Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: San e Rachel    05/06/2005    12 recensioni
Rumiko. Ritsuko. Legate solamente dallo stesso cognome o forse da qualche altro segreto che le accomuna, ma di cui loro sono ancora all'oscuro? Una la ragazza perfetta negli studi, l'altra la ribelle assoluta. Due vite che corrono parallele... almeno finché un evento non le farà incontrare: la minaccia dei fratelli Nishikado; ragazzi ricchi, potenti e persuasivi. Cosa succederebbe se le loro vite si intrecciassero? Le due ragazze finirebbero per essere entrambe schiacciate dalle persone che stanno loro intorno, e che le vedono come nemiche, o riuscirebbero a sostenersi a vicenda superando ogni situazione avversa? Una storia tinta di mistero, talvolta allegra, talvolta struggente, per raccontarvi la vita di due adolescenti alle prese con problemi forse troppo grandi per loro.
Genere: Generale, Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prologo

CAPITOLO 1

 

Quando suonò la campanella il suo quaderno era ormai tutto scarabocchiato. Che strano, non si era nemmeno resa conto di aver mosso la penna su quel foglio, prima candido, per così tanto tempo. Era ancora assorta nei suoi pensieri, il viso appoggiato su una mano, lo sguardo volto oltre i vetri della finestra, quando una mano le si posò sulla spalla.

- Rumiko, noi andiamo a pranzo. Che fai, vieni?!-, fu la frase che la ripescò dal suo mondo.

Guardò l'amica, Nanako, poi posò la penna e il quaderno sotto il banco. - Certo... certo, vi raggiungo subito. -, rispose pacata, prendendo il suo obento dalla cartella appesa al lato destro del banco. Seguì le amiche fuori dall'aula. Non ascoltò le loro chiacchiere senza senso, non ne aveva voglia, né forza. Ormai erano giorni che una pesante apatia l'avvolgeva, rendendola incapace di provare la minima emozione.

Si sentiva letteralmente schiacciata dalle persone che la circondavano. Erano felici, loro. Lei sentiva la sua vita piatta, totalmente. Non aveva uno scopo, non aveva un ragazzo, la sua famiglia era un disastro. Aveva delle amiche, certo, anche molto care, ma non riuscivano a darle la carica giusta. E, ovviamente, c'erano loro... I due fratelli diabolici. Ultimamente si erano divertiti molto a prenderla di mira, probabilmente vedendola così apatica. Le facevano sempre scherzi cretini e si divertivano a prenderla in giro, e logicamente lei non reagiva.

Rumiko Matsumoto non era né più, né meno di una normalissima studentessa medio-borghese. Era presidentessa del consiglio degli studenti, caposcuola, capoclasse, era tutto ciò che una madre vorrebbe come figlia. Eppure a lei non bastava. Cosa se ne faceva dei buoni voti, se la sua vita era talmente noiosa? Scuola casa, casa scuola, era tutto ciò che sapeva. Rumiko era stanca di quella situazione. Non era particolarmente bella. Né particolarmente simpatica. Semplicemente era una buona studentessa, e tutti approfittavano di lei per farsi fare i compiti. Non aveva la forza di dire di no. Questo é il peggior difetto che un'adolescente come lei potesse mai avere. Ultimamente, poi, anche i suoi voti calavano. E come poteva concentrarsi nello studio, con quelle due piaghe dei fratelli Nishikado che le rendevano la vita impossibile? I genitori di quei due erano potenti, potevano comprare tutto, e non per nulla avevano tentato persino di farla espellere dall'istituto. Quella volta se l'era cavata per il rotto della cuffia. Ma ora era giunta al limite di sopportazione, presto sarebbe crollata.

Fece per raggiungere le amiche nel cortile della scuola, ma poco prima, fermò i suoi passi e alzo lo sguardo al cielo. Era di un turchese splendido, anche se macchiato di qualche nuvola bianca. La brezza era piacevolmente fresca, rinfrescava il clima un po' torrido della giornata. Si guardò intorno sospirando. Si sentiva cadere in un buco nero, ed era veramente una situazione sgradevole. Riprese a camminare sotto le urla civettanti di Nanako e Yuko, raggiungendole in pochi passi.

- E tu Rumiko che ne pensi? So che non sei particolarmente interessata agli uomini ma... dai...

- ... è veramente un grande figo! -, concluse Yuko indicando un ragazzo contornato da uno stormo di ragazzine strillanti.

Rumiko guardò il ragazzo e fu presa da uno spiacevole senso di nausea.

- E' l'essere più disgustoso che io abbia mai visto!-, rispose algida. Si sedette accanto a Nanako e non aprì neanche il suo obento. Si limitò a continuare ad osservare il ragazzo. Le sue amiche non potevano sapere ciò che Daisuke e Daiki Nishikado le avevano combinato, più di una volta. Non voleva la loro compassione, non voleva la compassione di nessuno. Ravviò i capelli corvini con una mano, portandoli dietro le spalle. Erano lunghi poco oltre le scapole, liscissimi, quasi spaghetti, e di un nero lucente, scintillante. I suoi occhi azzurro ghiaccio, un po' nascosti dalla montatura degli occhiali, si soffermarono ancora un po' sul ragazzo, ma quando incontrò gli occhi di lui si voltò da un'altra parte, rovesciando il suo obento che si aprì, lasciando cadere il suo contenuto sull'erba umida. "Che razza di giornataccia...", pensò mentre ripuliva. Poco male, non aveva nemmeno fame. Yuko e Nanako si guardarono preoccupate. Erano sicure che Rumiko nascondesse loro qualcosa.

 

***

 

 

Si fermò ansimante per la sfrenata corsa. Finalmente era arrivata. Questa volta se l'era svignata da scuola per un soffio, l'avevano quasi scoperta, ma fortunatamente grazie alle sue tecniche segrete l'aveva scampata di nuovo. Sistemò meglio la chitarra sulla spalla e prese a camminare normalmente. Guardò estasiata quel piccolo bar malandato. Era la loro salvezza, sua e del suo gruppo. L'anziano proprietario concedeva loro di suonare liberamente negli orari di apertura e, in cambio, qualche serata intrattenevano il pubblico con qualche concerto. Da giovane, raccontava sempre Asano, era uno dei capi di uno dei più famosi gruppi punk del momento. Non erano solo un gruppo nel contesto musicale, ma erano una banda vera e propria e, per questo, li sosteneva più che volentieri. Si infilò velocemente nei bagni del locale e levò la divisa per indossare dei vestiti più comodi. Ovviamente lo stile stava nei pantaloni a vita estremamente bassa e neri, maglia piuttosto stracciata nera anch'essa. Il tutto contornato da borchie qua e là, come bracciale o cintura, o anche direttamente sugli abiti.

Sciolse i lunghi capelli azzurri, arricchiti da meches blu metallizzato, che ormai le arrivavano fino a metà schiena. Aveva deciso di tingerli per mettere in risalto il suo stile ribelle, facendo anche una leggera permanente per renderli mossi. Lasciava solo la frangetta scalata liscia. Calcò incredibilmente la matita nera intorno agli occhi, mettendo in risalto il colore verde smeraldo dei suoi occhi e colorò le labbra leggermente con un rossetto marrone. Osservò la quantità incredibile di orecchini che aveva alle orecchie e sorrise compiaciuta.

Ripose disordinatamente la divisa del suo liceo, l'istituto superiore Hayabusa, che era una scuola per figli di papà, di norma inaccessibile a teppistelli quale era lei. Ma Ritsuko non se ne faceva un problema. Era in quella scuola grazie alle possibilità finanziarie del padre, ricco imprenditore, e se ne fregava se lui pagava per la sua istruzione. Lei preferiva svignarsela e correre incontro al suo sogno: diventare una grande musicista. Il padre era contro questo suo sogno, ma lei ci rideva su, e non rispettava nemmeno le punizioni che puntualmente le infliggeva. Semplicemente scappava. Era una vita che scappava. Aveva avuto piccoli problemini con la legge, ma suo padre aveva messo tutto a tacere sganciando enormi somme di denaro. A scuola andava piuttosto bene, nonostante non aprisse mai i libri... si riteneva una persona decisamente intelligente! Ma a lei della scuola non gliene importava un tubo. La musica era tutto ciò che contava nella sua vita. E le andava bene così, non voleva cambiare. Uscì dal bagno raggiungendo il localino sul retro del bar, dove di consueto provavano. Salutò con un cenno della mano il batterista del suo gruppo, l'unico già presente. Era un ragazzo piuttosto semplice, anche lui amante del nero. Aveva degli stupendi occhi nocciola con il tipico taglio orientale, ma più grandi. I capelli erano tenuti medio-lunghi in un taglio scalato ed erano logicamente tinti o, per meglio dire, ossigenati. Era l'unica ragazza nel gruppo, ma ciò non la faceva sentire a disagio, anzi. Si sentiva meglio con gli esseri maschili che con quelli femminili, troppe chiacchiere al vento e troppe pugnalate alle spalle, pensava lei. Subito dopo di lei entrò Nobu, il secondo chitarrista. Si alzò di scatto saltandogli letteralmente in braccio, ottima scusa per rubargli ogni volta la lattina di birra dalle mani. Nobu ormai ci aveva fatto l'abitudine e ogni volta si rassegnava a portarsi il doppio della sua normale razione di alcool.  Ecco, se vogliamo trovare un altro difetto in Ritsuko, nominata affettuosamente Roxy dagli altri membri del gruppo, era la bionda. Ne beveva a fiumi, letteralmente. Non era mai stata male per la birra, questo no, ma non si limitava di certo al mezzo a serata.

Dopo qualche minuto arrivò Akito, affettuosamente rinominato Akki da Ritsuko. Akki era il leader indiscusso della band. Alto, capelli ed occhi dello stesso colore della pece e un sorriso da urlo. Lui aveva un successo incredibile tra le ragazze che frequentavano il locale, cosa che faceva irritare non poco il povero Nobu, un ragazzo dolce e ingenuo, troppo sempliciotto per farsi le ragazze, ma troppo poco per non desiderare di farsele. I due ragazzi erano agli antipodi, ma Roxy non ci badava. Lei li considerava come fratelli, voleva loro un bene immenso, e suo padre poteva dire ciò che voleva sul loro conto, per lei erano la sua VERA famiglia.

Con loro rideva, scherzava, condivideva dei sogni... quando aveva bisogno, insomma, loro c'erano sempre. Stava bene quando era con loro, punto. In fin dei conti come poteva considerare reale la sua famiglia di sangue? Era figlia unica, suo padre, ricco uomo d'affari, passava praticamente la vita in ufficio e, se lo sentiva, era solamente tramite la segretaria o qualche colpo di telefono quando faceva qualche marachella più grave. Sua madre... beh, lei ormai non c'era più. Era morta, anche se non fisicamente, ma morta per lei. Quando aveva tre anni aveva deciso di andarsene di casa, senza avere nemmeno più la decenza di chiamarla una sola volta. Non sapeva dov'era e nemmeno le interessava. Bella madre, vero? Stupenda, proprio quella che tutti desiderano, per non parlare del padre. La sua vita escludendo il gruppo, insomma, era una vera piaga.

***

La pioggia continuava a cadere incessantemente, ma Rumiko non si degnò nemmeno di aprire l'ombrello, era troppo, troppo stanca per mantenerlo. Continuò a camminare tenendo il volto puntato in alto, gli occhi al cielo. Dei lampi attraversarono il grigio delle nuvole, seguiti da un fragoroso, assordante rimbombo. Non sussultò nemmeno. Era troppo presa dai suoi pensieri. Pensava che appena arrivata a casa avrebbe preparato la cena, cenato da sola perché la madre lavorava fino a tardi per portare a casa quei quattro soldi per mantenerla in un istituto esclusivo come l'Hayabusa, poi avrebbe studiato fino a mezzanotte passata e poi sarebbe andata a dormire. E le giornate si ripetevano. Tutte con lo stesso ritmo. Tutte con le stesse sfumature... sfumature cupe, sfumature grigiastre, sfumature tristi della vita di una ragazzina cresciuta troppo in fretta, il cui sogno di diventare avvocato era offuscato ogni giorno di più dal desiderio impellente che provava da ormai molti mesi. Il desiderio di scomparire dalla faccia della terra.

Arrivò davanti al suo condominio, fece un distratto segno di saluto all'anziana, bisbetica portiera, e salì le scale, fino al sesto piano dove c'era il monolocale in cui vivevano lei e sua madre, da sole, da ormai un anno. Sua madre aveva perso il lavoro di segretaria di un noto industriale, e tiravano avanti con i rari lavoretti part-time che riusciva a trovare. Inserì la chiave nella serratura e spalancò la porta. Entrò e non si degnò nemmeno di richiuderla. Semplicemente si lasciò cadere sulla poltrona all'ingresso, senza preoccuparsi minimamente della porta ancora aperta. "Tanto...", pensò, "... qui non c'è niente da rubare... che entrino pure...". Una lacrima le rigò il volto prima di infrangersi sul pavimento.

***

- Roxy che hai???-, sbraitò Nobu. - Stai sbagliando tutto. Che ti prende?

- Mh? Ma cosaaaaaaaaaaa? Stavo solamente provando un nuovo pezzo! Non senti che sto cantando parole differenti?

Yamato, il batterista, si schiaffò una mano in fronte. OK, era ubriaca fradicia, iniziavano bene. Nemmeno trenta minuti che provavano e Roxy era già completamente fuori. Akito posò il basso e guardò attentamente la ragazza.

- No, non dire nulla! -, cantilenò lei, - Scherzavo, scherzavo sono sobria! Non vado fuori per così poco ma, non so, oggi ho una strana sensazione addosso, non riesco a concentrarmi!

- Si... presentimenti... magari é la tua gemella segreta che sta per morire e tu senti che devi fare qualcosa per salvarla, anche se non sai nemmeno che lei esiste!-, ridacchiò Nobu, beccandosi in risposta un microfono in testa da parte della ragazza.

- Taci, é meglio... -, lo riprese Yamato, glaciale. Akki scosse il capo, rassegnato. Forse era meglio rinunciare alle prove.

- Roxy... -, decise di cambiare discorso, -... stavo pensando che forse dovremmo cambiare orari delle prove... ok per Nobu, lui è un analfabeta e non prenderà mai il diploma... ("CHE COSA?!?!", urlò Nobu)... ma non credo che a te faccia bene... tutte queste assenze... tuo padre poi se scopre che hai ripreso a marinare le lezioni...

Yamato e Nobu si guardarono. Forse Akito aveva ragione. Tuttavia aveva scelto il momento sbagliato per parlarne. Ritsuko era già incavolata per i fatti suoi , parlare del padre in quel momento era come rigirare il coltello nella piaga, ancora, ancora e ancora, fino allo sfinimento.

- No, vanno benissimo questi. - rispose lei gelida riprendendosi il microfono e cominciando a canticchiare una canzoncina che intonava sempre per calmare i bollenti spiriti.

Akito e Nobu si guardarono preoccupati, ricevendo un segno di consenso anche da Yamato che si alzò dal suo sgabello e, infilate le bacchette in una delle tasche posteriori dei Jeans, salutò Nobu e Akki con una pacca sulla spalla e Roxy, che per poco non lanciò il microfono in testa pure a lui, con un bacio sulla guancia. Fece appena in tempo a chiudere la porta che un tonfo sordo rimbombò per la stanza.

- YAMATO SEI UN CRETINO! -, urlò la ragazza tremando di rabbia.

Recuperò la chitarra e iniziò a suonare un qualche assolo estremamente veloce. Beh, pensarono gli altri due, almeno quella volta aveva deciso di usare la chitarra per sfogarsi e non il loro povero corpo.

- Hai proprio deciso di farti bocciare?-, chiese Akito, tenendosi pronto per scappare.

- E tu hai proprio deciso di farti ammazzare da lei?-, lo guardò accigliato Nobu, scuotendo la testa.

- Sta' zitto, cretino. Rispondi Ritsuko!!! Perché vuoi farti bocciare? E' l'ultimo anno di liceo, dopodiché sarai libera... fai un minimo sforzo, per la miseria. Nobu non si diploma perché è un caso disperato... ma io sto per laurearmi e Yamato lo é da un pezzo, ma come vedi riusciamo a dedicarci comunque alla musica. Dovresti impegnarti un po' di più. Hai diciannove anni suonati, ma ti comporti come una bimba delle elementari...

- Senti, evita di scassarmi le palle, mi sono proprio rotta. -, rispose scocciata la ragazza iniziando a raccogliere le sue cose, tentando di mandare giù il nodo in gola. - Sono cavoli miei quello che faccio, non ti deve riguardare.

Akito fece per mollarle un ceffone, ma fu fermato in tempo da Nobu. Roxy, i cui occhi erano ridotti a due fessure per la rabbia, lo guardò con disgusto ed uscì di corsa dal locale.

- Bella mossa boss... ma che cavolo ti è preso? Non ti è mai saltato per la mente di alzare le mani su di lei! Datti una calmata per la miseria! Capisco che sei preoccupato per il suo avvenire, ma stai esagerando!

Akito si divincolò facilmente dalla presa di Nobu, facendolo cadere all'indietro, e uscì velocemente dalla sala, raggiungendola e bloccandola. Nobu li raggiunse.

- Bene. Vorrà dire che finché la signorina non andrà a scuola almeno un mese tutto di fila, potrà scordarsi di rimanere vocalist ufficiale della band, siamo intesi?

Roxy sentì le lacrime pungerle gli occhi. No, quello non poteva farlo. Era stata lei a mettere su il gruppo e se non poteva né cantare né suonare la sua vita non aveva alcun senso.

- Sei proprio uno stronzo... -, disse in un soffio.

***

Il contenuto della padella era ormai cotto al punto giusto, così Rumiko spense il fuoco e prese due piatti. Si sentiva debole e una bella fetta di carne era proprio quello che ci voleva. Da quant'era che non mangiava carne? Non lo ricordava precisamente, ma era molto. Lei e sua madre, Azuki Kashiwagi, non potevano permettersi granché, così preferivano andare avanti a riso e zuppe. Ma qualche giorno prima sua madre aveva avuto una piccola gratifica, con 3.000yen di aumento sullo stipendio del suo ultimo lavoro, quello di commessa, così avevano deciso di permettersi questo piccolo lusso.

La tavola era apparecchiata, tutto già pronto, quando squillò il telefono.

- Pronto?-, rispose la ragazza.

"Rumiko, tesoro, sono la mamma."

- Mamma, é successo qualcosa?-, sapeva che era successo qualcosa, non sapeva cosa, ma era ovvio che la madre l'aveva chiamata per avvisarla che sarebbe tornata tardi, di non aspettarla per cenare.

"Mi dispiace Rumi, ma il lavoro è tanto, sai gli sconti di stagione... mi tratterrò in negozio ancora un po'... per cui non aspettarmi per cena, ok?". Rumiko annuì.

"Hai già preparato la cena tesoro?" - Rumiko scosse la testa, dimenticandosi di rispondere a parole, - "Oh, scusami tanto, avrei dovuto avvertirti prima, che sciocca che sono... scusami... Tienimela in caldo, la mangerò quando torno! Grazie mille!"

Salutò la figlia e pose fine alla conversazione. Rumiko rimase lì ferma qualche minuto con la cornetta in mano, non era riuscita nemmeno a spiaccicare una misera parola. Ripose il telefono sulla base e si diresse in camera sua, lasciandosi sprofondare nel materasso. Era stanca, non aveva nemmeno fame. Ultimamente l'unica cosa che faceva volentieri era dormire, sì dormire, perché era l'unico momento in cui non viveva. Si sentiva come morta ed era ciò che voleva, piuttosto che continuare la sua vita apatica.

Stava ormai tra le braccia di Morfeo, quando un tonfo sordo contro la porta d'ingresso la svegliò. Si alzò e uscì dalia sua stanza. Perché non avevano usato il campanello? Forse era guasto di nuovo...

- Si, chi é?-, chiese tenendo una mano sulla piccola catena sopra la maniglia. Non ricevendo risposta aprì di qualche centimetro la porta, senza però togliere il fermo.

- Nishi... Nishikado... cosa ci fai qui?-, con orrore indietreggiò di qualche passo, senza nemmeno chiudere la porta, permettendo ad una mano del ragazzo di togliere la catena ed aprire la porta.

- Esci subito di qui. Nishikado!

Era Daiki Nishikado, il maggiore dei fratelli diabolici. Ma come aveva fatto a sapere il suo indirizzo? Tra l'altro era anche quello che la tartassava di meno, dato che frequentava l'università, sempre all'istituto Hayabusa, ma nell'edificio affianco, così che non lo vedeva spesso. Forse era venuto per fargliela pagare del loro ultimo incontro, quando lei era riuscita a scappargli dandogli un calcio ben assestato dove non batte il sole. Rumiko inorridì quando, allungando il collo, vide anche il fratello Daisuke, appoggiato alla ringhiera delle scale.

Il ragazzo si avvicinò a lei, sorridendo malizioso.

- Oh, sei tutta sola? Noi siamo venuti a trovarti, non è vero Daiki? Eravamo ansiosi di rivederti!

La ragazza indietreggiò ancora, finché il muro le fece da ostacolo. Si fece piccola, piccola e pregò in cuor suo perché qualcuno l'aiutasse.

- Ragazzi... vi prego... non vi ho fatto niente... e comunque... potrei denunciarvi per violazione di domicilio!-, tentò di sembrare il più calma possibile.

Daiki sorrise. - Oh, ma noi non abbiamo fatto niente di male... siamo passati per un salutino. Vedi... ci stai dando così tanti problemi. Tu e il tuo dannato consiglio d'istituto. Se non fosse stato per nostro padre, Daisuke sarebbe già stato bocciato... e a noi questo non piace, dato che Daisuke é stato bocciato già l'anno scorso, a causa della qui presente signorina.-, spiegò pacato, avanzando verso la ragazza.

La ragazza deglutì. Non era stata solamente sua la colpa della bocciatura di Daisuke, se lui era un asino lei che poteva farci? Il consiglio d'istituto aveva deciso così, con il consenso di tutti i membri, lei aveva solamente dato l'annuncio, non ne era la diretta colpevole.

- Sai tesoro... -, cominciò Daisuke, - Non mi piace ripetere l'anno solo perché una sciaquetta come te ha deciso di rovinarmi la vita!

Si avvicinò alla ragazza e le alzò il viso, prendendola per il mento.

- Sei pure brutta conciata così, ma non hai un minimo orgoglio personale? -, le tolse gli occhiali, mentre la ragazza tremava come una foglia, - Ah ecco, ora va decisamente meglio non trovi? Oh, hai gli occhi azzurri, sono belli sai? È peccato nasconderli dietro a quei fondi di bottiglia!

Daiki richiamò il fratello. Possibile che dovesse fare il cascamorto con tutte le ragazze? E poi perché proprio con Rumiko Matsumoto? Poi d'un tratto un pensiero gli balenò per la mente. Ma certo! Suo fratello era un genio, stava proprio colpendo il punto debole della ragazza. I sentimenti. Soprattutto le attenzioni ricevute da un ragazzo, visto che era conosciuta anche come la santarellina di turno. Daisuke, infatti, fece scivolare una mano lungo la schiena della ragazza, provocandole un brivido.

- Sai, forse potremmo anche diventare amici, un giorno... ovviamente, però, dovrai evitare di mettermi i bastoni tra le ruote, intesi? -, si piegò leggermente sfiorando le sue labbra con quelle di Rumiko, che ancora non aveva spiaccicato una parola, - Considerarlo come un gesto per assicurare che il nostro patto non venga spezzato... Noi ti lasceremo in pace e tu eviterai di farmi perdere l'anno. Ok? Bene, siamo d'accordo!

Alcune lacrime bagnarono il volto della ragazza, che tremava come una foglia. Non poteva dargliela vinta, ma dopotutto lei non era nessuno per poterli contrastare. L'avrebbero perseguitata sempre, lo sapeva bene. Patto o meno, non l'avrebbero lasciata in pace comunque.

Si udì un rumore fuori dalla porta, qualcuno stava salendo le scale velocemente. Una ragazza dai lunghi capelli azzurri passò davanti alla porta senza fermarsi, ma poi tornò indietro e guardò la scena, chiedendo cosa stesse succedendo. Rumiko lanciò uno sguardo d'aiuto verso l'ultima arrivata. Era Ritsuko Matsumoto, la sua vicina di casa, una ragazza estroversa e un po' teppista, figlia del famoso imprenditore Seiya Matsumoto. Abitava da qualche settimana nel monolocale accanto al suo, e da quel che si diceva in giro era scappata di casa perché il padre non voleva farla suonare. Beh, a Rumiko non interessava chi fosse o cosa cavolo facesse. In quel momento sperava solo che l'aiutasse.

- Oh... Daisuke... ma questa tizia con i capelli turchesi non é mica una tua compagna di classe?-, chiese Daiki, curioso.

- Sì, purtroppo questa tizia è in classe con me... -, rispose Daisuke con una smorfia.

La ragazza si avvicinò ai due con fare minaccioso e un'espressione imbronciata dipinta sul volto.

- Questa tizia avrebbe anche un nome... -, fece notare Ritsuko ai due, ormai irritata. Lanciò uno sguardo al campanello dell'abitazione.

"Ah, giusto, si chiama Rumiko... che memoria del cavolo che mi ritrovo."

- Non credo che Rumiko vi abbia gentilmente invitato da lei o sbaglio? Levate le tende da qui, io vorrei andare a dormire, non ho nessuna intenzione di sentire i vostri grugniti fino nel mio appartamento!

- Sta' zitta e non impicciarti, piccola idiota... questi non sono affari tuoi.

La ragazza dagli occhi verdi strinse i pugni.

- Ohhh... guarda Daisuke, la signorina si sta incavolando... ora chiamerà il suo papino... beh, peccato che nostro padre sia anche più importante del suo e non ci possa fare niente.

Rumiko strinse gli occhi per non assistere alla scena: Ritsuko si era avventata su Daiki e gli aveva rotto il naso con un pugno, ora grondante di sangue.

- MA SEI PAZZA?!

"Mai mettersi contro una ragazza che ha praticato arti marziali...", pensò Rumiko, ricordandosi di non andare mai contro Ritsuko Matsumoto. "Che buffo... anche io mi chiamo Matsumoto... mio padre si chiamava così.”

Si ritrovò malinconicamente a pensare a suo padre, le dispiaceva essere rimasta solo con la mamma.

Ritsuko fulminò Daiki con lo sguardo, per poi passare a Daisuke.

- Cambiate aria o preferisci trovarti con qualche arto in meno anche tu?

Daisuke scosse il capo. Quella ragazzina si credeva forte. Bene, avrebbe avuto pane per i suoi denti. Porse una mano al fratello, aiutandolo a rialzarsi e se ne andarono, senza dire nulla. Rumiko si lasciò scivolare lungo il muro, inginocchiandosi a terra.

- G... grazie Matsumoto... grazie... -, disse solo, prima di scoppiare in un pianto liberatorio.

… continua…

  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: San e Rachel