Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Stria93    23/03/2024    0 recensioni
Raccolta di cinque brevi storie ambientate tra la prima e la seconda parte della terza stagione.
Eren si è preso un'influenza coi fiocchi ed è costretto a un periodo di riposo forzato. E quando si sta male non c'è niente di meglio che essere circondati dagli amici. Così dicono...
Capitolo 1 – Mikasa
Capitolo 2 - Armin
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eren Jaeger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Armin


Armin



Eren osservava il cielo di piombo oltre la finestra, grigio tendente al nero quanto il suo umore. Si stava domandando per quanto ancora la malattia l'avrebbe incatenato a quel letto tenendolo lontano dall'azione quando udì un garbato bussare alla porta della stanza.
- Avanti. -
L'uscio si aprì con un cigolio, rivelando una persona piuttosto minuta, abbigliata con l'uniforme del Corpo di Ricerca.
Eren non poteva vedere il visitatore in volto poiché questi reggeva tra le braccia un enorme mazzo di fiori che gli occultava del tutto la parte superiore del busto, tuttavia riconobbe la voce che si levò da dietro quel tripudio di corolle variopinte.
- Ciao Eren, come stai oggi? -
- Cosa? Armin, sei tu? -
- Sì, sì, sono io. Aspetta un attimo... -
Il ragazzo avanzò alla cieca e per poco non perse la presa sul fascio di steli quando questi urtarono lo stipite. I danni si limitarono a qualche gambo piegato e a una pioggerella rosa e bianca che si riversò sul pavimento.
- Oh, cavolo! -
Al secondo tentativo, Armin riuscì a centrare l'entrata della camera e si affrettò a depositare il suo carico profumato al sicuro sul tavolo con un sospiro.
Finalmente i due amici poterono guardarsi in faccia.
Eren indicò i fiori. - E quelli? Li hai raccolti tu? -
- Oh, no! Sono da parte di Christa, cioè, volevo dire Historia. - rispose Armin, spazzolandosi via rimasugli di petali e polline dall'uniforme e dai capelli. - O forse ormai dovrei chiamarla Sua Maestà. Non mi sono ancora abituato. -
- Come? Hai visto Historia? Raccontami. -
Eren fece cenno all'amico di accomodarsi sulla sedia accanto al letto e il biondo prese posto.
- Sì, sono stato alla fattoria dove accoglie i bambini orfani. Mi ha chiesto di te e quando le ho detto che ti sei ammalato ha chiamato tutti i suoi piccoli ospiti e li ha mandati a raccogliere fiori per farti una sorpresa. Alla fine li ha legati insieme con un nastro e mi ha incaricato di consegnarteli. Ha detto che si trattava di un preciso ordine della Regina delle Mura e che se non te li avessi portati, mi avrebbe costretto a spalare il letame nelle scuderie ogni santo giorno per il resto della mia vita. -
Eren si lasciò sfuggire un sorriso. - Capisco. È proprio da lei. -
Armin lo fissò, stranito.
- Mi riferivo ai fiori. - precisò l'amico. - Non al letame... -
- Be', sì, la conosci. - rassicurato, Armin si strinse nelle spalle. - Anche se ormai è la Regina, quando si tratta di fare qualcosa per il prossimo, non si tira mai indietro. -
- Già. Alla faccia della ragazza più cattiva di tutta l'umanità. - ridacchiò Eren, ricordando il momento in cui l'amica l'aveva liberato dalle catene nella grotta dei Reiss autoproclamandosi la ragazzaccia peggiore che esistesse sulla faccia della terra, e tuttavia incapace di voltare le spalle a un amico nei guai.
- Come hai detto? -
Eren si riscosse. - Oh, niente. Lascia perdere. Piuttosto, che novità ci sono dal mondo oltre questa stanza? Sono chiuso qui da così tanto tempo che ormai avrete già sconfitto i Giganti e richiuso la breccia di Shiganshina. -
Armin sorvolò sull'ironia amara di quella battuta pericolosamente vicina all'autocommiserazione e rilasciò un sospiro. - Mi piacerebbe fosse vero. Ma lo sai che entrambe le cose sono impossibili senza di te. -
Eren s'incupì e abbassò lo sguardo sulle lenzuola stropicciate. - Già, dovrei essere là fuori a perfezionare l'indurimento e invece sono bloccato qui a oziare senza poter essere utile a nessuno. A cosa serve essere la speranza dell'Umanità se basta un dannato raffreddore a mettermi fuori combattimento? -
Digrignò i denti e strinse forte l'orlo delle coperte tra le dita, consumato dalla frustrazione.
Armin rimase in silenzio per qualche secondo. Il suo amico d'infanzia aveva sempre sofferto quel genere di situazioni. Starsene a letto a riposare era un'attività che strideva con la sua natura impetuosa già a nove anni. Doveva misurare bene le parole. Lo conosceva a fondo e sapeva che inutili frasi di circostanza avrebbero solo peggiorato il suo malumore.
- Sai, in realtà, io sono convinto che tu abbia finito per ammalarti proprio a causa del troppo allenamento. Credo che ti sia sforzato eccessivamente. -
Eren gli piantò addosso un'occhiataccia offesa. - Che cosa vorresti dire? -
Armin si affrettò a correggere il tiro, facendo oscillare le mani davanti a sé. - Non prenderla male, non intendevo dire che sei debole o altro. Solo che forse... ecco, forse hai esagerato con il potere del Gigante. Sappiamo tutti che sei di costituzione forte. Da bambini non prendevi quasi mai il raffreddore e anche quando capitava, ti rimettevi immediatamente. Quello di salute cagionevole ero io, ricordi? Finivo sempre costretto a letto per qualche malanno. -
Finalmente l'espressione arcigna di Eren si ammorbidì mentre il ricordo d'infanzia evocato da Armin si materializzava intorno a loro come una bolla di sapone multicolore.
- Sì, hai ragione. - confermò. - Papà veniva a visitarti e poi incaricava me e Mikasa di passare a portarti le medicine che preparava e riferirgli come stavi. Eravamo molto fieri di quel compito. Anche se saremmo venuti a trovarti in ogni caso.- aggiunse, facendogli l'occhiolino.
Armin gli restituì un sorriso luminoso al ricordo di quei tempi relativamente spensierati. - Sì, è vero. Guardavo dalla finestra che dava sulla strada per tutto il giorno e aspettavo che arrivaste. E oltre alle medicine c'era sempre anche qualche biscotto o fetta di torta che poi mangiavamo tutti insieme. Alla fine, essere malato era quasi una fortuna! -
A quel punto il sorriso di Eren vacillò e assunse una piega triste. - Mamma faceva finta di nulla, ma scommetto che si accorgeva sempre dei dolci che sparivano quando io e Mikasa venivamo a trovarti. Li sgraffignavamo dalla cucina mentre lei non guardava. Anzi, ripensandoci ora, sono sicuro che ne preparasse in più proprio per te. -
Armin assentì mestamente. - Già, i tuoi genitori erano sempre molto gentili con me. -
I due tacquero, persi nei meandri del dolce veleno di quelle memorie. Un velo di tristezza scese sulla stanza come una ragnatela appiccicosa: più ci si dibatteva e più si rischiava di rimanere intrappolati. I ricordi felici erano un'arma a doppio taglio che occorreva maneggiare con molta attenzione e destrezza. Arrecavano una gioia effimera dal retrogusto amaro ma impiegavano meno di un secondo a trasformarsi in una lama che si abbatteva sulle ferite mai del tutto rimarginate e che tornavano puntualmente a sanguinare.
Armin si morse il labbro. Non era quella l'atmosfera che aveva in mente per distrarre l'amico dai suoi foschi pensieri. Doveva inventarsi qualcosa prima che quella cappa di malinconia si facesse troppo opprimente.
Pensa, Armin. Pensa. È la tua specialità, no?
A un tratto, l'idea giusta si presentò ammiccante. Un'idea un poco riprovevole ma che si adattava perfettamente al suo scopo.
- Aspetta qui, torno subito. - fece, alzandosi dalla sedia con uno scatto fulmineo finendo quasi per rovesciarla e scapicollandosi fuori dalla stanza. Il suono dei suoi passi concitati che scendevano le scale si spense, lasciando calare nuovamente il silenzio nella camera.
- Tranquillo, non vado da nessuna parte. - rispose tetro Eren al vano vuoto della porta.
Il biondo fece ritorno pochi minuti dopo con un canovaccio stretto tra le mani e un'espressione furba disegnata sul viso.
L'amico gli rivolse uno sguardo interrogativo.
- Cos'hai lì? -
Armin riprese posto sulla sedia e gli allungò l'involto. - Ecco! Per ricambiare il favore. -
Incuriosito, Eren dispiegò i lembi di tessuto e liberò due grosse fette di torta di mele. Perfino con l'olfatto inibito dal raffreddore riuscì a distinguerne chiaramente l'aroma delizioso.
Osservò l'amico, incredulo. - Hai rubato dalla dispensa? -
Il giovane arrossì con aria colpevole, tormentandosi le mani. - Be', ecco, non proprio. In realtà ho rubato direttamente dal forno, non dalla dispensa. -
Eren trovò quella risposta talmente buffa e l'azione clandestina di Armin così inusuale per lui che scoppiò a ridere di gusto.
Armin rimase a fissarlo a bocca aperta. Era da molto tempo che non sentiva il suo migliore amico emettere una risata così genuina, così spontanea. Si era ormai abituato ai suoi sorrisi tirati che non coinvolgevano mai gli occhi e al cipiglio cupo perennemente tormentato, come se reggesse le sorti del mondo sulle proprie spalle (metafora che in fondo non si discostava poi così tanto dalla realtà). Quella circostanza inaspettata gli fece un tale piacere che finì per imitarlo e i due ragazzi si ritrovarono a tenersi la pancia con le lacrime agli occhi.
- Sasha ti ammazzerà, lo sai, vero? - chiese Eren, lasciando esaurire l'attacco di ridarella. - Ti pianterà una delle sue frecce dritta in fronte. -
Armin si strinse nelle spalle. - Correrò il rischio. - rispose. - Tu e Mikasa l'avete fatto per me quando eravamo bambini, e ora è giusto che io faccia la mia parte. Anche se non sarò mai coraggioso come voi. -
Eren sorrise affettuosamente all'amico e scosse la testa. - Armin, preferirei affrontare cento Giganti in una volta sola piuttosto che incorrere nelle ire di Sasha dopo averle sottratto del cibo. Per come la vedo io, ora come ora sei il più impavido di tutti. -
Il viso ancora un po' fanciullesco di Armin si aprì in un gran sorriso. - Allora, prima di essere fatto a pezzi dalla nostra ragazza-patata, vogliamo goderci insieme i frutti del mio crimine? Dopotutto, potrebbe essere il mio ultimo pasto. -
I ragazzi gustarono la torta di mele ancora tiepida e trascorsero il resto del tempo parlando e ridendo come erano soliti fare da ragazzini.
Come se quegli anni insanguinati non fossero mai trascorsi. Tale era il potere dell'amicizia.


Tra una chiacchiera e un'altra si fece sera e gli altri membri della Squadra Levi rincasarono, terminate le incombenze della giornata.
La conversazione dei due amici venne troncata da una voce adirata levatasi dal piano di sotto.
- Ehi! Qui mancano delle fette di torta! Chi è stato?! Chi ha osato?! -
- Sasha, calmati. Non è successo niente di grave. - s'intromise una seconda persona, che avrebbe potuto essere Mikasa.
- È gravissimo, invece! Giuro che se trovo il colpevole lo sventro con le mie mani e poi lo metto a bollire per farci uno stufato! Un bello stufato di ladro di torte! -
Armin impallidì e incassò la testa tra le spalle, come a volersi rimpicciolire fino a scomparire.
Eren lo guardò con compassione mista a divertimento. - Be', è stato bello conoscerti, amico. Non dimenticherò mai il sapore di quella torta. Il tuo sacrificio rimarrà nel mio cuore. -
Il biondo accennò un sorrisetto incerto (con Sasha, non si poteva mai sapere). - Già, sembra proprio che mi toccherà finire bollito. Sinceramente, non ne ho nessuna voglia. -




N.d.A.


Rieccomi con il secondo atto di questa raccolta semiseria.
Dato che non ci sarà un capitolo dedicato a Historia, ho voluto includerla indirettamente tramite Armin. Mi sembrava giusto che venisse almeno menzionata, specialmente dopo gli eventi della prima parte della terza stagione.
Detto ciò, grazie come sempre a chi sarà passato da qui!

Alla prossima!

  
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