Armin
Eren osservava il cielo di piombo oltre
la finestra, grigio tendente al nero quanto il suo umore. Si stava
domandando per quanto ancora la malattia l'avrebbe incatenato a quel letto
tenendolo lontano dall'azione quando udì un garbato bussare alla
porta della stanza.
- Avanti. -
L'uscio si aprì con un cigolio,
rivelando una persona piuttosto minuta, abbigliata con l'uniforme del
Corpo di Ricerca.
Eren non poteva vedere il visitatore in
volto poiché questi reggeva tra le braccia un enorme mazzo di fiori
che gli occultava del tutto la parte superiore del busto, tuttavia
riconobbe la voce che si levò da dietro quel tripudio di corolle
variopinte.
- Ciao Eren, come stai oggi? -
- Cosa? Armin, sei tu? -
- Sì, sì, sono io. Aspetta un
attimo... -
Il ragazzo avanzò alla cieca e per
poco non perse la presa sul fascio di steli quando questi urtarono lo
stipite. I danni si limitarono a qualche gambo piegato e a una
pioggerella rosa e bianca che si riversò sul pavimento.
- Oh, cavolo! -
Al secondo tentativo, Armin riuscì a
centrare l'entrata della camera e si affrettò a depositare il suo
carico profumato al sicuro sul tavolo con un sospiro.
Finalmente i due amici poterono
guardarsi in faccia.
Eren indicò i fiori. - E quelli? Li
hai raccolti tu? -
- Oh, no! Sono da parte di Christa,
cioè, volevo dire Historia. - rispose Armin, spazzolandosi via
rimasugli di petali e polline dall'uniforme e dai capelli. - O forse
ormai dovrei chiamarla Sua Maestà. Non mi sono ancora abituato. -
- Come? Hai visto Historia? Raccontami.
-
Eren fece cenno all'amico di
accomodarsi sulla sedia accanto al letto e il biondo prese posto.
- Sì, sono stato alla fattoria dove
accoglie i bambini orfani. Mi ha chiesto di te e quando le ho detto
che ti sei ammalato ha chiamato tutti i suoi piccoli
ospiti e li ha mandati a raccogliere fiori per farti una sorpresa.
Alla fine li ha legati insieme con un nastro e mi ha incaricato di
consegnarteli. Ha detto che si trattava di un preciso ordine della
Regina delle Mura e che se non te li avessi portati, mi avrebbe
costretto a spalare il letame nelle scuderie ogni santo giorno per il
resto della mia vita. -
Eren si lasciò sfuggire un sorriso. -
Capisco. È proprio da lei. -
Armin lo fissò, stranito.
- Mi riferivo ai fiori. - precisò
l'amico. - Non al letame... -
- Be', sì, la conosci. - rassicurato,
Armin si strinse nelle spalle. - Anche se ormai è la Regina, quando
si tratta di fare qualcosa per il prossimo, non si tira mai indietro.
-
- Già. Alla faccia della ragazza più
cattiva di tutta l'umanità. - ridacchiò Eren, ricordando il momento
in cui l'amica l'aveva liberato dalle catene nella grotta dei Reiss
autoproclamandosi la ragazzaccia peggiore che esistesse sulla faccia
della terra, e tuttavia incapace di voltare le spalle a un amico nei
guai.
- Come hai detto? -
Eren si riscosse. - Oh, niente. Lascia
perdere. Piuttosto, che novità ci sono dal mondo oltre questa
stanza? Sono chiuso qui da così tanto tempo che ormai avrete già
sconfitto i Giganti e richiuso la breccia di Shiganshina. -
Armin sorvolò sull'ironia amara di
quella battuta pericolosamente vicina all'autocommiserazione e
rilasciò un sospiro. - Mi piacerebbe fosse vero. Ma lo sai che
entrambe le cose sono impossibili senza di te. -
Eren s'incupì e abbassò lo sguardo
sulle lenzuola stropicciate. - Già, dovrei essere là fuori a
perfezionare l'indurimento e invece sono bloccato qui a oziare senza
poter essere utile a nessuno. A cosa serve essere la speranza
dell'Umanità se basta un dannato raffreddore a mettermi fuori
combattimento? -
Digrignò i denti e strinse forte
l'orlo delle coperte tra le dita, consumato dalla frustrazione.
Armin rimase in silenzio per qualche
secondo. Il suo amico d'infanzia aveva sempre sofferto quel genere di
situazioni. Starsene a letto a riposare era un'attività che strideva
con la sua natura impetuosa già a nove anni. Doveva misurare bene le
parole. Lo conosceva a fondo e sapeva che inutili frasi di
circostanza avrebbero solo peggiorato il suo malumore.
- Sai, in realtà, io sono convinto che
tu abbia finito per ammalarti proprio a causa del troppo allenamento.
Credo che ti sia sforzato eccessivamente. -
Eren gli piantò addosso
un'occhiataccia offesa. - Che cosa vorresti dire? -
Armin si affrettò a correggere il
tiro, facendo oscillare le mani davanti a sé. - Non prenderla male,
non intendevo dire che sei debole o altro. Solo che forse... ecco,
forse hai esagerato con il potere del Gigante. Sappiamo tutti che sei
di costituzione forte. Da bambini non prendevi quasi mai il
raffreddore e anche quando capitava, ti rimettevi immediatamente.
Quello di salute cagionevole ero io, ricordi? Finivo sempre costretto
a letto per qualche malanno. -
Finalmente l'espressione arcigna di
Eren si ammorbidì mentre il ricordo d'infanzia evocato da Armin si
materializzava intorno a loro come una bolla di sapone multicolore.
- Sì, hai ragione. - confermò. - Papà
veniva a visitarti e poi incaricava me e Mikasa di passare a portarti
le medicine che preparava e riferirgli come stavi. Eravamo molto
fieri di quel compito. Anche se saremmo venuti a trovarti in ogni
caso.- aggiunse, facendogli l'occhiolino.
Armin gli restituì un sorriso luminoso
al ricordo di quei tempi relativamente spensierati. - Sì, è vero.
Guardavo dalla finestra che dava sulla strada per tutto il giorno e
aspettavo che arrivaste. E oltre alle medicine c'era sempre anche
qualche biscotto o fetta di torta che poi mangiavamo tutti insieme.
Alla fine, essere malato era quasi una fortuna! -
A quel punto il sorriso di Eren vacillò
e assunse una piega triste. - Mamma faceva finta di nulla, ma
scommetto che si accorgeva sempre dei dolci che sparivano quando io e
Mikasa venivamo a trovarti. Li sgraffignavamo dalla cucina mentre lei
non guardava. Anzi, ripensandoci ora, sono sicuro che ne preparasse
in più proprio per te. -
Armin assentì mestamente. - Già, i
tuoi genitori erano sempre molto gentili con me. -
I due tacquero, persi nei meandri del
dolce veleno di quelle memorie. Un velo di tristezza scese sulla
stanza come una ragnatela appiccicosa: più ci si dibatteva e più si
rischiava di rimanere intrappolati. I ricordi felici erano un'arma a
doppio taglio che occorreva maneggiare con molta attenzione e
destrezza. Arrecavano una gioia effimera dal retrogusto amaro ma
impiegavano meno di un secondo a trasformarsi in una lama che si
abbatteva sulle ferite mai del tutto rimarginate e che tornavano
puntualmente a sanguinare.
Armin si morse il labbro. Non era
quella l'atmosfera che aveva in mente per distrarre l'amico dai suoi
foschi pensieri. Doveva inventarsi qualcosa prima che quella cappa di
malinconia si facesse troppo opprimente.
Pensa, Armin. Pensa. È la tua
specialità, no?
A un tratto, l'idea giusta si presentò ammiccante. Un'idea un poco riprovevole ma che si
adattava perfettamente al suo scopo.
- Aspetta qui, torno subito. - fece,
alzandosi dalla sedia con uno scatto fulmineo finendo quasi per
rovesciarla e scapicollandosi fuori dalla stanza. Il suono dei suoi
passi concitati che scendevano le scale si spense, lasciando calare
nuovamente il silenzio nella camera.
- Tranquillo, non vado da nessuna
parte. - rispose tetro Eren al vano vuoto della porta.
Il biondo fece ritorno pochi minuti
dopo con un canovaccio stretto tra le mani e un'espressione furba
disegnata sul viso.
L'amico gli rivolse uno sguardo
interrogativo.
- Cos'hai lì? -
Armin riprese posto sulla sedia e gli
allungò l'involto. - Ecco! Per ricambiare il favore. -
Incuriosito, Eren dispiegò i lembi di
tessuto e liberò due grosse fette di torta di mele. Perfino con
l'olfatto inibito dal raffreddore riuscì a distinguerne chiaramente
l'aroma delizioso.
Osservò l'amico, incredulo. - Hai
rubato dalla dispensa? -
Il giovane arrossì con aria colpevole,
tormentandosi le mani. - Be', ecco, non proprio. In realtà ho rubato
direttamente dal forno, non dalla dispensa. -
Eren trovò quella risposta talmente
buffa e l'azione clandestina di Armin così inusuale per lui che
scoppiò a ridere di gusto.
Armin rimase a fissarlo a bocca aperta.
Era da molto tempo che non sentiva il suo migliore amico emettere una
risata così genuina, così spontanea. Si era ormai abituato ai suoi
sorrisi tirati che non coinvolgevano mai gli occhi e al cipiglio cupo
perennemente tormentato, come se reggesse le sorti del mondo sulle
proprie spalle (metafora che in fondo non si discostava poi così
tanto dalla realtà). Quella circostanza inaspettata gli fece un tale
piacere che finì per imitarlo e i due ragazzi si ritrovarono a
tenersi la pancia con le lacrime agli occhi.
- Sasha ti ammazzerà, lo sai, vero? -
chiese Eren, lasciando esaurire l'attacco di ridarella. - Ti pianterà
una delle sue frecce dritta in fronte. -
Armin si strinse nelle spalle. -
Correrò il rischio. - rispose. - Tu e Mikasa l'avete fatto per me
quando eravamo bambini, e ora è giusto che io faccia la mia parte.
Anche se non sarò mai coraggioso come voi. -
Eren sorrise affettuosamente all'amico
e scosse la testa. - Armin, preferirei affrontare cento Giganti in
una volta sola piuttosto che incorrere nelle ire di Sasha dopo averle
sottratto del cibo. Per come la vedo io, ora come ora sei il più
impavido di tutti. -
Il viso ancora un po' fanciullesco di
Armin si aprì in un gran sorriso. - Allora, prima di essere fatto a
pezzi dalla nostra ragazza-patata, vogliamo goderci insieme i frutti
del mio crimine? Dopotutto, potrebbe essere il mio ultimo pasto. -
I ragazzi gustarono la torta di mele
ancora tiepida e trascorsero il resto del tempo parlando e ridendo
come erano soliti fare da ragazzini.
Come se quegli anni insanguinati non
fossero mai trascorsi. Tale era il potere dell'amicizia.
Tra una chiacchiera e un'altra si fece
sera e gli altri membri della Squadra Levi rincasarono, terminate le
incombenze della giornata.
La conversazione dei due amici venne
troncata da una voce adirata levatasi dal piano di sotto.
- Ehi! Qui mancano delle fette di
torta! Chi è stato?! Chi ha osato?! -
- Sasha, calmati. Non è successo
niente di grave. - s'intromise una seconda persona, che avrebbe
potuto essere Mikasa.
- È gravissimo, invece! Giuro che se
trovo il colpevole lo sventro con le mie mani e poi lo metto a
bollire per farci uno stufato! Un bello stufato di ladro di torte! -
Armin impallidì e incassò la testa
tra le spalle, come a volersi rimpicciolire fino a scomparire.
Eren lo guardò con compassione mista a
divertimento. - Be', è stato bello conoscerti, amico. Non
dimenticherò mai il sapore di quella torta. Il tuo sacrificio
rimarrà nel mio cuore. -
Il biondo accennò un sorrisetto
incerto (con Sasha, non si poteva mai sapere). - Già, sembra proprio
che mi toccherà finire bollito. Sinceramente, non ne ho nessuna
voglia. -
N.d.A.
Rieccomi con il secondo atto di questa
raccolta semiseria.
Dato che non ci sarà un capitolo
dedicato a Historia, ho voluto includerla indirettamente tramite
Armin. Mi sembrava giusto che venisse almeno menzionata, specialmente
dopo gli eventi della prima parte della terza stagione.
Detto ciò, grazie come sempre a chi
sarà passato da qui!
Alla prossima!