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Autore: Duevite    24/03/2024    0 recensioni
Gabrielle è una ragazza di 29 anni che, all'ultimo giorno di tirocinio della sua facoltà, fa un incontro strano o meglio, stranamente speciale.
Un incontro che si porterà dietro per un po' di tempo.
Un incontro che le farà di nuovo provare qualcosa.
Un incontro che cancellerà gli anni di delusioni e di dolori provati a causa di persone sbagliate.
Un incontro che la aiuterà a scoprire sé stessa.
Un incontro che non dimenticherà mai più.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Arrivai a Firenze intorno alle sei di sera.
Alla stazione trovai mia sorella e mio fratello ad aspettarmi.
“Gabri!” Urlò mia sorella appena mi vide in lontananza.
Io sorrisi e le corsi incontro.
Abbracciai prima lei e poi mio fratello, il quale prese la mia valigia e mi diede due baci sulle guance.
“Allora? Come state?” Chiesi io mentre andavamo verso la macchina.
“Molto bene, Agnese non vede l’ora di vederti!”
Agnese era mia nipote, la figlia di mia sorella, che aveva quattro anni.
Ovviamente era la principessa della famiglia, riceveva tanti di quei regali da parte di tutti.
Mio fratello invece era fidanzato da un po’ di anni ed era intenzionato ad averne ma era ancora giovane.
“Ti vedo molto bene!” Disse mia sorella scrutandomi.
“Sono stanca morta, Grace.” Replicai io passandomi una mano tra i capelli.
“Fred, tu come stai?”
“Anche io stanco.” Mi disse lui salendo in macchina.
Mia sorella aveva studiato Economia, mio fratello invece studiava Moda.
Arrivammo dopo poco a casa, lì ci aspettavano i miei genitori, mia nipote e i miei cognati.
Entrando in casa Agnese mi corse incontro.
“Zia!” Esclamò saltandomi tra le braccia.
“Ehi, principessa!” Io la presi al volo e la abbracciai forte.
Salutai tutti gli altri tenendo lei in braccio.
“Che ci racconti di nuovo? Come va a Mombasa?”
“Fa molto caldo, ma si sta benissimo. Niente a confronto.”
Quando decisi che avrei fatto quel lavoro i miei genitori non so bene come la presero.
Non mi dissero mai niente, ma secondo me, almeno all’inizio, morivano dalla paura.
Fui molto fortunata, però, a trovare tante persone che credessero davvero molto in me.
Quella sera i miei genitori decisero di andare a mangiare fuori tutti insieme, la cosa mi rese molto felice perché in Africa non potevo mai permettermi il lusso di una cena fuori, un po’ perché il mio lavoro era talmente imprevedibile che tante volte tornavo a casa e dovevo correre di nuovo in ospedale, un altro po’ perché lì i ristoranti erano davvero pochi e spesso turistici quindi non ne valeva la pena.
Al contrario, però, spesso venivo invitata poi nelle case delle ragazze che aiutavo a partorire, quella era una cosa che mi rendeva sempre felicissima.
Avevo vissuto esperienze spettacolari, momenti che niente e nessuno avrebbe mai cancellato dalla mia mente.
I tramonti dell’Africa, il loro modo di vivere, i loro sorrisi splendenti, il loro modo di dire “grazie” anche senza dirlo a parole, i bambini che vedevo crescere in salute.
Erano tutte piccole cose che mi riempivano di gioia.
Io e mia sorella ci preparammo insieme, come quando eravamo più piccole.
Io mi misi una gonna di jeans e una maglietta stretta a maniche lunghe, le mie immancabili converse nere e un giacchetto di pelle.
Lasciai i capelli sciolti e mi feci un trucco molto leggero.
Uscimmo e andammo a piedi in centro a Firenze.
Decidemmo di andare a mangiare in un ristorante tipico vicino al Duomo.
Quando entrammo vidi che era veramente pieno di gente.
Mi guardai attorno e pensai a quanto io non fossi più abituata a quelle convenzioni sociali.
La cena fu molto piacevole e tranquilla, Agnese si addormentò in braccio al padre come al solito, mio fratello e mia cognata dopo un po’ andarono via, anche quello come al solito.
Non era cambiato niente e nessuno.
Mentre io, mia madre e mia sorella parlavamo il mio telefono vibrò.
Lo tirai fuori e vidi un messaggio del tutto inaspettato.
‘Quella gonna di jeans ti sta benissimo’
Era di Ahmed.
Io alzai lo sguardo, cercai i suoi occhi nocciola lungo la sala del ristorante.
Lo vidi, in fondo alla sala, con una camicia nera sbottonata fino a metà petto e dei pantaloni in simil pelle neri lucidi, alcuni dreads davanti agli occhi, era solo, una mano al mento con le dita sul labbro inferiore, gli occhi puntati su di me.
Mi sentii tremare le gambe.
Non sapevo cosa fare.
“Tutto bene, Gabri?” Mi chiese mia mamma.
Io mi girai verso di lei.
“Eh? Ah, sisi tutto bene.” Risposi togliendo gli occhi da Ahmed.
Finsi di non aver visto quella immagine.
Mi sentivo osservata o, meglio, fissata.
Con avidità e desiderio.
Non ci dovevo pensare.
“Devo andare un attimo in bagno.”
Dissi io scivolando dalla sedia.
Lasciai il telefono sul tavolo e mi diressi verso il bagno a passo svelto.
Gli passai davanti e sentii i suoi occhi fissi su di me per tutto il tempo.
Nel preciso istante in cui passai davanti al suo tavolo sentii la sua figura possente alzarsi e seguirmi.
Non riuscii ad arrivare alla porta del bagno, sentii la sua mano grande e affusolata afferrarmi il polso e girarmi.
Mise entrambe le mani sui miei fianchi e mi spinse verso il muro.
Si abbassò su di me e scivolò sulle mie labbra.
Mi baciò con desiderio, mise una mano sulla mia nuca e spostò la mia testa all’indietro.
Io mi lasciai scappare un verso di piacere.
“Non fare così.” Pronunciò sulle mie labbra.
Puntai i miei occhi nei suoi e con un dito afferrai la collana che aveva al collo per avvicinarlo di più a me.
“Non so cosa vuoi da me.” Dissi fissando le sue labbra.
“Esci con me.” Mi disse inaspettatamente.
“Cosa?” Mi allontanai leggermente.
Fino a quel momento non avevo mai pensato a noi due insieme, o almeno non credevo lui ci pensasse.
“Esci con me.” Ripeté lui sorridendo.
“Non pensavo volessi uscire con me.”
“Siamo già usciti una volta.” Si allontanò anche lui leggermente, era davanti a me.
Bellissimo e altissimo.
“Non era una vera uscita.” Replicai io incrociando le braccia.
“Hai perfettamente ragione.” Mi sorrise, si avvicinò a me e mi prese una mano.
“Sei libera adesso?” Mi diede un bacio sul palmo guardandomi.
Era un ragazzo dannatamente ammaliante.
“Adesso sono con la mia famiglia, in più sono davvero stanca.
Se vuoi ci sono domani.”
Lui si avvicinò di nuovo a me, mi prese il mento e mi diede un bacio leggero sulle labbra.
“Allora domani staremo insieme.”
Si girò e si allontanò da me, poi si fermò più avanti, come se mi stesse aspettando.
Io mi avvicinai a lui, mi prese la mano e mi fece camminare al suo fianco.
Mi sentivo così piccola in confronto a lui.
Mi sorrise di nuovo e mi diede un bacio sulla guancia.
“Buonanotte, Habibi.”
Io gli sorrisi a mia volta e tornai al tavolo con i miei genitori, i quali non si erano accorti di nulla.

La mattina dopo mi svegliai con estrema calma.
Avevo passato gli ultimi sei mesi senza orari veri e propri, lì in Africa cercavano in tutti i modi di darci orari fissi ma alcune volte diventava veramente complicato.
La settimana a Milano fu leggermente incasinata, un po’ perché dovevo riprendere il ritmo della città, un po’ perché la casa era stata vuota per tanto tempo e quindi andava sistemata, un altro po’ perché mi mancava il caldo e il mare Africano.
Quella mattina mi ero imposta di dormire fino a tardi.
Scesi dal letto e andai subito in bagno dove mi feci una doccia veloce e rinfrescante.
Erano i primi giorni di Aprile, c’era una temperatura molto piacevole, né troppo calda né troppo fredda.
Scesi in cucina dove c’era mia mamma che giocava al telefono.
“Buongiorno.” Dissi leggermente assonnata mentre mi avvicinavo alla macchinetta del caffè.
“Buongiorno, tesoro.” Rispose mia mamma alzando appena la testa dal telefono.
“Che programmi hai per oggi?” Mi chiese lei dopo che avevo bevuto il mio caffè.
“Non lo so, vorrei uscire un po’.”
Dalla sera prima non avevo ancora toccato il telefono, ero davvero stanca e confusa da tutto quello che stava succedendo.
Feci velocemente colazione e tornai in camera mia, la risistemai e poi finalmente presi il telefono.
C’erano due messaggi di Ahmed.
Nel primo, mandato la sera prima, c’era scritto: ‘I tuoi occhi mi hanno ricordato perché bisogna sempre sorridere almeno una volta al giorno.’
Leggere quel messaggio, mi fece sorridere.
Il secondo me lo aveva mandato qualche minuto prima e c’era scritto semplicemente: ‘Alle 11.30 sono da te, fatti trovare pronta, ho una piccola sorpresa.’
Guardai l’ora.
Erano le 10, avevo tantissimo tempo per prepararmi.
Alle 11.30 precise lui arrivò sotto casa mia.
Io uscii dal cancellino, lui era sceso dalla macchina.
Indossava dei jeans chiari un po’ larghi, una camicia di lino bianca leggermente aperta e un giacchetto di pelle azzurro chiaro.
Era sempre impeccabile.
Si avvicinò alla portiera del passeggero e la aprì.
“Buongiorno, habibi.”
Mi porse la mano, io misi la mia nella sua, lui mi baciò il palmo e mi fece salire in macchina.
Erano questi piccoli dettagli che mi piacevano tantissimo di lui.
Fece il giro della macchina, entrambi continuammo a fissarci, salì in macchina e mi sorrise.
“Sei pronta?”
“Sono curiosa, più che altro.” Replicai io.
Mise in moto la macchina e partì.
“Allora, come va il lavoro?” Mi chiese quasi subito.
“Il lavoro molto bene, sono riuscita a fare ciò che desideravo e anche di più.”
“Lo so, ti vedo da instagram.”
Io sorrisi timidamente.
“Piuttosto te, come sta andando il nuovo disco?”
“Stancante, non riesco molto bene a capire cosa sta succedendo.
Alcune volte penso che sia solo un sogno.”
“Ho visto che nell’ultimo anno sei diventato davvero famoso, io ho sempre creduto sarebbe successo.”
“Tu hai sempre creduto in me, è diverso.”
“Sì, hai ragione.”
Mi sorrise di nuovo e poi mise la sua mano nella mia.
In dieci minuti arrivammo a destinazione, era un palazzo immerso nel verde.
Entrammo da un cancello alto all’interno di un parcheggio immenso.
Lui fermò la macchina e scese velocemente arrivando dalla mia parte, mi aprì la portiera e mi porse la mano.
Io scesi e mi sistemai leggermente il vestito lilla che avevo.
“Sei veramente bellissima.”
Mi disse squadrandomi.
“Anche tu lo sei.”
Lui si morse il labbro e poi distolse lo sguardo.
“Ti piace?”
“Il posto è bellissimo, ma cosa c’è di particolare?”
Lui rise appena.
“Non ti smentisci mai, eh?”
“Lo sai già.”
“Andiamo.”
Mi prese la mano e percorremmo il viottolo per entrare all’interno del palazzo.
Una volta entrati ci trovammo in una prima stanza dove c’erano due infopoint ad entrambi i lati, uno stanzone unico con delle finestre molto alte dove c’era un ristorante/bar e due scalinate che portavano al piano superiore.
Non c’era nessuno se non noi e le persone che vi lavoravano.
Lui prese la mappa del posto e si diresse verso la scalinata a destra.
“Ahmed! Ma dove vai?” Chiesi io non capendo cosa stesse facendo.
“Seguimi.” Mi fece segno di andare verso di lui.
Lo seguii e andammo al piano superiore.
Una volta raggiunta la cima della scalinata mi ritrovai in uno stanzone enorme, illuminato grazie alle enormi vetrate, pieno zeppo di fiori coloratissimi.
Lui si fermò davanti a me e si girò per guardarmi o, meglio, per guardare la mia reazione.
Io ero a bocca aperta, incantata da tutti quei bellissimi fiori.
“Ma che posto è?”
“Ti piace?” Mi chiese mettendosi una mano davanti la bocca sorridendo.
Io lo guardai e mi avvicinai a lui.
Lui mi prese i fianchi e mi avvicinò a lui.
“Questo, è veramente spettacolare.”
“Sono contento ti piaccia.”
Si abbassò su di me e mi lasciò un bacio leggero sulle labbra.
Io lo abbracciai, lui ricambiò.
“Ma che cos’è? Tipo una mostra?” Chiesi io staccandomi da lui e girando per la stanza piena di fiori.
“No, l’ho preparato io.” Mi rispose con tranquillità venendomi dietro.
Io mi bloccai e lo guardai.
“Cosa?” Risposi confusa.
Lui rise appena.
“Ho allestito questa stanza per te.”
“Stai scherzando, vero?”
“Perché?” Mi chiese lui prendendo una rosa rosso fuoco.
“Non ti hanno mai regalato dei fiori?”
Mi porse la rosa, io la presi guardandomi attorno.
“Ahmed, tu non mi hai semplicemente regalato dei fiori.”
Lui puntò i suoi occhi nei miei.
In quella stanza, con quella luce, con tutti quei fiori, mi sembravano più chiari e bellissimi.
“Lo so.”
Si avvicinò a me e mi baciò, come non aveva mai fatto fino a quel momento.
Mi strinse a sé e il suo profumo mi abbracciò con lui.
Si staccò appena.
“Tu meriti tanto e lo sai.”
Mi sussurrò sulle labbra.
“Io posso darti quel tanto di cui hai bisogno, te lo prometto.”
“Le promesse sono pericolose, Ahmed.”
“Per te sono disposto a correre il rischio.” 
   
 
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