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Autore: vegeta4e    25/03/2024    0 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XX

Mac guardò Stella e roteò gli occhi. Conosceva fin troppo bene quell’espressione e sapeva già dove sarebbero andati a parare. Lui non fece in tempo a dire nulla, infatti, che la collega lo anticipò.
- Sai? Credo che voglia qualcosa in cambio. - Ammiccò.
Lui si limitò a guardarla di sbieco, rimanendo immobile in attesa che Dana tornasse.
- Dipende da cosa vuole. -
- Ah, io credo di saperlo. - Sorrise lei. - Una notte di fuoco. -
Mac fece la sua solita espressione. - Che non avrà, allora. - Concluse con decisione.
- Ti sto solo mettendo in guardia. Lei ci proverà con te. - Lui sospirò. Affrontare quei discorsi lo metteva sempre a disagio.
- Questo l’ho intuito anch’io, Stella. Sto cercando di dirti che non mi interessa. -
Lei gli diede una gomitata affettuosa. - Ti conviene, sennò avviso Peyton. -
Mac le lanciò un’occhiata. - Credevo che io e te fossimo una squadra, e invece scopro che mi tradiresti così. - Finse risentimento, ma scherzava.
Stella alzò le spalle, come a chiedergli scusa. - Solidarietà femminile. -
Taylor non poté evitare di scuotere la testa sorridendo. - Dì alla tua solidarietà di stare calma, non ha motivo di allarmarsi, te l’assicuro. -
Lei fece per rispondere, ma un rumore di tacchi fece intuire a entrambi che Dana stesse tornando. Dopo pochi secondi, infatti, rientrò dalla porta.
- Eccomi. L’auto è una Nissan del 2006, risulta intestata ad un certo Drew Bedford. -
Mac sgranò gli occhi voltandosi immediatamente verso Stella. La loro espressione parlò per loro, perché il detective Foster rimase turbata.
- … Che succede? Lo conoscete? -
Taylor annuì. - Fin troppo bene, ma dovrebbe essere in carcere. Ero presente al suo arresto. -
Stella non ebbe il coraggio di parlare, l’esperienza di Drew l’aveva colpita profondamente, specialmente per i risvolti che si erano scoperti legati al passato di Mac a Chicago.
- Dov’è detenuto? -
- Rikers Island. -
Dana prese il cellulare dalla tasca per telefonare all’istituto di detenzione appena menzionato da Taylor.
- Buonasera, detective Foster. Ci risulta un’auto in circolazione intestata ad uno dei vostri detenuti. Il nome è Drew Bedford. Volevo chiederle se si trova ancora lì attualmente oppure se abbia ricevuto qualche permesso. Bene, grazie, arrivederci. -
Mac e Stella la fissarono per tutto il tempo senza avere il coraggio di aprire bocca. Fu lei, dopo aver chiuso la chiamata, a dare loro la notizia.
- Ha ottenuto un permesso per buona condotta appena venti giorni fa. Libertà vigilata, hanno detto che ha la cavigliera. -
Mac scosse la testa incredulo. Lui e Bonasera si scambiarono un’occhiata piena di rabbia e rassegnazione, ma avevano entrambi le mani legate.
- Cosa ha fatto? - Domandò Foster.
- Ha provato ad uccidermi. - Taylor fu sintetico e diretto come al solito. - È ancora fuori per la libertà vigilata? -
Dana annuì. - Sì, e grazie alla targa ho anche il suo indirizzo. Andrò a parlargli sperando di trovare qualcosa su cui lavorare. Eventualmente potresti venire con me, Stella. -
Mac sarebbe voluto intervenire e dire di no. Drew era stato molto abile mesi prima ad entrare in punta di piedi nella vita di Stella, e voleva che lei gli stesse il più lontano possibile.
- Del caso Bedford ci occupammo mesi fa e Sinclair ne è a conoscenza perché c’era anche lui quando Drew provò ad uccidermi. Nel frattempo tra me e il capo ci sono stati attriti, e sono sicuro che ora, se può evitare di farmi un favore non si lascia scappare l’occasione. Per ora occupatene tu, eventualmente chiedi consiglio a Flack, ma non coinvolgerlo in prima persona. Sono tutti sollevati dal mio caso. -
La donna annuì di nuovo, non aspettandosi che dietro ci fosse un tale casino.
- Vi terrò aggiornati. - Lui e Stella annuirono, uscendo poi dallo stanzino e lasciando gli uffici pieni di agenti indaffarati.
- Vai a casa. - Gli disse Bonasera. - Ti farò sapere se ho novità. Non prendertela con Peyton, fino a questa notte ne sapeva quanto te. E avresti dovuto immaginare che quel ragazzo avrebbe mosso mari e monti per te. Non accettava la situazione, non accettava di essere impotente mentre venivi massacrato dai media. -
Ci furono attimi di silenzio. Mac mise le mani in tasca per ripararle dal freddo del tardo pomeriggio ed espirò dalla bocca, creando una piccola nuvola di vapore.
- Non voglio che rischiate per me, tutto qua. -
- Finiscila. Dai, ci sentiamo dopo. - Taylor incassò una botta amichevole sul braccio, guardando poi l’amica allontanarsi a piedi in direzione del laboratorio.
Mac lasciò di proposito che lei lo anticipasse, prendendo poi la stessa direzione con passo rilassato. Quando arrivò davanti al palazzo in cui lavorava da anni, aprì le ante come se tutta la situazione incasinata in cui era fosse una mera fantasia, avvicinandosi quindi alla guardia che autorizzava l’ingresso.
- Buonasera, sono Taylor. Dovrei salire negli uffici per un paio di minuti, ho dimenticato le chiavi nello spogliatoio. -
L’uomo, ovviamente, lo riconobbe subito. E si ricordò anche di come era uscito quella mattina: a mani vuote, passo furioso e un’espressione indecifrabile che mai aveva visto sul viso sempre composto del detective. Era credibile che avesse scordato qualcosa data la fretta con cui era uscito.
- Certo. - Gli sorrise. - Entri pure. -
- Grazie. -
Mac lo superò andando verso l’ascensore, ma invece di premere il tasto del piano dei laboratori, andò dritto in obitorio dove era sicuro di trovare Peyton.
Percorse il corridoio a passo spedito temendo che qualcuno potesse vederlo dentro i laboratori senza autorizzazione, quindi aprì le pesanti porte della sala delle autopsie e se le richiuse rapidamente alle spalle.
Si girò poi verso sinistra, dove i letti di acciaio occupavano la maggior parte dello spazio all’interno della camera mortuaria. Lei era lì, china su un corpo parzialmente coperto da un lenzuolo, che osservava delle ferite al torace aiutata da una lente d’ingrandimento.
Mac accennò un sorriso, bussando poi un paio di volte con le nocche sulla vetrata, che divideva l’obitorio dall’ingresso, per attirare la sua attenzione.
Lei si girò subito, sorridendo dopo la sorpresa iniziale. Dopo aver posato la lente sul ripiano che aveva lì accanto lo raggiunse nel piccolo corridoio oltre il vetro e lui, approfittando del fatto che fossero soli, le lasciò un bacio sulle labbra.
- Ti devo parlare. - Esordì subito dopo.
Il sorriso di Peyton si smorzò di colpo sentendo quelle parole, diventando improvvisamente seria.
- Cosa è successo? -
- Temo che per qualche giorno dovremmo evitare di vederci. - Disse senza troppi giri di parole.
Il cuore di lei saltò un battito. - … Perché? -
Mac prese un respiro profondo, guardando verso il soffitto nel tentativo di stirare i muscoli del collo.
- Da dove inizio… I tizi che hanno ucciso Chantal Trevis hanno usato un’auto intestata ad un certo Drew Bedford. Drew in realtà si chiama Andy, ed è il fratello di un mio amico di Chicago. Qualche mese fa ha tentato di uccidermi per vendetta personale. Non voglio che arrivi anche a te, si è finto interessato a Stella per mesi, le mandava regali in ufficio, la invitava fuori a cena e tutto solo per arrivare a me. Sono anche disarmato, se dovesse provare a farti qualcosa non potrei neanche intervenire. -
- Ed io dovrei starmene in disparte sapendo una cosa del genere? - Rispose dopo aver ascoltato in silenzio.
- Certo. Se succede qualcosa quando esci da casa mia? O se mi vedono entrare a casa tua? Non scherzare, Peyton. Non deve sapere niente. -
Lei lo fissava con aria allibita, sconcertata di come lui pretendesse che lei stesse tranquilla sapendo una cosa del genere.
- E se ti aggredisce mentre sei solo in casa?! -
- Io so difendermi. -
- E io so usare un bisturi. - Incalzò lei.
Mac non trattenne un sorriso. - Lo sai usare sui cadaveri, non sulle persone vive che tentano di ammazzarti. La mia comunque non era una richiesta, era un’informazione. - Disse categorico.
Peyton non aggiunse altro, capendo che discutere di questo con Mac sarebbe stata una guerra persa in partenza. Era pur sempre un poliziotto, un uomo addestrato a difendere gli altri prima di se stesso, non avrebbe mai ceduto a nessun ricatto.
Vedendola così, lui sentì lo stomaco chiudersi.
- Sono solo preoccupato per te. - Aggiunse, sperando di calmarla.
- E io per te… -
- Ma io sono già coinvolto, tu invece no. E devi rimanerne fuori. - Disse mettendole una mano sulla guancia.
Lei gli riservò uno sguardo preoccupato.
- Mi spieghi come faccio a stare tranquilla sapendo che c’è un pazzo che vuole vendicarsi e che, per giunta, sei disarmato? Dici che ti sorveglia? -
Mac scosse piano la testa sospirando. - Non lo so. Non credo, me ne sarei accorto, immagino. Penso che il suo obiettivo fosse farmi incolpare dell’omicidio di Chantal Trevis, ma ora che abbiamo scoperto che c’è lui dietro, forse passerà al piano B. -
L’espressione sul viso di Peyton peggiorò a quelle parole. - Ossia farti del male? -
- Sono solo ipotesi. - Tentò di calmarla.
Lei si passò una mano tra i capelli non riuscendo a togliersi di dosso il senso di ansia che da qualche minuto si era insinuato nella sua testa. Mac se ne accorse. Era pentito di averle dato un dispiacere, ma non poteva rischiare di metterla in pericolo.
- … Mi dai un pensiero in meno se so che tu non corri rischi. - La guardò negli occhi azzurri, notandoli lucidi.
Peyton deglutì per poi annuire concorde.
- Va bene, ma promettimi che starai attento. -
Taylor non fece in tempo a risponderle, fu costretto ad accoglierla tra le sue braccia e stringerla, così come fece lei. Rimasero così per un po’, in silenzio, con lui che le accarezzava la schiena nel tentativo di trasmetterle un po’ di sicurezza.
La suoneria del cellulare di Mac li destò entrambi, interrompendo quel momento così intimo e tranquillo che erano riusciti a ritagliarsi in tutto quel caos.
“Sinclair”.
Prese un respiro prima di rispondere. - Taylor. -
- La aspetto nel mio ufficio. - Si limitò a dire.
- Mi dia cinque minuti. - Le loro conversazioni si erano ridotte a questo, semplici scambi di informazioni comunicate col tono più formale di cui fossero capaci.
- Era Sinclair. - Spiegò posando il telefono nella tasca interna della giacca. - Mi vuole parlare. -
- Spero per reinserirti. -
Lui alzò le sopracciglia, non troppo convinto. - Il suo tono non era molto predisposto al dialogo pacifico. - La guardò sorridendole. - Ti lascio con il tuo amico. - Indicò il cadavere ancora sul letto di acciaio con un cenno del capo.
Lei sorrise divertita. - D’accordo, ti chiamo stasera. -
Taylor annuì. - Fa’ attenzione quando torni a casa. -

Bussò due volte per annunciarsi, non tanto per rispetto, dopodiché Mac aprì la porta senza attendere il permesso di Sinclair. Si scambiarono un’occhiata gelida non appena il detective comparve da dietro il legno, studiandosi mentre Taylor chiudeva la porta dietro di sé.
Mac avanzò verso il centro della stanza, fino a fermarsi tra le due poltrone posizionate di fronte alla scrivania del suo capo.
Fu proprio lui a iniziare. - Nonostante il caso sia ancora aperto, i risultati delle analisi la escludono come sospettato. - Mac ascoltava in silenzio con le braccia lungo i fianchi, curioso di sentire fino in fondo il discorso di Sinclair prima di iniziare il proprio. - Si riprenda pistola e distintivo. - Li posò entrambi con un certo disappunto sul ripiano e Taylor li prese con calma.
La fondina tornò al suo posto, attaccata alla cintura sul lato destro, mentre il distintivo dall’altro lato e Mac fece il tutto senza mai staccare gli occhi da quelli di Sinclair. Attese qualche secondo prima di parlare, ma vedendo che il capo non aveva altro da aggiungere, prese fiato.
- Ho solo una domanda: perché? Perché non perde mai occasione per provare a rovinarmi? Non capisco se è una cosa personale o se sono semplicemente sfortunato io e lei sfrutta chiunque sia in una posizione spiacevole per acquisire credibilità agli occhi dei cittadini. - L’altro non rispose. - Eppure, con un po’ di modestia, potrei dire di aver sempre seguito il protocollo alla lettera e, per quanto riguarda lei, di averle salvato il culo più volte. -
- Lei è un uomo intelligente, Taylor. - Iniziò Sinclair. - E molto spesso chi ha questa caratteristica non fa una bella fine. -
Mac annuì. - Potrei essere d’accordo se cercassi di pestarle i piedi, ma a me non interessa nulla di ciò che fa lei. Io mi limito a risolvere i casi, e lei ci mette la faccia con i media. Entrambi siamo contenti. Ma sa cosa? Forse ho capito. - Attese qualche secondo, poi infilò le mani nelle tasche della giacca. - Ho capito qual è il problema. Io non sono immischiato nel loop infinito di ricatti in cui è lei. Non c’è niente con cui qualcuno dei piani alti mi possa ricattare, sono totalmente anonimo per quanto riguarda gli scandali e, soprattutto, non mi faccio comprare per due spiccioli. Perché sa bene che potrei entrare anche io in questo giro. Di informazioni ne avrei tante, ma non mi interessa usarle. - Disse riferendosi ai files che lesse sulla chiavetta USB*.
Sinclair serrò le labbra, ritenendosi fortunato che Mac fosse totalmente disinteressato a quel genere di carriera. Nella sfortuna, almeno, gli era andata bene.
- Ma la avverto. - Continuò Taylor. - Non permetterò più che il mio lavoro venga messo in discussione perché lei ha bisogno di cavalcare i disagi degli altri per stare a galla. Così come non tollererò più che la mia vita privata venga utilizzata per accusarmi di avere disturbi emotivi, utilizzati poi come basi per accuse inesistenti. Ho rischiato più volte la vita per questo distintivo, ed essere accusato da qualcuno che se ne sta tutto il giorno alla scrivania non lo accetto. Quindi, Sinclair, se si sta chiedendo come agirò la prossima volta, o direttamente adesso se sarò costretto, le informazioni di cui sono a conoscenza non saranno più solo un segreto mio e suo. -
Sinclair impallidì, diventando visibilmente teso per quella situazione in cui Mac l’aveva costretto.
- Ammetto che ci vuole un certo coraggio a ricattare il proprio capo, detective Taylor. Devo dargliene atto. -
Il detective allargò leggermente le braccia. - Cosa potrebbe accadermi di peggio rispetto a quello che è già successo? -
- Cos’è che vuole, Taylor? Che le riaffidi l’indagine sul suo caso? -
Mac sorrise. - Oh, adesso sono io quello a cui lecca il culo. Addirittura va contro i protocolli. -
- Le sto offrendo una possibilità! - Ribadì alzando il tono della voce. Quella era l’unica carta che Sinclair potesse buttare sul tavolo. Mac aveva letteralmente una scala reale e lui poteva solamente sperare che ciò che aveva da offrire potesse bastare al detective per non rovinarlo.
- Sì, mi sta decisamente leccando il culo. - Rise ancora. - La possibilità me la prendo. E le darò tutte le prove che dimostreranno che non sono stato io. Chiuderò il caso come ho sempre fatto. - E senza aggiungere altro afferrò la maniglia della porta e uscì.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Mac Taylor fece ritorno dentro il laboratorio con un’espressione decisamente più rilassata e vittoriosa. Tutti notarono il distintivo alla sua cintura e corsero ad abbracciarlo.
- Capo! Sei tornato! - Esclamò Danny.
- Siamo tornati. - Lo corresse il detective. - Tutti quanti. Siamo tornati sul caso. -
- Stai scherzando? - Rise Sheldon non riuscendo a capacitarsi di come ci fosse riuscito.
- Chiudiamolo e prendiamo quel bastardo. - Quella risposta valeva più di qualsiasi altra cosa.

 

To be continued...
 

*: per chi non lo sapesse (o non se lo ricordasse), durante un caso Mac e il suo team entrarono in possesso di una chiavetta USB. Questa pennetta era di un'avvocato (la vittima del caso, se non ricordo male) e conteneva materiale riguardante praticamente ogni pezzo grosso di NY. Essendo obbligato a leggere questi file per il caso, Mac trova un fascicolo riguardante anche Sinclair (se non erro era stato accusato di molestie nei confronti di una donna e lui, per paura che questa diceria uscisse sui giornali, lo aveva detto alla moglie prima che scoppiasse lo scandalo, ditruggendo quindi il matrimonio).
Durante il caso di Clay Dobson, Mac e Sinclair arrivarono già ai ferri corti, e Taylor fu costretto a giocarsi la carta della pennetta per salvarsi la carriera.

   
 
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