Ginevra, soprattutto quando lo vide chinarsi sempre di più su di lei come per baciarla.
 Era pericolosamente vicino, ma il ginocchio di lei era comunque pronto a colpire nel caso si fosse azzardato a toccarla. Sorprendentemente, però, Flitt riuscì a capire in anticipo le sue intenzioni e fu abbastanza lesto da pietrificarla prima ancora che lei potesse reagire in qualche modo.
 Era in trappola.
 Entity urlò con tutte le sue forze e provò a annullare l’incantesimo, ma ogni suo tentativo fu inutile.
 Il sorriso di Flitt divenne sempre più malizioso. - Non sai quante volte ho desiderato farlo - le sussurrò spudorato, avvicinando la bocca al suo orecchio.
 Per quanto ci provasse, Ginevra non aveva via di scampo. La paura, al solo pensiero di ciò che poteva accadere, le invase la mente.
 “Aiutami! Proviamo a liberarci”, esclamò Entity. “Non possiamo farci toccare”.
 Nonostante la sua preghiera fosse disperata, non riuscivano a combattere. Il fuoco dentro di loro era ardente, ma non riusciva a scalfire l’incantesimo.
 I Babbani lì attorno sembravano ignorarli; era quasi come se non potessero vederli. 
 Ginevra capì che il giovane Mangiamorte era stato tanto furbo da aver applicato un incantesimo di disillusione, così da rendere entrambi momentaneamente invisibili.
 Fu in quel momento, che lei maledì chiunque avesse inventato quell’incantesimo. E maledì ogni istante in cui il Mangiamorte le si strusciava addosso, con tutto il suo cuore.
 Quando Marcus inspirò ancora una volta il suo profumo e col braccio le cinse la schiena, facendo scivolare la mano fino al sedere, le vennero le lacrime agli occhi.
 Era incapace di opporsi, di reagire in alcun modo.
 Sembrava che oltre al suo corpo le si fosse pietrificato anche il respiro. 
 Non poteva parlare, né urlare, né sottrarsi. Era completamente inerme sotto il suo tocco.
 - Le regole sono semplici, bambolina - le sussurrò Flitt, minaccioso. - Voglio che tu venga con me, senza fiatare. E se solo ti azzardi a fare un passo falso uccideremo te, i tuoi amici e tutti i luridi Babbani in questo locale da quattro soldi prima ancora che tu possa battere ciglio. 
 Non era necessario guardarlo per capire che i Mangiamorte avrebbero ucciso comunque tutti gli innocenti in quel locale. Ginevra sapeva con certezza che quello era il loro piano fin dall’inizio, lo si poteva intuire dal modo in cui continuavano a lanciare occhiate ad ogni singola persona all’interno del bar e dai sorrisi spietati sui loro volti.
 Era convinta che ognuno di loro stesse escogitando il modo più divertente per massacrare tutta quella gente. Le loro intenzioni erano ben chiare.
 Così come erano chiare le intenzioni di Flitt nei suoi confronti. 
 Aveva ancora una mano sul suo fondoschiena, ma sentì le sue dita arricciare la gonna del vestito, lentamente, fino a scoprire la parte che più gli interessava toccare. 
 Un sospiro soddisfatto sfuggì dalle labbra del giovane Mangiamorte alimentando sempre di più il disgusto e l’orrore di lei.
 Ginevra avvertì un fremito dentro di sé, ardente come il fuoco, accompagnato da un ringhio sommesso. Capì che Entity provava esattamente la stessa cosa.
 “Io lo ammazzo. Li ammazzo tutti”, urlò l’Essere superiore.
 Dal modo in cui si agitava nella mente della ragazza, sembrava comportarsi come un animale in gabbia: la immaginava camminare continuamente in circolo, con gli occhi pieni di furia fissi sull’uomo davanti a loro e sulle sbarre che la dividevano da lui. Ginevra non poté fare a meno di notare che quella era la prima volta che reagiva in quella maniera e ne capì il motivo.
 Soffriva. 
 Soffriva con lei senza potersi muovere, subiva senza poter reagire. Erano una cosa sola.
 - Mi piaci da morire. Lo sai? - disse Flitt con un rantolo roco, mentre la sua mano le strizzava la natica. - E ti preferisco quando stai zitta e buona.
 Si spinse su di lei, schiacciandola completamente contro il muro, e la strinse a sé, con violenza. Fu in quel momento che Ginevra si accorse con orrore di qualcosa che si strusciava con entusiasmo contro la sua coscia.
 Voleva urlare, impedirgli di continuare a muoversi. 
 Pregò che qualcuno lo fermasse e che corresse in suo aiuto e, prima che quello sporco maniaco si azzardasse a muoversi ulteriormente, fu qualcuno dall’esterno a richiamarlo. 
 Anche se era stato un Mangiamorte a rispondere alla sua preghiera gliene fu molto grata. Inconsapevolmente, l’aveva salvata.
 Flitt brontolò il proprio disappunto. - Fine dei giochi, bambolina.
 Si scostò quel tanto che bastava per tornare a guardare Ginevra negli occhi. Aveva un orribile sguardo animalesco.
 Spostò la mano dal fondoschiena di lei e, prima di rimuovere ogni incantesimo che aveva lanciato, si apprestò a sussurrare minaccioso: - Se oserai colpire me o uno dei miei compagni, tutti i Babbani che ci stanno attorno moriranno. E ricorda: non scappare - le sorrise e aggiunse: - Spero di essere stato chiaro. Fai la brava, d’accordo? 
 Agitò la bacchetta in aria e quando pronunciò l’incantesimo Ginevra si ritrovò con il corpo molle, privo di forze. Si accasciò su sé stessa e cominciò a tremare.
 Voleva scoppiare a piangere, ma si trattenne dal farlo.
 Non lì.
 Non davanti a lui.
 Flitt la strattonò per un braccio. - Ora muoviti - le ordinò in un sussurro. La bacchetta stretta nella mano destra, premuta contro la schiena di lei. - E se pensi di scappare o colpirmi, ricordati che hai una bacchetta puntata alla schiena.
 Il modo in cui lo disse suonò molto ambiguo e Ginevra non riuscì a mascherare il disgusto e il tremore lungo tutto il corpo.
 Non voleva più sentire il tocco di quel mostro su di sé.
 Assetata di vendetta, Entity era già pronta a colpire, ma lei la fermò.
 Anche volendo, tentare di prenderlo alla sprovvista colpendolo o evocando uno degli elementi per metterlo fuori gioco non sarebbe stata una buona idea.
 C’erano troppi Babbani e i Mangiamorte che aspettavano fuori erano troppi da gestire per una persona solta. Doveva sfruttare l’elemento sorpresa.
 Insieme a Entity cominciò a pensare alle alternative, scartando ogni tipo di incantesimo o fattura che le venivano in mente. Anche senza utilizzare una bacchetta avrebbe attirato l’attenzione e non era ciò che voleva. Doveva essere discreta e doveva trovare un modo che l’aiutasse a salvare i Babbani.
 - Ehi, amico! Tu col cappuccio e il mantello! - lo richiamò un uomo dal fondo del bar.
 Quella esclamazione era troppo chiassosa per ignorarla e, dato che Flitt era l’unico in quel bar ad indossare quegli indumenti, era chiaro a chi si riferiva. 
 Arrestò il passo, obbligando così anche Ginevra a fermarsi, e si voltò verso quella voce. 
 L’uomo che aveva parlato gli aveva fatto un cenno con la mano, come per farsi riconoscere. Era un uomo anziano, con la barba incolta e un sorriso genuino. Al suo tavolo sedevano altri tre uomini, della sua stessa età. Tutti loro ridacchiavano sotto i baffi come dei ragazzini.
 Flitt li guardò uno per uno senza celare lo sdegno che provava, ma nessuno di loro sembrava non averlo notato. 
 - Non è un po’ presto per Halloween? - lo sfotté quel vecchietto scoppiando a ridere insieme ai suoi amici. 
 Flitt lo guardò e mostrò loro un sorriso crudele, ma non rispose alla loro provocazione.
 Spinse Ginevra verso l’uscita e fece esplodere il bicchiere di succo d’arancia di quell’uomo con un veloce movimento della bacchetta.
 Si udirono delle urla di sorpresa e di spavento, ma né Flitt né Ginevra si voltarono a guardare.
 Uscirono dal locale.
 Il resto dei Mangiamorte li accolse con sorrisetti strani, altri con semplici occhiate impazienti. 
 - Ci hai messo tanto, Flitt. Ma finalmente hai fatto qualcosa di utile - esclamò uno dei Mangiamorte più anziani. Il tono che aveva usato era inespressivo, privo di colore. Sembrava fosse stanco e annoiato, ma Flitt era comunque molto soddisfatto di sé stesso.
 Il Mangiamorte anziano guardò Ginevra e sbuffò.
 Non capiva perché il suo Signore avesse mobilitato un’intera squadra per rapire quella ragazzina. Quanti anni aveva? Quindici? Sedici?
 Che cosa aveva di tanto speciale? In realtà non gliene importava. 
 Sapeva solo che era la figlia di quello schifoso Babbanofilo di Sirius Black.
 Se il Signore Oscuro la voleva viva o morta non era affar suo.
 Ciò che innervosiva il vecchio Mangiamorte era che, da grande, fedele e affezionato seguace che combatteva in prima fila nelle battaglie, era stato recluso lì, a fare da balia ai nuovi accoliti, con la missione di rapire una ragazzina. 
 Che poi non era nemmeno un vero rapimento! Non dovevano toccarla, dovevano solo spingerla a seguirli senza obiezioni. L’importante era di non farle del male.
 Puah!
 Dov’erano finiti i tempi in cui rapire qualcuno significava torturare e creare scompiglio?
 Rimpiangeva i bei vecchi tempi e il brivido della battaglia.
 - Ora andiamo. Il Signore Oscuro non accetta i ritardi - disse.
 Poi uno di loro tirò fuori la bacchetta e la puntò verso il locale pieno zeppo di Babbani e nella testa di Ginevra suonò l’allarme rosso.
 “Dobbiamo agire. Adesso!”, fu l’immediato intervento di Entity. E aveva ragione. Non avevano tempo da perdere. 
 Ginevra si liberò dalla presa di Flitt e lo spinse di lato, con forza.
 Approfittando dell’assenza di pedoni su quella strada, chiamò a sé una potente folata di vento che scansò i Mangiamorte riuniti attorno a lei contro un muro, e sigillò la porta del bar applicando un incantesimo non verbale di protezione. 
 Dopodiché spostò l’attenzione verso i Mangiamorte. Sotto i loro sguardi attoniti, plasmò quel vento fino a formare una prigione attorno a loro.
 Li guardò urlare, tentare di attraversare quel vento smaterializzandosi, ma ogni loro tentativo era vano. Venivano respinti uno ad uno.
 Quel vortice d’aria non le costava tanto sforzo, ciò che la affaticava era mantenere la concentrazione sui vari incantesimi di reclusione che stava applicando man mano su di essa per impedire ai Mangiamorte di uscirne. Soprattutto a Flitt.
 Non si era accorta, però, che uno di loro era fuori da quella prigione d’aria: il più anziano. Era stato l’unico ad avere i riflessi pronti e si era schermato da quell’attacco appena in tempo.
 In un lampo si materializzò alle spalle della ragazza che, ignara, manteneva la concentrazione su quell’immensa prigione di tempesta che aveva creato.
 Il Mangiamorte esitò un solo istante prima di puntarle la bacchetta contro. Non era riuscito a nascondere lo stupore.
 Fin da quando aveva memoria non aveva mai veduto né sentito parlare di nessuno in grado di fare una magia talmente potente come quella ragazzina… forse un tempo, ma mai come il Signore Oscuro. Lui era grande, il più grande mago del mondo.
 Ma quella ragazza aveva un potere molto più forte.
 Fu in quel momento che il Mangiamorte avvertì l’essenza di quel potere. Poteva sentirlo fin dentro le ossa. 
 Guardandola, realizzò il perché il suo Signore fosse tanto interessato a quella ragazza. Lei era la Fonte.
 Era colei che avevano cercato per anni e anni, che portava il dono che ogni mago o strega bramava: il potere assoluto, la vita eterna…
 Finalmente era davanti a lui.
 Era stato forse il destino a metterla sulla sua strada?
 Poteva avere tutto ciò che desiderava… poteva diventare il mago più potente del mondo, anche più del Signore Oscuro.
 Sempre più strabiliato, guardò la giovane Black compiere quella straordinaria magia che era in continua evoluzione: la prigione costruita dal vento si stava pian piano restringendo attorno agli accoliti del Signore Oscuro e, dal modo in cui li vedeva contorcersi e stramazzare a terra, capì che l’aria stava diventando insostenibile; li stava soffocando lentamente. 
 “Magnifico”, pensò il Mangiamorte.
 Nulla poteva impedirgli di colpirla alle spalle, prenderla e sottrarle quel dono fino all’ultimo granello. Non sapeva esattamente come far suo quel potere, ma era certo che si sarebbe divertito molto a scoprirlo.
 A quel punto sarebbe stato il Signore Oscuro a strisciare ai suoi piedi e inchinarsi a lui.
 Sì, riusciva già a immaginare la scena.
 Accecato dalla brama di potere puntò la bacchetta contro la ragazza e scagliò il primo incantesimo.
 Un grido lacerò l’aria e la ragazza si piegò, in ginocchio, in preda al dolore. 
 Non poteva ucciderla: gli serviva in vita, doveva sfruttare la sua forza e risucchiare il dono dentro di lei. Morta sarebbe stata un’inutile guscio vuoto.
 Lentamente, i Mangiamorte all’interno della sfera ricominciarono a respirare. La prigione ventosa si stava dissolvendo fino a sparire del tutto. 
 Li sentì tossire, imprecare, ma non gliene importava molto. 
 Il suo unico obiettivo era la ragazza.
 - Crucio! - gridò, godendosi il suono melodioso delle sue urla. E lo ripeté ancora, ancora e ancora quando lei provò ad attaccarlo per difendersi.
 Era tenace e forte, doveva concederglielo, ma l’avrebbe spezzata facilmente. Ne era sicuro.
 Si avvicinò a lei, senza il minimo timore. La guardò contorcersi e affannarsi sui ciottoli di quella strada.
 - Tutto qui? - la schernì. - Credevo che la Fonte fosse più potente di così…
 Ginevra respirava ancora con affanno. Quell’attacco a sorpresa, oltre a provocare tanto dolore, l’aveva deconcentrata da ciò che stava facendo e, in quel momento, fu come se l’aria nei suoi polmoni fosse stata attirata dal tornado che lei stessa aveva creato e che stava sottraendo il respiro a coloro che teneva prigionieri. 
 Aveva perso il controllo. 
 “Odio ammetterlo ma… te l’avevo… detto”, ansimò Entity. “Io ho… sempre… ragione”
 “Davvero? Ti sembra… il momento… di rinfacciarmelo?”.
  Sì, Entity aveva ragione. Avrebbero dovuto rimanere a casa, continuare ad allenarsi… Ma Ginevra non lo avrebbe ammesso tanto facilmente. 
 “È sempre… il momento per rinfacciarti qualsiasi sbaglio tu faccia… tesoro”, ribatté prontamente l’Essere superiore.
 Nonostante fossero entrambe ansimanti, doloranti, confuse e quasi prive di forze, trovavano comunque le forze di mandarsi a quel paese a vicenda. Con tenerezza, ovviamente.
 Il loro rapporto era così, inutile girarci attorno. 
 Battibeccavano, ma si volevano bene. Quasi come sorelle. E si proteggevano l’un l’altra.
 “Dobbiamo sbrigarci”, la incitò Entity. “Non è ancora finita”.
 Infatti, insieme all’uomo che le aveva colpite, cominciavano ad avvicinarsi anche gli altri Mangiamorte. 
 - Perché non ci hai aiutato? - sbraitò uno dei più giovani con tono rabbioso, rivolgendosi al più anziano. 
 - Stavamo soffocando! - continuò un’altro.
 Ginevra era in mezzo a loro, separandoli con il proprio corpo. Restò in silenzio, con i palmi delle mani a terra, approfittando di quella stupida faida tra loro per riprendere le energie necessarie. 
 Nessuno le prestò attenzione. Pensavano fosse svenuta o semplicemente innocua. 
 Si sbagliavano.
 Il Mangiamorte anziano mise su un ghigno crudele e si rivolse al resto del gruppo. - Perché vi state scaldando tanto? Vi ho salvato, no?
 - Sì, ma con i tuoi porci comodi!
 Flitt si fece avanti. - Che cos’hai in mente, vecchio? - ringhiò. - Volevi lasciarci morire soffocati?
 - Al contrario di voi, io ho portato a termine il piano - disse il Mangiamorte. - Voi, stupide signorine, non avete retto nemmeno per un secondo. Mi dovete la vita! - aggiunse alla fine con crudele soddisfazione.
 Tutto stava andando meglio di come pensava.
 Quegli stupidi ragazzini erano in debito con lui e presto il Signore Oscuro si sarebbe ritrovato senza seguaci. 
 - Cosa diamine pensavi di fare? - lo accusò poi Walden Macnair, suo vecchio amico di scorribande, e l’unico adulto in quel gruppo oltre lui.
 Si conoscevano fin da quando erano ragazzini e non poteva nascondergli nulla. Era più facile che riuscisse a ingannare sé stesso, piuttosto che darla bere a Macnair.
 Incrociò lo sguardo dell’amico, poi guardò la ragazza rannicchiata ai loro piedi e qualcosa in lui scattò. Proprio come il suo vecchio amico, Macnair aveva avvertito il potere e aveva capito chi, o meglio cosa, fosse.
 Sgranò gli occhi per la sorpresa, per poi deformare il viso in un’espressione di puro disgusto. - Volevi prenderla tu, non è così?
 Il Mangiamorte sbuffò un sorriso. Per Macnair era sempre stato un libro aperto e lo detestava. 
 - Sappi che il Signore Oscuro non apprezzerà la cosa quando glielo riferiremo.
 Non vi era alcun rimorso in quelle parole. Solo una forte delusione.
 Il Mangiamorte anziano si sentì tradito. - Peccato che non accadrà mai - sibilò a denti stretti. Puntò in fretta la bacchetta contro di loro, pronto a colpire, ma Ginevra fu più veloce.
 La terra tremò con un forte boato e si aprì sotto di loro. Alcuni Mangiamorte barcollarono, due di loro piombarono nell’oscurità della voragine, urlando. L’unico punto in cui il terreno era rimasto intatto era proprio dove si trovava Ginevra.
 Quando fu di nuovo in piedi, Ginevra attirò l’acqua delle tubature sotto di sé e si schermò dagli attacchi feroci dei suoi avversari più arditi e, quando l’acqua non riusciva a proteggerla, evocava gli altri elementi.
 Il duro allenamento cominciava a dare i suoi frutti.
 Una potente ondata di fuoco investì i Mangiamorte in prima linea, che caddero uno ad uno. La maggior parte si nascosero alla sua vista, lanciandole qualche attacco da dietro un muro.
 Nella confusione di quegli incantesimi, Ginevra vide Marcus Flitt rialzarsi da terra.
 I suoi occhi bruciavano dalla rabbia. 
 Al solo guardarlo, Entity digrignò i denti. “Posso ucciderlo, ora?”
 Flitt scuoteva la testa con disappunto, pulendosi l’abito scuro dalla terra. - Oh, Black - disse con uno strano sorriso sulle labbra. - E io che ti avevo sottovalutata…
 - Non è la prima volta, mi pare - lo rimbeccò lei, ricordando quella volta in cui gli aveva rotto il naso con un pugno dopo che lui aveva insultato Fred e George.
 In quel momento voleva limitarsi al naso, voleva rompergli ogni osso del corpo.
 Prima che lui potesse aprire di nuovo bocca, lo colpì con una potente ondata di fuoco. Sentì il suo grido di dolore, ma non accennò a fermare o diminuire l’attacco. Anzi, lo colpì con più ferocia.
 Voleva far sparire il suo stupido sorrisetto… voleva dimenticare la sensazione orribile che le aveva lasciato quando si era avvicinato a lei e l’aveva toccata. Voleva distruggere ogni cosa.
 Macnair le fu alle spalle e, da bravo serpente infame, era pronto a stordirla e porre fine a quello scontro. Ma quel giorno la dea bendata sembrava non essere dalla parte dei Mangiamorte. 
 Emily Tonks gli lanciò uno schiantesimo appena in tempo. Al suo fianco c’erano anche sua nipote Nymphadora e Remus Lupin, che sbaragliarono tutti i Mangiamorte gli stavano intorno. Con loro c’era anche Alastor Moody, che non ebbe alcuna difficoltà a mettere fuori gioco ogni Mangiamorte che aveva a tiro. 
 Al solo guardarlo alcuni scapparono via.
 - La mia fama mi precede - sghignazzò l’Auror, compiaciuto, attirando a sé uno dei fuggitivi con un incantesimo. 
 Con il loro aiuto Emily era riuscita a sconfiggere i nemici in pochi minuti. L’unica che non accennava a porre fine a quella battaglia era Ginevra, che non si accorse minimamente della loro presenza finché Emily non le poggiò una mano sulla spalla. 
 - È finita - disse. - È finita
 Il suo tono di voce era dolce, pacato, come se stesse parlando a un animale impaurito.
 Quando incrociarono i loro sguardi, le fiamme che continuavano a fuoriuscire dalle dita della ragazza si ritirarono lentamente.
 Il terreno si chiuse sotto di loro. 
 Ginevra cominciò a tremare. Le si appannò la vista e il respiro divenne affannato.
 Guardò il corpo carbonizzato di Marcus Flitt disteso a pochi metri di distanza provando un gran sollievo. Poi realizzò ciò che era accaduto.
 Aveva ucciso. 
 Aveva tolto la vita a un essere umano. 
 La voce di Entity provò a tranquillizzarla, dicendole che quello non era un essere umano, ma un mostro che meritava quella fine. Ma Ginevra non era molto d’accordo. 
 Le forze cominciarono a venire meno dopodiché vi fu il buio.

Si svegliò qualche ora dopo, in un luogo che non riconosceva, in un letto che non era il suo; la stanza dove si trovava era piccola ma arredata nei minimi particolari, suscitando ordine e serenità. Sulla parete c’erano dei poster di band musicali babbane e fotografie immobili. Dalla finestra si udiva il caos della strada Babbana, con le sue automobili.
 Ginevra si tirò su e puntellò i gomiti sul materasso. Le faceva male il petto, e respirava a fatica. La testa girava e non ricordava molto di ciò che era successo. Nella sua mente vedeva solo i Mangiamorte che la seguivano e la circondavano. E poi? Cos’era successo?
 - Come ti senti? - le chiese qualcuno. 
 Una giovane donna dal sorriso gentile era seduta accanto a lei. Aveva lunghi capelli scuri e ondulati, occhi chiari e luminosi e sfoggiava una bellezza invidiabile.
 Ginevra la guardò, confusa. Non la conosceva, ma non sembrava cattiva. Si trovava stranamente a suo agio in sua compagnia.
 - Dove…? - La domanda le si spense in gola quando vide Emily accanto alla porta.
 - Sei nel mio appartamento - rispose. - Dopo quel forte terremoto, la città si è riempita di ambulanze ed è entrata nel caos. Quando ti ho trovata eri svenuta dalla paura, ma non avevi nulla di rotto. Così ho pensato che questo fosse il posto più vicino e sicuro dove tu potessi riprenderti senza dover avere a che fare con la bolgia del traffico e degli ospedali. Spero che non ti dispiaccia - aggiunse infine con un sorriso obliquo.
 Per un attimo le sue parole, o meglio le sue bugie, riuscirono a confonderla. Poi Ginevra capì e cominciò a ricordare quello che era successo.
 La terra che tremava. 
 I Mangiamorte. 
 I Babbani.
 Flitt. 
 Il fuoco. 
 Ricordava ogni cosa.
 - Ci sono dei feriti? - domandò Ginevra con groppo alla gola, temendo la risposta.
 Emily scosse la testa. - Stanno tutti bene, ma la polizia e gli ospedali hanno comunque dato l’allarme.
 - Grazie al cielo, oserei dire - sospirò la donna seduta vicino a lei. - In tutta la mia vita non avevo mai sentito un terremoto così forte. È stato spaventoso. Tremo ancora - disse poi mostrando le mani che tremavano leggermente.
 Emily la guardò di sottecchi, mal celando un certo disagio. Poi rivolse nuovamente lo sguardo verso la nipote, come a farle capire che avrebbero parlato in un secondo momento, da sole.
 Ginevra annuì e guardò la donna seduta al suo fianco.
 Aveva capito subito che si trattava di una Babbana e che era meglio non coinvolgerla nel loro mondo. Quindi si limitò a tenere per sé tutte le immagini che le frullavano nella mente, con i pensieri e le sensazioni orribili e tutto il resto.
 Decise di indossare una maschera, fingendo che andasse tutto bene e che l’aver ucciso un essere umano non l’avesse toccata minimamente. Avrebbe mostrato il lato migliore di sé stessa, per poi lasciarsi andare una volta rimasta sola nella sua camera.
 Persino Entity rimase in silenzio. Forse fingeva anche lei o forse era talmente sfinita da tutto quello che era successo che si era ritagliata uno spazio tutto per sé e riposare.
 “Andrà tutto bene”, si disse. “Sorridi e tutto andrà bene”.
 Sospirò, trattenne le lacrime e sorrise alla zia Emily.
 Anche la donna al suo fianco si voltò a guardarla. - Per fortuna adesso è tutto apposto - disse, sorridendo.
 Emily abbassò lo sguardo immediatamente, con aria colpevole. - Vado a preparare un tè - disse per poi dileguarsi in fretta.
 Sembrava volesse stare il più lontana possibile da quella donna, ma Ginevra ne ignorava la ragione.
 - Da quando è tornata è un po’ strana - disse la donna, pensierosa, continuando a guardare il punto in cui prima vi era Emily. Poi scrollò le spalle e si imbronciò. - Be’, d’altronde è sempre un po’ strana. Ma è per questo che le voglio bene. Tutti i migliori sono un po’ matti o strani, no? 
 Ridacchiò, ma senza allegria.
 Ginevra la guardò e vide che c’era qualcosa nel suo sguardo, un’ombra. Era come se stesse cercando di ricordare qualcosa di importante senza però riuscirci.
 - Tu sei Claire, vero? - domandò, decisa a distrarla dai suoi pensieri. In realtà quello era anche un modo per distrarre sé stessa, ma aiutare qualcun’altro l’aiutava a non pensarci troppo.
 La donna annuì e sorrise, riacquistando un po’ di entusiasmo. - È bello conoscerti, finalmente! - disse. - Emily mi ha parlato così tanto di te che mi sembra quasi di conoscerti già!
 - Spero che ti abbia detto solo cose belle - disse Ginevra con una risatina. 
 - Oh, lei ha solo parole di lode su di te. 
 Chiacchierarono per un po’, scoprendo di avere molte cose in comune come la passione per Jon Bon Jovi e per i cani. Claire era un tipo molto esuberante e lo dimostrò anche quando accese lo stereo e si scatenò cantando a squarciagola Livin’ On A Prayer. Era una delle canzoni preferite di Ginevra e riusciva sempre a darle la carica… ma non in quel momento.
 Si sforzò di imitare Claire, per nascondere il caos dentro di sé, senza riuscirci del tutto.
 Non riusciva più a ricordare quando fosse stata l’ultima volta che aveva ascoltato una canzone del suo musicista Babbano preferito e si era lasciata andare in un ballo scatenato come stava facendo Claire in quel momento. In realtà non ricordava di aver ascoltato alcun tipo di musica negli ultimi mesi.
 Per il suo ultimo compleanno, George le aveva regalato i biglietti per il concerto di Bon Jovi che previsto per la fine di ottobre, ma non ci sarebbero mai andati. Purtroppo, lasciarsi andare e divertirsi era diventato un lusso che non potevano più permettersi con la stessa spensieratezza di un tempo, quindi avevano deciso di rivendere i biglietti.
 Ciononostante continuava a ripetersi che era la scelta migliore, ignorando il rammarico per quell’opportunità perduta. 
 Era un peccato rinunciare a quel concerto, soprattutto se pensava a quanto aveva speso George per avere quei biglietti, ma dopo tutto quello che stava accadendo sapeva che era meglio rinunciarvi.
 “Ci saranno altre occasioni”, aveva detto a George quando avevano venduto i biglietti a una coppia di Babbani.
 Sospirò, chiedendosi se un giorno ci sarebbero state altre occasioni in cui potersi godere ogni istante e vivere senza il timore di essere attaccati dai Mangiamorte e affrontare una guerra.


ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti! 
Questo capitolo è stato abbastanza difficile da (ri)scrivere perché, come vi ho già detto nel capitolo precedente, ho avuto problemi con il computer e ho perso cinque capitoli che avevo già scritto ma che (nella mia stupidità) non avevo salvato né su Wattpad né in una chiavetta USB. Di conseguenza sto riscrivendo tutti i capitoli che ho perso.
Non ricordo proprio tutto quello che ho scritto in quei capitoli, ma ci sto provando. Quindi vi chiedo scusa già in anticipo se ci saranno volte in cui non pubblicherò con la stessa assiduità di prima.
Ho iniziato il nuovo anno col botto, eh?😅 (o meglio il mio computer ha fatto il botto. RIP computer😢).
Comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a seguire la storia. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate con un commento qui sotto. Accetto anche critiche, purché siano sempre scritte con rispetto ed educazione. 
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qui e che continuano a sopportarmi. Rallegrate le mie giornate.
Vi mando un bacio e vi do appuntamento al prossimo capitolo (che spero di pubblicare giorno 16).
 Incrociamo le dita🤞​🤞​
18Ginny18
  
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