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Autore: Evali    12/01/2024    0 recensioni
Dopo ogni morte, vi è una rinascita.
Non tutti rinascono subito, alcuni
impiegano mesi o anni, altri secoli, mentre altri ancora sembrano destinati a
non rinascere più.
In base al nostro comportamento nella vita precedente, il Fato onnipotente ci
assegna un luogo e un nome nella prossima vita, i quali potrebbero essere gli
stessi della scorsa, oppure no. Possiamo ricordare la o le vite precedenti,
oppure restarne ignari. Così sembriamo totalmente diversi da quelli che
eravamo prima, oppure uguali. Vincent Van Gogh ha avuto quattro vite
differenti dopo la prima che lo ha reso famoso. Durante la seconda era un
generale che combatteva nella Prima Guerra Mondiale, nella terza un
mercenario, la quarta l’ha trascorsa a suonare e a cantare per le strade del
Congo, mentre nella quinta è morto da bambino a causa di un’aggressione in
casa. In nessuna di queste ricordava la precedente. William Shakespeare
invece, ha condotto quasi la stessa vita dopo ogni rinascita. Molti dicono che
non ne avesse dimenticata neanche una.
Che senso avrebbe la vita se la morte fosse la fine?
Che significato avrebbero le nostre azioni, la nostra anima, se fosse destinata
ad una sola vita?
Riesci ad immaginare un mondo senza rinascita?
Genere: Angst, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Deus ex machina
 

- Sai, non sono riuscita a vedere la tua storia, ma l’ho percepita. Ho sentito che c’è stato qualcosa, nascosto in profondità. C’è ancora. Anche se i tuoi ricordi mi sono celati, ho sentito un magone dilaniante alla bocca dello stomaco non appena li ho percepiti. Ho sentito tanto, tanto male – disse Bianca all’improvviso, rientrando nel vagone adibito alla musica.
- Ancora non vuoi arrenderti, mezz’anima – rispose Layt seduto dinnanzi al pianoforte.
- Credevo che non riuscissi a leggere niente in te perché, dopo duecento anni passati qui, avessi dimenticato i pochi anni che hai trascorso in vita. Invece non è quello … - continuò avvicinandosi.
- Quello che hai percepito potrebbe essere solo una mia illusione.
- No, non posso crederci – disse decisa, guardando i suoi occhi, sperando di riuscire a capire se stesse mentendo.
Ma quello sguardo flemmatico non lasciava trapelare nulla. Il ragazzo le accennò un sorriso provocatorio. – Non puoi esserne certa. Rassegnati, mezz’anima. Non puoi avere le risposte a tutto. Alcune persone non sono fatte per essere lette dentro. Alcune persone sono solo immagini.
- Non ci credo e non voglio crederci. Devi aver avuto un passato che ricordi, tutti lo abbiamo e io voglio …
- Tu cosa vuoi? – la interruppe alzandosi in piedi, sovrastandola e intimorendola. - Tu vuoi sapere tanto e vuoi conoscere tutto.
- Trascorriamo questi giorni, mesi e anni di morte nella tua realtà, forgiata a tua immagine e somiglianza. Tu pretendi di riuscire a nasconderti e di passare inosservato, ma questo posto sa di musica e sa di Alaska. È tuo, Layt, in tutto e per tutto. La sua complessità deriva da te e spinge ad avvicinarsi a te per sapere, per conoscere – si bloccò, sorpresa di aver osato tanto, rimanendo ferma sotto gli occhi del giovane guardiano, capaci di sviscerarla e impossibili da sostenere per più di un minuto.
Distolse lo sguardo, sentendosi improvvisamente troppo esposta e fragile, approfittandone per cambiare discorso. – Perché prima mi hai detto che ci avrebbe atteso qualcos’altro dopo la mia punizione per ciò che ho fatto?
Trascorsero altri minuti di silenzio prima che lui le rispondesse. – Molti anni fa, diverse anime del mio treno si sedevano davanti a questo pianoforte e suonavano per me tutte le melodie composte da me, le canzoni scritte di mia mano – disse sfiorando i tasti bianchi e neri.
- Dove sono ora? Sono rinate tutte quante?
- Sono svanite nel nulla. Morte per sempre – affermò con naturalezza Layt, riposando lo sguardo su Bianca, la quale impietrì.
- Tutte quante …? E quante erano?
- Non giungono molte anime nel mio treno dato che, come ben sai, è raro riuscire a sovvertire il destino che il Fato ha tessuto per noi. Ma, in duecento anni, ne sono giunte una quantità consistente. Più della metà di loro sono svanite nel nulla. Il numero preciso non è rilevante – affermò con la solita calma. – Sai, è davvero strano vedere una persona svanire nel nulla dinnanzi a te. All’inizio non te ne rendi subito conto poiché succede così velocemente, da non farti prendere coscienza di cosa sia appena accaduto. Vedi la sua immagine lì davanti a te, vivida e concreta, poi, un quarto di secondo dopo, non c’è più. Dell’immagine non è rimasta neanche l’ombra. Nessun passaggio intermedio, niente di niente. Solo il vuoto, proprio come i ricordi che se ne vanno. Non come quando rinascono, in cui le vedi dissolversi piano piano come un sogno.
Bianca inghiottì a vuoto. – Come hanno fatto a sparire nel nulla …? Hanno violato la loro pena …?
- Non è stata la loro pena a farli svanire nel vuoto, ma la mia.
- Che cosa intendi dire?
- Il Fato ha diviso i tipi di pene in due categorie: quelle che recano danno a se stessi, e quelle che recano danno agli altri. La mia appartiene alla seconda categoria. Ho violato la mia pena dinnanzi a loro e loro sono svaniti nel nulla in eterno. È successo tante di quelle volte all’inizio, quando non sapevo controllarmi, che non me le ricordo più.
- Perché mi stai dicendo questo? – chiese indietreggiando istintivamente.
- Perché a breve succederà qualcosa che merita una spiegazione. Almeno la tua insaziabile curiosità merita una spiegazione.
- Non la meritano anche gli altri?
Layt storse il naso. - All’inizio perdevo tempo nel fornirla. Ora, non vi faccio più caso.
- Layt, dimmi di cosa stai parlando.
- Poniti delle domande, mezz’anima, e datti da sola delle risposte. Sei troppo intelligente per non riuscire a farlo.
- Aspetta un momento … il Fato ti sta tenendo prigioniero qui come guardiano, ma perché lo sta facendo? Dunque, voi guardiani avete incontrato il Fato? Lo avete visto in faccia? Perché sembra una presenza così assente da quando sono approdata qui?
- Brava, sei sulla buona strada.
- Tu hai milioni di motivi per avercela con Lui per quello che ti ha fatto e che ti sta facendo … per questo mi hai raccontato di tutte le morti permanenti che hai provocato per sbaglio a causa della pena che Lui ha scelto per te. Lui non ti ha mai lasciato andare, ti vuole qui.
- Mi “vuole” qui?  - chiese Layt, ponendo l’accento su una parola che fece salire un tremendo moto di realizzazione a Bianca.
- Ti “voleva” qui …? Ora non può più volerlo? Tu lo hai … lo hai ucciso?
- Ci hai messo meno di quanto sperassi, mezz’anima - si congratulò applaudendo.
- Layt, tu hai ucciso il Fato? Lo hai fatto davvero?
- Non ero completamente solo in questo. Cento anni fa ho dato inizio ad una ribellione, convincendo gli altri guardiani a farne parte. Non credevo che delle semplici anime fossero capaci di uccidere il padrone di tutto. Non è stato facile, ma neanche così difficile: ho usato contro di Lui la stessa arma che mi aveva fornito di sua volontà. Gli altri guardiani mi hanno aiutato ad intrappolarlo, mi sono chiuso in una stanza con Lui e ho violato la mia pena. Più e più volte. Non riuscivo mai ad ucciderlo completamente, ma dopo aver insistito un bel po’, lo stesso potere della pena che Lui aveva scelto per me, l’ha annientato. Lo abbiamo sepolto in un luogo lontano da qui e a volte faccio visita alla sua tomba. Dopo avermi tenuto cento anni qui senza mai darmi la possibilità di rinascere, come un prigioniero, e caricandomi anche dell’enorme fardello di avermi scelto come guardiano dopo soli dieci anni di permanenza, quando già una tipologia di pena come la mia non faceva altro che macchiarmi e macchiarmi sempre più, ho preso la mia decisione e ho agito. Gli altri guardiani non avevano i miei stessi motivi, ma tutti quanti, alla fine, sono stati attratti dall’idea di decidere completamente da soli le regole del proprio treno, il proprio successore, le pene per le anime che approdavano nel loro treno, ma, soprattutto, i destini di ogni anima di cui desideravano tracciare la strada. Nessuno si tirerebbe mai indietro da un tale istinto di potenza. Nessuno riuscirebbe a resistervi. Neppure io. Sarei ipocrita se dicessi che ho fatto tutto per disperazione, per rabbia e per vendetta. Se fosse stato così, avrei deciso autonomamente di rinascere appena terminata la ribellione e ucciso il Fato. Invece sono rimasto altri cento anni qui, facendo il dio insieme agli altri guardiani, vestendo questo ruolo e questi panni ancora, ancorandomeli addosso come una seconda pelle. Ora non voglio più rinascere. La vita umana è così lontana da quello che sono, che quasi mi schifa. Perciò, se ti sei mai chiesta in vita tua, se fosse possibile per noi vivere senza il Fato, la risposta è sì: ci siamo riusciti noi semplici anime mortali da cento anni a questa parte, tessendo i vostri destini a nostro piacimento, decidendo le vostre pene e cosa farcene di voi, regnando sul mondo terreno e ultraterreno.
Dopo aver assimilato tutte quelle informazioni, Bianca non riuscì più a ragionare concretamente. Gli porse la prima domanda che le venne in mente. - Perché ti ha fatto questo? Lo hai mai saputo?
- Gli ho chiesto come mai mi volesse a tutti i costi trattenere qui, mentre provavo ad ucciderlo, soli in quella stanza. Mi rispose che lo avevo stregato, la mia anima lo aveva catturato fin da subito.
- E tu? Che cosa gli hai risposto?
- Che non amava me, ma i miei mostri. Stava confondendo le due cose.
- Perciò, quando mi hai portata nel treno dei suicidi, quello governato da Eleonore, lei …
- Non era traumatizzata dai ricordi della sua vita, ma si sentiva terribilmente in colpa per ciò che abbiamo fatto cento anni fa. Si sente in colpa da allora. Abbiamo dovuto fingere dinnanzi a te.
- Perché non confessate tutto alle anime del vostro treno fin da subito?
- Per cosa? Per avere seccature continue? Per sentirvi lamentarvi e uscire di senno? Per quale motivo dovremmo? – disse, continuando a non lasciar trasparire nulla.
- Quindi le pene degli altri …
- … le ho decise io, sì – continuò la frase lui.
- Hai deciso tutto tu, controlli tutto. Non solo scrivi i destini, ma anche quando far rinascere un’anima. Questo vuol dire che … - un altro lampo di timore invase il viso della ragazza. – Ciò che ci attendeva, il motivo per il quale mi stai dicendo questo … che cosa hai in mente? Hai già tessuto anche i nostri destini nella prossima vita??
- Sì.
- E hai stabilito anche quando rinasceremo??
- Anche, ma mi ci è voluto un po’ di più per quello, per un motivo che capirai a breve. Tu sei l’unica sulla quale non ho un tale potere dato che non sei ancora morta e, di conseguenza, non sei una passeggera effettiva del mio treno.
- Hai anche fatto dimenticare a Barth le sue ultime due vite … è tutta tua la colpa!
- Quando avrai finito di sbigottirti e di manifestare il tuo stupore, seguimi, mezz’anima. Il momento è giunto - le disse dirigendosi fuori dal vagone e prendendo a camminare.
 
Non appena giunsero nel vagone di Barth, Layt si fermò. – Tu va’ pure avanti, Bianca. Chiama gli altri e dì loro di venire qui: deve essere presente anche Barth – le disse, e lei, ancora sconvolta, obbedì, lasciando Barth confuso, mentre guardava il guardiano in cerca di spiegazioni.
Quando tutti gli interessati entrarono nel vagone di Barth, fu Vik la prima a prendere la parola. – Che sta succedendo? Layt, perché ci hai riuniti qui?
- Vik … - la richiamò Bianca. – Ragazzi, vi voglio bene - disse loro la ragazza, avendo un brutto presentimento a scavarle dentro.
- Bianca, perché dici questo? Che succede? – le chiese Osmond.
- Qualcuno vuole spiegarci qualcosa?
- Layt è il Fato, ragazzi. Ha ucciso il Fato e sta ricoprendo il suo ruolo da cento anni – sputò fuori Bianca, di colpo, lasciando tutti allibiti.
- No, non ci credo … non è possibile – sussurrò André, ma gli sguardi seri di Bianca e di Layt non lasciavano spazio a dubbi.
- Layt, che diavolo?! Parla sul serio?? – si scagliò contro di lui Vik, con il suo solito impeto. – Sono più di sessant’anni che sono qui e tu non ti sei mai degnato di dirmi niente? Dopo tutto quello che è successo …! – gli urlò addolorata, alzando d’istinto il braccio per colpirlo, ma venendo subito bloccata dal giovane, il quale le afferrò il polso stretto prima che lo colpisse.
- Per quale motivo avrei dovuto informarvi? Lo sapete ora. Basta e avanza per quello che ho in serbo per voi – le disse truce, per poi oltrepassarla e avvicinarsi anche agli altri. – Stavolta ho programmato tutto a regola d’arte, perciò non vedo l’ora di iniziare – disse con un sorriso che intimorì tutti.
- Iniziare cosa …? – chiese Jaya.
- Non sono sempre io a tessere il destino delle anime che voglio. Spesso mi diverto a fare un gioco che si rivela sublime tutte le volte – iniziò facendo apparire sulle mani di Bianca una cartella colma di fogli.
Vik si affacciò e sbiancò quando vi lesse stampato sopra un nome: “Aleksander Nyström”.
- Che accidenti significa?! – gridò andando completamente in escandescenza. – Perché c’è il nome di mio fratello scritto lì sopra?? Layt, rispondimi!!
Bianca aprì la cartella con le mani tremanti, e vi trovò dentro un blocco di fogli con dei campi compilati. Nel primo che comparve ai suoi occhi, lesse informazioni fisiche come altezza attuale, peso attuale, colore di occhi, di capelli, eccetera, mentre sul secondo che sfogliò, vi lesse informazioni comportamentali come inclinazioni caratteriali e molto altro. – Che significa …? – chiese Bianca guardando prima Layt, per poi osservare la sua amica in preda alla rabbia più cieca.
- È come una sorta di codice genetico di ogni anima. Ognuno di voi ne possiede uno. Quello appartiene all’anima di Aleksander, il fratello di Viktoriya. Sfoglia altre pagine fino a quando non ne troverai una bianca – le ordinò Layt. Bianca obbedì mentre Vik doveva essere tenuta calma da André, nel frattempo, troppo agitata e innervosita dalla situazione.
- Layt, se non mi dici ora che diavolo ci dovrebbe fare Bianca con tutte le informazioni che riguardano mio fratello, io ti giuro che …
- Ora scrivi il destino che avrà nella sua prossima vita – proseguì Layt, interrompendo Vik ed esortando Bianca.
- Che cosa …? Non starai dicendo sul serio … - sussurrò Bianca, con la penna nella mano tremante.
- Ognuno di voi sceglierà il destino che nella prossima vita avrà la persona più cara ad un altro di voi, divenendo ognuno il Fato dell’altro.
- Cosa c’è che ti diverte tanto in tutto questo, stronzo sadico? Siamo tutti amici, quindi è ovvio che ognuno di noi sceglierà il meglio per la persona cara dell’altro – gli disse André.
Layt gli sorrise. – L’ho fatto fare molte altre volte, ad altre anime prima di voi, e ti assicuro che, nonostante l’amicizia che vi lega, vi azzannerete comunque l’un l’altro facendo diventare questo vagone il palco di una tragedia greca.
- Tu sei pazzo … sei pazzo! – urlò Vik, la quale si lasciò cadere su una sedia del vagone cercando di calmare i tremori. – Bianca, attenta a quello che scriverai – disse in tono intimorente alla mezz’anima.
- Sarete divisi a coppie: Bianca scriverà il destino della persona più cara a Viktoriya e viceversa. Le altre coppie sono André/Jaya e Osmond/Bartholomew. I destini che scriverete saranno applicati alla prossima vita che le anime in questione vivranno, sia che attualmente siano vivi o nei treni. Come ben sapete, non potrete influire consapevolmente sul destino scelto per i vostri cari una volta in vita, dato che non ricorderete nulla del treno e di tutto ciò che vi è accaduto dentro – disse Layt facendo comparire le cartelle nelle mani di ognuno di loro.
Vik si ritrovò tra le mani la cartella con su scritto “Melanie Annjoy”; André quella che portava il nome di “Amelia Alieti”, nonché il nome originario di Chameli; Jaya quella con il nome “Daniel Durand”; Osmond possedeva la cartella denominata “Braeden Hussain” e Barth quella chiamata “Christien Visser”, ossia il vero nome di Crystal.
- Se ti stai chiedendo come mai io abbia scelto il tuo primo e unico amore, invece che Audrey, se guardi dentro di te, André, capirai il perché e comprenderai che occupa un posto più grande nel tuo cuore, persino di lei. Lo stesso è quello che dico a te, Osmond: comprenderai il motivo per il quale io abbia optato per Crystal, al posto di Raoul – disse Layt prima ad uno poi all’altro. - La scelta tra i B.E. sarebbe stata molto difficile, Barth, ma, quando sei stato qui l’ultima volta, ho scelto Ellis, perciò ora è il turno di Braeden - continuò voltandosi verso Barth.
- Mi hai già sottoposto a questo prima …?
- Sì, ovvio.
A ciò, condannati, tutti quanti cominciarono a scrivere, credendo di star scegliendo il meglio per il destino della persona cara del loro amico, in base anche alla storia che conoscevano della persona con la quale erano stati accoppiati.
Impiegarono più di un’ora a finire di scrivere tutti, ma quando avvenne, Layt parlò di nuovo. – Ora lasciate leggere a colui o colei con cui siete accoppiati, il destino che avete scritto per la sua persona cara.
Le anime obbedirono e, inizialmente, i loro sguardi furono sollevati. Poi, ad una seconda lettura, cominciando a ragionare, iniziarono a storcere il naso. - Germania? Rinascerà a Berlino?  È questo il destino che hai scelto per Aleks?? – chiese Vik a Bianca, già visibilmente alterata.
- È un paese pacifico, Vik. Non avrà mai più gli stessi problemi che ha avuto quando eravate in Russia. Avrà una vita splendida.
- A Berlino ha vissuto nostra madre, per un periodo della sua vita. Tu credi che sia così, ma non è affatto la città pacifica che ti figuri. Lo hai condannato di nuovo!  - disse Vik mettendosi le mani tra i capelli.
- Vik, io non … - cominciò Bianca, ma si bloccò, ripensando a ciò che aveva letto poco prima, scritto dalla russa sulla cartella di Melanie. – Aspetta un momento. Potevi farla rinascere negli Stati Uniti almeno … dove siamo cresciute, dato che non abbiamo vissuto una vita come la tua. Il luogo andava bene. Perché diavolo hai deciso di far rinascere mia sorella in Giappone??
- Che cosa significa “Avrà in giovinezza una vita movimentata, mentre in maturità troverà finalmente la sua pace”?  - chiese Jaya innervosita, ad Andrè.
- Mi stai rimproverando questo, quando tu hai scritto sulla cartella di Daniel che vivrà nell’ombra, nascondendo la sua omosessualità, per metà della sua vita??
- Braeden un leader politico?? Impazzirà! Il mio ragazzo sente il richiamo della guerra giusta, della ribellione alle convenzioni sociali! Lui combatte contro i leader politici!
- E tu?? Tu che cosa hai scritto di Crystal?? L’hai condannata a rimanere sola, senza una famiglia, solamente per una carriera come scalatrice professionista??
Si alzò il caos, le urla, gli insulti e le parole che mai avrebbero dovuto essere dette.
Layt li osservò azzannarsi, fin quando non ne ebbe abbastanza e ritirò tutte le cartelle con la forza del pensiero, facendo placare tutti e pronunciando le parole che avrebbero fatto da firma al contratto, suggellando il tutto:
- “I nomi originari delle persone delle quali è stato scelto il destino nella prossima vita dal momento della loro prossima rinascita, sono: Aleksander Nyström, Melanie Annjoy, Amelia Alieti, Daniel Durand, Braeden Hussain e Christien Visser. Mai niente e nessuno potrà cancellare il destino scelto dai Fati che io, guardiano di questo treno, ho incaricato. A meno che  … ” – si bloccò guardandoli e sorridendo loro prima di continuare la frase. – “… a meno che i soggetti in questione appena nominati, non siano in grado di sovvertire autonomamente il proprio destino, giungendo, di conseguenza, in questo treno, dopo la morte.” – concluse solennemente chiudendo le braccia e facendo svanire le cartelle dalla loro vista.
Dopo di che, si voltò verso Jaya. – Avevi ragione, Jaya. Hai svelato il segreto che il Fato, millenni fa, ha nascosto molto accuratamente, e che, nonostante la sua morte, vale ancora. Non potevo permetterti di continuare a custodirlo. Tuttavia, hai dimenticato un piccolo enigma da decifrare, ancor più celato delle informazioni principali di ogni anima.
La ragazza lo osservò con sguardo interrogativo.
- L’ultima informazione, quella che ti sei dimenticata di leggere, quella che non hai notato, è la firma. La firma della mano che ha scritto quei dati, quella che ha tessuto quel destino. Finché era il Fato a farlo, era un’informazione irrilevante, ma, dato che ora è morto, appariranno altre firme in quel codice. Insieme ai dati principali delle anime delle quali avete scritto il destino, compariranno le vostre firme – affermò guardando prima la ragazzina indiana, poi tutti gli altri. – Ora è il momento di andare – concluse.
- Cosa??
- Che vuoi dire?
Ma le cinque anime non fecero in tempo a chiedere spiegazioni, che, con un altro banale movimento del braccio, Layt li fece dissolvere lentamente dalla loro vista.
Bianca rimase a fissare gli spazi in cui prima si trovavano i suoi amici, per un tempo che sembrò infinito.
Ricordandosi le parole che poco prima aveva pronunciato Layt, tirò un sospiro di sollievo. – Le hai fatte rinascere, vero? Non le hai fatte sparire nel nulla.
- Noto che ricordi le mie descrizioni dei modi di dissolvenza diversi – le rispose lui dandole conferma.
- Sei stato comunque infimo e crudele.
- Non ricordo più un tempo in cui non lo sono stato.
- Perché io sono ancora qui?
- Te l’ho detto: non sei morta. Non posso farti rinascere. Hai ancora una possibilità di continuare a vivere, Bianca.
- Allora perché hai fatto tutto questo ora, per poi farli rinascere? Io non … - ma le parole della fanciulla le morirono in bocca non appena percepì le sue membra strane: era come se un formicolio fastidioso la stesse invadendo completamente e paralizzando.
A ciò, Layt sorrise. – Ho avuto un’altra mezz’anima nel mio treno in passato. Quando voi mezz’anime ritornate nel mondo dei vivi, vi “risvegliate” dal lungo sonno del coma, è diverso sia da quando un’anima morta rinasce, sia da quando svanisce nel nulla. Quando vi risvegliate, impiegate molto, molto più tempo prima di dissolvervi. Voi avete l’opportunità di salutare chi vi sta vicino, perché sapete ciò che vi sta accadendo, un’opportunità invidiata da chi rinasce o da chi svanisce.
- Sto … mi sto risvegliando dal coma …? – sussurrò Bianca deglutendo a vuoto, sentendo quella destabilizzante sensazione aumentare.  – Quindi a me hai concesso un saluto che a loro hai tolto. Altra crudeltà.
Layt accennò un altro sorriso.
- Dunque … - continuò la ragazza. - Avevi programmato tutto nei minimi dettagli, anche i tempi: avendo l’opportunità di visitare il mondo dei vivi come spettatore invisibile, sei andato nell’ospedale che mi tiene in cura, e hai visto che le mie condizioni stavano migliorando. Così, calcolando i tempi, hai deciso di fare questo gioco e di far rinascere loro subito dopo, in modo che non avessero il tempo di vedermi risvegliarmi e di soffrire. Nel vedermi andarmene. Hai davvero programmato tutto a regola d’arte – realizzò Bianca sorridendo malinconicamente.
- Ammetti che così è stato molto più cinematograficamente drammatico. Ho fatto un ottimo lavoro.
- Lo hai fatto solo per questo? Oppure di mezzo c’è anche una punta di compassione rimasta annidata in profondità dentro di te?
- A volte viene fuori, fastidioso, quel briciolo di compassione che non riconosco. Esce raramente e ogni volta che succede provo a scacciarlo, ma, poi prende il sopravvento e svanisce di nuovo.
- Non ti mancheranno nemmeno un po’ tutti loro? Hai vissuto con loro per anni.
Il ragazzo alzò un sopracciglio in risposta, divertito.
- Layt … - lo richiamò Bianca allarmata, come se il guardiano non fosse di fronte a lei.
- Sono qui.
- Layt, non sento più il mio corpo … mi sento male … - disse con la voce tremante.
A ciò, egli le porse le braccia. – Stringile. Aggrapparti a qualcosa ti aiuterà temporaneamente a non sentire che ti stai dissolvendo.
Lei obbedì e constatò che avesse ragione. Strinse le mani sui suoi polsi come se da ciò dipendesse la sua vita, dandosi un sostegno fermo per farle sentire di essere ancora lì nel treno, con lui. – Questa sensazione … è terribile.
- Lo so, è normale che tu ti senta così.
Vi fu una breve pausa, poi Layt riprese la parola. – Sai, mezz’anima, saresti stata la più adatta per venire scelta da me, per divenire il mio successore e portare il fardello e il potere provvidenziale che derivano dal ruolo di guardiano di questo treno; se solo io avessi voluto rinascere e non fossi oramai cristallizzato in questa esistenza che mi sono scelto.
Bianca sorrise a quelle parole, fin quando una fitta maggiore di insensibilità del proprio corpo la colpì, facendola aggrappare ancora più forte agli avambracci del ragazzo.
Strinse gli occhi, cercando di non pensarci. - Non voglio dimenticare, Layt. Non voglio dimenticare niente. Non voglio dimenticare te, non voglio dimenticare gli altri, non voglio dimenticare il treno. Non sono disposta a rinunciare a tutto questo.
- Dicono tutti così, mezz’anima. Ma vedrai che non te ne accorgerai neanche, non appena sarai sveglia. Sei pronta per risvegliarti?
- No - affermò netta, riaprendo gli occhi per guardarlo. - Non posso andarmene senza sapere cosa ti è successo. Voglio conoscere la tua storia, la tua vita prima del treno.
- Non c’era niente prima del treno.
- Dimmi solo una cosa della tua vita. Una sola e sarò pronta.
- Anche se te la dicessi, non la ricorderesti più tra pochi secondi.
- Non mi importa. La saprei ora, ed è questo l’importante.
Layt sorrise divertito, mentre Bianca aveva iniziato a non percepire più davvero nulla, come se la sua testa fosse sospesa nel vuoto e le sue dita che stringevano i polsi del ragazzo fino a sbiancarsi, fossero solamente un leggero solletico.
- Non lasciarmi - gli ordinò impaurita.
- Ti sto tenendo stretta.
- Se non vuoi raccontarmi niente, allora, almeno, lasciami un ricordo, qualcosa, qualsiasi cosa che appartenga al treno, a tutto ciò che ho vissuto, e che mi rimarrà quando sarò sveglia. In tal modo, anche se non lo ricorderò, lo saprò.
- Quando un’anima rinasce o, come nel tuo caso, si risveglia, e non ricorda più nulla del treno, solitamente rimane un rimasuglio ben nascosto nell’inconscio. Nessuno lo vede, nessuno lo sente o lo percepisce, ma lui è fermo lì e continua ad esistere. Quando sono io a scegliere il destino delle anime, mi piace giocare con quel rimasuglio, sfruttarlo: ti ho lasciato già qualcosa quando ti risveglierai: il tuo istinto lo saprà non appena lo vedrai, ma la tua razionalità no – la rassicurò. – Ora sei pronta?
- No. Non voglio lasciarti solo qui dentro.
- Non sono solo.
- Non mi sento più. Non ti sento più, Layt …
- Non preoccuparti, va tutto bene.
Bianca sorrise nervosamente stringendolo ancora. – Sai, se fossi morta e rimasta qui, ti avrei convinto a fare di me il tuo successore. Non mi sarebbe importato di dover portare un tale fardello perché … perché avrei avuto la consapevolezza di averlo tolto a te. Me ne sarei fatta carico con piacere, sapendo di averlo rimosso dalle spalle di un’anima che merita di non averlo e di essere libera da tutto quanto.
Per la prima volta, Bianca notò gli occhi chiari e freddi del giovane guardiano aprirsi di più in segno di sorpresa, la sua espressione farsi positivamente perplessa. Dopo di che, Layt sorrise. – Ora è giunto il momento che tu torni a vivere da dove la tua vita si è interrotta.
Bianca si sentì invadere dal nulla totale, come se stesse divenendo nebbia trasportata dal vento, incapace di percepire qualsiasi cosa. Spaventata ai limiti dell’umano, si sporse ad abbracciarlo stritolandolo per sentirsi ancorata alla realtà, a lui.
- Sei pronta?
- No.
- Perché no?
- Perché non ti sento più.
Improvvisamente, la stessa luce bianchissima che l’aveva invasa appena arrivata in treno, tornò ad accecarla.
- Come ti senti, Bianca?
- Leggera.
- Bene. Ora apri gli occhi.
Aprì gli occhi e si ritrovò in un letto d’ospedale, con un’infinità di tubi attaccati addosso. Voltò lievemente la testa sentendola vuota ed estremamente dolorante, così come tutto il corpo. L’ultima immagine che compariva nei suoi ricordi era quella della sua migliore amica che le urlava di tenersi stretta, poco prima che l’auto si capovolgesse.
Quando riuscì a ruotare la testa di qualche grado in più, notò Melanie addormentata sulla sedia accanto al letto. Sorrise nel guardare la bava che scendeva dallo splendido volto di sua sorella, la sua roccia. - Mel … - sussurrò con la voce gracchiante. - Mel … - riprovò, cercando di alzare la mano per accarezzarle la testa appoggiata al bordo del letto.
Quando Mel aprì gli occhi, giurò di non aver mai visto niente di più luminoso in vita sua. Le luci dei palchi che aveva solcato non erano paragonabili a quello sguardo. – Oh mio dio!! Oh mio dio!! – esclamò sua sorella cominciando a piangere accorata e buttandosi addosso a lei. Udendo quei pianti, entrarono nella stanza anche sua madre, la sua migliore amica con delle lievi e nuove cicatrici in faccia, e altri conoscenti che le erano stati accanto durante tutti i mesi di coma, quando la speranza, stava via via quasi scemando. Invece eccola lì, viva, vegeta e più forte di prima. Un corpicino così piccolo e all’apparenza esile per quanto delicato, in realtà fatto di alluminio. Dopo diverse ore in cui aveva fatto in tempo a riabbracciare tutti i suoi cari, a fare tutti i controlli necessari e a venire a conoscenza del fatto che i suoi amici presenti in auto al momento dell’incidente avessero riportato delle ferite guaribili (eccetto il guidatore, un ragazzo che conosceva poco e che aveva perso la vita sul colpo), andò a prendere qualcosa da bere al distributore dell’ospedale in compagnia di Melanie e di sua madre.
Passando per i reparti, Bianca si fermò davanti ad una vetrata, dalla quale si intravedevano decine di piccole culle piene di neonati. Una stretta allo stomaco colpì sua madre, la quale fu subito individuata dalla ragazza. - Mamma, va tutto bene - la tranquillizzò. - Non ci penso più ormai - la rassicurò, conoscendo già i sensi di colpa della donna nel ricordare ciò che lei si era fatta quasi tre anni prima.
La vista di quei neonati che sarebbero potuti essere suoi nipoti, le aveva risvegliato quella sensazione che la attanagliava riguardo tutti gli errori compiuti con sua figlia.
- Carini, eh? Questo ospedale è anche un ospedale di rinascita, sai? – le disse Melanie, mentre la guardava osservare i neonati con uno sguardo bizzarro.
- Ah, quindi non sono quelli del reparto gravidanze?
- No, quelli del reparto gravidanze sono al piano di sotto, baby B. Questi sono solo quelli rinati qui da poco e non ancora adottati.
Nel far vagare lo sguardo tra tutti quei bambini rinati e che si erano appena affacciati alla loro seconda, terza, oppure alla decima o alla undicesima vita, per quanto ne sapeva lei, i suoi occhi si posarono su una neonata dai capelli color platino, che spiccava su tutti, sia per il pianto più violento, che per l’argentata capigliatura. – Quella bambina … - sussurrò come se la conoscesse e non ne comprendesse il motivo.
- La piccola belva con i capelli biondissimi? Come sai che è una femmina? – le chiese Melanie.
- Non lo so, in realtà. Ma sento che è una femmina … non so come - sussurrò ancora, guardandola, poco prima che persino un nome comparisse da qualche parte nella sua memoria: “Viktoriya”. - La voglio adottare - affermò all’improvviso, lasciando sua madre e sua sorella allibite. - Voglio adottare quella bambina.
Ti ho lasciato già qualcosa quando ti risveglierai: il tuo istinto lo saprà non appena lo vedrai, ma la tua razionalità no.
 
 
   
 
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