Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: La_Sakura    22/03/2024    6 recensioni
Nankatsu non è il Brasile, e se Tsubasa pare non rendersene conto, Keiko si trova a fare i conti con quella differenza. Nonostante sia giapponese, si sente un'estranea, una gaijin.
Le manca Cris, le manca il Brasile, ma soprattutto le manca la velocità, e lavorare non le basta per colmare quel vuoto che sente dentro; oltretutto, l'intesa storica con Tsubasa pare venir meno ora che lui è tornato nel suo mondo, e ciò contribuisce ad allargare la spaccatura fra di loro.
Come una ferita i cui lembi si sono rimarginati staccati l'uno dall'altro, ora che ha più bisogno di supporto si sente sola.
E, si sa, quando ci si sente soli si prendono decisioni che possono risultare discutibili.
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«Niente. Più. Gare.»
«Che c’è, hai paura che ti tolga il titolo di miglior pilota?»
«Pensi questo? Pensi che si riduca tutto a un “decretiamo chi sia il migliore tra noi”? Sai bene che non è così.»
«A me invece sembra che tu sia parecchio competitivo.»

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Serie "VeF - Velozes e Furiosos - sequel di "Velozes e Furiosos"
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'VeF - Velozes e Furiosos'
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Velozes e Furiosos

Driver ai box

Keiko guidava concentrata sulla strada, la mente cercava di vagare ripensando alla serata ma lei la riportava di prepotenza al presente, non avrebbe dato a Mori alcun appiglio per poterle rinfacciare di aver ragione.

«Svolta a destra.»

Scalò la marcia e mise la freccia, controllando la strada davanti e dietro per poter effettuare la svolta in sicurezza.

«Accosta lì davanti.»

Fermò il mezzo esattamente dove le aveva indicato lo yakuza.

«Aspettami qui.» si sporse verso di lei, con un sorrisetto beffardo «Faccio presto, così puoi tornare alla tua festicciola.»

«Stronzo…» sibilò, mentre lo osservava sfilare lungo la strada e perdersi nei vialetti.

Si chiuse all’interno dell’auto e si sdraiò, poggiando le ginocchia contro il volante e portandosi una mano alla fronte.

E così da quel giorno iniziava ufficialmente la sua nuova vita senza Tsubasa.

Sospirò, abbassando lo specchietto retrovisore e prendendo in mano la sua foto salvavita, che ritraeva lei, Bas, Yuki e Cris nel giardino della casa di Santos. La loro casa.

E invece adesso Tsubasa aveva una casa tutta sua, senza di loro.

Questo era la ferita maggiore, più profonda di quella causata dalla vista di lui e Sanae innamorati: sapere che dopo tutti quegli anni gomito a gomito lui non sentisse più il bisogno di averla accanto.

Voltò lo sguardo all’esterno, per osservare la fila di palazzi tutti uguali: Yamabuki era il quartiere che meno amava, perché per certi versi le ricordava la parte peggiore del bairro da Liberdade, dovendo venirci spesso per gli affari di Mori.

Tra le auto parcheggiate alle sue spalle, una attirò la sua attenzione: le R32 erano poco comuni, e lo erano ancora meno quelle attrezzate con una bull bar. Si raddrizzò immediatamente, i sensi all’erta, e strinse il volante, rimuginando sul da farsi: Mori ancora non si vedeva, e da quanto poteva notare Shimata era come sempre sotto l’effetto di droghe, lo vedeva agitarsi dallo specchietto.

Aprì la sicura e posò il piede sull’asfalto, guardandosi intorno con noncuranza per non dare l’impressione di averlo beccato, quindi scese e si piantò le mani nelle tasche dei pantaloni.

Il rumore di portiera le allertò tutti i sensi, e concentrò l’udito sullo scricchiolio dei passi alle sue spalle, voltandosi appena in tempo per schivare una mazza da baseball che Shimata aveva calato su di lei.

«Ma che cazzo…» biascicò, saltando indietro per mettere della distanza tra lei e quel pazzo furioso.

«Io ti ammazzo, stupida puttana.»

Un nuovo colpo calato su di lei che si infranse contro lo specchietto laterale dell’auto.

«Brutto coglione, quella è la mia auto!»

Ruotò su sé stessa e lo colpì in pieno petto con un calcio, facendolo arretrare di qualche passo, quindi si mise in posizione di difesa, i pugni ad altezza viso.

«Non avrai sempre Malerba a difenderti, puttana!»

Un nuovo tentativo di colpirla con la mazza che Kei schivò chinandosi all’indietro.

«Sei monotono, Shimata, ripeti sempre le stesse cose.»

L’uomo lasciò cadere la mazza ed estrasse una pistola, puntandogliela contro: di riflesso, lei alzò le mani.

«Così ragioniamo.» si avvicinò, e col calcio della pistola la colpì in pieno volto.

«Si può sapere che cazzo vuoi da me?» si asciugò il rivolo di sangue che le colava dall’attaccatura dei capelli e arretrò di un passo, trovandosi addossata al muro del palazzo.

«Mi hai umiliato davanti a tutti, giocando sporco per arrivare a vincere.»

«Io ho solo guidato, non è colpa mia se so farlo meglio di te.»

«Ci sono anche altre cose che sai fare meglio di me…» le puntò la pistola alla gola e con l’altra mano iniziò a slacciarle i pantaloni «E non vedo l’ora di scoprirle tutte.»

«Non farlo, non sarà una pistola a impedirmi di spedirti all’obitorio.»

Per tutta risposta, lui caricò il colpo mentre con l’altra mano si insinuava nelle sue mutande.

Kei deglutì e strinse il pugno destro, ma non ce ne fu bisogno: un attrezzo atterrò sulla testa di Shimata, stendendolo.

«Questa testa di cazzo di dimensioni epocali…» Shuzo gettò il mozzicone di sigaretta a terra e lo schiacciò con la punta dello stivale «Se devi scopare, almeno fallo in qualche luogo privato.»

«Fottiti.» ringhiò, mentre si riallacciava i pantaloni. Scavalcò Shimata, trattenendosi dal tirargli un calcio in faccia e tornò alla vettura.

«Stai bene?»

Annuì leggermente mentre si immetteva nel traffico notturno di Nankatsu.

«Devo risolvere questa questione, o rischio di dovermi guardare le spalle di continuo.»

«Ti serve un favore?» ghignò lui, rollando una sigaretta.

«No, Malerba, me la vedo io.»

«Allora vedi di farlo in fretta, ché non mi servi da morta.» replicò lui, quindi si sporse verso di lei e le scostò i capelli dalla fronte «Hai bisogno di punti.»

«Sto bene.» masticò, scostando malamente la sua mano.

Shuzo estrasse il cellulare e fece partire una chiamata.

«Ciao, fratellino! Posso chiederti un favore? Ma certo, che domande fai? Dovresti venire a prendere Keiko al pronto soccorso. Naaah, sta benissimo, ha solo avuto un incontro ravvicinato con una pistola. Nooo, col calcio di una pistola. Senti, raggiungici e lo vedrai coi tuoi occhi, va bene?»

Chiuse la conversazione e si voltò a osservarla.

«Badante avvisato.»

«Quindi è tuo fratello che tira te fuori dai guai, pensavo fosse il contrario.»

«Yuzo non ha bisogno di essere tirato fuori dai guai, è un bravo ragazzo, lui.»

«Siete così diversi che mi risulta difficile pensare che siate davvero gemelli.»

«Lui è la parte migliore di me.»

Shuzo volse lo sguardo fuori dal finestrino, Kei lo notò con la coda dell’occhio: lui non lo sapeva, ma lei capiva bene il senso di quella frase, Yukiko gliel’aveva ripetuta all’infinito quando cercava di tenerla fuori dai guai.

«Siamo arrivati.» mormorò, parcheggiando di fronte al pronto soccorso.

«Yuzo arriverà a momenti. Se ti chiedono come ti sei fatta male…»

«Tranquillo, so cosa fare.» concluse scendendo dalla vettura e dirigendosi barcollando verso l’ingresso. Sentiva la testa pesante e forse aveva perso più sangue di quanto avrebbe ammesso.

 

Tsubasa entrò in pronto soccorso come una furia con Yuzo alle spalle che cercava di calmarlo.

«Noshimuri Keiko.» e batté le mani sul desk della reception per enfatizzare la richiesta.  

«Stanza 4, ma non potete entrare, il medico… ehi!»

Incurante delle regole, percorse a grandi passi il corridoio e spalancò la porta, facendo sobbalzare il medico.

«Ma che modi sono? Lei chi è?»

«È il mio contatto di emergenza.» Keiko aveva gli occhi chiusi ed era particolarmente pallida.

«Non può entrare così.»

«Lo lasci, non importa.»

Borbottando un po’, il dottore terminò la sutura e si congedò.

«Si può sapere che è successo?»

«Shimata mi ha aggredita mentre aspettavo Mori, a Yamabuki.» biascicò, sdraiandosi sul lettino.

«Ti hanno dato qualcosa per il dolore?» Yuzo le si avvicinò e le carezzò una mano.

«Ho solo mal di testa, passerà.»

«Kei…» Tsubasa si avvicinò di un passo, sperando che lei aprisse gli occhi «Non puoi continuare così…»

«Non è niente, Bas, sono venuta in pronto soccorso perché Mori mi ha costretto.»

«Quanti punti ti hanno dato?»

«Boh, sei, otto, non ho chiesto, siete entrati come se foste l’A-Team e l’avete un po’ indispettito.»

«Kei…» si accomodò accanto a lei e le prese una mano. Lei aprì finalmente gli occhi, iridi stanche su un volto segnato.

«Sto bene.» gli sorrise in maniera forzata.

Lui allungò una mano e le carezzò la zona ferita, stando attento a non esercitare troppa pressione.

«Ti riaccompagno a casa e rimango con te, va bene?»

«Non serve: Yuki è da tua madre, starò bene.»

«Non voglio lasciarti da sola.»

«E io non voglio che tu rimanga.»

«Sai che sei proprio testarda?»

«Senti chi parla.»

«Rimango io.»

Si voltarono entrambi verso Yuzo, che aveva alzato le mani – i palmi rivolti verso di loro – come a intimare una tregua.

«Rimango io a dormire da Keiko, basta che la smettiate di battibeccare come due bambini dell’asilo.»

«Non serve, io…»

«Non voglio sentire storie, Keiko. Dormirò sul divano e mi assicurerò che tu passi la notte indenne, così siamo tutti contenti. O quasi.» concluse, rivolto a Kei che non sembrava apprezzare cotanta premura.

«Sei più carismatico di tuo fratello, mi congratulo.» ammise lei infine, richiudendo gli occhi e sottraendo le mani dal contatto con quelle di Tsubasa. Lui ci rimase male, ma cercò di non darlo a vedere: in fondo non se la sentiva di biasimarla.

Con un cenno, indicò a Yuzo che sarebbe uscito e ne approfittò per chiamare Sanae.

«Come sta?»

«Sta bene, le hanno dato qualche punto in fronte ma dovrebbero rimandarla a casa. Rimarrà Yuzo con lei.»

«Yuzo?»

«Sì, volevo rimanere io ma ha insistito per rimanere sola, e lui ci ha messo una pezza.»

Il silenzio all’altro capo lo indusse a controllare che la telefonata fosse attiva.

«Sanae, sei ancora lì?»

«Sì, io… ti aspetto qui.»

«È bello sentirtelo dire.» sorrise, felice «Torno presto.»

Quando rientrò nella stanza, il medico era tornato e stava dando le ultime indicazioni a Keiko che, già seduta sul bordo del letto, sembrava non vedesse l’ora di andarsene.

«… e torni nel giorno indicato sul foglio di dimissioni per rimuovere i punti.»

«Oh, non serve, so farlo da sola.»

«Noshimuri-san, la prego…» il medico sembrava davvero esasperato.

«Non si preoccupi, la porteremo noi. Arrivederci e grazie.» Tsubasa prese in mano la situazione e, seppur poco convinto, il dottore si congedò.

«Coraggio, andiamo.» la vide saltare giù dal letto e tentennare un attimo.

«Ti gira la testa?»

«Non è niente.» scostò in malo modo il suo tentativo di aiutarla e mosse qualche passo verso la porta «Andiamo?» li esortò quindi.

Tsubasa e Yuzo si osservarono e fecero spallucce, quindi la seguirono, sospirando in sincrono.

 

Keiko gli allungò un cuscino e un lenzuolo, che lui appoggiò sul divano, prima di avvicinarsi a lei.

«Ti senti bene?»

«Starò bene, grazie Yuzo-kun.» un sorriso stanco le solcò il pallido volto.

«Non mi riferisco solo a quelli.» e, con l’indice, indicò il cerotto sotto al quale erano nascosti i punti di sutura «Dico in generale. Ti va di parlare?»

Kei si portò una mano chiusa a pugno alla bocca e si morse le nocche, distogliendo lo sguardo da lui, poi si lasciò andare sul divano e si passò entrambe le mani tra i capelli.

«Che vuoi che ti dica.»

Approfittando del fatto che sembrasse in vena di confidenze, Yuzo si accomodò accanto a lei, cercando le parole con cui iniziare il discorso.

«Partiamo da Tsubasa?»

Lei alzò lo gli occhi al cielo.

«Proprio ciò di cui non vorrei parlare.»

«Lo so, ma devi affrontare la questione.»

«Non devo affrontare un bel niente: già una volta è stato costretto ad abbandonare il suo sogno e la donna che amava per colpa di…» gesticolò a vuoto un paio di volte, come se cercasse le parole «Non distruggerò nuovamente la sua vita, Yuzo. Non io.»

«Lui sa quello che provi?»

«Di che parli?»

«Io l’ho visto, il cambiamento nei tuoi occhi, Keiko.» si alzò e la raggiunse, prendendola per le spalle e costringendola a osservarlo «Ho visto com’eravate in Brasile e ti ho vista qui. Tu…»

«Non so cosa tu abbia visto, ma sicuramente è sbagliato.» minimizzò, sottraendosi alla presa.

«Quindi non glielo dirai?»

«Cosa, Yuzo, cosa dovrei dirgli?»

«Che sei innamorata di lui.» sentenziò, secco. Era un azzardo, non aveva la certezza della veridicità della sua teoria, ma doveva tentare se voleva arrivare al punto.

«Io non so se sia davvero amore…» Keiko stava sussurrando, tanto che per un istante pensò di averla solo immaginata, la sua voce «So che adesso che lui non è qui, mi sento persa. Senza lui, senza Cris, io non sono… niente.» concluse, voltandosi verso di lui e regalandogli uno sguardo sinceramente provato, le iridi scure allagate dalle lacrime.

«Keiko…» mormorò, avanzando un passo «Non è nascondendo i sentimenti sotto la sabbia che otterrai una vita felice.»

«Vita felice, dici?» lei si passò i polsi sugli occhi per asciugare le lacrime «Io non avrò mai una vita felice, Yuzo, non è nel mio destino. Yuki sì, Yuki può averla. Deve averla. E puoi star certo che farò tutto il possibile affinché la ottenga.»

«Anche affiliarti al clan di Shuzo?»

«Quello è… un effetto collaterale.» ridacchiò, facendo spallucce.

«Oh, in effetti lui è spesso un effetto collaterale.» ne convenne «Ma… non vorrei che tu ti buttassi via, ecco.»

«Che cosa sai?»

«So che Shuzo non mi ha mai chiamato per andare a prendere un suo driver al pronto soccorso.»

«Credo di essere privilegiata perché sono tua amica, e sa che non gli perdoneresti mai che mi succeda qualcosa.»

«E ha ragione.» ne convenne «Perché Cristóvão non me lo perdonerebbe a sua volta, e io voglio che sappia che mi sto prendendo cura di te al meglio.»

Keiko annuì, gli occhi nuovamente allagati dal ricordo dell’amico. Fece per voltargli le spalle ma qualcosa la trattenne: tentennò muovendosi sui piedi, quindi lo raggiunse velocemente e lo abbracciò, lasciandolo spiazzato, ma solo per un istante. L’istante successivo l’aveva cinta nel suo abbraccio e le stava carezzando la nuca, in un gesto fraterno che sentiva di doverle.

Quando si sciolsero l’uno dall’altra, Kei era visibilmente imbarazzata.

«Io non volevo… cioè… io so che tu… sì, insomma… non ci sto provando.»

Yuzo scoppiò a ridere, sinceramente divertito da quel tentennamento della giovane.

«Non l’ho pensato.»

Kei alzò una mano e gliela posò su una guancia.

«Cris aveva visto bene, sei davvero speciale.»

Stavolta fu il turno di Yuzo di chiudere gli occhi per trattenere l’emozione del ricordo: l’ultima volta che aveva visto il sorriso del nissei erano al Bas garage, e lui aveva fatto le sue solite battute su quanto sarebbe stato figo vivere a Nankatsu tutti insieme.

Tutti insieme, Yuzo.

Riaprì gli occhi che Keiko se n’era già andata, aveva rispettato il suo bisogno di solitudine. Voltò lo sguardo verso il portatile, sempre acceso e sempre fisso sulla mappa della regione di San Paolo: sperò di vedere comparire quel puntino rosso, speranza mai persa di ritrovare Cris sano e salvo.

 

«Gaho! Gaho!»

Shuzo si affacciò alla balaustra che, di fronte al suo ufficio, dava sul piano sottostante, dove i suoi ragazzi erano impegnati nelle attività più svariate.

«Botan, dove cazzo è Gaho?»

«Non lo so, capo.» replicò la guardia, alzando le spalle, intento a pelare una mela. Con un moto di stizza, Shuzo scese velocemente le scale in lamiera e raggiunse il centro dello spazio.

«Possibile che nessuno sappia dove si sia cacciato quel coglione?»

Il portone laterale che dava sul parco macchine si aprì in quel momento, e la vettura di Gaho sfilò lungo il corridoio centrale, fino a giungere al suo posto riservato. Il ragazzo ne scese e si allacciò il bottone della giacca elegante, quindi tolse gli occhiali da sole per lanciarli all’interno della vettura ed estrasse il pacchetto di sigarette dalla tasca.

«Alla buon ora.» Shuzo non amava i ritardatari, ma soprattutto non amava non sapere esattamente dove fossero i suoi collaboratori.

«Scusa, capo, ero indaffarato.»

Shuzo gli strappò di bocca la sigaretta e lo afferrò per il collo della camicia.

«Tu dici a me che sei indaffarato? E in cosa, di grazia, che l’unico tuo pensiero dovrebbe essere stare qui e ubbidire ai miei ordini, eh?» lo strattonò per poi lasciarlo andare «Voglio che vai a parlare a Shimata e gli dici che se non la pianta di importunare la mia driver, lo faccio finire a salutare i pesci nella baia.»

Gaho si lisciò la giacca, e non replicò.

«Tutto chiaro?»

«Non capisco perché dobbiamo proteggere quella puttanella.»

«Oh, non lo capisci?» Shuzo lo fissò stringendo gli occhi a due fessure «Il signorino non lo capisce. Botan, hai sentito?» l’uomo fece spallucce, continuando a pelare la mela «Vuoi che te lo spieghi, stupida testa di cazzo? Noshimuri dà dieci a zero, ma che dico, cento a zero a tutti voi, alla guida. Tutti. Te compreso, stupida testa di cazzo.» e gli picchiettò sul petto con l’indice.

«Solo perché ha vinto quella gara…»

«Gaho, da quanti anni lavori con me?»

«Quattro anni, capo.»

«E non hai ancora imparato che non devi mai ribattere a quello che dico? Noshimuri è parte della squadra.»

«E del tuo letto.»

Shuzo non replicò, si limitò a calare il suo destro sullo zigomo del tirapiedi. Gaho arretrò di un passo, tenendosi la guancia. Non pago, Shuzo lo strattonò nuovamente per il colletto.

«Non. Devi. Ribattere.»

«Va bene, va bene, capo.»

«Vai a cercare Shimata e spaccagli il culo. Non voglio più avere Noshimuri ai box per colpa sua.»

Gaho annuì, battendo i tacchi e mettendosi sull’attenti, quindi recuperò la sua 350Z e partì, non prima di avergli lanciato un’occhiata torva.

«Ci sei andato pesante, capo.» Botan pulì il coltellino svizzero sul pantalone e si mise in bocca l’ultimo spicchio di mela.

«Assicurati che Gaho faccia quello che gli ho richiesto. Non mi piace ripetermi.»

«Ok, capo.»

Shuzo lo osservò alzarsi lentamente e raggiungere uno dei nuovi arrivati, che dopo aver parlottato con lui si mise sull’attenti, recuperò una motocicletta e uscì sgommando.

 


Ormai ci abbiamo preso gusto a fare delle comparsate in ospedale: secondo me i medici del Pronto Soccorso quando vedono il nome di Keiko fanno a gara per scaricarsi la responsabilità di visitarla *ride*

Scherzi a parte, Shimata si sta rivelando un problema più grande del previsto e, benché Kei non abbia voluto l'aiuto di Mori, questo ci mette lo zampino. 

Nel mentre Yuzo si offre per stare con Kei e indagare sui suoi sentimenti - in pratica fa quello che vorremmo fare noi XD pone domande XD - e lei sembra lasciarsi andare a qualche confidenza in più. 

Tsubasa, infine, come sempre quando si tratta di Kei sragiona - e forse manco si rende conto di aver indispettito Sanae (non ci sono altre chiavi di lettura per quel silenzio, a mio modesto parere...) 

Grazie come sempre per l'affetto, vi auguro un buon fine settimana!

Sakura 

   
 
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