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Autore: endif    13/11/2009    10 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.15

EDWARD - The Fray - How To Save A Life

“Si prega di controllare attentamente l’esattezza dei dati forniti e di procedere con la conferma”
Evito di rileggere inutilmente e clicco su CONFIRM.
Qualche secondo di attesa.
Poi appare la schermata con il resoconto delle operazioni effettuate e lo specchietto riassuntivo con la ricevuta da conservare.
La salvo insieme a tutte le altre: voli di prima classe, alberghi di lusso, visita dei luoghi più suggestivi.
Che meraviglia internet! E’ praticamente possibile fare qualsiasi cosa con un computer ed una carta di credito.
Certo, per andare proprio sul sicuro con coincidenze e disponibilità avrei potuto affidarmi ad Alice, ma, momenti di buio a parte, voglio che questa cosa sia solo mia.
Mia e di Bella.
E voglio la sorpresa, l’imprevisto.
Voglio che questo non sia solo un viaggio, ma sia un percorso da fare insieme, io e lei. Un modo per riscoprirsi, per riavvicinarsi, per capirsi.
Ne abbiamo un dannato bisogno.
E se per caso dovesse capitare che uno dei nostri voli accumuli del ritardo, tanto meglio: non è arrivare a destinazione la cosa che mi interessa di più. Ma è tutto il tempo che trascorrerò con Bella.
In ogni situazione, in ogni circostanza. Anche in quelle che non avevamo messo in conto di dover affrontare. Ma lo faremo insieme. Decideremo insieme, senza avere già la soluzione a portata di mano.
Cosa le và di fare e cosa no, cosa desidera e cosa, invece, non le interessa affatto …
Voglio che si senta libera di scegliere secondo le sue inclinazioni. Io mi limiterò a proporle tutte le migliori alternative esistenti, gli angoli più suggestivi della città di Parigi, gli scorci paesaggistici più deliziosi della costa orientale francese.
Ovviamente niente giri per turisti … conosco talmente bene le nostre mete da sapere persino ciò che sfugge agli stessi français.
Mi allungo con la schiena sulla poltrona su cui sono seduto ed incrocio le mani dietro la testa.
Ci farà bene allontanarci un po’ da tutto.
Bella si distrarrà, si allontanerà anche da Rosalie. Non mi è sfuggito il modo in cui l’ha evitata in questi giorni. E neanche alla stessa Rose.
Ieri, all’ennesimo abbandono di Bella della stanza in cui Rose entrava, mia sorella si è bloccata di botto e mi ha chiesto con i suoi pensieri cosa aveva fatto qualcosa di sbagliato.
Mi si è stretto lo stomaco in una morsa.
Rose non è mai stata molto espansiva nei confronti di mia moglie, non è un segreto, ma neanche apertamente ostile.
Almeno ultimamente …
La Francia le piacerà. Ne sono certo. Il connubio perfetto di romanticismo ed eleganza, di atmosfere suggestive e di grazia trova la sua espressione più alta proprio lì.
Antibes, la meravigliosa Antibes dove “Tout rayonne, tout fleurit, tout chante"  - “tutto splende, tutto fiorisce, tutto canta"-, con i suoi ristorantini, i negozi, i mercatini multicolore.
Grasse, antica, caratteristica. Con le tipiche botteghe d’arte profumiera, il dedalo di viuzze strette e pittoresche in cui le fragranze odorose si mescolano tra loro creando sfumature uniche e preziose.
E poi, la capitale, i suoi luoghi più conosciuti, ma soprattutto quelli meno noti: i giardini segreti a cui il turismo tradizionale non ha accesso, il Cour de Rohan, Parc du Turlure con quella deliziosa cascata …
Ma, un momento … Grasse
Stringo lo sguardo cominciando a far lavorare la mente velocemente.
Chissà se …
Mi raddrizzo sulla sedia e comincio a muovere le dita sulla tastiera del computer.
Immediatamente si apre la pagina che cerco.
In pochi secondi trovo ciò che mi interessa. Afferro il cellulare e compongo il numero di telefono indicato.

«Fragonard, bonjour. Est-ce que je peux l'aider?»  - Fragonard, buongiorno. Posso aiutarla?- Una delicata voce femminile risponde dall’altro capo del telefono.
«Oui. Monsieur Colbert, s'il vous plaît» - Sì. Monsieur Colbert, per piacere -rispondo rapidamente.
«Qui le désire?» - Chi lo desidera?
Un sorriso si viene formando pian piano sul mio viso.
«Le docteur Carlisle Cullen» - Il dottor Carlisle Cullen - dico pronto.
«Campe en ligne, merci.» - Attenda in linea, grazie.-
Parte una musichetta in sottofondo e mi preparo per recitare questa breve scenetta. Mio padre non se la prenderà per questa innocua bugia.
Monsieur Colbert è il più importante profumiere di Gresse. Conobbe Carlisle quando questi era in Francia per un master in medicina alla Sorbonne.
Parliamo di circa sessanta anni fa. Mentre ero in giro per il mondo alla ricerca di una mia identità, Carlisle e Monsieur intessevano un profondo rapporto di amicizia. Al tempo Carlisle era un giovane e brillante medico desideroso di approfondire la propria cultura, mentre Monsieur era un modesto profumiere di bottega che aveva ereditato la piccola attività della famiglia. Si occupava di piccole ordinazioni, pochi prodotti di eccellente qualità lavorando sodo per un misero guadagno. Consultò Carlisle per il Morbo di Dupuytren alla mano destra e mio padre lo curò con pazienza e diligenza senza mai riscuotere il proprio onorario. Ricordo di averlo sempre sentito parlare di Monsieur come di un artista, un genio dell’arte profumiera e nel contempo una persona di spiccata modestia ed umiltà. Un uomo che, nella sua semplicità, nascondeva una tenacia ed una testardaggine unici.
Mio padre ne rimase affascinato.
Si persero di vista quando Carlisle si trasferì in America.
Qualche tempo dopo sapemmo che aveva rilevato la famosa Fragonard e l’aveva riportata al suo antico splendore. Di lì a poco, un pacco voluminoso venne recapitato a nome di Madame Cullen.
Tra le veline ed il polistirolo, ne uscì una boccetta minuscola.
Dentro, uno dei profumi più sublimi che abbia mai sentito in quasi cento anni.
Nel biglietto che l’accompagnava, un’unica parola vergata con una grafia svolazzante e delicata: Merci.
La musica si interrompe all’improvviso e la voce della centralinista la sostituisce prontamente: «Docteur Cullen, Monsieur en ligne.» - Dottor Cullen, Monsieur in linea.-
Sento chiaramente il clic del passaggio della linea telefonica.
Poi, silenzio.
«Allô» -  Pronto - una voce bassa, roca, risponde dall’altro capo.
«Monsieur» dico imitando alla perfezione la voce di mio padre, rendendola nel contempo leggermente più strascicata, più appesantita … più vecchia.
«Carlisle! Che piacere sentirti, mon chéri!» dice e dal tono capisco che l’entusiasmo è autentico.
Bene. Sorrido.
Una sola frase mi è bastata per capire come condurre la conversazione.
Si ricorda di noi, si danno del tu ed è così cortese da tralasciare la madrelingua a beneficio dell’idioma del suo interlocutore.
«Il piacere è tutto mio Emìle» dico «Ne è passato di tempo» aggiungo cercando di sondare la sua lucidità mentale.
Dovrebbe essere intorno all’ottantina. Un po’ tanti di anni per un umano.
«Mon Dieu! Direi proprio di sì, sono passati sessanta anni più o meno, giusto? Ormai siamo due vecchietti …» dice ripassando a me la battuta.
«Eh già» confermo sorridendo all’idea di un incontro attuale tra i “due vecchietti”. Vedendo Carlisle ad Emìle, come minimo, sarebbero scoppiate le coronarie.
Passiamo qualche minuto a discorrere amabilmente. Monsieur Colbert deve essere un vecchietto molto coriaceo. E’ più che lucido per la sua età, pronto nelle risposte, educato e di una gentilezza infinita.
Si informa sulla salute di Madame Esme e dei “nostri” figli.
Mi congratulo con lui per il successo ottenuto e lui liquida la questione con eleganza, definendola una”fortunata serie di coincidenze”.
So perfettamente che qui la fortuna non c'entra nulla. Monsiuer è un tipo che ha sofferto, ha lavorato sodo ed è rimasto, tuttavia, modesto e privo di boria.
E’ poi è un genio.
Si attarda nella conversazione, ma non chiede direttamente il motivo della mia telefonata. Ad un certo punto capisco che è venuto il momento di dirglielo ed il mio tono cambia impercettibilmente.
«Emìle, non vorrei sembrarti indelicato, ma vorrei chiederti un piacere.» dico tastando il terreno.
«Diable! Vuoi scherzare Carlisle? Consideralo come già fatto.» risponde quasi scandalizzato.
Sorrido impercettibilmente:«Ecco … mio nipote e sua moglie verranno in Francia per una vacanza e lui vorrebbe chiederti una grande cortesia. Sa che sei l’unico a poter realizzare ciò che desidera.»
«Bon. Passamelo» dice impaziente.
Faccio scivolare il telefono nell’altra mano, attendo due secondi: «Monsieur Colbert, sono Edward Cullen. Mio nonno mi ha molto parlato di lei. E’ un onore poterlo fare personalmente» uso la mia voce con naturalezza e non c’è traccia di menzogna nelle mie parole.
«Sottises, ragazzo. L’onore è mio. Tuo nonno non è una persona comune.» Ed in effetti non ha idea di quanto siano vere queste parole. «Ti prego, dimmi cosa posso fare per te.»
Mi appoggio allo schienale della poltrona e mi prendo un attimo per pensare alle parole giuste per esprimere ciò che voglio.
«Solo quello che sa fare meglio, Monsieur» dico infine con tono sicuro.


BELLA Ingrid Michaelson-The Chain


Cammino nervosamente da un lato all’altro della camera da letto.
Raggiungo la finestra, guardo fuori. Mi giro e raggiungo la porta.
Saranno più o meno dieci minuti che lo faccio.
Forse spero che miracolosamente accada qualcosa che mi illumini, che mi suggerisca come affrontare con Edward il discorso del mio trasferimento al campus.
Helèna è stata determinante nel convincermi. La sua coinquilina Shirly abbandonerà domani il suo posto nella stanza poiché ha deciso di convivere con il suo fidanzato. “L’ottima idea” consiste nel fatto che dovrei sostituirla per questo mese, in modo che la mia amica abbia tutto il tempo di cercare un’altra coinquilina fissa senza che la direttrice del dormitorio le affibbi una da elenco, della quale Helèna non sa nulla e che, quindi, potrebbe riservare qualche sgradita sorpresa.
D’altro canto io continuerei a lavorare al mio progetto e avrei la comodità di dividere la stanza con qualcuno che già conosco. E che conosce anche Edward.
E, poi, si tratta solo di un mese, diamine!
Passa in fretta.
Ma chi vuoi prendere in giro,Bella. Nemmeno un’ora passa in fretta se Edward non è vicino a te … La mia vocina.
Cara. Sempre sincera quanto inopportuna.
Sono stata così indomita da aver fatto passare quasi tutta la settimana senza avere il coraggio di dar voce ai miei pensieri.
Incrocio le braccia al petto e percorro nuovamente la stanza in tutta la sua lunghezza.
Edward, mi trasferisco …
E no, no … non va bene. Sembra che vado via definitivamente.
Mi fermo in mezzo alla stanza ed agito la mano per aria in circolo, cercando l’ispirazione.
Edward, i miei impegni nel corso di economia richiedono il mio allontanamento …
No, no! Ma che dico! Neanche fossi Paul Krugman.
Scuoto la testa afflitta.
Mi ripeto per l’ennesima volta che non posso più rimandare, che ormai devo affrontare la cosa. Joshua, lo studente di ingegneria all’ultimo anno che mi affianca nella realizzazione del lavoro, è rimasto veramente colpito dalle mie idee. Quando gliele ho esposte con voce titubante, imbarazzata fino all’inverosimile per timore di dire qualche colossale stupidaggine di fronte ad una persona della sua esperienza, mi ha ascoltata in silenzio. Mi ha fatto parlare senza interrompermi neanche una volta.

Quando in fine ha parlato, ha pronunciato solo una parola:«Splendido» e negli occhi gli luccicava un che di diabolico.
A quanto pare anche il Dipartimento di Ingegneria ha qualche conticino in sospeso con il consiglio direttivo che si occupa dello stanziamento dei fondi per la realizzazione dei progetti universitari …
Ovviamente è stata Helèna a “invogliarmi” a contattarlo, ma ciò non mi ha reso più determinata nella scelta. Anzi. Forse lo sono ancora meno, forse avrei sperato che mi dicesse che le mie idee non erano poi così speciali. Forse avrei voluto che questo scegliesse per me …
Ciò è accaduto due giorni fa.
Da allora Joshua non smette di darmi il tormento.
E’ assillante fino all’inverosimile. Ma non agisce di persona. Ha compreso bene di dover passare attraverso qualcuno di più incisivo, di qualcuno che non solo può agevolmente raggiungermi in qualunque momento, ma che è anche altrettanto motivato come lui: Helèna.
Il cellulare vibra sulla scrivania.
E’ un messaggio.
Ovviamente è di Helèna.
-Allora glielo hai detto?- Alzo gli occhi al cielo. Ancora. Non si decide a darmi pace.
Le rispondo. Non perché ne abbia realmente voglia, ma so che se non lo faccio questa sarà solo la prima di una lunga serie di minacce più o meno velate.
-Non ancora. Per favore, fammi riflettere.- Rileggo. Decido che va bene ed invio.
Poso il telefono dov’era e riprendo a camminare.
Dunque … Edward c’è una cosa che vorrei dirti …
Eh … non è poi un brutto inizio. Ammicco a me stessa con il capo.
Non posso entrare troppo nei particolari, ma con Helèna … noi partecipiamo ad un lavoro che … che …
Che … ?!! Cosa che?!! Che già da sé ci spinge a comportarci come dei piccoli 007, in più io, che notoriamente sono una temeraria, ho deciso di tenerti nascosta la natura del mio progetto, perché penso che tu possa ficcare il naso dove non devi e che possa ancora una volta eccellere lì dove io non faccio che dei passetti traballanti!
Ecco queste sarebbero proprio le parole più opportune!
Il ronzio della vibrazione, del tutto inutile dato che viene percepito benissimo da tutti anche da Rose che è in garage, mi raggiunge come un presagio sfortunato.
Afferro il cellulare seccata. Vorrei potermi sfogare su questo piccolo oggettino fastidioso.
Ancora …!
-J. dice che se non glielo dici entro oggi viene a casa tua e glielo dice lui. Concordo in pieno, siamo già per la strada.:)-
Rileggo il messaggio. Decisamente Helèna ha un umorismo macabro.
Sento bussare alla porta.
Sobbalzo  e mi volto terrorizzata. Che quella folle della mia amica …
Ma che vado a pensare!
Cerco di darmi una calmata e mi dico che la tensione non mi farà andare proprio da nessuna parte. Men che meno al campus.
«Bella, posso entrare?»
E’ Edward.
«Ehm … sì un … un attimo» Mi passo una mano nei capelli e mi giro intorno nervosa.
Tiro un profondo sospiro, alzo di scatto la testa verso la porta e mi scrollo i capelli all’indietro.
Ok, ci siamo.
Prendo l’aria necessaria per rispondergli, ma il telefono comincia a vibrarmi nelle mani.
Mi scappa e cade sul tappeto.
Maledizione!
Lo afferro e comincio a pigiare tutti i tasti come una pianista folle. Vorrei spegnerlo, ma l’indice non ne vuole sapere di soffermarsi sull’unico tasto utile allo scopo.
«Bella?!» la voce di Edward è interrogativa. Si starà chiedendo se per caso non mi sono data al fitness: il respiro affannato, il battito accelerato, dei rumori sospetti …
«Sì!» erompo decisa con il telefono fra le mani, leggermente chinata in avanti, con i capelli che mi ricadono in ciocche scomposte davanti agli occhi cercando invano di scostarmeli dalla fronte con dei movimenti inconsulti del capo.
Cazzo, e spegniti! Penso colta dalla smania febbrile di disfarmi di quella che ormai mi sembra una bomba a mano. L’oggetto mi ricade nuovamente a terra, ma questa volta la batteria si separa dal resto del telefono.
Perfetto! Esulto come se la dea fortuna, impietosita, avesse voluto sbendarsi e guardare finalmente nella mia direzione. Raccolgo i pezzi del telefono e li getto alla rinfusa nel primo cassetto della scrivania.
Chiudo il cassetto cercando di essere delicata e poi soffio appena rivolta alla porta: «Entra» mentre in contemporanea mi scosto dalla scrivania e mi avvicino alla finestra.
Lo osservo incedere con eleganza innata in camera.
E’ … stupendo. Penso con una nota di nostalgia.
Quando poi indossa quei jeans sbiaditi alla perfezione … che gli sottolineano la potenza delle cosce, la linea asciutta e scolpita dei fianchi, i glutei sodi … Sbatto ripetutamente le palpebre e mi do mentalmente della pervertita. Questo non è assolutamente il momento adatto.
Né di guardarlo come se fosse l’ultimo uomo sulla Terra, né di fantasticarci su, come se io fossi l’ultima donna e potessi, quindi, permettermelo.
Devo restare lucida.
Obbligo i miei occhi a puntarsi sul suo viso, che in questo momento mi sembra la parte più innocua del suo corpo. E, poi, è come se i suoi occhi fossero … non lo so … più luminosi, più brillanti? E’ possibile? Ora che lo guardo meglio vedo anche aleggiargli sulle labbra una specie di sorrisetto. Gli sorrido di riflesso.
E’ sempre così.
Quando lui è felice, lo sono anche io.
Il suo sguardo è su di me da che ha varcato la soglia di camera nostra. Mi guarda tranquillo, si muove con lentezza.
Mi si avvicina indolente. Lo seguo con gli occhi come un’ebete.
Credo anche di avere tutta l’espressione del viso da ebete. Quando siamo uno di fronte all’altra, poggia le sue mani con calma sulle mie, abbandonate lungo il corpo.
Sussulto come se avessi preso la scossa. Ho cercato per tanti giorni di evitare un contatto che adesso che lui lo ricerca con tanta naturalezza mi sento spiazzata.
Porta lentamente le mie mani alle sue labbra e ne sfiora con delicatezza prima un dorso e poi l’altro senza staccare gli occhi dai miei. Ne volta, quindi, i palmi in su e fa la stessa cosa. Si stacca di qualche centimetro e mi sussurra: «Tutto ok?»
Il suo respiro gelido si scontra con le mie mani e scivola su a lambire la pelle più sottile e delicata dei polsi.
Muovo piano la testa una volta verso il basso ed una verso l’alto.
In silenzio.
Spero che capisca che voglio dire di sì e che non mi sto sgranchendo l’osso del collo.
Ma come fa a farmi sempre questo effetto?
Sorride con le labbra che mi sfiorano ancora i palmi, gli occhi nei miei.
Sì, penso. E’ di buon umore. I suoi occhi sono come l’oro fuso:  brillanti e caldi.
Abbassa le sue mani e porta con sé le mie abbandonate nelle sue. Raddrizza le spalle ed inclina piano la testa di lato. Non molla la presa su di me, ma credo che abbia capito che sia meglio mettere qualche centimetro in più fra di noi. Prende però ad accarezzarmi il dorso delle mani con i pollici e continua a guardarmi.
Impossibile per me interrompere il contatto sia fisico che visivo.
«Come ti senti oggi?» il suono della sua voce mi solletica le orecchie. E’ una musica dolcissima. Accompagna le parole con un semplice sorriso che dalle sue labbra sembra proiettarsi in tutta la stanza. E’ come se tutto intorno a me fosse più chiaro, più nitido.
E’ come se insieme a lui fosse entrato anche il sole.
Deglutisco. La lucidità non ha nemmeno provato a farsi strada nella mia mente.
Bella ti ha chiesto come stai … E’ una domanda semplice … forza …
La mia natura umana mi viene per una volta in soccorso. Sono costretta a sbattere le palpebre e momentaneamente interrompo il contatto visivo.
«Meglio» dico e poi aggiungo «Anzi proprio bene» Ed è vero. Sono due giorni che mi sento davvero in forze.
Il suo sorriso si va accentuando.
«Perfetto» mormora «Cosa ti va di fare oggi? E’ sabato e la giornata è nuvolosa al punto giusto per fare una bella passeggiata se vuoi …»
Distolgo gli occhi puntandoli in terra.
Come cazzo gli dico che devo fare le valige? E perché oggi è così … così affettuoso, di buon umore, così … così … diverso? Sento vacillare tutta la sicurezza di qualche giorno fa, o meglio l’incertezza, su quelli che credevo fossero i suoi attuali desideri. A dirla tutta oggi Edward non sembra provare “indifferenza” per me, né sembra essere assorbito da “tutt’altri pensieri”. Anzi …
In questo momento sembra che per lui esista solo io in tutto l’universo … ma, è vero.  E’ vero sono una fragile umana, ma il mio udito non è fragile per niente. Io so cosa ho sentito quando avveniva la discussione in salotto. Io so cosa Edward ha detto, e so che è bravo a mentire.
Aggrotto le sopracciglia e lo osservo meglio. Cerco di capire se mi nasconde qualcosa.
Mmmm qualcosa oggi è successo, e deve essere qualcosa di davvero positivo. Che Alice abbia avuto qualche visione?
Sto quasi per chiederglielo, quando il suo sguardo cambia impercettibilmente e si sposta di lato al mio viso. Resta un attimo così. Poi riporta gli occhi su di me e dice:«Tuo padre sta per chiamarti. Alice dice che deve chiederti una cosa»
«Charlie?!» chiedo con gioia.
Annuisce e mi sorride.
«Vai» sussurra «ti aspetto qui».
Gli regalo un sorriso di gratitudine ed esco dalla stanza come un fulmine.

NOTA DELL’AUTRICE: Miei cari … in origine c’era un solo capitolo. Ma era di 25 pagine circa, il che credo sia improponibile anche per il lettore più accanito. Vi ho lasciato con il coccolone al cuore … lo so. Però abbiate fede! Posto tra pochissimi giorni, quindi, sbrigatevi a mettervi al passo. Se Bella può restare un mese lontano da Edward (può?!), voi potete restare un paio di giorni in attesa. Non mi punite, vi prego.
Non risponderò alle recensioni singolarmente per questo capitolo. Mi riservo di farlo nel prossimo.
I ringraziamenti sono quindi per TUTTI indistinatamente.
Questi sono capitoli spinosi. Come voi provate disagio nel leggerli, io lo provo scrivendoli. E dato che sono sull’onda dell’ispirazione e del sadismo più puro, non posso immergermi nella vita reale. Credo che mi capiate …

Ritorno a lavorare per voi … l’influenza credo che mi abbia beccata in pieno, quindi sono confinata. Ma internet è sempre acceso …
Fragonard.
Morbo di Dupuytren.
“Tout rayonne, tout fleurit, tout chante" è una citazione di Victor Hugo proprio su Antibes.
Saluti a tutti voi.
Baci
M.Luisa

   
 
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