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Autore: Tsuki 96    20/02/2024    0 recensioni
Buongiorno, o buona sera, l'importante è che stiate bene. Sicuramente meglio di me.
Mi presento: mi chiamo Lubaba, ho 25 anni, vivo a Trieste, e stavo facendomi gli affaracci miei e proseguendo con la mia normalissima vita finché uno squilibrato non mi ha maledetta! E ora sono costretta a viaggiare tra diverse dimensioni, rischiando la vita... e la sofferenza del mio povero cuore! Riuscirò ad annullare la maledizione e, soprattutto, a non innamorarmi a destra e manca!?
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Spoiler!
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Non fu come affondare in acqua.

Era sì un fluido, freddo e cupo, forse anche umido, ma non avevo la sensazione che mi stesse bagnando man mano che sprofondavo in questa massa di materia ignota. A tratti, mi pareva che del velluto stesse scivolando sul mio corpo; non capivo se avessi gli occhi aperti o chiusi, certamente non potevo vedere granché, se non sporadicamente qualche improvviso chiarore.

Non udivo alcun suono. E, rispetto all’abbraccio gelido e tenebroso che mi trascinava sempre più in basso (o più in alto? Non era possibile definire la direzione di questo movimento), era proprio l’apparente assenza di rumori, melodie o voci a provocare una sensazione di sconforto e angoscia nel profondo.

Forse... Forse era simile alla sensazione di quando si sogna di precipitare, con la differenza che non era possibile destarsi: cadendo nel mondo onirico, si è soliti svegliarsi di soprassalto; invece, in questa situazione non stava accadendo, anzi; non ero spaventata.

C’era una sensazione di scoraggiamento, ansia, neanche troppo intensa, ma non avevo paura. Paradossalmente, sentivo che doveva essere così, e che non ci fosse bisogno di evitare quella caduta.

Non passò molto tempo prima che sentissi il corpo intorpidito, e lo spostamento arrestarsi; pian piano, percepii la presenza di un piano rigido sotto il mio corpo, freddo, come se fossi stata sdraiata sulle piastrelle di un pavimento.

Una luce intensa premeva sulle mie palpebre, esortandomi ad aprire gli occhi e farmi accecare, come quando ci si sveglia la mattina nel letto e la luce che entra dalla finestra ti cade proprio in faccia.

            Strizzai gli occhi ancora chiusi prima di aprirli un poco; subito le richiusi e girai la testa dall’altra parte, mugugnando qualcosa d’incomprensibile dopo aver scambiato l’appassionato sguardo d’amore con i raggi del sole. Se fossi stata comodamente sdraiata nel mio letto, mi sarei rimboccata le coperte e avrei continuato a crogiolarmi per qualche minuto prima di alzarmi definitivamente; tuttavia, non ero certamente nel mio letto, né tantomeno in qualsiasi stanza della mia casa. Né di qualsiasi altro edificio familiare.

Prima che potessi pensare di essere stata rapita, ricordai. E furono i ricordi a farmi alzare di schiena, sbarrando gli occhi sull’ambiente che mi circondava.

Voltai lo sguardo a destra e a sinistra, battendo le palpebre e schiudendo le labbra in una smorfia che avrebbe dovuto esprimere un misto di incredulità e smarrimento, ma probabilmente sembravo piuttosto istupidita.

            La stanza in cui mi trovavo sembrava piuttosto moderna, avrei osato dire anche leggermente futuristica: il soffitto era molto alto, le pareti un grigio freddo, il divano e la poltrona avevano forme semplici e riscontravo diverse apparecchiature elettroniche dall’aspetto sofisticato, tra cui un televisore a schermo piatto…? No, non era uno schermo. Era un foglio di vetro??? Sembra sottilissimo, un pannello di vetro molto ampio dove riuscivo a intravedere delle figure in movimento, come se vi fosse stato proiettato qualcosa. Tuttavia, non vedevo in giro alcun proiettore; alzandomi e spostandomi lentamente intorno, osservai con curiosità una pallina di metallo sospesa in aria tra due oggetti cilindrici, che continuava a salire e scendere lentamente, senza fili o altro che potessero causarne il movimento: forse si trattava di qualche meccanismo magnetico?

Trattenni un rumoroso sospiro di frustrazione nell’esplorare quello che sembrava il salotto di un appartamento costoso; mi avvicinai con cautela alla finestra, per spostarmi subito colta da un capogiro nel verificare visivamente che mi trovavo a chissà quale piano di un altissimo edificio. Intorno, altri grattacieli e alti edifici facevano a gara a chi toccava il cielo per primo, un cielo che pian piano si stava colorando di arancio e incupendosi, per cui dedussi che fosse tardo pomeriggio; scorsi delle schermate e degli ologrammi, e mi chiesi in quale dimensione futuristica mi trovassi.

In verità, ipotizzavo di trovarmi in Giappone, in quanto riuscivo a riconoscere le scritte che individuavo qua e là tra gli edifici; inoltre, come osservai su alcuni mobili e un paio di giornali lasciati sul tavolino nero di fronte al divano, c’era questo logo “KC” che continuava a lampeggiare tra un ologramma e l’altro.

            Più di ogni altra cosa, la domanda più importante era “nella casa di chi mi trovo?”. Come caspita avrei affrontato il proprietario o la proprietaria di questo appartamento? “Hey, sì, scusi l’intrusione, sono stata maledetta da un tipo e da quel che ho capito viaggerò in varie dimensioni ed eccomi qua”, ma chi mi avrebbe dato retta? A meno che non avesse avuto a disposizione un’affidabilissima macchina della verità, o un siero della verità, non mi avrebbe creduta.

Finalmente, un movimento proveniente dal corridoio mi fece sobbalzare e girare verso la persona che si stava avvicinando; con il cuore in gola focalizzai lo sguardo verso la figura che rallentò il passo nell’intravedere un intruso nel suo salotto. Aveva un aspetto vagamente familiare, tuttavia non ebbi il tempo di soffermarmi su questo dettaglio in quanto puntò subito il dito verso di me con aggressiva severità, com’era giusto che fosse, dopotutto.

- Chi sei e chi ti ha fatto entrare qui?!

Battei le palpebre e rimasi a bocca aperta; stava parlando in giapponese. Per curiosa ironia della sorte, avevo studiato giapponese in quel poco tempo libero che avevo mentre studiavo al liceo e all’università, ed ero abbastanza fluente da poter sostenere un discorso che non fosse incentrato su temi specifici (economia, ambiti scientifici, politica, …).

Deglutii nervosamente e balbettai qualcosa d’incomprensibile, prima di riuscire a rispondere; quanto mi batteva il cuore!

- Non penso che mi crederai, ma non sono sicura nemmeno io di come sia arrivata qui.

Come immaginavo, il viso del giovane uomo che avevo di fronte a circa tre metri di distanza si rabbuiò; vidi la sua mano premere qualcosa sul taschino della sua lunga giacca e alquanto svolazzante: mi ricordava i vestiti di qualche personaggio…? Mhhh…?!

            - Aspetta! Dove mi trovo?! – aggiunsi.

L’estraneo (no, ero io l’estranea) assottigliò gli occhi sulla mia figura e incrociò le braccia.

            - Questo è il mio edificio, e ti trovi al piano del mio appartamento. Non osare utilizzare la scusa della perdita di memoria, potresti aggravare la tua situazione già di per sé critica, avendo violato la mia proprietà privata.

Strinsi le dita tra loro e scossi la testa.

            - L’appartamento di chi? Chi sei tu?

La mia ulteriore domanda lo destabilizzò e mi sentii rimpicciolire nel vederlo arrossare di rabbia e indignazione; forse l’avevo ferito un po’ nell’orgoglio, oltre ad aver invaso (involontariamente) la sua privacy…

            - Ridicolo! O sei una ladra poco intelligente, o sei scappata da qualche istituto psichiatrico! In ogni caso dovresti esserti resa conto di essere entrata in una proprietà della Kaiba Corporation…

Mentre sbraitava, i miei occhi si spalancarono e cercai di trattenermi dal fare lo stesso con la bocca, per darmi un po’ di contegno; tuttavia, l’impresa non andò a buon fine, perché la mia espressione grottescamente sorpresa lo fece infuriare possibilmente di più.

            - K-Kaiba…?! Ma quindi tu sei…!!

Seto Kaiba versione adulta?! Aveva i lineamenti ancora più duri e affilati di quanto non si potesse dedurre dal tratto del disegno che lo rappresentava nell’anime; sembrava un poco più robusto e muscoloso, ma ricordavo che nell’ultimo film1 dove era comparso la maglia attillata avesse già suggerito l’idea che facesse palestra. I freddi occhi blu mi fissavano con un’austerità e maturità che sicuramente non potevano appartenere a un adolescente o un giovane di circa vent’anni; dedussi che avesse intorno ai trent’anni. La capigliatura castano chiaro non era tanto diversa dall’originale, scorsi solo delle ciocche più lunghe sul retro del collo che cadevano sul davanti, appoggiando all’altezza delle clavicole.

La ragazzina che ero stata e che aveva conosciuto il personaggio sarebbe arrossita e rimasta ammaliata; io, con i venticinque anni che pesavano come settanta sulla schiena, aveva ben altro a cui pensare in quel momento.

Sapere con esattezza chi fosse fu paradossalmente la mia salvezza da quella scomoda situazione.

            - Kaiba Seto – confermò con un ghigno arrogante, per poi assumere di nuovo un’espressione severa e adirata, - Sembra che ora ti sia ritornata la memoria, quindi farai meglio a spiegare il motivo della tua intrusione in casa mia, signorina, sono a un passo dal chiamare la sicurezza.

            - Kaiba-san – non ero sicura al cento per cento che fosse l’onorifico corretto da usare, ma sicuramente meglio di niente, – Sono sicura che siano installate delle camere di sicurezza? Se vede come sono arrivata, sicuramente non dubiterà della mia esitazione a spiegare tutto…

Abbozzai un sorriso nel vederlo corrugare la fronte alle mie parole; la sua mano si alzò, ma invece di posarsi sul taschino della giacca, premette qualcosa un qualche pulsante di un dispositivo che portava sull’orecchio destro, e lo sentii richiedere di trasmettere al televisore la registrazione della telecamera del salotto. In parte temevo che non ci sarebbe stato alcun elemento in grado di salvarmi, dall’altra ero curiosa anch’io di vedere com’ero arrivata. Mi ero materializzata dal nulla? Ero emersa dal pavimento? Ero caduta sul pavimento? Mi aveva portato una qualche creatura misteriosa? Il mio sguardo era incollato sulla lastra di vetro le cui immagini divennero più nitide e definite, e la scena cambiò sull’inquadratura del salotto in cui ci trovavamo, con la differenza che non c’era nessuno. In un angolo della schermata lessi la presumibile data di quel giorno e l’orario: la registrazione partiva dalle ore 12 e, da come potevo riscontrare dal colore del cielo, eravamo a pomeriggio inoltrato, come già precedentemente accennato.

Udii Kaiba dare l’ordine di velocizzare il video della registrazione ottenuta: osservammo lo schermo finché non sgranammo entrambi gli occhi nel vedere un qualcosa di nebbioso formarsi in corrispondenza del pavimento dove mi ero ritrovata; la sostanza divenne lattiginosa, opaca e piuttosto ampia, finché non scomparve rarefacendosi e… ecco lì sullo schermo.

Il dispositivo di Kaiba sembrò andare in tilt da tanto le voci dei suoi dipendenti cominciarono a strepitare nel suo orecchio, increduli e agitati; infastidito dal fracasso, afferrò il dispositivo e lo lanciò sul tavolino, riportando la mano alla testa per massaggiarsi prima le tempie e poi pizzicarsi il dorso del naso con un’espressione indecifrabile, anche se ero certa non esprimesse qualcosa di positivo.

            I suoi occhi gelidi si spostarono su di me e mi esaminarono più attentamente.

            - Ti ha mandato Ishtar Ishizu?

Rimasi sorpresa dalla domanda e confusa, a primo impatto; poi capii. Aveva probabilmente pensato che potessi provenire dall’Egitto, visto che indossavo il velo; scossi la testa.

            - No. Non… Non sono proprio di questo mondo – dissi, all’inizio con più determinazione, poi la mia voce si ridusse a un filo incerto, io stessa non riuscivo ancora a capacitarmi della situazione.

Kaiba sollevò un sopracciglio. Un sopracciglio? Sapevo che aveva due sopracciglia sotto quella lunga frangia!! Forse la teneva ancora così lunga per coprire una fronte spaziosa? Scossi la testa per scacciare quei pensieri.

            - Come vedi sono arrivata qui in modo… sovrannaturale.

            - Ridicolo! C’è una spiegazione scientifica a tutto – ribatté Kaiba.

Abbozzai un sorriso; non potevo aspettarmi nient’altro di meno da colui che era riuscito a sviluppare una tecnologia per viaggiare tramite chissà quale varco spazio-temporale e raggiungere l’Oltretomba per incontrare Atem e sfidarlo2

1-2Riferimento al film del 2016 Yu-Gi-Oh!: The Dark Side of Dimensions.



Rieccomi con il primo capitolo, dopo più di un mese, mi sembra, di assenza. Ma ehi, non credevo nemmeno che sarei riuscita a scrivere altro...! Spero di continuare così.
Piccola nota sui tempi verbali: non so cosa mi sia passato per la testa: avevo intenzione di scrivere il racconto al presente, ma alla fine mi sono limitata a tenere al presente l'introduzione; sono troppo affezionata al passato remoto.
Come vi sembra che stia andando la narrazione? Per quanto riguarda Lubaba, la protagonista, temo che ancora non si riesca a inquadrare bene il personaggio, ma pian piano la conoscerete e spero vi farà sorridere con i suoi assurdi pensieri.
E Kaiba? Spero di essere riuscita a rendere la sua personalità; sono passati due anni da quando ho ripreso tutto l'anime di Yu-Gi-Oh, ma comunque la mia memoria non è sempre efficiente (infatti ho comunque dovuto fare delle ricerche per cercare di scrivere qualcosa di abbastanza coerente con l'anime), perciò ritrarre il personaggio di Seto Kaiba è stato alquanto complicato.
Ultima nota e poi non vi tedio più: i due personaggi stanno parlando in giapponese. Non sono una fan dell'usare diversi font, né tantomento di utilizzare il corsivo per distinguere dialoghi in altre lingue. Cercherò il più possibile di fare affidamento alla narrazione da parte della protagonista per chiarire in che lingua sono i dialoghi (dettaglio su cui sto ancora rimuginando parecchio perché non sono sicura di come fare quando Lubaba arriverà nella dimensione di Final Fantasy VII: che lingua parlano? Giapponese? Inglese? Una lingua del tutto diversa?! Boh).

Alla prossima!

  
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