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Autore: BaschVR    23/09/2009    2 recensioni
Il giorno della morte di Zack Fair, il cielo era nuvoloso, ed egli era morto lasciando qualcosa più grande di lui su questa Terra.
Il giorno della morte di Cloud Strife, pioveva, e la sua dipartita aveva messo in moto parecchi avvenimenti che avrebbero portato fine ad una lunga storia.
In entrambi i casi Aerith Gainsborough, in un modo o nell'altro, era una delle dirette responsabili: perché la follia non esiste finché non la si considera come tale.
Genere: Dark, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Altro Personaggio, Cissnei, Cloud Strife, Zack Fair
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo è una sorta di parentesi rispetto alla trama principale del flashback. Si ritorna alle vicende successive al prologo! Spero possiate capire qualcosa di nuovo (anche se penso sia difficile, in mezzo a tutto il caos che troverete nelle prossime righe)!

 

Intermezzo narrativo

 

24 Novembre 2009, 17:27

 

“Perché sei ancora qui?”

“Io sono sempre qui… sei tu che non mi vedi!”

“Sei così piccola…”

“Lo eri anche tu, proprio come me!”

“Io non sono una bambina… non più…”

“Il tempo passa, è vero!”

“Sì… Ma cosa fai qui? Fa freddo!”

“E’ Natale?”

“Manca ancora un mese per Natale, mi dispiace”

“Dove vivo io è sempre Natale!”

“Che cos’è il Natale per te?”

“La neve, che domande!”

“…”

“Cosa c’è?”

“Nulla, io…”

“Perché hai ucciso quel signore?”

“C-che cosa?”

“Quello lì in mezzo alle tombe! Ti faceva i dispetti?”

“Io…”

“Lo conoscevamo, vero?”

“Sì… molto bene…”

“E Zack che c’entra?”

“Niente…”

“Sai che è proprio uno stupido? Mi ruba le merendine!”

“Zack?”

“Sì, e poi mi dice le bugie. Sempre!”

“Anche a me.”

“Gli sbruffoni non cambiano mai!”

“Se lo meritava?”

“Perché non me lo dici tu?”

“Io… credo… Devo andare a casa… in fretta!”

“Puoi giurarci che McRonis fa la spia, sei nei guai!”

Voci risuonavano nella sua testa. La nebbia davanti a sé celava i lineamenti di una fragile figura che non esisteva, modellata dal suo senso di colpa, quasi evanescente e che con ogni probabilità in quel momento non era lì.

Aveva smesso di piovere qualche minuto prima. Il vento gridava, era la voce dei suoi sentimenti che si faceva strada nell’etere. Si strinse nel cappotto nero con forza, marciando verso il suo obiettivo.

Le sue mani erano sporche di sangue. Riusciva quasi a sentirne l’odore. Chiuse gli occhi, quasi a sperare che gli ultimi giorni della sua vita venissero cancellati solo con quel gesto. Non era certa di sentirsi bene. E due omicidi nell’arco di una settimana non le avevano giovato per niente, ne era certa. E le sue mani, le sue luride e sporche mani! Erano lì, impresse nelle sue pupille, e non se ne sarebbero andate, non l’avrebbero lasciata in pace, riposare, prendere fiato dopo un’orrenda giornata come quella. No, sarebbero rimaste, a giudicarla, ed anche il suo cappotto irrimediabilmente screziato di rosso, anche lui l’avrebbe silenziosamente accusata, e avrebbe fatto in modo che arrivassero a lei!

Sapeva di non aver prestato attenzione a parecchi particolari. Sapeva che sarebbe stata l’indiziata numero uno, adesso che Cloud e Tifa erano morti. Sapeva anche che la sua partenza sarebbe sembrata strana, e che avrebbe decretato la sua colpevolezza in maniera schiacciante. In verità, nel momento in cui la Polizia si sarebbe occupata del nuovo sviluppo del caso, sarebbero uscite due teorie parecchio differenti tra loro: la prima, quella esatta, l’avrebbe incolpata come carnefice della scia d’omicidi che perpetuava ormai dagli inizi di Novembre; la fuga sospetta, la sparizione improvvisa della pistola del marito, il proiettile all’interno del cadavere di Cloud... tutto avrebbe portato verso una sola persona: lei, Aerith Gainsborough. Al contrario, l’altra teoria l’avrebbe vista come l’ultima vittima di un non identificato killer; d’altronde, anche il corpo di Tifa Lockheart non era mai stato ritrovato. Avrebbero potuto pensare che anche a lei fosse toccato lo stesso destino; e in questo caso, sarebbe stato un ottimo vantaggio, le avrebbe permesso di allontanarsi e di riflettere con calma, analizzando i documenti di Zack sulla ShinRa Electronic Power Company.

Si tolse il cappotto, nonostante il freddo di quella giornata priva di sole. Non poteva rischiare che qualcuno la vedesse coperta di sangue da capo a piedi. Lo arrotolò e se lo mise sottobraccio, maledicendosi per non aver portato uno specchietto in borsa per controllare se anche il viso fosse macchiato.

All’angolo della strada comparve una figura, avvolta dalla nebbia; sembrava essere un ragazzino non molto alto, ma invece, quando si fu avvicinato, notò che era un vecchio, che sembrava quasi muoversi a tentoni tra la fitta nebbia, incapace di vedere a un palmo dal proprio naso. Quando la vide per la sua strada sembrò quasi trasalire, come se non l’avesse notata se non all’ultimo istante; le lanciò un’occhiata inquisitoria, di quelle che gli anziani scoccano con disapprovazione a chiunque non abbia ancora raggiunto la loro veneranda età, e proseguì per la sua strada, ignorandola e dimenticandosi di lei.

Sospirò, continuando la sua avanzata, lasciando che la mente elaborasse piani che si rivelavano continuamente pieni di falle. Stranamente, la consapevolezza di pochi minuti prima dell’aver spezzato una vita era sparita lasciando posto al vuoto totale. Non sentiva nulla. Camminava quasi per attrito, la mente altrove, lo sguardo vacuo, lasciandosi scivolare il senso di colpa addosso come se ne fosse impermeabile. Sentiva freddo, si strinse in quei vestiti troppo leggeri per una giornata così fredda e tenne con mano ferma il cappotto sottobraccio.

Svoltò un incrocio, camminando a fianco degli edifici gotici della città. Adesso si sentiva oppressa, quasi schiacciata dal peso opprimente della scia di sangue sulle sue mani, e le sembrò impossibile che appena pochi secondi fosse stata tranquilla, insensibile a ciò che aveva fatto. Si vedeva riflessa negli occhi di coloro che incrociava per strada, riusciva a vedere la sua espressione sconvolta e le sue occhiaie profonde, testimoni delle sue numerose notti insonni passate alla finestra, verso quel cielo che tante volte aveva immaginato da bambina, quando ancora viveva nella Icicle Area. Ed ogni volto che vedeva, per un folle attimo, era quello di Tifa, o quello di Cloud, che la guardavano severi, l’espressione carica di determinazione e risentimento nei suoi confronti. E li guardava con le lacrime agli occhi, pronta ad invocare perdono - o forse sperando di essere perdonata spontaneamente – finché non notava che i loro volti non erano i loro volti, e che loro non erano loro. Sentiva di stare impazzendo.

“Avranno già scoperto il corpo?”

“Ti prego, stai zitta!”

“Va bene, volevo solo…”

“Lasciami in pace!” urlò Aerith, voltandosi e afferrando l’aria dietro di sé. La bambina era sparita, con lo stesso silenzio con cui la neve si adagiava sulle colline in Inverno, e si ritrovò a stringere il gelo tra le sue mani macchiate di rosso. Eppure era lì, era sempre stata lì…

“Signora Gainsborough?”

La donna si voltò, lentamente, verso la voce che l’aveva interpellata. Strinse gli occhi, scorgendo un uomo dai capelli neri dall’altra parte della strada, avvolto in una giacca nera. Era così familiare…

“Zack” la sua voce era così flebile che per un momento le parve di non aver proferito parola.

No, non era lui. I lineamenti dell’uomo che si avvicinava erano più marcati, ed una smorfia seria e a tratti inquietante gli attraversava il volto. La osservava, con i suoi occhi inquisitori, come se le leggesse in viso quello che aveva fatto. Sì, lui sapeva! Doveva andarsene, prima che la raggiungesse, cominciare a correre, scappare, subito...

Ma non si mosse. Lo riconobbe, abbinò un nome al suo volto, e rimase paralizzata dal terrore. I suoi occhi scattarono automaticamente verso le mani che, ne era certa, sarebbero state la sua rovina. Si ripeté di stare calma, ma era impossibile, ed era sicura che ormai tutto sarebbe finito lì…

“Buonasera” la salutò l’uomo, la mano protesa.

“Salve, Detective Valentine” rispose Aerith, con voce ferma. Sì, poteva farcela. Doveva solamente mantenere la calma...

“La prego, mi chiami Vincent” fu la risposta dell’uomo, cercando di stringerle la mano.

Aerith, con le braccia strette al petto, non si mosse, terrorizzata all’idea di essere scoperta. L’uomo ritrasse la mano, senza minimamente scomporsi. “Non ho ancora avuto l’occasione di poterle esprimere le mie condoglianze. Zack Fair era un cittadino per bene, stimato da…”

“Non era lei che voleva accusarlo a tutti costi dell’omicidio di Scarlet Krauger?” lo interruppe Scarlet, accigliata.

“Sì, ma…”

“E non era lei che ha continuato a tormentarlo con la storia della festa, anche quando fu catturato il vero responsabile?” continuò lei, imperterrita.

“Non potevamo essere sicuri che lui non fosse implicat…”

“Risponda con un sì o con un no, Vincent

L’uomo abbassò lo sguardo, mentre fremeva di rabbia. “Sì, ero io, ma…”

Un sorriso sardonico attraverso il volto della donna. “Suppongo che adesso sia soddisfatto, non è così?”

Vincent Valentine sospirò, prima di rispondere. “Che lei ci creda o no, non provo nessuna gioia perversa all’idea che Zack Fair sia morto!”

“Beh, senz’altro ciò dovrebbe renderlo automaticamente innocente! Non potrebbe essere stato vittima dello stesso assassino di Scarlet Krauger?” domandò Aerith. Si disse che stava andando tutto bene, e che la parte della vedova affranta le calzava a pennello. Quell’idiota di Valentine stava abboccando come un pesce, e probabilmente quando avrebbe cominciato a sospettare di lei sarebbe stato ormai troppo tardi.

“Ne dubito” rispose lui, prontamente, come se si fosse aspettato quella domanda. “Il modus operandi è troppo differente. La fine di Scarlet era stata ben studiata in ogni suo aspetto, e l’assassino aveva usato il veleno per non sporcarsi le mani. Il signor Fair e la signorina Lockheart invece... beh, come già sa, è una morte del tutto differente. Addirittura, non siamo nemmeno riusciti a trovare il cadavere di Lockheart…”

“Non potrebbe solamente aver cambiato metodo?”

“Solo se si fosse improvvisamente instupidito. No, sono quasi certo che siano due persone differenti” concluse Vincent, non lasciando trapelare emozioni né dallo sguardo né dalla tonalità piatta della voce. Aerith si chiese per quale motivo le stesse dicendo così tanto.

“E in quanto al movente?” chiese, fingendosi interessata. “Neanche i moventi potrebbero in qualche modo essere collegati?”

“Ottima domanda” affermò l’uomo, in tono professionale. “Siamo sicuri che la ShinRa Electronic Power Company sia la causa scatenante di questa serie di omicidi. Tuttavia, non abbiamo molte informazioni al suo riguardo, nessuno sembra saperne nulla… “ fece una pausa di alcuni secondi, osservando un punto fisso nella nebbia di fronte a sé. “Suppongo anche lei sappia quanto gli altri” commentò, aspettandosi già una risposta che non tardò ad arrivare.

“Infatti, non so nulla di questa… ShinRa…” rispose Aerith, fredda.

“Non ne dubitavo” affermò l’altro, lanciandole un’occhiata fiduciosa. Per un attimo fu il silenzio. “Mi dispiace davvero per suo marito, mi creda”.

“Lo so…” si ritrovò a rispondere, con un sorriso forzato sul volto e con la fretta di voler chiudere quella pericolosa conversazione. “Mi dispiace di averla aggredita in questo modo, Vincent, è solo che…”

“Non si preoccupi, davvero!” la interruppe l’uomo, risoluto. “La capisco. Le giuro che farò il possibile per trovare l’assassino del signor Fair. Chiunque sia stato, non vedrà ancora a lungo la luce del sole.”

“Grazie” sussurrò Aerith, con un senso di colpa crescente persino nei confronti di quell’uomo. Non ci sarebbe stato alcun bisogno di fare numerose ricerche per trovare l’assassino, lo sapeva, ma sorrise di gratitudine all’uomo, ingannatrice, lieta di non aver fatto trapelare nulla durante l’arco della conversazione.

“Spero di rivederla presto. Stia bene!” sussurrò l’uomo, ed Aerith seppe di potersi allontanare, e che l’incontro era finito. Stava per sospirare di sollievo, cominciando a muoversi verso casa, quando calpestò accidentalmente uno dei lembi del cappotto, che le scivolò dalle mani.

Nel breve secondo che il cappotto impiegò prima di toccare il suolo umido di Midgar, Aerith Gainsborough pensò che era la fine. Vincent Valentine si chinò per raccoglierlo, e, quando lo prese in mano, si fermò un momento, osservandolo con attenzione. La donna chiuse gli occhi, cercando di elaborare un qualunque piano per svicolare da quella situazione, ma si accorse di essere con le spalle al muro…

“Bel cappotto!”

Aerith, aprì gli occhi, incredula. Incrociò lo sguardo serio del detective che le stava davanti, e poi tese una mano verso il soprabito che le stava porgendo.

“Gr-grazie” sussurrò, con lo stesso sorriso di gratitudine di poco prima, voltandosi. Sospirò di sollievo, sotto la pioggia leggera che da qualche minuto sfiorava Midgar, quasi evanescente al contatto con l’asfalto. Certo, il detective, alla notizia della morte di Cloud Strife, non avrebbe impiegato molto tempo a ricordare di averla incontrata in quella strada, e di conseguenza ad incriminarla, ma quello era un problema secondario. Ci avrebbe pensato in seguito, aveva ancora un paio di ore per poter elaborare una strategia...

“C’è del rosso nella pozzanghera…”

La frase parve amplificata dal silenzio della quieta strada. Aerith si sentì gelare.

“C-come?” biascicò, voltandosi nuovamente verso l’agente, che era chino sul punto dove qualche secondo prima era scivolato il cappotto.

Vincent Valentine non le rispose, toccando con la punta delle dita la pozzanghera porpora. “Sembrerebbe…”

“No!”

“…sangue” finì l’agente, osservandola meravigliato.

Aerith sentì qualcosa scattare dentro di lei. Doveva fuggire, e alla svelta, seminare le sue tracce. Ma quell’uomo l’aveva scoperta, non poteva semplicemente scappare! Non sarebbe potuta tornare a casa, non avrebbe potuto recuperare i documenti di Zack, tutto sarebbe andato perduto. No, non poteva finire così…

Ancora una volta, si sentì addosso lo sguardo dell’uomo. Voleva muoversi, ma era in trappola, senza possibilità alcuna di potersi difendere. Le gambe non rispondevano alla sua richiesta di voler fuggire, il terrore l’aveva paralizzata. Le sue mani si strinsero al soprabito, nervosamente, quasi a voler cercare una scappatoia tra le pieghe macchiate di sangue.

E la trovarono.

La soluzione del problema si era presentata quasi spontaneamente.

Non aveva altra scelta. Non poteva permettere che qualcosa la intralciasse quando si era spinta così avanti nella ricerca della verità. Non ora che aveva la chiave per risolvere tutta la storia.

Sospirò stancamente, mentre pensava che la scia di sangue che negli ultimi tempi aveva avvolto Midgar non si sarebbe ancora fermata.

Ancora una volta, per causa sua.

 

 

24 Novembre 2009, 18:49

Si trascinò stancamente fuori dal capanno degli attrezzi della sua casa, con un espressione risoluta in volto. Non era stato difficile trovare i guanti da giardinaggio di Zack. Con quelli, non avrebbe lasciato nessuna traccia. Non poteva rischiare di lavarsi le mani grondanti di sangue nel lavabo che sarebbe stato successivamente analizzato dalla scientifica, sarebbe stato troppo rischioso.

Il buio aveva ormai avvolto Midgar, e la notte senza stelle era giunta. Le nuvole, illuminate dai lampioni, apparivano cupe preannunciatrici di sventure. Si disse ancora una volta che sarebbe andato tutto bene, e che stava facendo solo il necessario, quello che chiunque, nella sua stessa situazione, avrebbe fatto. Ma la verità non era questa.

Quello che chiunque avrebbe fatto, in quella situazione, sarebbe stato non uccidere Cloud Strife con un colpo di pistola in un freddo cimitero, né sparare a Vincent Valentine nell’oscurità di un vicolo dove lui aveva cercato di fermarla dopo un lungo inseguimento.

Quello che chiunque avrebbe fatto, lo sapeva, era tutto il contrario.

Dannazione, era diventata matta?! Da quando l’omicidio era diventato il modo più semplice per liberarsi dei suoi problemi?

Com’era potuto accadere?

Come aveva potuto lasciare che accadesse?

Ancora una volta, si lasciò andare ad un sospiro che si condensò in vapore prima di perdersi nella fredda aria ormai invernale della Midgar notturna. Si fece forza e, lentamente ma con decisione, fece scivolare la chiave all’interno della serratura, aprendo la porta e richiudendosi la porta alle spalle. Si mosse a tentoni nell’oscurità crescente della casa, alla ricerca dell’armadio per le emergenze. Controllò ancora una volta che i guanti coprissero interamente le mani e che il sangue sul suo soprabito fosse ormai secco, poi aprì l’armadietto e prese una delle torce elettriche poste su un ripiano in basso. Ne prese una e la accese, chiudendo l’anta senza fare rumore.

Oltrepassò l’atrio ed entrò in salotto. Lunghe ombre si proiettarono sulla parete quando illuminò la stanza con la torcia. Tutto tranquillo. Mosse qualche passo, verso la camera nella quale solamente in rare occasioni si era avventurata ad entrare. La porta era aperta, così come l’aveva lasciata il detective Valentine, quando aveva cercato prove sull’implicazione della ShinRa nell’omicidio di Zack Fair. Titubante, entrò.

La prima cosa che notò fu il disordine. Valentine non si era nemmeno preso la briga di riordinare, dopo aver setacciato la camera in cerca di indizi. Si avvicinò alla scrivania, piena di moduli e documenti di poca importanza. Sperò che quell’idiota non avesse preso nulla di interessante, e di trovare ancora ciò che cercava.

Controllò nei cassetti e nella libreria alle pareti, con attenzione, mentre i minuti volavano via uno dopo l’altro.

Non trovò nulla. D’altronde Zack non era stupido, e sapeva che, se gli fosse successo qualcosa, i documenti non sarebbero dovuti essere alla portata di tutti. Erano lì, davanti ai suoi occhi, ne era sicura, eppure non riusciva a vederli. E il tempo passava. E qualcuno forse aveva già scoperto il cadavere di Cloud nell’oscurità del cimitero attorniato dai salici, o si era imbattuto nel corpo senza vita di Vincent Valentine…

No, non poteva restare ancora per molto in quella casa che di lì e a poco sarebbe stata messa a soqquadro dalla polizia e dalla Crescent: doveva trovare quei documenti, e in fretta…

D’un tratto, un’idea quasi banale le sfiorò la mente. La allontanò, cercando di rimuovere tutti i pensieri che potessero disturbare la sua ricerca; eppure più tempo passava, più la teoria che stava elaborando trovava maggiori consensi tra le mille informazioni che le ronzavano in testa; e quando alzò lo sguardo dopo aver ricontrollato i documenti per la terza volta, si costrinse a prenderla in considerazione.

Chiuse i cassetti della scrivania che aveva aperto e uscì dallo studio, gettandogli un’occhiata distratta per controllare che fosse ancora in ordine. Attraversò il salotto illuminato dai raggi della luna ormai alta in cielo. Si fermò davanti al sottoscala di legno e aprì il pannello che conduceva al seminterrato. In verità, erano anni che non lo utilizzavano, se non come ripostiglio, eppure aveva visto Zack entrare molte volte lì dentro, negli ultimi mesi.

La scala di legno scricchiolò sotto il suo peso. Si tenne alla balaustra, stando attenta a non scivolare, e tenne indirizzata la torcia verso la stanza. Nient’altro che un ammasso di scatoloni posti uno sopra l’altro, come l’ultima volta in cui vi era stata. All’apparenza, sembrava tutto come sempre. Si fece largo tra due file di scatoli che formavano un corridoio in mezzo al caos. Scavalcò uno scatolone urtandolo leggermente con una gamba, poi riprese il sentiero che si interruppe bruscamente in uno degli angoli della casa.

Si chinò e aprì lo scatolone all’angolo: non ricordava di averlo messo lì. Era pieno di vecchie cianfrusaglie, eppure qualcosa attirò la sua attenzione. Frugò ancora un po’, in fondo, fino a trovare una cartella colma di documenti cartacei. Trepidante, voltò la prima pagina.

ShinRa Electronic Power Company.

Sorrise tra sé. Li aveva. Probabilmente Zack li aveva messi provvisoriamente lì, in attesa di trovare un nascondiglio più sicuro del suo ufficio, ma non aveva avuto il tempo. Si alzò e scavalcò ancora una volta gli scatoloni, verso l’uscita. Una volta tornata al pian terreno, gettò una rapida occhiata all’orologio sulla parete.

Presto le sarebbero stati addosso. Doveva trovare un modo per guadagnare tempo, e alla svelta. Ma come avrebbe fatto?

La risposta venne presto alla sua vista, ed ancora una volta seppe che era l’idea vincente. La Crescent, almeno inizialmente, sarebbe stata ingannata. Dopotutto, avrebbe potuto collegare ciò che avrebbe visto tra quelle quattro mura con il caso Lockheart. Anzi, sarebbe stata la cosa più logica da pensare. Oltretutto, avrebbe lasciato delle tracce che rendessero le sue azioni imputabili all’assassino di Cloud e del detective Valentine.

Si concentrò attentamente, mentre muoveva dei passi verso la cucina. Aprì un cassetto da cui prese un affilato coltello. Chiuse gli occhi, respirando determinazione.

Avrebbe fatto quel che sarebbe stato necessario, ancora una volta.

 

Argh, non aggiorno da almeno tre mesi! Non uccidetemi, vi prego, sono stato moooolto impegnato e oltretutto ho anche un’altra long fiction all’attivo xD

Bene, so che siete confusi e che non abbiate idea di cosa stia succedendo, ma praticamente in questo capitolo è celata mezza storia, e, se letto attentamente, potete capire molto sul flashback che riprenderà dal prossimo capitolo in poi! In particolare, ho svelato il destino di numerosi personaggi, ed anche qualcosa in più sul ruolo di Aerith nella vicenda.

Non sono molto soddisfatto da come ho scritto questo capitolo… probabilmente è il più brutto finora, ma in questo periodo non riesco a fare di meglio, mi dispiace…

Suppongo che abbiate capito chi siano Vincent Valentine e la Crescent xD Beh, se non l’avete ancora fatto, sappiate che entrambi i personaggi verranno approfonditi dal prossimo capitolo in poi... spero di non metterci un’eternità (anche se in realtà è molto probabile!)

Veniamo ai ringraziamenti per le recensioni:

Bankotsu: Grazie tante per i complimenti, spero tu non venga deluso da questo capitolo! E’ vero, lo scorso capitolo è concentrato su come l’idea del bene e del male possa variare da personaggio in personaggio (ma del resto, tutta la storia è concentrata su questo particolare aspetto). La scena, pur essendo molto Cloud/Aerith, credo sia in qualche modo fuorviante xD però non dico altro, mantengo il mistero attorno alla fic xD E in quanto alla scena dal punto di vista di Tifa, capirai presto il perché io l’abbia inserita... Rinnovo le speranze che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che, in qualche modo, ti abbia fornito la risposta per qualcosa ma moltiplicato le domande per altri aspetti xD Alla prossima!

Lirith: Ma come si possono scrivere tali cattiverie su Scarlet? E’ così tanto una brava persona T___T! Comunque, per sapere se Zack muore davvero adesso o no, ti consiglio di controllare la data del prologo (o di questo intermezzo narrativo) e confrontarla con quella degli altri capitoli già pubblicati! Ma povera Tifa, è solamente arrabbiata con Zack per aver sterminato la sua migliore amica, che c’è di male? xD E poi su questo punto puoi stare tranquilla, a quanto pare Tifa ha già avuto quello che si spettava!

Alla prossima!

 

   
 
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