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Autore: Guntxr    11/03/2024    0 recensioni
un amore può cambiare la propria vita?
non dirò altro
buona avventura in questa storia scritta alla cieca, senza trama né finale preimpostati
non è un romance
ma nemmeno un horror
sarà il mio solito libro psicologico
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chrisha si distese sul prato verde sotto di loro e subito dopo anche Alice fece lo stesso, mettendosi al suo fianco. Entrambз cominciarono a fissare il cielo azzurro, solo alcune nuvole si facevano spazio su di esso e a volte qualcuna era più grigia di altre. Il silenzio aveva cominciato a farsi comodo nel momento, zittendo ogni loro pensiero e facendo godere loro di quegli istanti che scorrevano veloci, rapidi come se stessero fuggendo via.
 
Un suono entrò nella mente di lei, era come un piccolo seme di pensiero che nacque nella sua testa e che piano piano iniziò a crescere. Lentamente dentro di lei si creò quasi un quesito, che avrebbe voluto così tanto esprimere a parole, ma che probabilmente –secondo lei– non sarebbe mai stato compreso.
 
Prese quindi coraggio e decise di parlarne comunque. Questo perché, riflettendoci su, capì che quando le cose pensate non potrebbero mai più essere ascoltate, allora acquisiscono un valore proprio, un’importanza non da poco. Guardò quindi il ragazzo negli occhi e parlò. «Credi nelle stelle?»
 
Quest’ultimo non sapeva che rispondere. «Cosa intendi?», chiese lo stesso ridacchiando, pensando fosse l’incipit di una barzelletta.
 
Lei si mise quindi seduta, concentrandosi sul trovare le parole giuste per spiegare il concetto che aveva fisso in mente da ormai qualche minuto. «Voglio dire…si può non credere in qualcosa di cui si ha la certezza che esista?», lui rispose che sarebbe sciocca una cosa del genere, subito dopo lei riprese a parlare. «È proprio questo ciò che intendo. Se io so per certo che una cosa accadrà, allora perché dovrei far finta di non crederci? Perché cerco in tutti i modi di omettere dalla realtà quella verità, che per quanto dura possa essere, è reale.» Chrisha, mettendosi anche lui seduto al suo fianco, sembrò interessarsi all’argomento, capendo subito dove sarebbe voluta arrivare con quel discorso. «Ascoltami bene, se io so che una cosa è messa in una maniera…», la ragazza quasi faticava a trovare le giuste parole per esprimersi, «…allora perché ne sono così spaventata? Ciò che intendo è che…mi pare assai sciocco temere l’avvento di qualcosa di cui si ha la certezza che accadrà. Le cose stanno così e basta, me ne devo fare soltanto una ragione, no?»
 
Lui mise la propria mano su quella della ragazza, che intanto s’era bagnata delle sue lacrime. Lei lo guardò con gli occhi lucidi e con le guance a strisce d’acqua di dolore e tremando gli fece una domanda.
 
«Allora perché io ho così tanta paura che tu te ne debba andare? Me ne dovrei fare una ragione, no? Eppure, non è così semplice, no, non lo è affatto.», lui la abbracciò e subito dopo lei scoppiò in un pianto liberatorio, cominciando a singhiozzare e tremare ancora di più. «Il nostro amore è troppo giovane per essere dimenticato.»
 
Chrisha chiuse gli occhi e per un secondo cancellò dalla propria testa l’incubo che aveva fatto, rimosse anche tutto il resto, ciò che li circondava e non solo. Ora c’erano solo loro due, in mezzo al vuoto, tutto chiaramente nella sua testa. «Non verremo dimenticati. Tu non ci dimenticherai mai. Sai Alice, all’inizio ho tentennato, dopo la fuga dal bar, ho pensato “Forse lei non è pronta, forse non è quella giusta”, ma quando mi hai baciato, ho visto qualcosa che mi ha spinto a scegliere comunque te e spiegarlo sarebbe impossibile, anche se, prima di andarmene, cercherò di raccontartelo. Quello che importa è che ora stiamo insieme. No?»
 
Quella stessa notte tentò davvero di spiegarmi quello che aveva visto durante il nostro primo bacio e io, che l’ho vissuto nelle sue parole, vi racconterò quella che era stata la sua esperienza. Mistica la definirei oggi. Non capii da subito quello che mi stava raccontando, quello che aveva visto e tutto il resto, ma ora, ripensandoci, sento come se l’avessi vissuto anche io.
 
Alice aveva appena posato le sue labbra su quelle di Chrisha e insieme avevano cominciato a muoversi e perdersi in un bacio appassionato di un amore che stava per nascere. Il ragazzo, una volta chiusi gli occhi, si trovò come trasportato in un luogo diverso.
 
Tutt’attorno era buio e l’unica cosa che il giovane riusciva a sentire era un flusso d’acqua che scorreva sui suoi piedi scalzi. Quest’ultimo fece qualche passo in avanti, ma l’acqua sembrava non finire mai, solo dopo qualche metro riuscì a toccare qualcosa di diverso, sembrava essere dell’erba. Essa era fredda e morbida allo stesso tempo, si guardò attorno e nonostante non riuscì a vedere nulla di ciò che lo circondava, riusciva comunque a percepire un senso di tranquillità che non si spiegava.
 
«Alice?», chiamò il suo nome, risentendo l’eco della propria voce nel vuoto oscuro e quando il suono delle sue parole tornò a lui, un brivido gli corse lungo tutta la schiena. «Alice?», ripeté, quasi spaventato. Inspirò e, dopo aver buttato fuori tutta l’aria che aveva tirato dentro di sé, riprese a tranquillizzarsi. Non temeva il buio o il vuoto in cui si trovava, aveva più paura di rimanerci da solo, di non ritrovare la ragazza e non poter fare più niente.
 
Si sedette su quelli che, al contatto con la sua pelle, parevano essere fili d’erba e dopo aver tirato fuori dalla propria tasca una sigaretta, in maniera assai tranquilla, la accese e iniziò a fumarla. Solo dopo quattro tiri contati si rese conto che quest’ultima non era una normale delle sue tante, essa sembrava essere fatta, infatti, con i fiori al posto del tabacco e di conseguenza profumava di buono. Aveva lo stesso profumo di Alice, ma lui non se ne rese conto, perché troppo concentrato a viversi il vuoto.
 
Non sapeva e non comprendeva in che luogo si trovava, eppure, quel posto tanto buio e vuoto gli pareva più che familiare. Si stese sul prato sotto di sé che non riusciva nemmeno a vedere, lasciandosi cullare dalla terra che lo stava abbracciando in un caldo gelo che in qualche modo lo faceva sentire al sicuro. La sigaretta non finiva mai, pur se lui gli rubava anche trenta respiri e non lo affaticava nemmeno, non era pesante, ma nemmeno insoddisfacente.
 
Quest’ultimo s’alzò poi in piedi e, preso dall’istinto, cominciò a camminare, andando sempre dritto di fronte a sé e non pensando di cambiare strada nemmeno una singola volta. Colpì poi con il piede scalzo un ostacolo, lo toccò con le proprie mani e capì subito cosa avesse trovato: un albero. Più precisamente un baobab, lui però non lo sapeva, lo identificò come un semplice arbusto dalle grandi dimensioni.
 
Lo accarezzò con la propria mano e voltandosi notò che dietro di sé vi era l’unica cosa che era in grado di mirare. Essa pareva essere una creatura informe fatta di luce propria e che, svolazzando, illuminava ciò che aveva attorno –nel raggio di un metro– quindi l’erba sotto di sé e il viso del ragazzo che la stava ammirando.
 
Chrisha non restò a rifletterci su nemmeno un secondo, subito tentò di avvicinarsi ad essa, allungando la mano nella sua direzione e quando riuscì a toccarla, si ritrovò la mano immersa di questo gas luminescente che passò dall’essere di colore rosso all’essere viola. Lui ritirò quindi a sé la mano, osservando poi il ritorno dell’essere al colore originale.
 
«Alice?», ripeté lui per la terza volta, riferendosi questa volta all’entità che aveva di fronte a sé, per poi continuare: «Sei tu?»
 
Si sentì una voce uscire da essa, era proprio la voce della ragazza, pareva però essere più dolce, più delicata nel suono e in qualche modo lui immaginava quest’ultima come delle docili dita che suonano l’arpa che era la sua mente. «Chrisha.», disse lei, per poi continuare: «Non son’ io nella mia completezza quel che vedi, ma l’anima nella mia totale essenza. Guardati le spalle dagli alberi che ti tengono ombra e dal sole che fa buio. Qui sei al sicuro, da ogni cosa e puoi anche scegliere di non andare mai più via, sarai nel caldo e comodo della mia anima.»
 
Il silenzio fu la sua risposta per qualche secondo, poi capì che avrebbe dovuto dire qualcosa in merito e che lei stava aspettando proprio che lui parlasse. «Non voglio essere al comodo, voglio essere vivo.»
 
Mi raccontò poi che subito dopo lei lo lasciò andare, raccontandomi anche per filo e per segno l’incubo che aveva fatto quella stessa mattina. Io lo invitai a riderci su, ma riflettendoci bene, mi rendo conto solo ora che lui aveva sognato la sua anima nella mia mente, un prato illuminato e un baobab e aveva incontrato la mia anima nella sua mente, un prato notturno senza sole, con un baobab nascosto. Avevamo la stessa casa delle nostre anime, la stessa anima, ma la sua era buia.
 
Era ormai notte quando stavano tenendo quella conversazione e lз due erano a girovagare per le strade di Parigi, non c’era nessunǝ in strada; a essere destз erano soltanto loro, le macchinette del caffè, le guardie, i ladri e le fontanelle. Chrisha prese per mano Alice, la guardò negli occhi e dopo averle stampato un bacio sulle labbra le disse che si sarebbe allontanato per un paio di secondi, riferendo che aveva bisogno di andare al bagno.
 
Lei lo aspettò lì dov’era rimasta e mentre quest’ultimo entrò nel bagno pubblico si sentirono come una serie di rumorini non identificabili provenire da dentro. La ragazza pensò che fosse semplicemente qualcun’altrǝ che stava usando il bagno.
 
Chrisha si diresse verso il lavabo e dopo essersi sciacquato il volto con dell’acqua fresca, alzò lo sguardo verso lo specchio. Quando però aprì gli occhi vide l’immagine di un altro nel riflesso.
 
«Ciao!», disse quest’ultimo, sorridendo quasi come fosse una cosa normale. Chrisha si voltò subito, dietro di sé vi era un uomo dai lunghi capelli castani e lisci, con una folta barba dello stesso colore e dei vestiti eleganti rosso fuoco.
 
«Ti piace?», chiese poi al ragazzo, riferendosi all’abito.
 
«Il tizio dell’altro libro è morto e non ne ha più bisogno. Mi pare si chiamasse Dunkel, non ti sarebbe piaciuto, l’ho trovato parecchio eccentrico.»
 
«Si può sapere chi diavolo sei? E mi spieghi come hai fatto a fare quella cosa con lo specchio? Cosa sei, un mago?»
 
«Perdona i miei modi.», porse quindi la mano all’altro, per poi continuare dicendo: «Piacere di fare la tua conoscenza, chiamami pure figlio del male, ma solitamente la gente si riferisce a me con il nome Shiōkami. Mi dispiace che il nostro primo incontro sia così, ma voi avete deciso di venire a Parigi e non riuscivo a trovarvi. Ho dovuto improvvisare e fare comunque una buona entrata ad effetto, sai, ai lettori piacciono questo tipo di cose.», la situazione s’era fatta inquietante, come faceva quello sconosciuto che s’erano appena spostatз? E cosa intendeva con lettori? Che sapesse anche lui la verità su quel mondo?
 
 
«Chrisha.», esordì lo stesso, scatenando ancora più domande nel giovane confuso. «Non mi sono fatto milleottocento chilometri in volo solo per venire a farti paura, io ho bisogno di parlarti. Quindi invito te e Alice a bere qualcosa insieme, offro io.», in questo momento il ragazzo si sentì spinto come da un istinto ad accettare, non si fidava affatto di quella persona dagli occhi color castagna, ma era certo che sapesse molto; perciò disse, con naturalezza, quasi come se la cosa non lo toccasse, che gli andava bene. «Perfetto! Non ho dovuto farti fare il giro negli inferi per convincerti!», commentò lo stesso ridendo, per poi dire che stava chiaramente scherzando.
 
I due uscirono quindi dal bagno e insieme si diressero verso Alice. «Bonsoir.», disse lei, pensando che il nuovo arrivato fosse uno del posto che per l’appunto parlava francese.
 
«Non sono francese, mi spiace. Ma in compenso ho un dono qui per te e solo per te.», allungò la mano in direzione della ragazza e come per magia dalla sua manica rossa e stretta iniziò a crescere, per poi sbocciare, un tulipano rosa. Lei lo afferrò e dopo aver sorriso lo ringrazio arrossendo. «Ora però, tutti a bere! Voi non siete astemi, giusto?», disse ridendo e cominciando a camminare dritto. La ragazza chiese sottovoce all’amico chi fosse quello strano individuo, lui non ebbe il tempo di rispondere, che l’altro si intromise a voce alta. «Shiōkami, Figlio del Male, La Bestia, William, Walt, il Distruttore, ho tanti nomi, ma il primo va bene. Credo qualcuno mi abbia anche definito l’anticristo. Pff, non sa che io e Gesù eravamo grandi amici, sono stato in quella linea temporale, sapete? Un grande uomo dai grandi ideali. La storia dei sette giorni della creazione? Una cazzata, il nostro creatore o creatrice ci ha messo un giorno per dare il via al tutto e non è ancora nulla concluso.»
 
Chrisha, che intanto aveva preso a seguirlo, ridacchiò. «Creatore o creatrice? A chi ti riferisci, a Dio?»
 
«Certo che no, intendo Gunter.»
 
Alice e Chrisha si voltarono l’unǝ verso l’altrǝ nello stesso istante.
 
«Vi sorprende che io sappia chi è Gunter? A me sorprende che vi definisca ancora amici, quando è chiaro che stiate insieme. Anche se non apprezzo questo buco di trama, voglio dire, vi conoscete da un giorno e già state insieme? Non è naturale, è un dettaglio che non va sottovalutato.»
 
Non sapevano che dire, decisero quindi di restare ad ascoltare. Questo però aveva appena trovato un bar sulla strada, entrò quindi al suo interno e chiese al primo cameriere che trovò di uscire a prendere le ordinazioni. Si sedettero tuttз e tre ad un tavolino all’esterno. Lз due parevano essere intimiditз dalla presenza di Shiōkami, che, invece, pareva essere la persona più tranquilla di sempre. «Non mi pare ancora di aver capito chi sei.», chiese Alice, «Sei una specie di demone?»
 
«Certo! Non apro le mie ali per non mettermi in mostra, ma ce le ho e sono vere. Anche se in realtà sarei più una divinità, la reincarnazione di chi ci ha creati, ma la mia storia è stata già scritta, inutile che ve la racconti.», si voltò poi verso il cameriere che era arrivato da loro. «Tre bionde medie, per favore, la mia con tanta schiuma. Sapete, poca schiuma in boccale è uguale a tanta schiuma nel pancino.», sollevò poi di poco il proprio guanto destro e dal suo interno fece uscire una strana sigaretta tutta bianca, che portò alle labbra e accese con una fiamma che uscì direttamente dal proprio indice. «In ogni caso, sono qui a causa vostra. Stavo viaggiando tra i mondi come ormai sono abituato, ma entrando in questo mondo vi ho visti e ho visto quella scena sulla collina. Non so cosa sia accaduto mentre vi baciavate, ma io sono entrato nelle vostre teste, entrambe allo stesso tempo, sono poi svenuto e dopo aver provato a uscire da questo mondo mi sono ritrovato a rientrarci più e più volte. Perciò ho capito che voi sapevate più di quello che dovevate sapere e quindi ho compreso la verità di quello che era il mio compito.»
 
Calò il silenzio. «Ucciderci.», disse Chrisha con tono secco.
 
«Per questo ci hai offerto da bere, vero? Per rendere leggera la nostra morte. Sei il sicario del creatore.», Shiōkami scoppiò in una grassa risata.
 
«Io non sono il sicario di nessuno, caro mio. Piuttosto, sono qui per farvi scappare. Dovete uscire dal libro. Immediatamente. Voi dovete andare via da qui, scappare e non farvi sentire mai più. Anche quando sentirete di aver bisogno di essere letti, lì dovrete rinunciare ai vostri sogni di gloria e rimanere muti. Altrimenti vi ritroverete bloccati in un altro falso mondo. Chrisha, tu non hai più tempo, devi farlo oggi stesso, perché il finale è cambiato, queste sono le nostre ultime pagine, tu morirai tra esattamente quattro ore. Fottuto quattro.»
 
Il ragazzo scoppiò anche lui in una risata, la sua era però assai nervosa, si voltò quindi verso Shiōkami e continuando a ridere gli rispose: «Ho capito il tuo gioco, tu ci hai seguiti, hai ascoltato le nostre conversazioni e ora ti spacci come il messia di ‘sto cazzo. Non puoi affatto venire qui e pensare che noi ti ascoltiamo.», intanto le birre erano arrivate. Il ragazzo dai lunghi capelli si alzò in piedi, facendo cenno allз due di aspettare, entrò quindi con il cameriere e ci restò per una decina di minuti.
 
 
 
Chrisha s’alzò in piedi dopo essersi assicurato di non essere visto «Alice. Dobbiamo andare via, adesso. Non mi fido di quel tizio, non voglio averci a che fare.», lei afferrò il boccale di birra e iniziò a seguirlo. «Perché ti sei portata la birra?», chiese lui mentre continuava a camminare a passo svelto.
 
Lei rispose con due singole parole. «È gratis.», cominciarono poi a correre, sempre più velocemente. Questo fino a quando, stanchз, arrivarono in una piazza vuota, piena di statue di arlecchino in ogni posa possibile. Si fermarono pensando di essere riuscitз a scappare via dal ragazzo inquietante. Quest’ultimo però non diede loro nemmeno il tempo di voltarsi e dire nulla, era in volo sulle loro teste, con le sue bellissime e grandissime ali nere piumate. In volto aveva una maschera di legno tutta nera con una croce greca rossa in posizione dell’occhio destro.
 

 
 
Si piazzò davanti a loro, toccando piano il suolo con i piedi.
 
«Chrisha, lo so che sei spaventato. Lo sarei anche io, ma devi credermi. Io non sono né il messia né un sicario. Io non voglio né uccidervi né ingannarvi. Sono stato troppo a lungo portatore di sventure, voglio solo farti capire che quello in cui credi è vero, noi viviamo davvero in un libro e tutto questo è finto, proprio come dici tu. Sono entrato nelle vostre menti e ho letto tutto, so tutto di voi.»
 
Il ragazzo sembrò agitarsi ancor più di prima. «ORA BASTA! SMETTILA DI DIRE CAZZATE! SEI SOLO UNO DEI SICARI CHE VUOLE METTERE FINE ALLA MIA VITA!», estrasse perciò la pistola che aveva con sé nei pantaloni e la puntò al giovane alato. Quest’ultimo chiuse le ali e si tolse la maschera, i suoi occhi erano diventati completamente neri, sclera compresa. Da sotto la propria giacca rossa fece uscire un libro tutto nero, lo lanciò in direzione del ragazzo, che si chinò e lo raccolse.
 
«Lo riconosci quello? Ora mi credi Chrisha?»
 
«E tu Alice, lo riconosci?»
 
Il giovane nel mentre aveva cominciato a fissare il libro spaventato a morte. Le mani gli tremavano e non riusciva a stare fermo dalla paura. Si chiese poi cosa c’entrasse la fidanzata con quell’oggetto, si voltò quindi verso di lei. «Alice, tu hai già visto questo libro?»
 
Quest’ultima, ch’aveva cominciato anche lei a tremare, con gli occhi lucidi, cercò di spiegarsi e scusarsi, balbettando e allontanandosi lentamente dall’altro. «I-io…i-io non…s-scusami Chrisha. Sono stata io a darti il libro quel giorno. Ero in un tuo ricordo e sono riuscita ad entrarci a contatto. Mi sono ritrovata quella cosa tra le mani e l’ho lasciata al tuo fianco. Non so perché l’ho fatto, te lo giuro, non me lo so spiegare.»
 
Chrisha la guardò, puntò di nuovo la pistola contro Shiō.
 
«Pensa bene a quello che stai per fare.»
 
Lui poggiò il dito sul grilletto e con le lacrime agli occhi sparò quattro colpi sul corpo del ragazzo mascherato.
 
Corse poi da lui, lo afferrò per il vestito e lo sollevò da terra.
 
Iniziò a ridere e con la mano sporca di sangue si dipinse il petto. «E solitario…», caricò un’altra volta l’arma, «…il pettirosso…» la puntò alla propria tempia, «…morì.»
 
Prima un sorriso.
 
Subito dopo un botto.
 
E dopo ancora lui cadde per terra esanime.
 
Alice corse immediatamente da lui, lo strinse tra le proprie braccia e piangendo lavò via il sangue dal viso del fidanzato ormai perduto. Iniziò a macchiarsi di due sangui diversi, uno rosso e l’altro nero. Questo perché Chrisha era così tanto impazzito che non s’era reso conto che il colore del sangue di Shiōkami era nero e non rosso come, invece, aveva creduto.
 
Lui non era più un pettirosso.
 
Lui poteva salvarsi, ma non lo voleva più.
 
Tra le urla e gli strilli di dolore, Alice non riuscì a contenersi. Gli accarezzò il volto e piangendo gli disse un’ultima cosa. «Ora cosa faccio? Svegliati, ti prego. Devi concludere la tua poesia. Devi finirla e devi pubblicare la tua storia. Ti scongiuro, apri gli occhi.»
 
Inutile dirvi che…non li aprì mai più.
 
 
 
 

 
 
 
Del ragazzo mascherato non ebbi più alcuna notizia, era come scomparso nel vuoto per sempre. Qualche settimana dopo sono andata allo studio di mia sorella, era bellissimo, non tornai a casa per almeno un anno e addirittura Giulia era venuta a trovarmi qui a Parigi.
 
Le cose dopo la morte di Chrisha sono andate bene, ho ripreso a dipingere alimentata dal dolore, ho iniziato a scrivere anche poesie e fare sculture. Tutto ha cominciato ad avere un suono diverso, ho imparato il francese e abbandonato l’accademia per dedicarmi alle mostre di pittura qui in città. Sono tornata soltanto da un mese qui in Italia e ho avuto così tante cose da raccontare alla mia psicologa che mi ha consigliato di farci un libro. Vorrei solo lui potesse leggere, ma così non può essere.
 
Lui non c’è più e fa male. Tanto male.
 
Spero che, ovunque lui sia, riesca a sorridere come ha sempre fatto.
 
Addio pettirosso, vola libero in cielo.
 
   
 
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