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Autore: endif    03/10/2009    6 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.4

BELLA. Gabriel Yared - The Unfeeling Kiss
Varco l’ingresso del Polar Rink, la pista di pattinaggio su ghiaccio che oggi ha la sua serata inaugurale. Serata a cui Alice ci ha letteralmente obbligato a partecipare.
 Maestoso è dir poco.
Appiccicata al braccio di Edward, in posizione – colpo della strega- , con le ginocchia che si incontrano, maledico Alice, ma soprattutto me stessa per aver accettato questa proposta assurda.
Ma che mi era saltato in mente?! Pattinare sul ghiaccio! Io che non riuscivo nemmeno a camminare su una superficie piana senza inciampare ogni due metri!!! Ma Alice era stata così … così inarrestabile! In un batter d’occhio eravamo in auto alla volta di New York. Svignarmela … neanche a parlarne. Le sue uniche parole erano state: «Ti divertirai da morire.»
Arrancando sui pattini a lama singola penso che, realmente, se cado muoio.
Sbircio Edward e, in questo momento, ne invidio la sicurezza, ma, soprattutto, l’equilibrio. Come lui, anche Alice e Jasper sono perfettamente a loro agio.
Vengo distratta dai miei pensieri disperati da una visione a dir poco stupefacente: al centro della pista si erge un enorme orso polare decorato con rami di pino e piccole lucine dorate. La pista appare tutta blu elettrico e tutto  intorno sembra di avere un cielo trapuntato di stelle. E’ un gioco di luci disposte sapientemente negli angoli più strategici.
Mio malgrado devo ammettere che l’effetto è davvero strabiliante. Ci sono tantissime persone, ma sembra di essere soli al centro dell’universo. Fa freddo. Comunque non come dovrebbe per il periodo in cui siamo.
«Com’è che non sto per morire assiderata?» chiedo ad Edward senza, però, staccare gli occhi dai miei piedi.
«E’ ghiaccio sintetico amore, non c’è sistema di raffreddamento.» mi spiega lui gentile.
«Ma è ugualmente letale come quello naturale …» borbotto io sfiorando la prima caduta proprio mentre una bimbetta di sei o sette anni mi saetta vicino come un fulmine.
Dolce bimbetta …
«Dai Bella, vieni!» Alice mi fa cenno con la mano mentre volteggia leggiadra come una farfalla, a braccia aperte intorno a Jasper che sembra quasi fermo sul posto. Ora che ci penso lo vedo un po’ rigido …
La guardo terrorizzata. La ragazza mi vuole in ospedale con fratture multiple …
«Amore, forse se ti rilassi, magari riesci a lasciarti un po’ andare … vedi non è difficile!» e detto ciò Edward fa una mezza piroetta su se stesso mollando la mia mano per due secondi. Roteando le braccia, come ad educazione fisica per il riscaldamento quando ero a Forks, lo riacciuffo immediatamente e con uno sguardo omicida gli dico minacciosa: «Non. Lasciarmi. Mai. Più.»
Scorgo sul suo viso l’accenno del suo sorriso sghembo.
No. Cavolo.  
Comincio a fissargli insistentemente le labbra, piccola porzione del mio paradiso personale.
E allora mi scordo dove sono, in quali precarie condizioni e alla presenza di chi.
Un gemito esce involontariamente dalle mie labbra.
Il suo sorriso si allarga. Innocentemente mi chiede: «Che c’è?!»
«Edward … se hai a cuore la nostra privacy … ti proibisco di guardarmi e … e di sorridermi … ancora così.» Gli dico deglutendo come a liberare una gola già completamente asciutta.
Vedo accenderglisi negli occhi la stessa scintilla che anima i miei. So che non gli può sfuggire nulla nei cambiamenti del mio corpo, a cominciare dal battito del cuore che parte al galoppo per finire all’aumento del sudore sui palmi delle mie mani.
Non ci riesco. Non riesco a staccare gli occhi dalla sua bocca. Vedo che si avvicina a me, al mio viso e non riesco a far nulla. Immobile, aspetto che il cuore si fermi all’improvviso, ipnotizzata da quei due petali tentatori e sapienti, memore delle sensazioni e del piacere che so bene possono regalare. Invece di posarsi in un bacio come mi aspetto, all’ultimo momento si spostano di lato al mio viso e si avvicinano al mio orecchio. Mi colpisce come sempre quell’odore caramellato e fresco che ho imparato a conoscere bene.
Il suo odore. L’odore della sua pelle, del suo corpo.
«Sei tu che non devi guardarmi ancora così, Bella. Vuoi forse … vuoi che ti prenda qui, davanti a tutti?» alita roco sul mio orecchio.
Chiudo gli occhi ed inclino la testa verso il suo volto, così vicino al mio. Sento le sue mani che si chiudono intorno alla mia vita e mi sostengono, mentre contemporaneamente mi avvicinano a lui.
Sposta un po’ il viso e scende con quelle labbra maledette sul mio collo, facendosi strada da sotto la sciarpa. Sono fredde, leggermente umide, dure e morbide nello stesso tempo. Sento la pelle incendiarsi lì dove loro passano, ed un formicolio parte dal mio basso ventre.
Ho voglia di lui.
Ma lui si stacca d’un tratto. Il respiro corto, gli occhi onice, stacca le mani dal mio corpo con lentezza e le poggia sulle mie braccia: «Tu mi fai impazzire …» la sua voce è ancora roca, gli esce a fatica.
Io?! E lui?!!!!
I suoi occhi si abbassano attirati dalla porzione di collo che è rimasta scoperta durante le nostre effusioni. Lo vedo chiaramente deglutire.
Mi vuole, forse più di quanto io voglia lui. Perché ad attrarlo, in questi frangenti soprattutto, è anche il mio sangue. Ed io non chiedo altro di accontentarlo, di condividere con lui la mia ultima esperienza da umana …
«Sequestrata!!!» due braccia forti, mi circondano e mi strattonano verso di loro. Mi riscuoto solo quando mi rendo conto di non essere più vicino ad Edward che, con mio stupore, ha mollato subito la presa portando poi le braccia lungo i fianchi. Voleva lasciarmi andare.
«Ve la date una calmata voi due?!» Alice mi guarda con un misto di fastidio e comprensione. «Vuoi che succeda l’irreparabile????!» la sua voce è seria, ma le sue labbra sono atteggiate in un sorriso.
«Hai … hai avuto una visione?» le chiedo un po’ esitante.
«Ma che vai a pensare? Ancora credi che potrebbe morderti sull’istinto? No, no. E’ stato Jasper. Ha detto che eravate pronti ad inaugurare ANCHE la pista in un modo molto interessante …!» Ora il suo tono è sbarazzino. «Dimmi, dimmi in quale modo?!!!»mi sussurra complice.
Arrossisco fin nei pattini. Non mi è mica sfuggito il suo “anche”.
Allora a casa se ne sono accorti. Tutti.
Mi sento avvampare dalla vergogna e abbasso gli occhi sulla pista.
Ghiaccio sciogliti ed ingoiami …
Sento la sua risata cristallina: «E dai, Bella! Non avete mica ucciso qualcuno! E’ che magari la passione vi coglie un po’ alla sprovvista, non solo in camera da letto …» continua quindi affondando il dito nella piaga.
«Shhh!! Abbassa la voce! Vi riesce così difficile lasciarci un po’ di privacy, cercare di non origliare?» le chiedo punta sul vivo bisbigliando per non farmi sentire in giro.
«Vuoi scherzare? Fate tanto di quel baccano a casa che anche se fossi umana riuscirei a sentirvi!!» dice inarcando le sopracciglia stupita. «Fra poco farete concorrenza ad Emmet e Rosalie ... e allora Esme pagherà anche a voi un bel tour per l’Europa!» finisce sghignazzando in maniera snervante.
«Smettila!» le dico fra i denti. L’imbarazzo minaccia di farmi saltare i nervi. Valuto la possibilità di afferrare una ciocchetta dei suoi capelli spettinati e di tirargliela alla radice, ma la sua voce mi riporta alla realtà: « Ah Bella! Sarebbe inutile, e non mi faresti proprio nulla» detto ciò scatta indietro lasciandomi sola e facendomi sbilanciare.
E … paffete!! Mi ritrovo con il sedere per terra.
Lancio un’occhiata alla traditrice e cerco di ignorare le risatine di due ragazze che mi passano accanto.
Cara Alice, questa me la paghi …
«La pianti, per favore Alice?» è Edward che mi si avvicina con naturale eleganza volando sui suoi pattini. Inchioda a pochi centimetri dalle mie gambe e mi tende una mano.
«Grazie» gli dico e, mentre allungo la mia mano verso di lui, sento di nuovo delle risatine. Mi volto e le rivedo. Le due ragazze stanno ancora ridendo come due ochette, facendo dei cenni con le loro testoline impupazzate alla volta di Edward e me.
Che cappelli orribili. Giallo e verde. Fluorescenti.
«Lascia, ce la faccio.» gli dico infastidita, ignorando la sua mano ed alzandomi in modo molto sgraziato. Riesco a mettermi in piedi e a raggiungere il bordo della pista. Mi ci aggrappo come un naufrago all’unico pezzo di legno che vede galleggiare e decido che da dove mi trovo il panorama è meraviglioso …
Resto così per una decina di minuti. Ogni tanto qualcuno mi passa vicino, sfrecciando leggero. Alice e Jasper pattinano fianco a fianco, e mi pare che sussurrino piano. Edward ha fatto un paio di giri della pista e poi, si è fermato al lato opposto al mio.
Non mi molla con lo sguardo . Lo so che le mie reazioni lo feriscono. Lo so che lui non c'entra nulla. Lo so che le turbe mentali sono solo mie, ma è come se alcune volte non fossi io a decidere delle mie azioni. Mi sento colta dal panico, dalla paura.
E allora … allontano tutti.
Già li allontano, prima che siano loro ad andarsene.
Non potrei sopportarlo. Il rifiuto, il senso di sopportazione, la compassione. No, non a me, non un’altra volta. Avverto una sensazione di oppressione al petto, gli occhi mi pizzicano.
Devo andarmene. Anche per un paio di minuti.
Lancio un’occhiata allo sportello che indica l’uscita dalla pista. Ho bisogno di riprendere fiato, di calmarmi. Non sto a pensarci più di tanto e mi avvio, bordo bordo, all’uscita. Vedo di sfuggita Edward che si stacca dalla sua posizione e fa per raggiungermi. Accelero quel tanto che basta per evitare un’altra misera caduta, guadagno l’uscita e mi libero subito dai pattini.
Febbrilmente mi guardo intorno. Ci saranno le toilette in una struttura come questa …
Alzo gli occhi. L’insegna. Devo cercare l’insegna con i due omini. La vedo ed esulto mentalmente. Devo sbrigarmi. Non voglio che qualcuno si accorga della mia fuga, del mio stato. Non voglio che lui mi veda così.
Mi servono solo un paio di minuti, giusto il tempo per ritornare padrona di me stessa.
Spalanco la porta della toilette con forza. Una fila di lavandini sotto ad un unico, lungo specchio rettangolare e nessuno all’interno. Mi appoggio con le spalle alla porta che si è chiusa dietro di me. Le voci, le risate, i visi delle persone … tutto diviene ovattato, solo un brusio in sottofondo.
Mi dirigo al lavabo più vicino. Apro il rubinetto. Alzo gli occhi alla mia immagine riflessa. Poi, inaspettato, un deja-vu.
“E’ trascorso un mese da quando lui è andato via. Da quando mi ha abbandonato.
Un mese che ho passato quasi interamente a letto, raggomitolata in posizione fetale. La mia mente è sprofondata in una specie di limbo, in una nebbia perenne che mi avvolge fitta e mi estrania dal resto del mondo. Il tempo trascorre lento. Non so l’ora, non so che giorno sia. Le tende sempre chiuse, non so se sia giorno o notte. Passo da uno stato di veglia ad uno di incoscienza senza averne la minima percezione.
Mi alzo solo per andare al bagno. Faccio ciò che devo e mi ritrascino a letto. Questa volta distrattamente lancio uno sguardo allo specchio. Ho il viso stravolto, pallido, gli occhi ancora rossi e gonfi dalle lacrime versate, cerchiati di lividi bluastri. Poso le dita tremanti su quei segni sotto agli occhi, quelle ombre così simili alle sue quando era assetato …
-… Sarà come se non fossi mai esistito …- aveva detto lui.
Quando una lacrima attraversa il mo viso, mi accascio sulle ginocchia tremando come una foglia.“
 Un rumore mi riscuote. Sento delle voci farsi più vicine. Sta arrivando qualcuno. Mi guardo intorno e rapida mi infilo nel gabinetto alla mie spalle. Faccio scattare la serratura e mi appiattisco al muro.
 Sento il rumore della porta che si apre. Le voci si fanno più distinte. Sono due persone, due ragazze.
«Che dici, magari se gli cado addosso fingendo di scivolare?! Sono certa che mi abbia guardato prima» dice una.
«Non lo so … sembra così sulle sue. Certo è che con il biondino non si può fare nulla. Hai visto la piccoletta come gli sta attaccata addosso?»dice l’altra.
«Già. Però … preferisco quello rossiccio. Hai visto che fisico? Urla sesso da ogni poro. Mi farei volentieri una sveltina con lui … e penso anche che ci starebbe, con quella tipa scialba che si ritrova al fianco!!!» dice la prima. Poi scoppiano a ridere  entrambe.
Ridacchiano come … come due ochette!
Trattengo il fiato quando riconosco in quelle voci le risatine delle due tipe che sghignazzavano quando sono caduta.
Stanno parlando di noi, stanno parlando di Edward.
«No, ma dico io, come si fa ad accostare la lana con la seta?» continua la prima con voce stridula.
«Cazzo Amy, se mi fai ridere ancora così non riuscirò mai a mettermi il rossetto!!» dice la seconda.
«Non ho mai visto una coppia più stonata. Sai a chi assomigliano? A quei personaggi di quel cartone … come si chiamano?» la voce stridula diventa graffiante.
« … la Bella e la Bestia?!» le viene in aiuto l’altra.
«Sì sì! Solo che la Bestia è lei ed il bello lui!!!!» e giù con altre risate.
Rumori di passi, la porta che si apre e poi si chiude.
Tendo l’orecchio.
Silenzio.
Sono sola. Sola.
Stavano parlando di me. Io sarei la lana, sarei la  … la bestia.
La cosa non mi tange, non mi sconvolge. Sono solo due stupide oche. Solo due oche …
Riecco il respiro che si velocizza.
Calmati Bella. Calmati.
Decido di uscire da qui. E’ troppo stretto , è troppo piccolo.
Gli occhi mi si appannano. Cazzo ci mancavano solo le lacrime.
Armeggio con la serratura, ma non riesco ad aprire la porta.
Calmati Bella. Calmati.
Sbatto il palmo sulla porta chiusa. «Apriti, maledizione. APRITI!!»
Il palmo mi brucia, il respiro non si regolarizza, le lacrime scivolano via copiose.
Un forte senso di nausea mi prende allo stomaco e mi circondo la vita con le mie stesse braccia per darmi sollievo.
Ancora un deja-vu.
“Sono  in camera di Edward. Carisle deve venire su per la solita visita. Mi vuole parlare, me l’ha detto Alice. Bussano alla porta. Deve essere lui.
«Avanti.» dico
Lui entra e si chiude la porta alle spalle. E’ sorridente, sereno. Si siede su una sedia che ha avvicinato al letto e comincia a parlare: «Bella, tu hai subito un forte shock, e sei stata sottoposta ad uno stress enorme per una persona della tua età. Potresti risentire di alcuni fenomeni di origine ansiosa , attacchi di panico o simili, e non voglio che ti spaventi se ciò accade. Per questo voglio descriverteli e dirti cosa fare se dovessi trovarti in una situazione del genere.”
Calmati Bella. Calmati.
“Ripetiti delle frasi che ti tranquillizzino. Prova a controllare il respiro.”
Apro e chiudo la bocca. Annaspo, ma l’aria non mi basta e non riesco a trattenerla nei polmoni.
“Bella ricorda che ogni attacco di panico insorge improvvisamente, senza preavviso, ma non dura più di dieci minuti. Ogni crisi avrà un suo picco, ma poi finirà, così come è cominciata. Devi solo mantenere la calma.”
Quattro, cinque … Quanti minuti sono passati? Quanti??!!
La vista mi si offusca, nelle orecchie un ronzio fastidioso. Non mi accorgo di aver cominciato a graffiare la porta con le unghie …
D’un tratto, freddo.
Due braccia mi avvolgono e mi sostengono.
Sento il muro dietro la schiena, una mano alla vita, un’altra giusto sotto lo sterno.
«Respira, Bella. Forza, respira. Respira con me.» Edward. E’ la sua voce al mio orecchio, ma non vedo il suo volto.
Non vedo nulla.
«Sono qui. Sono vicino a te. Non ti lascio amore. Non ti lascio. Respira. Ti prego, Bella … respira» la sua mano aiuta il movimento, facendo piano pressione e poi rilasciando proprio sullo stomaco.
Apro e richiudo la bocca, ma non esce suono.
Mi sembra di soffocare, ho il TERRORE di soffocare. Spalanco gli occhi, l’unico mezzo che ho per chiedere aiuto e scuoto la testa spaventata.
«JASPER!! Prova a calmarla, da sola non ci riesce!» la voce di Edward è concitata.
Sento una strana apatia diffondersi piano, le braccia ricadono lungo i fianchi, le palpebre sembrano troppo pesanti da tenere aperte. Riesco a vedere i suoi occhi dorati e spaventati. Poi la testa, pesante come un macigno, ricade all’indietro e sento il mio corpo divenire leggero leggero. Braccia forti scivolano sotto la mia schiena e sotto le ginocchia mentre mi sento sollevare da terra.  
E’ solo un attimo prima di abbandonarmi  all’incoscienza.
 
EDWARD
«Jasper, maledizione muoviti!» la sua guida non mi è mai sembrata più lenta di così.
Silenzio.
«Edward …» la voce di Jasper è suadente, carezzevole «… guarda che è solo addormentata, non moribonda.»
Già, dorme. Ma perchè?
Perché Jasper ha dovuto usare il suo potere per calmarla.
Ne ha usato pochissimo, lo so. Eppure quel poco basterà a farla risvegliare domani mattina. Con i vampiri è più difficile ottenere lo stesso effetto.
Sorrido amaramente.
Lo so che sta cercando di influenzare il mio umore. Lo so che non apprezza che mi rivolga ad Alice come ho fatto prima.
“Perché non hai visto niente eh? Non sei tu la veggente di casa?” le avevo gridato contro mentre portavo mia moglie in braccio nel parcheggio, diretto alla nostra auto.
Alice non aveva tradito alcuna emozione, ma mi aveva guardato fisso. Mi aveva guardato e basta. Non un pensiero, non una parola.”
Bella tra le mie braccia sembra morta. La sua pelle è diafana, di un pallore innaturale, il respiro è quasi assente. E’ distesa sul sedile posteriore della Mercedes con il capo poggiato sulle mie ginocchia. Le accarezzo i capelli con delicatezza. Non voglio turbare il suo riposo, anche se dovuto all’ipnosi forzata.
«Sarò più tranquillo quando Carlisle la visiterà.» Mormoro più a me stesso che ai miei fratelli.
Lo stress di Bella è davvero arrivato alle stelle. E non posso ignorare che vivere in mezzo a dei vampiri non abbia contribuito notevolmente ad accrescerlo. Lei è umana. Ha bisogno dei suoi simili, dei loro ritmi, anche se noi facciamo di tutto per non farla sentire a disagio. Ma … Bella è sensibile, timida, attenta ai particolari. Riconosce quando in un nostro atteggiamento c’è il tentativo di apparire più “umani”.
Lo so che Alice ha ragione quando dice che sono troppo apprensivo, che le sono troppo addosso, che non la faccio respirare. Ma è più forte di me, un istinto difficile da domare. Anche se ci sto provando. Ma se l’avessi seguita subito prima, come volevo fare, tutto questo non sarebbe successo. E, invece, Alice si era messa in mezzo, fisicamente prima e con i suoi pensieri poi, dicendomi di lasciare Bella sola per pochi minuti, che lei aveva bisogno soltanto di andare in bagno. E mi aveva mostrato la visione che aveva avuto a proposito: Bella che entrava alla toilette.
 Ma, dopo tre minuti esatti, ho visto Jasper prendersi la testa fra le mani come colto da un dolore lancinante e ho lasciato che lo stesso dolore penetrasse nel mio cervello.
E l’ho sentita.
Disperata, terrorizzata. Il senso di soffocamento, di angoscia, di dolore ancora mi aleggia nella mente. Li ho sentiti tutti insieme, tutti in una volta. Sono scattato come una saetta, incurante delle conseguenze, scardinando la porta della toilette in cui era rimasta chiusa. Era lì, accasciata sulle ginocchia.
Tremava.
Come una foglia in mezzo ad una bufera.
E annaspava in cerca d’aria, come se avesse avuto una corda immaginaria a stringerle il collo.  
Smettila di torturarti così, Edward. Non potevi prevederlo o evitarlo. Lo sapevi che la sua ripresa sarebbe stata lenta, che proprio quando tutto sembra calmo devi aspettarti delle ricadute … Jasper guarda fisso davanti a sé, mentre continua a guidare indolente con una mano sola.
Lo so. Il trauma emotivo di Bella non sarebbe stato facile da superare. Carlisle mi aveva avvisato prima ancora che ci sposassimo. Ma avevo creduto che fossimo sulla buona strada. Le sue parole mi ritornano alla mente.
“L’avevo raggiunto nel suo studio dopo che in salotto ci eravamo scambiati una breve occhiata e lui, tramite i suoi pensieri, mi aveva detto di volermi parlare. Avevo posato un bacio sulla fronte al mio amore beatamente addormentata sul divano e l’avevo seguito dopo qualche secondo.
-Vorrei parlarti di Bella …- aveva pensato mio padre. Non mi era sfuggito il fatto che avesse preferito non parlare a voce alta. Desiderava che avessi un po’ di privacy.
«Ti ascolto» avevo risposto acuendo tutti i sensi.
-La sua ripresa è stata eccezionale, fisicamente non c’è più nulla di preoccupante …- aveva iniziato lui.
«Ma?» l’avevo quindi interrotto io.
Mi aveva guardato fisso negli occhi e aveva continuato in tono professionale:
- Edward, lei è molto fragile dal punto di vista emotivo. La certezza di averti perso per sempre, le esperienze negative vissute in seguito a ciò, hanno minato la sua fiducia in se stessa e le hanno lasciato un senso di dipendenza da te che potrebbe rivelarsi alla lunga controproducente. Potrebbe risentire di un forte stress post-traumatico, di situazioni di tipo ansiogeno e di disturbo di panico. Esce da un lungo periodo di depressione reattiva, che come ben sai può portare a delle ricadute improvvise, apparentemente senza ragione.-  Mio padre pensava tutto ciò con molta delicatezza, ma non poteva sfuggirmi la reale gravità di quanto mi stava informando.
«Cosa mi consigli di fare?» il suo parere per me era molto più che una semplice opinione professionale. Gli stavo chiedendo un consiglio da figlio.
Aveva esitato un attimo, poi, sempre con la mente mi aveva detto: - Normalmente consiglierei un periodo di psicoterapia, ma in tal caso sarebbe inutile, dato che Bella non potrebbe essere sincera. In alcuni casi sono necessarie delle terapie farmacologiche, alcune sono molto debilitanti. Deve riacquistare fiducia in se stessa, nelle sue capacità. Inoltre deve riuscire ad elaborare l’esperienza della perdita e del ritrovamento. E’ come se si fosse incantata a quel giorno di Settembre in cui sei andato via, Edward. Deve riuscire a superarlo, deve riuscire a perdonarsi. E lo devi fare anche tu. –“
I suoi pensieri mi avevano colpito più di quanto non avessi ammesso io stesso, ma non avevo tenuto in debito conto la portata delle sue parole fino a stasera, fino a quando Bella non è letteralmente crollata tra le mie braccia.
Sospiro affranto.
La preoccupazione per Bella è tale da aver offuscato la mia obiettività. La colpa dell’accaduto non è di Alice ed io sono stato ingiusto nei suoi confronti. Lei e Jasper non si sono mai risparmiati per noi, per Bella. Ed è ad Alice che devo i piccoli, impercettibili passi avanti che mia moglie ha fatto negli ultimi tempi. E’ l’unica che mi affronta direttamente, che mi mette dinnanzi ai miei errori senza timore. Sta aiutando Bella, ma anche me.
All’inizio non mi staccavo mai da lei, nemmeno per nutrirmi. Alice mi ha obbligato a farlo.
Lei ha insistito che Bella frequentasse da sola un corso universitario. E devo ammettere che da un po’ vedo negli occhi di mia moglie una luce nuova, combattiva, determinata. Il college le piace.
Lancio un’occhiata alla zazzera nera che intravedo nel sedile anteriore.
«Alice, scusami» le dico ancora turbato.
Non dirlo nemmeno Edward. Io … è stato troppo improvviso, non sono riuscita a prevederlo, mi dispiace. I pensieri di Alice sono addolorati.
«Non fa nulla, davvero.» Cerco di rincuorarla, anche se vorrei avere davvero la sicurezza che provo a dimostrarle.
Jasper è l’unico che in questo momento sa realmente come mi sento. Sposto il mio sguardo su di lui. E’ immobile, come prima. Dal suo viso non traspare alcuna emozione. Dai suoi pensieri, silenzio.
Mi conosce, sa che in questo momento non apprezzerei alcuna parola di conforto o di compassione.  
Arriviamo a casa.
Esme e Carlisle ci seguono in silenzio, mentre entriamo ed io salgo in camera nostra per deporre delicatamente Bella sul nostro letto. Mio padre le si avvicina e le sfiora la fronte ed il polso con una carezza lieve.
Jasper? Mi chiede indicando mia moglie con un cenno del capo.
Annuisco impercettibilmente.
Cosa è successo? Mi domanda pacatamente, quasi con rassegnazione.
«Ha avuto un attacco di panico» rispondo senza alcuna inflessione nella voce.
Edward, forse, sarà necessario ricorrere ai farmaci. Per dei risultati, però, potrebbero volerci dei mesi … Pensa lui dispiaciuto.
Incasso il colpo. Bella ha bisogno d’aiuto. Un aiuto che io non riesco a darle.
Poi, rapida, una visione di Alice. La guardo negli occhi vacui, sentendo i miei divenire come i suoi. E’ confusa, delle immagini si susseguono velocissime.
Bella, piange silenziosamente. Soffre mentre io la guardo da lontano. Poi, sangue. Tanto sangue. Bella priva di sensi in mezzo a quel sangue. Una stanza d’ospedale.
L’urlo di mia sorella mi risveglia, mentre la fisso sconcertato.
L’ultima visione che ha avuto è quella della mia morte.

NOTA DELL’AUTRICE: Perdonatemi per il ritardino-ino-ino. Il cappy, però, è bello lungo, e bello cioppo cioppo. Si chiariscono alcune dinamiche che saranno importanti per i capitoli a venire. Curiosi eh!!! Posso solo dirvi che nulla è scritto a caso …!
Il link musicale è grazioso, credo di aver consumato il film a forza di rivederlo …non vi pare?
Mumble mumble che dirvi …
Ah si, grazie per commenti, mi galvanizzano!!! Grazie a chi legge questo delirio, spero di riuscire a descrivervi le cose senza confonderle troppo o ingarbugliarle. Fatemi sapere!!!!!
Bye
M.Luisa
   
 
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