Questo
capitolo è una sorta di parentesi rispetto alla trama
principale del flashback.
Si ritorna alle vicende successive al prologo! Spero possiate capire
qualcosa
di nuovo (anche se penso sia difficile, in mezzo a tutto il caos che
troverete
nelle prossime righe)!
Intermezzo
narrativo
24
Novembre 2009, 17:27
“Perché
sei
ancora qui?”
“Io
sono sempre
qui… sei tu che non mi vedi!”
“Sei
così
piccola…”
“Lo
eri anche
tu, proprio come me!”
“Io
non sono una
bambina… non più…”
“Il
tempo passa,
è vero!”
“Sì…
Ma cosa fai
qui? Fa freddo!”
“E’
Natale?”
“Manca
ancora un
mese per Natale, mi dispiace”
“Dove
vivo io è
sempre Natale!”
“Che
cos’è il
Natale per te?”
“La
neve, che
domande!”
“…”
“Cosa
c’è?”
“Nulla,
io…”
“Perché
hai ucciso
quel signore?”
“C-che
cosa?”
“Quello
lì in
mezzo alle tombe! Ti faceva i dispetti?”
“Io…”
“Lo
conoscevamo,
vero?”
“Sì…
molto bene…”
“E
Zack che
c’entra?”
“Niente…”
“Sai
che è
proprio uno stupido? Mi ruba le merendine!”
“Zack?”
“Sì,
e poi mi
dice le bugie. Sempre!”
“Anche
a me.”
“Gli
sbruffoni
non cambiano mai!”
“Se
lo
meritava?”
“Perché
non me
lo dici tu?”
“Io…
credo… Devo
andare a casa… in fretta!”
“Puoi
giurarci
che McRonis fa la spia, sei nei guai!”
Voci
risuonavano nella sua testa. La nebbia davanti a sé celava i
lineamenti di una fragile figura che non esisteva, modellata dal suo
senso di
colpa, quasi evanescente e che con ogni probabilità in quel
momento non era lì.
Aveva
smesso di piovere qualche minuto prima. Il vento gridava, era la
voce dei suoi sentimenti che si faceva strada nell’etere. Si
strinse nel
cappotto nero con forza, marciando verso il suo obiettivo.
Le
sue mani erano sporche di sangue. Riusciva quasi a sentirne
l’odore.
Chiuse gli occhi, quasi a sperare che gli ultimi giorni della sua vita
venissero cancellati solo con quel gesto. Non era certa di sentirsi
bene. E due
omicidi nell’arco di una settimana non le avevano giovato per
niente, ne era
certa. E le sue mani, le sue luride e sporche mani! Erano
lì, impresse nelle
sue pupille, e non se ne sarebbero andate, non l’avrebbero
lasciata in pace,
riposare, prendere fiato dopo un’orrenda giornata come
quella. No, sarebbero
rimaste, a giudicarla, ed anche il suo cappotto irrimediabilmente
screziato di
rosso, anche lui l’avrebbe silenziosamente accusata, e
avrebbe fatto in modo
che arrivassero a lei!
Sapeva
di non aver prestato attenzione a parecchi particolari. Sapeva
che sarebbe stata l’indiziata numero uno, adesso che Cloud e
Tifa erano morti.
Sapeva anche che la sua partenza sarebbe sembrata strana, e che avrebbe
decretato la sua colpevolezza in maniera schiacciante. In
verità, nel momento
in cui la Polizia si sarebbe occupata del nuovo sviluppo del caso,
sarebbero
uscite due teorie parecchio differenti tra loro: la prima, quella
esatta,
l’avrebbe incolpata come carnefice della scia
d’omicidi che perpetuava ormai
dagli inizi di Novembre; la fuga sospetta, la sparizione improvvisa
della
pistola del marito, il proiettile all’interno del cadavere di
Cloud... tutto
avrebbe portato verso una sola persona: lei, Aerith Gainsborough. Al
contrario,
l’altra teoria l’avrebbe vista come
l’ultima vittima di un non identificato
killer; d’altronde, anche il corpo di Tifa Lockheart non era
mai stato
ritrovato. Avrebbero potuto pensare che anche a lei fosse toccato lo
stesso
destino; e in questo caso, sarebbe stato un ottimo vantaggio, le
avrebbe
permesso di allontanarsi e di riflettere con calma, analizzando i
documenti di
Zack sulla ShinRa Electronic Power Company.
Si
tolse il cappotto, nonostante il freddo di quella giornata priva di
sole. Non poteva rischiare che qualcuno la vedesse coperta di sangue da
capo a
piedi. Lo arrotolò e se lo mise sottobraccio, maledicendosi
per non aver
portato uno specchietto in borsa per controllare se anche il viso fosse
macchiato.
All’angolo
della strada comparve una figura, avvolta dalla nebbia;
sembrava essere un ragazzino non molto alto, ma invece, quando si fu
avvicinato, notò che era un vecchio, che sembrava quasi
muoversi a tentoni tra
la fitta nebbia, incapace di vedere a un palmo dal proprio naso. Quando
la vide
per la sua strada sembrò quasi trasalire, come se non
l’avesse notata se non
all’ultimo istante; le lanciò
un’occhiata inquisitoria, di quelle che gli
anziani scoccano con disapprovazione a chiunque non abbia ancora
raggiunto la
loro veneranda età, e proseguì per la sua strada,
ignorandola e dimenticandosi di
lei.
Sospirò,
continuando la sua avanzata, lasciando che la mente elaborasse
piani che si rivelavano continuamente pieni di falle. Stranamente, la
consapevolezza di pochi minuti prima dell’aver spezzato una
vita era sparita
lasciando posto al vuoto totale. Non sentiva nulla. Camminava quasi per
attrito, la mente altrove, lo sguardo vacuo, lasciandosi scivolare il
senso di
colpa addosso come se ne fosse impermeabile. Sentiva freddo, si strinse
in quei
vestiti troppo leggeri per una giornata così fredda e tenne
con mano ferma il
cappotto sottobraccio.
Svoltò
un incrocio, camminando a fianco degli edifici gotici della
città. Adesso si sentiva oppressa, quasi schiacciata dal
peso opprimente della
scia di sangue sulle sue mani, e le sembrò impossibile che
appena pochi secondi
fosse stata tranquilla, insensibile a ciò che aveva fatto.
Si vedeva riflessa
negli occhi di coloro che incrociava per strada, riusciva a vedere la
sua
espressione sconvolta e le sue occhiaie profonde, testimoni delle sue
numerose
notti insonni passate alla finestra, verso quel cielo che tante volte
aveva
immaginato da bambina, quando ancora viveva nella Icicle Area. Ed ogni
volto
che vedeva, per un folle attimo, era quello di Tifa, o quello di Cloud,
che la
guardavano severi, l’espressione carica di determinazione e
risentimento nei
suoi confronti. E li guardava con le lacrime agli occhi, pronta ad
invocare
perdono - o forse sperando di essere perdonata spontaneamente
– finché non
notava che i loro volti non erano i loro volti, e
che loro non erano loro.
Sentiva di stare impazzendo.
“Avranno
già
scoperto il corpo?”
“Ti
prego, stai
zitta!”
“Va
bene, volevo
solo…”
“Lasciami
in pace!” urlò Aerith, voltandosi e afferrando
l’aria dietro
di sé. La bambina era sparita, con lo stesso silenzio con
cui la neve si adagiava
sulle colline in Inverno, e si ritrovò a stringere il gelo
tra le sue mani
macchiate di rosso. Eppure era lì, era sempre stata
lì…
“Signora
Gainsborough?”
La
donna si voltò, lentamente, verso la voce che
l’aveva interpellata. Strinse
gli occhi, scorgendo un uomo dai capelli neri dall’altra
parte della strada,
avvolto in una giacca nera. Era così familiare…
“Zack”
la sua voce era così flebile che per un momento le parve di
non
aver proferito parola.
No,
non era lui. I lineamenti dell’uomo che si avvicinava erano
più
marcati, ed una smorfia seria e a tratti inquietante gli attraversava
il volto.
La osservava, con i suoi occhi inquisitori, come se le leggesse in viso
quello
che aveva fatto. Sì, lui sapeva! Doveva andarsene, prima che
la raggiungesse,
cominciare a correre, scappare, subito...
Ma
non si mosse. Lo riconobbe, abbinò un nome al suo volto, e
rimase
paralizzata dal terrore. I suoi occhi scattarono automaticamente verso
le mani
che, ne era certa, sarebbero state la sua rovina. Si ripeté
di stare calma, ma
era impossibile, ed era sicura che ormai tutto sarebbe finito
lì…
“Buonasera”
la salutò l’uomo, la mano protesa.
“Salve,
Detective Valentine” rispose Aerith, con voce ferma.
Sì, poteva
farcela. Doveva solamente mantenere la calma...
“La
prego, mi chiami Vincent” fu la risposta dell’uomo,
cercando di
stringerle la mano.
Aerith,
con le braccia strette al petto, non si mosse, terrorizzata
all’idea di essere scoperta. L’uomo ritrasse la
mano, senza minimamente
scomporsi. “Non ho ancora avuto l’occasione di
poterle esprimere le mie
condoglianze. Zack Fair era un cittadino per bene, stimato
da…”
“Non
era lei che voleva accusarlo a tutti costi dell’omicidio di
Scarlet Krauger?” lo interruppe Scarlet, accigliata.
“Sì,
ma…”
“E
non era lei che ha continuato a tormentarlo con la storia della
festa, anche quando fu catturato il vero responsabile?”
continuò lei,
imperterrita.
“Non
potevamo essere sicuri che lui non fosse implicat…”
“Risponda
con un sì o con un no, Vincent”
L’uomo
abbassò lo sguardo, mentre fremeva di rabbia.
“Sì, ero io, ma…”
Un
sorriso sardonico attraverso il volto della donna. “Suppongo
che
adesso sia soddisfatto, non è così?”
Vincent
Valentine sospirò, prima di rispondere. “Che lei
ci creda o no,
non provo nessuna gioia perversa all’idea che Zack Fair sia
morto!”
“Beh,
senz’altro ciò dovrebbe renderlo automaticamente
innocente! Non
potrebbe essere stato vittima dello stesso assassino di Scarlet
Krauger?”
domandò Aerith. Si disse che stava andando tutto bene, e che
la parte della
vedova affranta le calzava a pennello. Quell’idiota di
Valentine stava
abboccando come un pesce, e probabilmente quando avrebbe cominciato a
sospettare di lei sarebbe stato ormai troppo tardi.
“Ne
dubito” rispose lui, prontamente, come se si fosse aspettato
quella
domanda. “Il modus operandi è troppo differente.
La fine di Scarlet era stata
ben studiata in ogni suo aspetto, e l’assassino aveva usato
il veleno per non
sporcarsi le mani. Il signor Fair e la signorina Lockheart invece...
beh, come
già sa, è una morte del tutto differente.
Addirittura, non siamo nemmeno
riusciti a trovare il cadavere di Lockheart…”
“Non
potrebbe solamente aver cambiato metodo?”
“Solo
se si fosse improvvisamente instupidito. No, sono quasi certo che
siano due persone differenti” concluse Vincent, non lasciando
trapelare
emozioni né dallo sguardo né dalla
tonalità piatta della voce. Aerith si chiese
per quale motivo le stesse dicendo così tanto.
“E
in quanto al movente?” chiese, fingendosi interessata.
“Neanche i
moventi potrebbero in qualche modo essere collegati?”
“Ottima
domanda” affermò l’uomo, in tono
professionale. “Siamo sicuri
che la ShinRa Electronic Power Company sia la causa scatenante di
questa serie
di omicidi. Tuttavia, non abbiamo molte informazioni al suo riguardo,
nessuno
sembra saperne nulla… “ fece una pausa di alcuni
secondi, osservando un punto
fisso nella nebbia di fronte a sé. “Suppongo anche
lei sappia quanto gli altri”
commentò, aspettandosi già una risposta che non
tardò ad arrivare.
“Infatti,
non so nulla di questa… ShinRa…”
rispose Aerith, fredda.
“Non
ne dubitavo” affermò l’altro,
lanciandole un’occhiata fiduciosa. Per
un attimo fu il silenzio. “Mi dispiace davvero per suo
marito, mi creda”.
“Lo
so…” si ritrovò a rispondere, con un
sorriso forzato sul volto e
con la fretta di voler chiudere quella pericolosa conversazione.
“Mi dispiace
di averla aggredita in questo modo, Vincent, è solo
che…”
“Non
si preoccupi, davvero!” la interruppe l’uomo,
risoluto. “La
capisco. Le giuro che farò il possibile per trovare
l’assassino del signor
Fair. Chiunque sia stato, non vedrà ancora a lungo la luce
del sole.”
“Grazie”
sussurrò Aerith, con un senso di colpa crescente persino nei
confronti di quell’uomo. Non ci sarebbe stato alcun bisogno
di fare numerose
ricerche per trovare l’assassino, lo sapeva, ma sorrise di
gratitudine
all’uomo, ingannatrice, lieta di non aver fatto trapelare
nulla durante l’arco
della conversazione.
“Spero
di rivederla presto. Stia bene!” sussurrò
l’uomo, ed Aerith
seppe di potersi allontanare, e che l’incontro era finito.
Stava per sospirare
di sollievo, cominciando a muoversi verso casa, quando
calpestò accidentalmente
uno dei lembi del cappotto, che le scivolò dalle mani.
Nel
breve secondo che il cappotto impiegò prima di toccare il
suolo
umido di Midgar, Aerith Gainsborough pensò che era la fine.
Vincent Valentine
si chinò per raccoglierlo, e, quando lo prese in mano, si
fermò un momento,
osservandolo con attenzione. La donna chiuse gli occhi, cercando di
elaborare
un qualunque piano per svicolare da quella situazione, ma si accorse di
essere con
le spalle al muro…
“Bel
cappotto!”
Aerith,
aprì gli occhi, incredula. Incrociò lo sguardo
serio del
detective che le stava davanti, e poi tese una mano verso il soprabito
che le
stava porgendo.
“Gr-grazie”
sussurrò, con lo stesso sorriso di gratitudine di poco
prima, voltandosi. Sospirò di sollievo, sotto la pioggia
leggera che da qualche
minuto sfiorava Midgar, quasi evanescente al contatto con
l’asfalto. Certo, il
detective, alla notizia della morte di Cloud Strife, non avrebbe
impiegato
molto tempo a ricordare di averla incontrata in quella strada, e di
conseguenza
ad incriminarla, ma quello era un problema secondario. Ci avrebbe
pensato in
seguito, aveva ancora un paio di ore per poter elaborare una
strategia...
“C’è
del rosso nella pozzanghera…”
La
frase parve amplificata dal silenzio della quieta strada. Aerith si
sentì gelare.
“C-come?”
biascicò, voltandosi nuovamente verso l’agente,
che era chino
sul punto dove qualche secondo prima era scivolato il cappotto.
Vincent
Valentine non le rispose, toccando con la punta delle dita la
pozzanghera porpora. “Sembrerebbe…”
“No!”
“…sangue”
finì l’agente, osservandola meravigliato.
Aerith
sentì qualcosa scattare dentro di lei. Doveva fuggire, e
alla svelta,
seminare le sue tracce. Ma quell’uomo l’aveva
scoperta, non poteva
semplicemente scappare! Non sarebbe potuta tornare a casa, non avrebbe
potuto
recuperare i documenti di Zack, tutto sarebbe andato perduto. No, non
poteva
finire così…
Ancora
una volta, si sentì addosso lo sguardo dell’uomo.
Voleva
muoversi, ma era in trappola, senza possibilità alcuna di
potersi difendere. Le
gambe non rispondevano alla sua richiesta di voler fuggire, il terrore
l’aveva
paralizzata. Le sue mani si strinsero al soprabito, nervosamente, quasi
a voler
cercare una scappatoia tra le pieghe macchiate di sangue.
E
la trovarono.
La
soluzione del problema si era presentata quasi spontaneamente.
Non
aveva altra scelta. Non poteva permettere che qualcosa la
intralciasse quando si era spinta così avanti nella ricerca
della verità. Non
ora che aveva la chiave per risolvere tutta la storia.
Sospirò
stancamente, mentre pensava che la scia di sangue che negli
ultimi tempi aveva avvolto Midgar non si sarebbe ancora fermata.
Ancora
una volta, per causa sua.
24
Novembre 2009, 18:49
Si
trascinò stancamente fuori dal capanno degli attrezzi della
sua
casa, con un espressione risoluta in volto. Non era stato difficile
trovare i guanti
da giardinaggio di Zack. Con quelli, non avrebbe lasciato nessuna
traccia. Non
poteva rischiare di lavarsi le mani grondanti di sangue nel lavabo che
sarebbe
stato successivamente analizzato dalla scientifica, sarebbe stato
troppo
rischioso.
Il
buio aveva ormai avvolto Midgar, e la notte senza stelle era giunta.
Le nuvole, illuminate dai lampioni, apparivano cupe preannunciatrici di
sventure. Si disse ancora una volta che sarebbe andato tutto bene, e
che stava
facendo solo il necessario, quello che chiunque, nella sua stessa
situazione,
avrebbe fatto. Ma la verità non era questa.
Quello
che chiunque avrebbe fatto, in quella situazione, sarebbe stato
non uccidere Cloud Strife con un colpo di pistola in un freddo
cimitero, né
sparare a Vincent Valentine nell’oscurità di un
vicolo dove lui aveva cercato
di fermarla dopo un lungo inseguimento.
Quello
che chiunque avrebbe fatto, lo sapeva, era tutto il contrario.
Dannazione,
era diventata matta?! Da quando l’omicidio era diventato il
modo più semplice per liberarsi dei suoi problemi?
Com’era
potuto accadere?
Come
aveva potuto lasciare che accadesse?
Ancora
una volta, si lasciò andare ad un sospiro che si
condensò in
vapore prima di perdersi nella fredda aria ormai invernale della Midgar
notturna. Si fece forza e, lentamente ma con decisione, fece scivolare
la
chiave all’interno della serratura, aprendo la porta e
richiudendosi la porta
alle spalle. Si mosse a tentoni nell’oscurità
crescente della casa, alla
ricerca dell’armadio per le emergenze. Controllò
ancora una volta che i guanti
coprissero interamente le mani e che il sangue sul suo soprabito fosse
ormai
secco, poi aprì l’armadietto e prese una delle
torce elettriche poste su un
ripiano in basso. Ne prese una e la accese, chiudendo l’anta
senza fare rumore.
Oltrepassò
l’atrio ed entrò in salotto. Lunghe ombre si
proiettarono
sulla parete quando illuminò la stanza con la torcia. Tutto
tranquillo. Mosse
qualche passo, verso la camera nella quale solamente in rare occasioni
si era
avventurata ad entrare. La porta era aperta, così come
l’aveva lasciata il
detective Valentine, quando aveva cercato prove
sull’implicazione della ShinRa
nell’omicidio di Zack Fair. Titubante, entrò.
La
prima cosa che notò fu il disordine. Valentine non si era
nemmeno
preso la briga di riordinare, dopo aver setacciato la camera in cerca
di
indizi. Si avvicinò alla scrivania, piena di moduli e
documenti di poca
importanza. Sperò che quell’idiota non avesse
preso nulla di interessante, e di
trovare ancora ciò che cercava.
Controllò
nei cassetti e nella libreria alle pareti, con attenzione,
mentre i minuti volavano via uno dopo l’altro.
Non
trovò nulla. D’altronde Zack non era stupido, e
sapeva che, se gli
fosse successo qualcosa, i documenti non sarebbero dovuti essere alla
portata
di tutti. Erano lì, davanti ai suoi occhi, ne era sicura,
eppure non riusciva a
vederli. E il tempo passava. E qualcuno forse aveva già
scoperto il cadavere di
Cloud nell’oscurità del cimitero attorniato dai
salici, o si era imbattuto nel
corpo senza vita di Vincent Valentine…
No,
non poteva restare ancora per molto in quella casa che di lì
e a
poco sarebbe stata messa a soqquadro dalla polizia e dalla Crescent:
doveva
trovare quei documenti, e in fretta…
D’un
tratto, un’idea quasi banale le sfiorò la mente.
La allontanò,
cercando di rimuovere tutti i pensieri che potessero disturbare la sua
ricerca;
eppure più tempo passava, più la teoria che stava
elaborando trovava maggiori
consensi tra le mille informazioni che le ronzavano in testa; e quando
alzò lo
sguardo dopo aver ricontrollato i documenti per la terza volta, si
costrinse a
prenderla in considerazione.
Chiuse
i cassetti della scrivania che aveva aperto e uscì dallo
studio,
gettandogli un’occhiata distratta per controllare che fosse
ancora in ordine.
Attraversò il salotto illuminato dai raggi della luna ormai
alta in cielo. Si
fermò davanti al sottoscala di legno e aprì il
pannello che conduceva al
seminterrato. In verità, erano anni che non lo utilizzavano,
se non come
ripostiglio, eppure aveva visto Zack entrare molte volte lì
dentro, negli
ultimi mesi.
La
scala di legno scricchiolò sotto il suo peso. Si tenne alla
balaustra, stando attenta a non scivolare, e tenne indirizzata la
torcia verso
la stanza. Nient’altro che un ammasso di scatoloni posti uno
sopra l’altro,
come l’ultima volta in cui vi era stata.
All’apparenza, sembrava tutto come
sempre. Si fece largo tra due file di scatoli che formavano un
corridoio in mezzo
al caos. Scavalcò uno scatolone urtandolo leggermente con
una gamba, poi
riprese il sentiero che si interruppe bruscamente in uno degli angoli
della
casa.
Si
chinò e aprì lo scatolone all’angolo:
non ricordava di averlo messo
lì. Era pieno di vecchie cianfrusaglie, eppure qualcosa
attirò la sua attenzione.
Frugò ancora un po’, in fondo, fino a trovare una
cartella colma di documenti
cartacei. Trepidante, voltò la prima pagina.
ShinRa
Electronic Power Company.
Sorrise
tra sé. Li aveva. Probabilmente Zack li aveva messi
provvisoriamente
lì, in attesa di trovare un nascondiglio più
sicuro del suo ufficio, ma non
aveva avuto il tempo. Si alzò e scavalcò ancora
una volta gli scatoloni, verso
l’uscita. Una volta tornata al pian terreno, gettò
una rapida occhiata all’orologio
sulla parete.
Presto
le sarebbero stati addosso. Doveva trovare un modo per guadagnare
tempo, e alla svelta. Ma come avrebbe fatto?
La
risposta venne presto alla sua vista, ed ancora una volta seppe che
era l’idea vincente. La Crescent, almeno inizialmente,
sarebbe stata ingannata.
Dopotutto, avrebbe potuto collegare ciò che avrebbe visto
tra quelle quattro
mura con il caso Lockheart. Anzi, sarebbe stata la cosa più
logica da pensare.
Oltretutto, avrebbe lasciato delle tracce che rendessero le sue azioni
imputabili all’assassino di Cloud e del detective Valentine.
Si
concentrò attentamente, mentre muoveva dei passi verso la
cucina.
Aprì un cassetto da cui prese un affilato coltello. Chiuse
gli occhi,
respirando determinazione.
Avrebbe
fatto quel che sarebbe stato necessario, ancora una volta.
Argh,
non aggiorno da almeno tre mesi! Non uccidetemi, vi prego, sono
stato moooolto impegnato e oltretutto ho anche un’altra long
fiction all’attivo
xD
Bene,
so che siete confusi e che non abbiate idea di cosa stia
succedendo, ma praticamente in questo capitolo è celata
mezza storia, e, se
letto attentamente, potete capire molto sul flashback che
riprenderà dal
prossimo capitolo in poi! In particolare, ho svelato il destino di
numerosi
personaggi, ed anche qualcosa in più sul ruolo di Aerith
nella vicenda.
Non
sono molto soddisfatto da come ho scritto questo capitolo…
probabilmente è il più brutto finora, ma in
questo periodo non riesco a fare di
meglio, mi dispiace…
Suppongo
che abbiate capito chi siano Vincent Valentine e
la Crescent
xD Beh, se non l’avete ancora fatto, sappiate che
entrambi i personaggi
verranno approfonditi dal prossimo capitolo in poi... spero di non
metterci un’eternità
(anche se in realtà è molto probabile!)
Veniamo
ai ringraziamenti per le recensioni:
Bankotsu:
Grazie
tante per i complimenti, spero tu non venga deluso da questo
capitolo! E’ vero, lo scorso capitolo è
concentrato su come l’idea del bene e
del male possa variare da personaggio in personaggio (ma del resto,
tutta la
storia è concentrata su questo particolare aspetto). La
scena, pur essendo
molto Cloud/Aerith, credo sia in qualche modo fuorviante xD
però non dico
altro, mantengo il mistero attorno alla fic xD E in quanto alla scena
dal punto
di vista di Tifa, capirai presto il perché io
l’abbia inserita... Rinnovo le
speranze che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che, in qualche
modo, ti
abbia fornito la risposta per qualcosa ma moltiplicato le domande per
altri aspetti
xD Alla prossima!
Lirith:
Ma
come si possono scrivere tali cattiverie su Scarlet? E’
così tanto
una brava persona T___T! Comunque, per sapere se Zack muore davvero
adesso o
no, ti consiglio di controllare la data del prologo (o di questo
intermezzo
narrativo) e confrontarla con quella degli altri capitoli
già pubblicati! Ma
povera Tifa, è solamente arrabbiata con Zack per aver
sterminato la sua
migliore amica, che c’è di male? xD E poi su
questo punto puoi stare tranquilla,
a quanto pare Tifa ha già avuto quello che si spettava!
Alla
prossima!