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Autore: Demy77    27/03/2024    2 recensioni
Per questa nuova long a tema Poldark ho deciso di farmi ispirare da un’altra delle mie grandi passioni televisive: la telenovela messicana Cuore Selvaggio, andata in onda in Italia nei primi anni ’90.
La trama in sintesi: Francis Poldark è tra i più ricchi giovani scapoli della Cornovaglia. L’ambizioso padre Charles pianifica il suo matrimonio con la contessina Elizabeth Chynoweth, la cui famiglia, pur di nobili origini, è caduta in disgrazia dopo la morte del capofamiglia Jonathan.
Con Elizabeth, bellissima ma capricciosa e volubile, vive Demelza, sua sorella adottiva, una trovatella che è stata cresciuta dai Chynoweth per volontà del defunto padre di Elizabeth; la ragazza è segretamente innamorata di Francis.
Il cugino di Francis, Ross, diseredato dalla famiglia molti anni prima, ritorna in Cornovaglia dopo aver combattuto nella guerra di indipendenza americana. Conduce una vita sregolata, dedicandosi ad affari poco leciti, trattando con disprezzo le classi sociali più abbienti.
Le strade dei quattro giovani si incroceranno, dando vita a passioni, intrighi, malintesi e ad una inaspettata e travolgente storia d’amore…
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passate due settimane dall’evasione di Ross ed altre due ne mancavano dall’udienza di discussione finale al processo. Demelza aveva superato le nausee mattutine e trascorreva le mattine dedicandosi a lavori di fattoria: dava da mangiare alle galline, raccoglieva le uova dal pollaio, puliva le gabbie dei conigli, raccoglieva le verdure nell’orto. I lavori più pesanti, tra cui la mungitura della mucca, li svolgevano Prudie e Jud. Sebbene non avessero molti animali, i possedimenti che circondavano Nampara consentivano loro di cibarsi regolarmente e di trarre qualche guadagno dal ricavato della vendita di ciò che era sovrabbondante. Anche gli affitti dei piccoli cottage limitrofi, tra cui quello in cui abitava il dottor Enys, offrivano a Demelza una certa tranquillità economica in quel periodo di assenza di Ross.
Una mattina, proprio mentre era in giardino a curare le rose, vide un bambino correre nel cortile con un cestino in mano. Le si avvicinò e le tese il cestino, che era pieno di more. “Per voi, signora”- disse il piccolo, e scappò via senza dare alla rossa il tempo di chiedere spiegazioni. Demelza si guardò intorno, ma il bambino era ormai troppo lontano e non le aveva dato ascolto, benché lo richiamasse a gran voce pregandolo di fermarsi. Chi le aveva mandato quel cestino? Le more erano tra i suoi frutti preferiti… cominciò a piluccarne qualcuno, e con sorpresa notò che sul fondo del cestino vi era un biglietto di carta ripiegato.
Lo aprì e lo lesse con il cuore in gola. Riconobbe subito la grafia di Ross: questa volta non c’erano dubbi. Era un messaggio molto sintetico. “Questa sera lascia la porta sul retro senza la spranga. Fai preparare a Prudie la tinozza per il bagno. Poi chiuditi in camera con il lume acceso e non muoverti per nessuna ragione”.
Le balzò il cuore nel petto. Possibile che quello sconsiderato di Ross avesse in mente di introdursi in casa quella sera? Moriva dalla voglia di rivederlo, ma era terrorizzata dall’idea che qualcuno potesse scoprirlo e condurlo nuovamente in carcere. Era notizia di pochi giorni prima che era stata posta una taglia sulla sua testa, il che rappresentava un’enorme tentazione anche per chi fino a quel momento gli era stato fedele. La somma promessa dalle autorità per chi consegnava Ross era sufficiente ad una famiglia media per sfamarsi per circa un mese, e non era un aiuto da sottovalutare in quei tempi grami. Demelza non sapeva dove Ross fosse nascosto, ma sospettava che avesse dovuto mutare più volte nascondiglio e che avesse contatti con pochissime persone fidate. Neppure Dwight le aveva rivelato nulla; forse su ordine di Ross stesso, per non angosciarla. Era stata interrogata più volte dai gendarmi, che quasi ogni giorno effettuavano ronde intorno a Nampara. Dwight e Pascoe, ne era certa, erano stati pedinati per vari giorni. Demelza non usciva di casa praticamente da due settimane, cosicché le forze di polizia si erano dovute rassegnare al fatto che era impossibile che quella donna avesse contatti con suo marito. Anche Dwight aveva diradato le visite a Nampara ed i messaggi che ogni tanto inviava a Demelza erano talmente generici che seppure le guardie li avessero letti non avrebbero intuito nulla di compromettente. Si trattava di consigli medici e di vaghi riferimenti alla buona salute “dei suoi pazienti” per i quali stava cercando “nuove cure”. Demelza era certa che Dwight voleva trasmetterle un messaggio in codice, per farle capire che la situazione di Ross era invariata e che l’amico continuava ad interessarsi di lui, per quanto poteva. Le poche volte in cui si erano visti di persona Dwight le aveva sussurrato, badando bene che neppure Prudie e Jud udissero, che Ross stava bene, che Demelza era costantemente nei suoi pensieri, che doveva avere pazienza e fede in Dio, perché presto tutto si sarebbe risolto.
Leggere ora quel messaggio di Ross le aveva fatto davvero battere il cuore. All’improvviso, però, pensò che di quel biglietto doveva far sparire ogni traccia. Lo bruciò alla fiamma di una candela fino a vederlo divenire cenere. Combattendo contro l’emozione, cominciò a ragionare. Alle 19 avrebbe cenato, come sempre; avrebbe detto a Prudie di prepararle il bagno in cucina per le 20 e l’avrebbe mandata a dormire, dicendo che si sarebbe occupata lei di riordinare. Prudie e Jud, una volta a letto, dormivano di sasso e non avrebbero sentito nulla. Avrebbe poi tolto la spranga dalla porta che separava la cucina dal cortile sul retro, quello di accesso al fienile, e sarebbe andata a letto, proprio come le aveva ordinato Ross.
Le sorprese per quella mattina, però, non erano finite. Prudie le consegnò un biglietto che era appena arrivato da Trenwith. Era Francis che preannunciava una sua visita per quella mattina stessa: il messaggero attendeva una risposta. Demelza vergò due righe, rispondendo che era in casa e lo avrebbe ricevuto volentieri.
Erano circa le dieci di mattina quando il cognato arrivò a cavallo. Era vestito con un mantello scuro e aveva un volto molto serio. Dopo i primi, dovuti convenevoli e dopo che Prudie ebbe servito loro del tè e delle focaccine dolci, Francis le spiegò che era venuto per mostrarle qualcosa: così le tese la lettera anonima giuntagli da Londra poco tempo prima. Demelza, leggendola, ebbe un moto di terrore sul viso. Non ebbe neppure il tempo e la forza di negare, che il cognato la apostrofò: “Come hai potuto farmi questo? Come hai potuto nascondermi una cosa simile, proprio tu che mi volevi bene? Hai permesso che la vergogna cadesse sulla mia persona e sulla mia famiglia!” “Non è così, Francis! – esclamò la ragazza, disperata – ti giuro che non ne sapevo nulla. O meglio, sapevo che Elizabeth aveva conosciuto un uomo di cui si era invaghita, ma non potevo sapere fino a che punto si fosse compromessa con lui… poi tu la chiedesti in moglie e lei mi giurava che non le interessava nessun altro, solo tu, che non potevo rovinarle la vita con una bugia, che tutti avrebbero creduto che parlassi solo per invidia e gelosia, perché io…”
“Perché tu mi amavi, vero? Me lo ha detto tua sorella. Oh, Demelza, perché non abbiamo avuto il coraggio di aprire il nostro cuore confidandoci ciò che provavamo? Anche tu mi piacevi, e se avessi saputo che ricambiavi i miei sentimenti, mi sarei imposto con mio padre, avrei chiesto la tua mano al posto di quella di Elizabeth, quella sguadrina bugiarda che non ha fatto altro che mentirmi dal primo istante…”. Francis prese le mani della moglie di Ross fra le sue. “Io non ce l’ho con te, mia cara… capisco la tua posizione, so che non volevi farmi soffrire, che eri vincolata dai doveri di obbedienza e lealtà verso la famiglia che ti ha accolto… sono sicura che ti hanno imposto il silenzio, facendoti pesare che quel matrimonio avrebbe finalmente risolto ogni vostro problema economico!  Tutto quello che è accaduto dopo… tu sei una povera vittima delle circostanze, al pari di me! Non sai quanto mi addolora pensare che io stesso ti ho gettato fra le fauci del lupo… ti ho consegnato, pura ed ingenua, a quell’uomo spudorato che non ti merita!”
“Non è così – gridò Demelza – io amo davvero Ross, e lui non è quello che pensi! Elizabeth lo ha ingannato, gli ha promesso che lo avrebbe sposato al suo ritorno da un viaggio in Francia nel quale ha rischiato la vita, pur di fare fortuna e potersi presentare da persona rispettabile a nostra madre… durante quel viaggio Ross ebbe delle vicissitudini, fu arrestato per errore e qualcuno della sua ciurma disse ad Elizabeth che non sarebbe più tornato perché doveva scontare una condanna a dieci anni di carcere … nel frattempo voi vi sposaste, e Ross, una volta ritornato in Cornovaglia, scoprì che la donna che amava non era più libera.”
“Fu per questo che giunse come una furia a Trenwith, non è così? Perché non mi ha affrontato da uomo a uomo, perché non mi ha reclamato il torto che gli avevo arrecato, perché non mi ha conteso quella svergognata di tua sorella, se tanto l’amava?”
“Era ciò che avrebbe voluto fare, ma quando giunse a Trenwith eravate ancora a Londra per il viaggio di nozze e sono stata io ad impedirglielo, facendolo ragionare… avevo paura che vi sfidaste a duello e tu potessi essere ferito o peggio, morire!”
“Era per questo che gli giravi sempre intorno? Per convincerlo ad andarsene? Ah! – sbottò Francis – non ti rendi conto che, con l’intento di proteggermi, mi hai reso ridicolo ai suoi occhi?”
“No – replicò Demelza – Ross ben presto capì che tu eri una vittima al pari suo, e che non era il caso di spargere sangue fra di voi. Siete cugini, per l’amor del cielo! Comprese che non valeva la pena di turbare la tua pace familiare, tu non avevi alcuna colpa ed Elizabeth… Ross pensò che doveva vivere la vita che aveva scelto accanto a te e dimenticarsi di lui”.
“Anche tu sei completamente accecata da quel mascalzone, mio padre ha ragione… lui è l’unico che non si è fatto abbindolare da Ross! La verità è che il mio caro cugino finse di assecondarti perché capì che per lui era più conveniente fingersi mio amico, anzi il fratello che non ho mai avuto… recitare la parte del figliol prodigo che torna a casa pentito…sono sicuro che lui ed Elizabeth erano in combutta: lei gli avrà promesso di continuare ad essere la sua amante, purché si rassegnasse al fatto che era sposata e non mi desse troppe noie. La sua vendetta è stata farsi restituire Nampara: tu pensa che se mio padre non fosse stato categorico gli avrei restituito anche la miniera di zio Joshua, oppure lo avrei reso mio socio. Sappi che non lo giudico male per questo: in fondo, imbrogli e disonestà sono stati il suo pane quotidiano fin da quando è nato, non ha fatto che seguire la sua indole. Ciò che non gli perdono, è aver accettato di prenderti in moglie. Immagino che Elizabeth gli avesse detto che tu mi amavi e che avresti accettato qualsiasi sacrificio pur di risparmiarci il disonore e lo scandalo … e ha pensato bene di approfittarne, quel bastardo!” “Ti ripeto che non sono andate così, le cose! – ribatté Demelza – Ross mi parlò in maniera onesta e mi lasciò libera di scegliere se sposarlo. Era preoccupato che facessi una scelta sbagliata solo per proteggere te ed Elizabeth. Fui io a dirgli che volevo che il matrimonio avvenisse il prima possibile e che era l’unica cosa sensata da fare. Sai bene che avrei voluto entrare in convento e che mia madre e tuo padre mi osteggiavano. Non volevo che mi costringessero a sposare qualcuno, ma sapevo che era solo questione di tempo. Se proprio dovevo sposare un uomo che non amavo, scelto da altri per me, che almeno servisse a qualcosa. Pensai che, una volta sposato con me, Elizabeth non avrebbe più cercato Ross, e lui ugualmente…”
“Povera illusa! Tu pensi davvero che quei due non abbiano avuto più legami dopo le vostre nozze? Non ricordi a Bath, quando con un pretesto ci mandarono da soli a teatro? Mi dispiace dirtelo, Demelza, ma sono convinta che Elizabeth e Ross non abbiano mai interrotto la loro relazione, e poi questa lettera…”
“La lettera dice il falso! Dio solo sa chi l’ha scritta, allo scopo di ferirti e spargere infamie! Io credo a Ross: lui mi ha giurato più volte che dopo essere tornato da qual viaggio ed aver scoperto che Elizabeth era sposata con te non c’è stato più nulla fra di loro; semmai è stata lei a creare delle situazioni per provocarlo, come a Bath!”
“Facile accusare Elizabeth! No, Demelza, mi dispiace: mi hai mentito una volta, a fin di bene, ma questa volta non tollero bugie da parte tua. Sei una donna virtuosa ed obbediente, hai assunto dei voti dinanzi ad un altare ed immagino che tu non voglia tradirli o ammettere dinanzi a me l’errore che hai commesso. Ti comprendo e ti rispetto: però devi dirmi la verità su una cosa. Tu hai paura che sfidi Ross a duello e che lui mi ammazzi, vero? Mi ami così tanto che non esiti a prendere le sue difese , purché io non corra pericolo!”
“Non è così! – Demelza era disperata, non sapeva più come farsi capire dal cognato - è vero, ti ho amato molto un tempo; o meglio, credevo di amarti. Pensavo che se ti fosse accaduto qualcosa di brutto non lo avrei sopportato. Ma poi ho conosciuto Ross, ed è stato tutto diverso… come posso spiegarti…”
Già: come era possibile spiegare che tipo di uomo era Ross Poldark? Capace di trascinarti in un attimo dalla gioia alla disperazione, travolgente e passionale ma sfuggente e misterioso al tempo stesso. Come spiegare ciò che non era ben chiaro neppure a lei, come era possibile che fosse nato nel suo cuore un sentimento così profondo per un uomo che fino a poco prima considerava come causa della disgrazia della sua famiglia? Come far capire a Francis che ora la sola idea di poter perdere Ross le faceva mancare il fiato?
Demelza proseguì. “Mi sono innamorata di Ross giorno dopo giorno, semplicemente standogli accanto… lui è nobile, generoso, mi ha sempre rispettato – la turbava rivelare un fatto così intimo, ma per dimostrare la buona fede di Ross confidò a Francis che il loro matrimonio non era stato consumato che la notte di Natale – Piano piano anche lui si è innamorato di me, ha dimenticato completamente Elizabeth, devi credermi, Francis… non ha alcun senso sfidarvi a duello, non ne vale la pena. Ciò che c’è stato fra lui ed Elizabeth è avvenuto prima delle vostre nozze, il vero offeso da tutta la situazione è stato Ross, che si è visto rubare la donna che aveva scelto per sé. Lui ha dimenticato, perdona anche tu, ti prego: fammi stare tranquilla… perché se succedesse qualcosa di male a Ross io potrei morirne…”
Demelza, in lacrime, si sfiorò la pancia, ma si trattenne dal rivelare che dentro di lei cresceva una nuova vita. Nessuno doveva saperlo prima di Ross, tanto meno Francis.
Francis la fissò quasi con disprezzo. Se era vero ciò che diceva, era la seconda donna che un tempo aveva amato che gli preferiva Ross. La rabbia verso il cugino, se possibile, aumentò ulteriormente. Le fece capire che le voleva bene, dopo tutto, e non avrebbe mai voluto farla soffrire, ma Demelza doveva comprendere che non c’era altra scelta. Era andato a Nampara per riferirle che, se aveva modo di mettersi in contatto con Ross, doveva informarlo che lui era al corrente di tutto e che attendeva soddisfazione… che non pensasse di sfruttare la sua latitanza per sottrarsi al duello! “Digli che se non si fa vivo spontaneamente sarò io stesso a stanarlo… non esisterà un luogo sulla terra dove sarà al sicuro dalla mia vendetta!”  “Sappi che, se oserai torcere a mio marito un solo capello, sarai tu a dover cercare un posto dove nasconderti per ripararti dalla mia, di vendetta!” – replicò fiera Demelza. Francis, avesse preso o meno sul serio quella minaccia, girò le spalle e se ne andò.
Rimasta da sola, Demelza, angosciata, pensò che Charles non doveva essere affatto d’accordo con la posizione di Francis. Se voleva trovare un alleato per evitare che quel duello si svolgesse, doveva cercare sostegno dallo zio di Ross.
Demelza non si sbagliava. Charles aveva cercato a lungo di distogliere il figlio dal proposito di sfidare il cugino, e per il momento pregava che il nipote continuasse la latitanza che lo metteva al sicuro dall’ira di Francis. Una volta raccolto il guanto di sfida, tuttavia, Ross non sarebbe stato così codardo da sottrarsi al duello: avrebbe accettato, e a quel punto Charles temeva fortemente per la vita del figlio. Ross doveva essere un ottimo tiratore, ed in più era un maledetto fortunato, come dimostrava tutta la sua dannata esistenza. Purtroppo, nulla si poteva più ottenere da Warleggan, che chiaramente non era più disposto a rischiare la sua carriera per favorire un amico. Poteva solo sperare che la taglia posta dalle autorità servisse a riconsegnare Ross alla giustizia: lì in carcere Francis non avrebbe potuto duellare con lui. Una volta rinchiuso, ci avrebbe pensato lui ad assoldare qualcuno per farlo fuori… meglio macchiarsi di un delitto simile, piuttosto che rischiare che a morire fosse il suo unico, amato figlio.
Elizabeth, intanto, era stata confinata nella casa di Cusgarne insieme a sua madre, sotto la stretta vigilanza di alcuni fedeli servitori che dovevano accompagnarle ovunque e riferire a Charles ogni loro passo. Per questa ragione Elizabeth non aveva avuto più possibilità di cercare Tholly, né di organizzare altri intrighi. Era in balia degli eventi, e sperava che questo benedetto duello avvenisse, e che a morire fosse Ross; ma anche se fosse morto Francis, finalmente sarebbe stata libera, vedova, una ricca ereditiera, anche se posta sotto il giogo del suocero, e magari un domani avrebbe potuto cercarsi un nuovo marito… chissà, magari proprio quel George Warleggan che le faceva la corte anni prima, un buon partito che ora era quasi parlamentare! Sì, non vedeva l’ora che quel duello si svolgesse, perché qualunque suo esito sarebbe stato vantaggioso per lei. 
Demelza trascorse il resto della giornata in ambasce per Ross e per quello che le aveva detto Francis. Perlustrò i dintorni della casa più e più volte, mandò Jud in giro a riferirle se per caso Francis aveva fatto sorvegliare la casa, ma non notarono nulla di strano. Verso le sei del pomeriggio ci fu una ronda dei gendarmi, con le loro baionette perlustrarono tutto il fienile, tutti i cottage degli affittuari e l’intera abitazione padronale. Demelza fremeva, perché non sapeva a che ora Ross si sarebbe fatto vivo. Finalmente, dopo un’ora, le giubbe rosse si allontanarono e Demelza ordinò a Prudie di servirle la cena e di prepararle il bagno per le otto. Prudie si stupì che la signora si bagnasse a quell’ora tarda, e per di più la vedeva molto più agitata e nervosa del solito. “Volete che vi aiuti a fare il bagno?” – chiese la donna, pensando che magari, nel suo stato, avesse paura di scivolare e farsi male. “No, grazie, non ce n’è bisogno. Andate pure a dormire, è stata una giornata stancante, con tutte queste guardie in casa…” I due servitori convennero con la padrona, e si lamentarono dei soprusi dei gendarmi, che avevano addirittura rotto un vaso e che avevano fatto faticare Jud come un mulo, spostando gli animali ed i sacchi di mangime da una parte all’altra nel corso della loro perlustrazione. Mentre cenavano, Prudie aveva messo a bollire l’acqua. Ultimata la cena, marito e moglie versarono abbondanti secchi di acqua bollente nella tinozza di rame che i padroni usavano per fare il bagno, Prudie vi aggiunse degli oli profumati che aveva creato Demelza stessa, poi pose i piatti e bicchieri in un catino, che veniva abitualmente usato per lavare le stoviglie, e disse che vi avrebbe provveduto l’indomani mattina. Demelza attese circa dieci minuti; sbirciò nel corridoio che portava alla stanza dei servitori e non udì alcun rumore. Allora tornò in cucina, tolse la spranga alla porta sul retro e salì di sopra, talmente in ansia che non si svestì neppure.
La luce del lume a petrolio era accesa, come aveva ordinato il mittente del biglietto. Mai il tempo le sembrò scorrere così lentamente. Per ingannare l’attesa si era messa a pregare, ma ripeteva una litania dopo l’altra senza concentrarsi davvero. Udì l’orologio del salotto battere le otto e trenta. Istintivamente si affacciò alla finestra, ma era tutto buio e silenzioso in cortile. Dopo l’accurata perlustrazione del pomeriggio, era abbastanza certa che le guardie non sarebbero tornate quella notte. Tese l’orecchio ed aprì la porta della sua stanza, ma anche dalla casa non sembrava provenire alcun rumore. Poi ad un tratto… udì dei passi. Trattenne il fiato, guardò giù dalle scale, ma ebbe paura nel pronunciare il nome di Ross… poi se lo trovò davanti, e solo allora la tensione crollò e finalmente gli sussurrò : “Amore mio…”
Fu un attimo, e si ritrovò nella stanza, dietro la porta chiusa, stretta fra le sue braccia. Ross era a torso nudo, avvolto nell’asciugamano che Prudie aveva lasciato accanto alla tinozza, pensando che servisse alla signora. Aveva i capelli umidi che profumavano dell’olio di Demelza, e le sue labbra insaziabili l’avevano subito avvinta in un bacio appassionato. Demelza lo strinse forte a sé, carezzandogli il dorso, e cercò di parlare, ma non ebbe tempo di dirgli nulla, perché lui riprese a baciarla con ardore. Lo sentì armeggiare con il suo vestito, tanto era il desiderio che lo animava. “Amore mio, quanto mi sei mancata…” – le disse, mentre non distoglieva lo sguardo dalla sua pelle candida, rivelata dallo scollo del vestito che si allargava, man mano che i lacci posti sulla schiena si allentavano.
“Ross, ti prego, so che non abbiamo molto tempo a disposizione, ma devi ascoltarmi! – lo interruppe la moglie, e gli narrò brevemente della lettera anonima, della rabbia di Francis, della volontà di sfidarlo a duello e della sua paura al riguardo. “Ti prego, amore mio, devi restare nascosto finché tuo cugino non ricapaciterà!”. Ross la guardò stupito. La accarezzò: era un’altra dura prova che la ragazza doveva sopportare. La strinse fra le braccia per rassicurarla, perché Demelza era scoppiata in lacrime. “Amore mio, ti prometto che non farò nulla per alimentare la rabbia di mio cugino o per provocarlo, ma se dovesse sfidarmi a duello, sai bene che non potrò sottrarmi… sarebbe come ammettere una colpa, e ciò mi renderebbe indegno dinanzi agli occhi di tutti… ma non parliamone adesso. Ho bisogno di qualche momento di tranquillità fra le tue braccia, voglio dimenticare per qualche ora tutti i drammi che mi affliggono, pensando solo a noi due…”
Si baciarono, questa volta più dolcemente. Ross accarezzò dolcemente il viso e le spalle della moglie, che ricordò quanto fosse pericolosa quell’incursione notturna. “Ross, anche tu mi sei mancato da morire, ma hai commesso una grave imprudenza a venire qui! Sei completamente pazzo!”
“Forse sono pazzo, ma di te! – rise Ross – sta’ tranquilla, ho organizzato tutto per bene: tramite la signorina Penvenen, che lo ha scoperto grazie allo zio giudice, avevo saputo che ci sarebbe stata una ronda oggi pomeriggio ed ho immaginato che, non trovando nulla, i gendarmi non sarebbero ritornati a controllare a breve… Miss Caroline è eccezionale, pensa che mi ha nascosto a casa sua, la notte scorsa!”
“ Sei stato nascosto a casa del giudice Penvenen? Oh mio Dio!” – esclamò Demelza esterrefatta. Ross spiegò che la signorina aveva preso a cuore il suo caso e, poiché lo zio era fuori per lavoro fino a tardi, lo aveva fatto nascondere in un vecchio studio polveroso al terzo piano, dove non saliva mai nessuno. Grazie al suo aiuto Ross aveva potuto finalmente rifocillarsi a dovere e dormire su una vecchia poltrona, sdrucita ma sicuramente più comoda della dura brandina che aveva rimediato alla vecchia miniera.  
Ma Ross non aveva più voglia di parlare. Fece distendere dolcemente la moglie sul letto, le sfilò la parte superiore dell’abito e cominciò ad armeggiare con il corsetto, senza smettere di baciarla. L’asciugamano che gli copriva i fianchi nel frattempo si era allentato e gli cadde di dosso, lasciandolo completamente nudo. Demelza provava sempre un certo imbarazzo in quelle situazioni; inoltre sapeva bene fin dal primo momento quali erano le intenzioni con cui Ross era giunto lì quella notte. “Ross, io non so se possiamo farlo, perché vedi, io… aspetto un bambino!”.
A quelle parole Ross si paralizzò. Guardò il ventre di Demelza con tenerezza e stupore, lo accarezzò dolcemente, e poi guardò lei dritta negli occhi. “Mi stai dicendo che avremo un figlio?”. La ragazza annuì e, timidamente, mormorò: “Ne sei contento?” Il marito la baciò e rispose che non avrebbe potuto comunicargli una notizia più bella. “Un figlio mio e tuo… un bambino tutto nostro! Cosa potrebbe rendermi più felice? Io ti amo da morire, Demelza, sei l’unica cosa che conta per me. Insieme a lui o lei, ovviamente!”. Disfò il letto sollevando il copriletto, e i due si infilarono sotto le lenzuola. Si avvinsero l’uno all’altra, anche per consentire ai loro corpi di acquisire rapidamente un po’ di calore a contatto con le lenzuola fresche. Ross tranquillizzò sua moglie sul fatto che il bambino non avrebbe corso alcun rischio e che avrebbe usato tutte le cautele necessarie; poi si amarono a lungo, ritrovando l’intesa perduta. Sfiniti poi dalla passione consumata, con una stanchezza acuita anche dalla tensione che qualcuno li potesse sorprendere, si addormentarono abbracciati. O meglio, fu Demelza che si addormentò, mentre il sonno di Ross fu breve e tormentato, come accadeva nelle ultime settimane, in cui si era abituato a vegliare costantemente. Verso le tre del mattino l’uomo si alzò, prese dall’armadio degli abiti puliti e si rivestì. Poi svegliò Demelza e le disse che si sarebbe nascosto per un po’ nel loro fienile; da lì, sarebbe scappato attraverso i boschi verso casa Penvenen, e poi insieme a Miss Caroline avrebbero deciso se poteva rimanere ancora lì o doveva trovare un nuovo nascondiglio.
“Sii prudente, Ross, ti scongiuro”. “Lo sarò ancora di più, adesso che so di questa creatura che vive dentro di te. Qualunque cosa accada, ricordati che sei la mia vita. Ti avrei proposto di fuggire con me, ma nelle tue condizioni non me la sento di metterti a rischio.”
“Oh, Ross, portami con te, ti prego – supplicò Demelza – l’ansia di non sapere dove sei e come stai mi uccide! Preferisco condividere la tua sorte, ma restare insieme! Se riusciamo a lasciare la Cornovaglia, potremo vivere liberi e lontani dalla minaccia di Francis…”
Ross scosse la testa. “No, tesoro mio. La vita da profugo della giustizia non è semplice, e non mi perdonerei se ti accadesse qualcosa, a te o al nostro bambino. Ti giuro che tutto si risolverà, e cercherò di tornare a casa quanto prima. Anche se fisicamente non ci sono, devi immaginarmi sempre vicino a te, perché il mio cuore resta qui con te”.
“Oh, Ross, tu il mio cuore lo hai già portato via…” – rispose Demelza.
“Non mi rendere tutto più difficile, ti supplico – le disse Ross, mentre le lacrime scorrevano copiose sulle guance di Demelza ed ella cercava il contatto con lui, con mille baci e carezze– non posso più restare”.
Ross indicò a Demelza un sacco che aveva lasciato in terra, pieno dei suoi abiti sporchi, quelli che aveva tolto per farsi il bagno. Demelza disse che lo avrebbe fatto sparire, prima che Prudie o Jud se ne accorgessero. Parevano servi fedeli, ma la prudenza non era mai troppa: la taglia sul capo di Ross poteva trasformare chiunque in un avido traditore.
“Ah, dimenticavo – aggiunse Ross prima di andare – per nessuna ragione Elizabeth deve sapere che aspetti un bambino. Sta’ lontana da lei il più possibile. Conoscendola, non potendo farmi del male direttamente, cercherà sicuramente di colpirmi in ciò che ho di più caro… è furiosa contro di me perché mi ha proposto di fuggire con lei quando ero in carcere ed ovviamente ho rifiutato.” Demelza glielo promise, ed aggiunse che anche Elizabeth era incinta, anzi in un primo momento ella aveva cercato di farle credere che Ross fosse il padre del bambino. Ross, sdegnato, assicurò a Demelza che non doveva credere alle menzogne di Elizabeth. Il problema, disse Demelza, era che ci credeva Francis… Ross confortò sua moglie, dicendo che avrebbero superato anche quella prova. Il tempo che doveva trascorrere nascosto lo avrebbe sfruttato anche per pensare a come venire fuori da quella ingarbugliata situazione.
Si salutarono a malincuore. Demelza si infilò a letto e cercò di rimettersi a dormire, ma era praticamente impossibile non ripensare all’incontro con Ross. inoltre, era sconcertata da quanto il marito le aveva detto a proposito di Elizabeth: forse Francis aveva ragione nel non fidarsi di lei! Possibile che quella donna non si sarebbe mai rassegnata ad aver perso Ross? Era disposta a calpestare i sentimenti di tutti, pur di non arrendersi?
Attese le prime luci dell’alba, immaginando che il suo amato fosse già diretto alla tenuta dei Penvenen. Poi si alzò, si preparò e chiese a Jud di accompagnarla con il calesse alla Grambler, per cercare il signor Charles Poldark. Il capitano della miniera rispose che il padrone sarebbe passato, ma solo in tarda mattinata. Demelza e Jud allora si diressero verso Trenwith, senza avvicinarsi troppo per non dare nell’occhio, e a metà del cammino riuscirono a intercettare lo zio di Ross che si recava a cavallo alla miniera. Demelza lo pregò di seguirla a Nampara e l’uomo, pur sorpreso e quasi seccato, accettò.
Demelza fece accomodare lo zio del marito in biblioteca e andò subito al dunque: gli riferì della visita di Francis del giorno prima, delle sue intenzioni e della sua sete di vendetta nei confronti di Ross. Gli disse che voleva evitare a tutti i costi che quello scontro avvenisse, anche perché Ross non era colpevole di nulla, se non di aver creduto alle promesse di Elizabeth; d’altra parte, non era giusto neppure che Francis rischiasse la vita. Propose quindi all’uomo di aiutarla a far fuggire sia lei che Ross dall’Inghilterra; prima o poi Francis si sarebbe rassegnato alla loro scomparsa e non li avrebbe più cercati.
Charles la fissò con disprezzo e commentò: “E quale utilità pensi che possa avere io, da tutto questo? Tu e quel delinquente liberi e felici di rifarvi una vita lontano da qui, mentre Francis vive tormentato ed oppresso, al fianco di una donna bugiarda e fedifraga?” “Elizabeth sta per dargli un figlio, e spero che almeno voi siate consapevole che il bambino non può essere di Ross. Immagino che mia sorella ve l’abbia detto. Una volta nato, Francis gli si affezionerà e dimenticherà le sofferenze del passato. Elizabeth è superficiale, ma non sciocca. Sa benissimo qual è il suo ruolo e non verrà meno ai suoi doveri di moglie e di madre” – replicò Demelza.
Charles le rispose che Elizabeth agiva esclusivamente per proprio tornaconto, che gli aveva spiattellato in faccia che seguitava ad amare Ross e che andava a trovarlo in carcere, quella svergognata, e sebbene in un secondo momento avesse addirittura dichiarato che preferiva di vederlo sulla forca, il suocero non le credeva affatto. Aggiunse che l’aveva reclusa a Cusgarne con sua madre, e che solo per questa ragione aveva la certezza che non potesse più nuocere. Una volta nato il bambino, la creatura sarebbe stata cresciuta a Trenwith, ed Elizabeth vi sarebbe stata riaccolta al solo scopo di non destare sospetti ed insinuazioni nel vicinato, accompagnando Francis solo nelle occasioni ufficiali in cui era indispensabile presentarsi come una coppia.
Demelza rispose che lo trovava ingiusto, Elizabeth aveva sbagliato, ma chiunque meritava una seconda possibilità e, a dirla tutta, lo stesso Charles era responsabile dell’accaduto: se avesse lasciato il figlio libero di scegliere chi sposare e non fosse stato abbagliato dal titolo nobiliare di Elizabeth, si sarebbe accorto del carattere frivolo della futura nuora e, soprattutto, non avrebbe lasciato il suo unico figlio in balia di una donna ambiziosa che non provava alcun sentimento per lui.
All’udire quelle parole Charles riversò su Demelza la sua ira, offendendo lei e la sua genìa: come osava una trovatella rivolgersi in quel modo a lui, quando le vere colpevoli della situazione erano Elizabeth e sua madre, che avevano vilmente ingannato i Poldark per ottenere vantaggi economici? Charles accusò la stessa Demelza, che ora si ergeva a paladina della giustizia, di aver taciuto quando ancora le nozze si potevano evitare: anche lei era colpevole dell’offesa arrecata. Concluse che il posto adatto per Ross era la prigione e che il duello non sarebbe avvenuto perché lui stesso si sarebbe adoperato affinché il nipote fosse acciuffato e severamente condannato.
Demelza, sconsolata, comprese che non vi era modo di smuovere lo zio di Ross dalla sua posizione e sperò di non aver peggiorato le cose con quel suo tentativo perché, se Francis era una minaccia, Charles, con la sua determinazione e la sua cattiveria, costituiva un pericolo ancora più concreto per la sicurezza del marito fuggiasco.

 
  
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