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Autore: memi    17/06/2005    15 recensioni
“Eppure, anche se adesso non riesci a rendertene conto, sono convinta che dentro di te c’è già una risposta. Mi rendo conto che non è facile decidere tra due persone così profondamente diverse, ma così dannatamente importanti per te, però…ognuno di noi ama di più o l’alba o il tramonto. Tu devi solo capire quale ami di più. Tutto qui!”, Tachikawa le sorrise, incoraggiante. “Sì, ma è questo il problema…”, si ritrovò a sospirare Sora.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fioritura dell’amore

La fioritura dell’amore

parte prima

 

Il sole splendeva nel cielo terso di primavera, animando con i suoi caldi raggi l’intera cittadina di Tokyo. alcuni petali di un delicato colore rosato, somigliante alla tinta sfumata che appare all’orizzonte nello spettacolo naturale dell’aurora, coloravano le vie popolate di mandorli in fiore. Ed era forse questa la pianta che più caratterizzava il Giappone intero, ben conosciuto per l’appunto per la magnificenza della sua fioritura che, quando giungeva la primavera, ornava delicatamente il tutto.

“Ma dove si sarà cacciata Sora?”, Taichi camminava avanti e indietro, visibilmente impaziente.

L’amica aveva chiesto a lui e a Yamato di aspettarli un attimo lì in cortile, visto che aveva dimenticato una cosa in classe, ma dopo una decina di minuti buoni non era ancora ritornata.

“Avrà incontrato un contrattempo, ma vedrai che presto arriva”, la voce pacata di Yamato attirò le attenzioni dell’altro.

Taichi si voltò verso di lui e lo guardò sconcertato. “Dici?”, alzò un sopracciglio, poco convinto.

Taichi Kamiya si era spesso domandato come facesse il suo più caro amico a rimanere sempre così impassibile e distaccato, anche nei momenti di maggior nervosismo. Le rare volte in cui aveva perso la calma, si potevano numerare con le dita. E il più delle volte erano state per colpa sua. Taichi ricordava ancora perfettamente, sebbene fossero passati diversi anni ormai, le volte in cui lui e l’amico si erano azzuffati, nel mondo digitale. Il carattere a tratti impassibile di Yamato Ishida lo aveva mandato in tilt più di una volta, lui che era abituato a mostrare sempre e comunque i suoi sentimenti. Per questo molte volte si erano ritrovati a darsele di santa ragione, spesso anche per un futile motivo. Taichi sapeva come far innervosire il ragazzo e a volte usava, seppur non se ne rendesse quasi conto, quest’arma contro di lui. Così andava sempre a finire che Yamato si spazientiva e senza pensarci due volte lo prendeva a cazzotti. Perché, con il carattere indomabile che si ritrovava, mal tollerava certe prese di posizione dell’amico, da sempre il leader del gruppo, che però le prendeva con l’unico scopo di finire in una sicura litigata. A pensarci ora, quello poteva considerarsi una loro norma tutta particolare per sfogarsi nei momenti in cui ne avevano più bisogno. E forse proprio per questo motivo, proprio perché le loro azzuffate erano dettate unicamente dal nervosismo o dalla frustrazione, in ultimo finivano sempre con lo scoppiare in una sonora risata che aveva il sapore del sollievo e che era capace, da sola, di avvicinarli ancor più di prima.

“Oggi hai le prove?”, cambiò d’un tratto discorso Taichi, fermatosi proprio di fronte all’amico.

“No”, scosse il capo Yamato, continuando a tenere le mani nelle tasche del pantalone grigio della divisa.

Yamato era ormai l’affermato cantante del suo gruppo, che, formatosi quando aveva appena quattordici anni, adesso, dopo ben due anni, poteva dirsi abbastanza conosciuto.

“Mi sembrava di aver capito così”, mormorò pensoso il giovane Kamiya.

“Oggi è venuto Hikaru a dirmi che lui e Yosuke non potevano, per questo abbiamo deciso di spostarle a domani”, spiegò allora Yamato, poggiandosi con il suo peso lungo il muro che circondava il cortile della scuola.

“Capisco”, disse solo Taichi, prima di ritornare a camminare avanti e indietro.

Tra i due calò un velo di silenzio, in cui ognuno dei due si immerse per un istante nei propri pensieri. Poi fu proprio Yamato a fugare quella tranquillità con le sue parole.

“Hai da fare oggi?”, domandò, alzando lo sguardo e puntando i suoi meravigliosi occhi blu sulla figura aitante dell’amico.

“Ho gli allenamenti di calcio qui a scuola”, annuì Taichi, fermandosi nuovamente a riflettere. “Perché?”, chiese poi, curioso.

“Devo andare a prendere la chitarra elettrica”, rispose Yamato, e Taichi capì che quello era un suo modo per chiedergli di andare con lui.

“Mi dispiace, ma non posso proprio saltare gli allenamenti! Il mister è già arrabbiato con me per l’altra volta, che non ci sono andato, e se non vado neanche oggi…!”, Kamiya rabbrividì al pensiero di quello che gli avrebbe fatto l’allenatore se non si fosse presentato nemmeno quel giorno. “Potresti chiedere a Sora di venire con te!”, aggiunse poi, ben sapendo che alla ragazza avrebbe fatto piacere.

Ormai lui, Yamato e Sora costituivano un trio saldo e compatto. Uscivano spesso insieme, dopo le lezioni, per un motivo o un altro, quindi Taichi sapeva che per Sora non sarebbe stato un problema andare con l’amico. E poi non sarebbe stato giusto mandare Yamato da solo, visto che il negozio al quale si era rivolto era dall’altra parte della città!

A quella proposta, dal canto suo, Yamato si limitò a fare una smorfia che voleva essere accondiscesa. Taichi sorrise, contento, prima di volgere lo sguardo verso l’entrata della scuola. Ma di Sora ancora nessuna traccia.

“Taichi?! Yamato?! Taichi Kamiya e Yamato Ishida?”, il giovane Kamiya si voltò incuriosito sentendo il proprio nome e quello dell’amico pronunciato con tanta enfasi da una voce sicuramente femminile.

Si voltò e davanti ai suoi occhi comparve una giovane ragazza da due meravigliosi occhi marroni che luccicavano per la gioia.

 

 

“Ora devo andare, signorina Ryokou. Ci vediamo agli allenamenti!”, Sora si chinò educatamente, prima di uscire dall’ufficio dei professori di corsa.

Sora Takenouchi era corsa in classe perché si era ricordata di aver lasciato il libro di matematica sotto al banco, ma proprio mentre stava per uscire si era scontrata con la sua allenatrice, che l’aveva pregata di raggiungerla un attimo nella sala professori. Sora non aveva potuto rifiutare, e così si era dovuta sorbire la lunga spiegazione sul nuovo metodo di allenamento che la donna aveva ideato per le sue studentesse che giocavano nella squadra di tennis della scuola.

Guardando l’orologio, Sora si accorse che era trascorso già un buono quarto d’ora da quando aveva chiesto ai suoi due amici Taichi e Yamato di aspettarla giù, di modo da fare come sempre la strada di ritorno assieme. ‘Mi sbraneranno!’, si disse tra sé e sé, facendo una smorfia intimorita al pensiero dei due amici. Ma infondo non era colpa sua se aveva fatto tardi! Non aveva chiesto lei di dover aspettare lì quindici buoni minuti, prima di poter correre finalmente via!

Ripensando alla buffa situazione, Sora non poté fare a meno di sorridere. E pensare che abitualmente era lei l’unica sempre puntuale…! Mentre adesso si stava preoccupando per la strigliata che le avrebbero fatto i ragazzi, visto il suo ritardo!

“È proprio vero il detto mai dire mai!”, si ritrovò a dire ad alta voce, prima di sghignazzare divertita.

Sora, con gli anni, aveva imparato ormai quanto fosse veritiero quel detto. Lo aveva saggiato sulla propria pelle più volte e ormai non poteva che dar conferma ad esso. La prima volta che ne aveva appurato la validità era stato molti anni prima, nel suo primo viaggio a Digiworld. All’epoca, vedendo Taichi e Yamato litigare in continuazione per un nonnulla, non avrebbe mai immaginato che un giorno proprio quei due sarebbero diventati migliori amici. E invece il tempo l’aveva costretta a ricredersi. Perché Taichi e Yamato non solo erano migliori amici, ma avevano inglobato nel loro piccolo cerchio anche lei, l’unica ad avere trascorso ogni cosa, sempre, con loro. Forse perché frequentavano la stessa classe, avevano la stessa età, o forse perché più semplicemente avevano molti interessi comuni, ma tra loro tre si era venuto a formare un legame unico e speciale, che li univa anche fuori dalla ristretta cerchia dei digiprescelti.

La seconda volta che Sora aveva saggiato quel detto, era stata proprio su di sé, sulla sua pelle. Di certo un tempo la fanciulla non si sarebbe mai aspettata che un giorno avrebbe abbandonato quei suoi atteggiamenti mascolini che l’avevano fatta entrare sin dentro la squadra di calcio della scuola, dove militava anche Taichi. Eppure all’età di sedici anni, Sora sembrava aver completamente perso quei tratti del suo carattere e, dalla ragazzina un po’ maschiaccio che era stata, si era tramutata in una ragazza estremamente carina tanto da suscitare l’invidia di alcune, gelose per via del suo aspetto. Anche se, in effetti, la gelosia che suscitava in quelle ragazze non era dettata solo da questo, ma soprattutto perché lei sembrava un’amica stretta dei due ragazzi più carini della scuola, Taichi Kamiya e Yamato Ishida. Taichi era famoso per essere diventato il capitano della squadra di calcio e per via del suo carattere estroverso, che gli dava una bellezza genuina e fresca. Yamato, invece, forse quello che riscuoteva maggior successo tra i due, era noto soprattutto per essere la voce di una famosa band. Senza contare il suo aspetto e per quel suo carattere chiuso, che lo faceva sembrare una vera divinità greca.

Sora a volte si divertiva a punzecchiare tutte quelle ragazzine, che si ingelosivano solo per un suo gesto verso i due amici. A volte mentre camminava con loro, sentendo tutti quei sguardi su di sé, si deliziava a prenderli ambedue sotto braccio e a vedere le espressioni delle ragazze colorarsi di un rosso acceso, sinonimo di gelosia. Anche a Taichi e a Yamato divertiva la cosa. In effetti loro due non erano i tipi da gradire tutte quelle occhiate che si rivolgevano a loro solo per quelle loro qualità fisiche o perché erano piuttosto rinomati, per questo motivo non davano mai molto peso a tutte quelle ragazzine che trepidavano per loro. E quando c’era Sora con loro, non esitavano a passarle una mano attorno alle spalle, o a farle un gesto simile che faceva, ogni volta, ingelosire le ragazze e allontanare i ragazzi che invece erano interessati alla fanciulla. La loro era, insomma, una sorta di difesa che si facevano l’uno con l’altro e che divertiva un po’ tutti e tre.

Senza quasi accorgersene, Sora era arrivata nel cortile della scuola, la cui erbetta era ricoperta da un delicato strato di petali rosa. La fanciulla si guardò attorno, alla ricerca dei due amici, e li trovò appoggiati lungo il muro della scuola, accanto al cancello d’entrata, proprio dove li aveva lasciati. Arricciando le labbra in un sorriso, la ragazza fece per chiamarli ma le parole le morirono in gola quando vide che assieme a loro c’era una fanciulla che lei non ricordava di aver mai visto prima di allora. Nemmeno la sua divisa, blu e in totale contrasto con quella verde della sua scuola, sembrava denotare la sua appartenenza lì. Eppure Sora dovette ammettere che era molto carina, con quei lunghi capelli castani che le fasciavano la schiena.

Ma la cosa che più colpì la giovane Takenouchi, non fu tanto l’aspetto della ragazza, quanto la strana trepidazione che si era fatta man mano largo nel suo cuore. Sora non ricordava di aver mai provato una cosa simile prima di allora e la cosa la metteva, per questo, non poco in agitazione. Era come se una grossa e affilata lama l’avesse perforata, facendole prendere un colpo che risultava ancor più doloroso perché inaspettato. Nel vedere quella ragazza chiacchierare così amabilmente con i suoi amici, l’unica sensazione che sentiva di provare era di una profonda angoscia, che l’attanagliava e che per tale ragione la metteva ancor più in apprensione. Non capiva perché le desse tanto fastidio vedere Taichi così preso in quella conversazione e il sorriso di Yamato, così raro, rivolto a quella fanciulla, per di più sconosciuta. Non capiva, ma sentiva ugualmente dentro di lei un vago senso di trepidazione che la fece impallidire involontariamente. ‘Che mi sta succedendo?’, non poté fare a meno di chiedersi, preoccupata per quella nuova sensazione che mai ricordava l’avesse scalfita prima di allora.

Titubante e in uno stato di profonda agitazione, Sora si avvicinò lentamente al piccolo gruppetto appena formatosi. Fu Yamato il primo a notarla, alzando quei suoi meravigliosi occhi blu e posandoli su di lei. E per la seconda volta nel giro di pochi attimi, la giovane Takenouchi sentì il proprio cuore fare dei strani capricci sotto quello sguardo fisso su di sé. Si stava giusto domandando il motivo per cui si sentisse in quel modo, quando la voce di Taichi, voltatosi per seguire lo sguardo dell’amico, la richiamò, ridestandola così dai suoi pensieri.

“Sora!!”, un meraviglioso sorriso illuminò il volto di Kamiya, mentre con una mano le faceva cenno di raggiungerli.

La fanciulla annuì e, con un groppo in gola, si avvicinò ai due. Immediatamente notò la mano della giovane sconosciuta, che si era precedentemente poggiata su un braccio di Taichi, levarsi da lì per ricongiungersi all’altra e subito Sora si sentì sollevata. Ma tutti quei confusi sentimenti che continuavano ad aleggiarle nel cuore, vennero scacciati da un’improvvisa ondata di stupore che la colpì non appena le labbra cremisi della sconosciuta pronunciarono il suo nome.

“Sora!! Sora Takenouchi!”, allargando le labbra in un sorriso, la fanciulla la guardò raggiante.

Dimenticando lo strano fermento che l’aveva colta appena poco prima, Sora concentrò la sua totale attenzione sulla ragazza. ‘Mi conosce?!’, non riuscì ad evitare di chiedersi, frastornata.

“Possibile che non ti ricordi di me, Sora?”, la chiamata in causa rimase come inebetita sotto il dolce peso della fanciulla, che l’aveva stretta affettuosamente.

“Io…veramente…”, balbettò trasognata la fanciulla dai capelli ramati, mentre cercava di ricordare dove l’avesse già vista.

“Credevo di non essere cambiata poi tanto, però…a quanto pare”, la fanciulla si separò da Sora e le sorrise dolcemente.

Nel guardare quegli occhi marroni, Takenouchi ebbe come un flash ancora sfocato, ma che le fece scattare come una molla.

“Tu…tu sei…”, tentò di ricordare, socchiudendo le palpebre per meglio focalizzarsi sui meandri della propria memoria.

La fanciulla di fronte a lei sorrise, prima di alzare le mani e portarsele verso i capelli. Solo quando si alzò tutti i fulgidi capelli castani, l’immagine nella mente di Sora fu completa.

“Yuko! Tu sei Yuko Hitori!!”, ricordandosi finalmente dove l’aveva già conosciuta, la giovane Takenouchi l’abbracciò di slancio.

La sua memoria aveva faticato un po’ a ritrovare l’immagine della fanciulla per via del suo aspetto. Quando lei e gli altri due amici l’avevano conosciuta aveva avuto pressappoco dodici anni. All’epoca, però, i lunghi capelli di ora erano corti e le incorniciavano appena l’ovale perfetto del viso. Anche il suo fisico, allora ancora segnato dalla fanciullezza, adesso appariva diverso, come sbocciato nell’età florida dell’adolescenza. Yuko aveva frequentato con loro due anni delle scuole medie. Era arrivata dalla fredda Sapporo assieme ai suoi genitori, quando già aveva dodici anni. Con il carattere dolce che si ritrovava, Yuko non aveva faticato molto ad attirare le simpatie di Sora, Yamato e Taichi, che l’avevano sempre vista come una sorta di bambina da proteggere. Ma Yuko aveva dovuto lasciare i nuovi amici appena dopo due anni, nell’entrata alle scuole superiori, ancora una volta per via del lavoro del padre, e a trasferirsi a Kyoto.

“Quando sei ritornata? È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo viste!!”, esclamò raggiante Sora, sinceramente felice di rivederla.

Yuko a quella domanda arricciò le labbra e in quel sorriso Sora rivide la bimbetta di un tempo. Sebbene fossero trascorsi un paio di anni e Yuko si fosse tramutata in una graziosa ragazza, di certo non aveva perso quell’aria tremendamente dolce che ispirava, in chi la guardava, un senso di protezione.

“Mio padre ha trovato un lavoro fisso qui a Tokyo e così, proprio all’inizio di quest’anno, siamo ritornati qui. Purtroppo non abito più in questo quartiere, ma frequento l’istituto Torio per questo non ci siamo incontrati prima. A dire il vero ho saputo che frequentavate questa scuola solo perché alcune mie compagne di classe stavano parlando del concerto di Yamato e così, andando a chiedere, mi hanno detto che venivi qui. Perciò ho preso la metropolitana e sono venuta a trovarvi!”, spiegò Yuko, sotto lo sguardo attento dei tre.

“Ehi, ma l’istituto Torio non è la scuola frequentata da Ken?”, domandò d’un tratto Taichi, memore di qualcosa.

Sora annuì. “Sì, infatti”, asserì.

“Vi state riferendo a Ken Ichijouji?”, si intromise Yuko, incuriosita.

Fu nuovamente Sora ad annuire e a quel punto Yuko le spiegò che nella sua scuola il ragazzo era piuttosto rinomato sia perché era un gran bel ragazzo, sia per le sue qualità scolastiche. Rimasero lì a chiacchierare ancora un altro po’, prima che Yuko dicesse di dover andare a casa. Allora Taichi, Yamato e Sora insistettero per accompagnarla alla metropolitana, sostenendo che considerato il viaggio che aveva fatto per andarli a trovare quello era il minimo per loro.

Si lasciarono alla metropolitana appena poco dopo, ma con la promessa di non perdersi di vista stavolta. Poi Yuko prese il primo metrò che andava nel suo quartiere, lasciando da soli i tre amici.

Il viaggio che li portò a casa fu relativamente silenzioso, se non fosse stato per qualche breve commento di gioia da parte di Taichi e per la piccola domanda che Yamato rivolse a Sora.

“Oggi hai gli allenamenti di tennis?”, le domandò infatti, ricevendo un segno di diniego come risposta. “Dovrei andare a ritirare la chitarra elettrica…vieni con me?”, le chiese allora il giovane Ishida.

Sora non poté fare a meno di sorridere, contenta di poter passare un po’ di tempo con l’amico. “D’accordo!”, accettò quindi. “Taichi, tu vieni con noi?”, chiese poi, rivolgendosi a Kamiya.

“No, oggi ho gli allenamenti di calcio”, scosse però il capo quello.

“Già, è vero, me ne ero dimenticata!”, si ricordò allora anche Takenouchi, prima che un rasserenante silenzio calasse tra i tre.

 

 

“Sora, tesoro, è arrivato Yamato!”, la voce della signora Takenouchi arrivò sin nella stanza della figlia, ancora intenta a prepararsi.

“Arrivo subito!”, urlò in risposta la fanciulla, mentre si passava con vigoria una spazzola nei capelli ramati.

Quelli erano l’unica cosa di lei che non era cambiata. Era stata lei a volerli tenere ancora corti, di modo che le sfiorassero le spalle. Le piaceva quel taglio e anche tutti i digiprescelti le avevano detto che le donava.

Prima di uscire definitivamente dalla sua camera, Sora gettò un’ultima occhiata allo specchio per assicurarsi di andare bene. L’immagine che le giunse la soddisfò alquanto, tanto da farle venire il buon umore. La scelta che le era ricaduta sulla gonnellina sbarazzina dalle morbide onde, sul bianco, le metteva in risalto le gambe affusolate, mentre la magliettina dalle rifiniture rosate le valorizzava il fisico minuto.

La fanciulla uscì contenta dalla sua camera e si diresse in soggiorno, dove trovò l’amico Ishida ad aspettarla. Non appena la vide, la madre smise di parlare e fece cenno al ragazzo che la figlia era pronta. Prontamente Yamato si alzò dalla poltrona su cui era seduto e, dopo un breve saluto alla signora Takenouchi, seguì Sora all’esterno dell’appartamento.

“Spero di non averti fatto aspettare troppo, stavolta!”, esclamò con un risolino divertito la fanciulla.

Yamato scosse la testa e lasciò che le sue labbra si arricciassero in un dolcissimo sorriso, che fecero sciogliere il cuore di Sora. Adesso quel raro sorriso era rivolto a lei e la cosa non poteva che metterla di buon umore. ‘Sono stata una stupida stamattina’, non poté fare a meno di rimproverarsi, ‘non so proprio che mi è preso!’.

“Senti, Yamato”, richiamò d’un tratto le attenzioni del ragazzo, che si fermò a guardarla. “Che ne diresti se dopo passiamo al campo da calcio a vedere Taichi? Sono sicura che gli farebbe molto piacere!”, sorrise raggiante.

Le iridi cerulee del ragazzo si posarono un istante su di lei e solo in quel momento Sora poté notare quanto fosse realmente cresciuto l’amico. Un tempo lei poteva vantare la sua stessa altezza, ma ora si sentiva una bambina in confronto a lui.

“Va bene”, annuì quindi Yamato, a cui l’idea era piaciuta.

“Perfetto!”, esclamò contenta Sora, prima di riprendere il cammino con il ragazzo.

 

 

“Grazie a lei!”, la voce del commesso sopraggiunse ai due ragazzi, che, presa la mercanzia, uscirono dal negozio di strumenti musicali.

Era stato Yosuke a portarlo lì, al negozio dello zio. E dopo esserci stato una volta, Yamato aveva dovuto ammettere che erano veramente preparati sul genere, per questo aveva deciso di portare la sua chitarra elettrica ad aggiustare proprio lì, nonostante non fosse poi così vicino.

Uscito fuori dal negozio, il giovane Ishida si caricò lo strumento sulle spalle, facendosi passare il manico del fodero tra il collo e il braccio. Sora lo osservò eseguire tutte le operazioni in silenzio, ma quando lui finalmente rivolse le sue attenzioni a lei, si lasciò sfuggire un sorriso.

“Andiamo?”, le chiese Yamato.

La fanciulla annuì e iniziò ad incamminarsi assieme all’amico alla volta della metropolitana.

Il sole aveva preso a brillare alto nel cielo, in un nitido cielo sgombro di nuvole. I negozi del centro conferivano un aspetto variopinto alle strade e le persone, attirate da essi, si fermavano di tanto in tanto ad osservare le numerose vetrine.

“Guarda, Yamato!”, d’un tratto Sora si fermò e, per richiamare le attenzioni dell’amico, lo strattonò dolcemente per la camicia scura che aveva indossato da sopra la maglietta verde.

Il biondino seguì incuriosito il punto indicato dalla fanciulla e non poté trattenere un sorriso quando i suoi occhi blu incontrarono le figure familiari di Ken Ichijouji e Miyako Inoue. Si tenevano per mano.

“Sono Ken e Miyako!”, esclamò divertito.

Sora annuì, fissando i due amici ancora per un altro istante. Ormai i due digiprescelti facevano coppia fissa già da diverse settimane. Era la seconda coppia che si era venuta a creare all’interno del gruppo. La prima erano stati Takero e Hikari.

“Sono contenta di vedere che Ken è finalmente felice”, si ritrovò ad esporre i suoi pensieri ad alta voce, senza quasi accorgersene. “Con il suo carattere così solare, Miyako è la ragazza ideale per lui. Sono convinta che la loro storia sarà lunga e duratura!”

Yamato la ascoltò con espressione assorta, ma non disse nulla. Sora però sapeva bene che lui la pensava al suo stesso modo.

“Sai, un giorno mi piacerebbe vivere una storia d’amore intensa come la loro”, le parole le uscirono dalla bocca quasi da sole, ma quando la giovane Takenouchi se ne accorse desiderò sprofondare sei mila metri sotto terra.

‘Ma che mi è saltato in mente?!’, si rimproverò imbarazzata, abbassando il capo per la vergogna, ‘Yamato adesso penserà che sono una stupida sentimentalista! Accidenti alla mia boccaccia!!’.

Mentre il volto di Sora virava in tutte le tonalità possibili di rosso, fino a diventare completamente paonazzo; Yamato ripensava a quanto avesse appena detto la fanciulla.

‘Una storia d’amore…’, si ripeté mentalmente il giovane Ishida, senza smettere di fissare Ken e Miyako, ancora fermi davanti alla vetrina di un negozio dall’aria sbarazzina. Improvvisamente davanti ai suoi occhi le figure dei due ragazzi si tramutarono e al posto di Miyako, Yamato giurò di vedere Sora. Istintivamente spostò lo sguardo verso la sua sinistra e la vide lì, silenziosa e imbarazzata come non mai. Sorrise, intenerito dall’espressione sul suo volto.

“Sora”, le sue labbra perfettamente disegnate sussurrarono il nome della fanciulla con voce profonda, tanto da provocarle piccoli brividi lungo la schiena.

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, ancora visibilmente imbarazzata. Era strano come il suo cuore avesse preso a battere stranamente più forte.

“Sono convinto che un giorno anche tu troverai il ragazzo giusto per te, Sora”, la mano di Yamato andò a poggiarsi, delicata, lungo la guancia della fanciulla, che arrossì ancor di più a quel piccolo gesto e a quelle parole.

Lo guardò negli occhi e capì che era sincero. Ma d’altronde lui lo era sempre.

“Yamato…”, mormorò piano, ancora in uno stato confusionale.

Per tutta risposta il giovane Ishida le rivolse un meraviglioso sorriso, tanto dolce quanto luminoso. I suoi occhi si illuminarono di una luce ricolma d’affetto, mentre si posavano nelle pozze nocciola dell’amica. ‘Sono convinto che lo troverai, Sora…tu troverai il tuo vero amore, ne sono sicuro!’, si ripeté tra sé e sé, fiducioso. Sora meritava più di tutti di vivere un amore intenso. Lei, che non a caso era stata scelta per portare la digipietra dell’amore, aveva così tanto bene da dare!

Yamato lasciò che il suo sorriso gli illuminasse il volto ancora per altri piccoli istanti, prima di abbassare la mano e porre termine a quell’incanto. Sora sentì come un vago senso di vuoto colpirla, ma subito cercò di non darvi peso e lo scacciò con un sorriso. Con una breve corsetta, raggiunse in men che non si dica il ragazzo, che aveva ripreso il cammino.

“Yamato?”, lo richiamò non appena gli fu vicino.

“Uhm?”, mormorò di rimando lui.

Sora arrossì lievemente. “Grazie”, sussurrò appena, ma abbastanza forte da essere udita da lui.

A quelle parole il volto di Yamato venne attraversato da un piccolo sorriso. ‘Di niente, Sora…’

 

 

“Passa a me, Taichi!”, il giovane chiamato in causa si voltò giusto in tempo per vedere Daisuke smarcarsi sulla destra.

Senza farselo ripetere due volte, Kamiya lanciò la palla verso di lui e subito scattò in avanti. Daisuke Motomiya agganciò senza troppe difficoltà la sfera, facendola sua, prima di rilanciare verso il suo capitano, che intanto si era portato lungo l’area di rigore.

“Taichi!!”, gridò nella sua direzione, l’attimo prima di passargli la sfera con un pallonetto da magistrale, capace di superare l’avversario che aveva di fronte.

Taichi sorrise all’amico e calciò la sfera con quanta più forza aveva in corpo. Un tiro potente e preciso, che andò ad insaccarsi direttamente nell’angolino destro della rete. Per il portiere non ci fu gioco.

“GOAL!!!”, il giovane capitano sentì la sua squadra esultare per il nuovo risultato appena confermato che vedeva la squadra A in vantaggio di due reti contro la squadra B.

“Taichi, sei stato grande!!”, incapace di contenere oltre la sua gioia, Daisuke saltò letteralmente addosso all’amico, che solo grazie alla sua prontezza di riflessi non cascò a terra.

“Calma, Daisuke!”, l’ammonimento non fu però di grande effetto, visto che lui per primo sembrava divertito da tutta quella situazione.

Taichi si sentiva in gran forma quel giorno! Avrebbe spaccato il mondo con tutta l’energia che si sentiva addosso!! E almeno a giudicare dall’espressione compiaciuta sul volto del mister, ne era consapevole anche lui.

“Bene, ragazzi!”, l’allenatore soffiò finalmente nel suo fischietto, decretando in questo modo la fine dell’incontro di allenamento. “Per oggi è tutto. Potete andare a cambiarvi!”, esclamò, soddisfatto.

“E VAI!!”, si udì immediatamente l’urlo di gioia di Daisuke, incapace di reprimere i propri sentimenti.

Il mister scosse il capo, ormai abituato alla vitalità sin troppo eccessiva del ragazzo, ma non disse nulla. Quel giorno era veramente orgoglioso della sua squadra. Il capitano aveva fatto una partita degna di chiamarsi tale e lui era ormai più che convinto che se avrebbero continuato così, quell’anno il campionato studentesco sarebbe stato il loro.

 

 

“Bravissimo capitano!”, il portiere numero due della squadra non poté fare a meno di complimentarsi con il ragazzo, riconoscendo in lui la sua bravura eccelsa.

Taichi sorrise a quel complimento. Senza dire nulla, alzò un braccio in segno di saluto.

“Ehi, Taichi, mi raccomando alla prossima partita!”, l’interpellato si voltò, riconoscendo in quella voce il numero cinque della sua squadra. “Dobbiamo assolutamente vincere!!”

“Sta tranquillo, Isamu! Non ho alcuna intenzione di perdere!”, lo rassicurò Taichi, sfoderando un sorriso vittorioso.

“Sono contento di sentirtelo dire, capitano!”, esclamò felice il ragazzo. “Ehi, ma quelli non sono i tuoi amici?”, chiese d’un tratto, accennando a un punto indefinito davanti a sé.

Taichi si voltò e sorrise nel riconoscere le figure familiari di Yamato e Sora. A quanto pareva, erano andati a vederlo!

“Formano un’ottima coppia, non trovi anche tu?”, continuò Isamu, senza considerare gli effetti che quelle parole potevano sortire sull’amico.

Kamiya sentì come una mano artigliata stringergli forte attorno al cuore mentre i suoi occhi marroni, quasi intimoriti, scrutavano attentamente i due amici mentre chiacchieravano allegramente tra loro. ‘Ma che mi prende?’, si domandò il giovane spossato. Perché quel pensiero doveva avere quegli strani effetti su di lui?

“E pensare che, se lei non fosse impegnata con quel biondino, io ci avrei provato sicuramente!”, continuò intanto Isamu, senza smettere di fissare i due ragazzi.

Li aveva visti più volte andare ad assistere ai loro allenamenti. Ancor più volte li aveva visti in compagnia del capitano. Eppure aveva da sempre creduto che quei due stessero insieme. Forse perché li vedeva bene come coppia.

Dal canto suo Taichi era rimasto come inebetito a fissare i due amici. ‘Provarci con Sora…Isamu…ci avrebbe provato…se non fosse stato per Yamato…’, quei pensieri continuavano a torturargli la mente, inarrestabili. Sapeva che tra i due non c’era niente se non della semplice amicizia, eppure le parole di Isamu lo avevano sconvolto non poco. Non riusciva a capire, gli sembrava tutto assurdo. Non aveva mai pensato prima di allora a Yamato e a Sora come coppia. Loro erano…erano i suoi migliori amici! Sarebbe stato inconcepibile pensare a loro due come…come a una coppia.

“Beh, io vado capitano! Ci vediamo!”, Isamu si riscosse dai suoi pensieri e, alzando il braccio, fece cenno di saluto all’amico.

Taichi, però, quasi non lo vide preso come era dai suoi pensieri.

 

 

Il sole si avviava ormai al crepuscolo e i suoi raggi avevano assunto le tonalità delicate del pesco. Il cielo, sotto il frutto della luce al vespro, sembrava un quadro abilmente variopinto, dove il colore dominante era quello ambrato dell’arancio. Era in quel meraviglioso spettacolo naturale che si stagliava la figura di Taichi Kamiya. La panchina che lo sosteneva era di quelle verdi che comunemente si mettono nei giardinetti pubblici, eppure sotto quell’incanto sembrava quasi assumere il più raffinato colore del verdazzurro. Eppure Taichi non sembrava per nulla interessato a quella magnificenza offerta così disinteressatamente dalla natura. I suoi pensieri erano totalmente rivolti alle parole di Isamu, alle strane sensazioni che aveva provato in quel momento. Non aveva detto niente a Yamato e a Sora, aveva finto di essere il solito Taichi di sempre, aveva cercato di ignorare quei martellanti pensieri. Ma ora, rimasto solo, quelli erano riaffiorati prepotenti e devastanti.

Non riusciva a capire cosa lo facesse stare così. Quale arcana ragione avesse infuso in lui tutti quei dubbi, tutte quelle strane e nuove sensazioni. Eppure…era stato così strano pensare ai suoi due amici come coppia. Così…assurdo! Isamu, invece, ne sembrava veramente convinto. ‘Yamato e Sora…insieme…come può essere?’, si domandò spossato, spostandosi in avanti fino ad appoggiare i gomiti sulle braccia e il volto su di questi.

Aveva sempre pensato che tra loro tre non ci potesse essere altro che della semplice amicizia, però…le parole di Isamu avevano fatto vacillare tutte le sue convinzioni. Persino Sora gli era apparsa sotto una nuova luce, dopo le parole del compagno di squadra. Per la prima volta da quando la conosceva, Taichi l’aveva vista sotto nuovi occhi e ne era rimasto affascinato. Prima di allora non aveva mai fatto caso a quanto fosse luminoso il suo sorriso…a quanto fossero dolci i suoi occhi nocciola…a quanto fossero morbidi i suoi capelli ramati… Non aveva mai notato quanto Sora fosse diventata una così bella ragazza, in tutti quegli anni. Il pensiero lo aveva investito appieno.

‘Sora…come posso pensare a lei in questo…modo?!’, si domandò frastornato, passandosi nervosamente una mano nei folti capelli castani.

“Taichi! Che ci fai qui da solo?”, il ragazzo sobbalzò sentendosi chiamare, ma non poté fare a meno di sorridere quando riconobbe la sorella.

“Hikari!”, esclamò sorpreso di vederla lì. “Ci sei anche tu, Takero!”, aggiunse poi, notando il biondino al suo fianco.

Il primogenito Kamiya notò che si tenevano, come sempre, teneramente la mano e non poté fare a meno di sorridere. Era contento per la sorella, perché aveva trovato nel giovane Takaishi il ragazzo giusto per lei. Taichi era stato molto contento di sapere, appena due anni prima, che i due si erano messi insieme. Hikari era sempre stata innamorata di Takero e lui…beh, lui lo era stato di lei. Ma avevano trovato il coraggio di dirselo solo dopo l’ultima battaglia a Digiworld. Da allora formavano una coppia affiatata e ben salda, e Taichi era convinto che non si sarebbero mai lasciati. Perché loro due erano l’uno la metà mancante dell’altra. Si completavano a vicenda.

“Ciao, Taichi!”, lo salutò con un raggiante sorriso Takero, riportandolo alla realtà.

Takero e Hikari stavano rincasando da un pomeriggio trascorso insieme quando, passando per il parco, aveva riconosciuto nella figura seduta sulla panchina proprio Taichi. Sorpresi di trovarlo lì da solo, avevano deciso di avvicinarsi per chiedergli cosa ci facesse lì.

“Come mai sei qui?”, ripeté giusto la giovane Kamiya, scrutando il fratello con aria circospetta.

“Avevo solo voglia di stare un po’ da solo!”, ammise con un sorriso rassicurante Taichi, che però sortì l’effetto di far preoccupare ancor più la sorella.

“È successo qualcosa?”, domandò Hikari, e subito Takero si accorse che era in apprensione per il fratello.

E in effetti doveva ammettere che era strano trovare Taichi da solo, così assorto nei suoi pensieri.

“No”, scosse il capo il ragazzo. “Stavo solo pensando”, aggiunse poi, senza però rivelare altro.

Hikari lo guardò ancora per un istante dubbiosa, prima di rilassare il volto e sorridere.

“D’accordo”, mormorò, annuendo con il capo.

“Fai la strada di ritorno con noi?”, si intromise a quel punto Takero, sorridendogli affabilmente.

Taichi gli gettò un’occhiata felice. “Ok!”, accettò quindi, alzandosi in piedi e facendo per seguirli.

Eppure, mentre il sole calava man mano, facendo largo alle prime stelle che già spuntavano nel firmamento, Taichi non poté fare a meno di pensare a cosa sarebbe stato se al loro posto ci fossero stati lui e Sora. Il pensiero lo colpì immediatamente.

 

 

“Sora oggi sta giocando veramente molto bene, non trovi anche tu?”, la voce di Koushiro Izumi riportò per l’ennesima volta il ragazzo al suo fianco alla realtà.

“Già”, annuì anche Taichi, sebbene il gioco della ragazza fosse il suo ultimo pensiero.

Era trascorsa quasi una settimana ormai. Una settimana che continuava a pensarci e a ripensarci. Le parole che Isamu gli aveva rivolto quel giorno continuavano a ronzargli nel cervello, senza dargli pace. Anche la notte Taichi si ritrovava a pensarci e a cercare di capire cosa fosse quello strano sentimento che gli aveva ormai riempito il cuore. Però, ogni volta, non riusciva a cavarne nulla.

Durante quella settimana, si era ritrovato più volte a fissare Yamato e Sora mentre chiacchieravano allegramente. Sempre più spesso i suoi occhi si erano posati sulla figura di Sora e l’avevano guardata in un modo diverso, totalmente nuovo. E anche ora, mentre assisteva con gli amici alla partita della squadra di tennis dove militava anche Sora contro quella rinomata dell’istituto Douyou, il suo sguardo era fisso su di lei. Taichi non sapeva nemmeno a che risultato stesse la partita, visto che aveva passato tutto il tempo a fissare Sora e a cercare di riordinare i pensieri.

“Forza, Sora!!”, la voce di Mimi che incitava l’amica non sembrò scalfirlo più di tanto.

Al contrario, la voce di Yamato che parlottava poco distante con il fratello Takero e la ragazza Hikari, riuscì ad attirare la sua attenzione. Non era tanto ciò che stava dicendo, quanto lo sguardo che il ragazzo teneva fisso su Sora mentre parlava con i due ragazzi. Era lo stesso di sempre, però…Taichi non poteva fare a meno di pensare a loro due in un altro modo, a cosa sarebbe stato se… Tutto sarebbe cambiato, era inevitabile. Ma in che modo?

“Ehi, Taichi, ma che hai? Ultimamente sei sempre tra le nuvole!”, lo sgridò affettuosamente Koushiro, attirando le sue attenzioni.

Il giovane Kamiya sospirò, prima di ritornare con lo sguardo su Sora. Era tremendamente carina con quella divisa bianca…la sua pelle nivea risaltava ancor di più. ‘Sora…’, Taichi sentì il proprio cuore fremere a quella visione e quasi non si accorse di parlare a voce alta appena poco dopo.

“Io…io credo di essermene innamorato”, le labbra vermiglie del ragazzo si dischiusero lentamente fino a pronunciare quelle poche parole.

Il tono della sua voce fu però sufficientemente alto da essere udito da Koushiro, che si trovava proprio accanto a lui. Il digiprescelto della conoscenza credé per un istante di aver solo immaginato quelle parole, ma dovette ricredersi quando, seguendo lo sguardo dell’amico, notò che stava fissando proprio Sora. A Koushiro non gli ci volle poi molto a capire a chi Taichi si stesse rivolgendo, solo che…aveva come uno strano presentimento.

 

 

“Sora sei stata bravissima!!”, Mimi abbracciò di slancio l’amica, che non riuscì a trattenere un sorriso colpita dall’esuberanza della ragazza.

“Mimi ha ragione: hai giocato davvero benissimo!”, diede man forte anche Miyako, unendosi alle due in un abbraccio caloroso.

La giovane Takenouchi arrossì lievemente imbarazzata nel sentire lo sguardo di tutti fisso su di lei. Dopo la sua eccezionale vittoria, avevano deciso di andare tutti in un bar a festeggiare. Ma ora che si trovava lì, Sora capì di aver sbagliato ad accettare. Quelle due pazze di Mimi e Miyako stavano praticamente dando spettacolo lì dentro!!

“Andiamo ragazze! Non vedete che state mettendo la povera Sora in imbarazzo?”, a giungerle in accorso ci pensò il digiprescelto della conoscenza, che ricevette per questo un meraviglioso sorriso ricolmo di gratitudine dalla fanciulla.

“Che c’è, Koushiro? Sei geloso?”, Mimi Tachikawa si separò da Sora e si avvicinò al ragazzo, per poi prenderlo sotto braccio una volta che ci si ebbe seduta accanto.

“Ma…c…che dici!”, balbettò impacciato Izumi, arrossendo seduta stante a quella osservazione.

Per tutta risposta Mimi scoppiò in una genuina risata, immediatamente imitata da tutti gli altri. Solo Koushiro sembrava l’unico a non trovare un lato comico in tutta quella faccenda e si guardava attorno desiderando di poter essere ovunque men che meno lì.

“Comunque”, intervenne poco dopo Joe Kido. “Le ragazze hanno ragione. Sei stata veramente bravissima, Sora!”, si complimentò.

“Grazie, Joe”, la fanciulla arrossì lievemente, ma non poté fare a meno di rivolgergli un meraviglioso sorriso, subito ricambiato da quello.

“Iori, se non ricordo male domani tu hai un incontro di kendo”, stava nel frattempo dicendo Takero, rivolto all’amico che ora si era fatto un ammirato adolescente.

“Infatti”, annuì il giovane Hida.

“Ma perché non l’hai detto subito?!”, si intromise immediatamente Miyako, che aveva seppur involontariamente udito il loro discorso.

“Io…veramente…”, arrossì timidamente Iori.

“Bene! Verrò a tifare per te!!”, senza attendere una sua risposta, Inoue batté con enfasi le mani e annuì, decisa.

Iori arrossì ancor di più a quelle parole, conoscendo ormai l’amica e sapendo cosa intendesse per tifare. Avrebbe fatto una figuraccia!! Però…tutto sommato doveva dire di essere contento. Gli faceva piacere quando i suoi amici andavano a vederlo.

“Verrete anche voi, no?”, stava frattanto dicendo Miyako, rivolta agli altri digiprescelti.

“Sì!”, annuì immediatamente Takero, imitato poi da Hikari.

“Perché no?”, acconsentì anche Mimi, prima di rivolgersi al ragazzo al suo fianco. “Koushiro, mi passi a prendere?”, gli chiese candidamente, quasi fosse la cosa più naturale del mondo.

Tachikawa di certo non si accorse delle occhiatine maliziose che gli altri stavano rivolgendo ai due, ma Izumi sì e per questo non riuscì a trattenersi dall’arrossire paurosamente.

“Io…insomma…”, iniziò a tossire imbarazzato, non sapendo di preciso che dire.

Se avesse detto di sì, avrebbe dovuto subire tutte le allusioni degli amici. Ma se avesse risposto di no, Mimi ci sarebbe rimasta sicuramente male. ‘Che devo fare?’, si domandò combattuto.

“Allora?”, insistette Tachikawa, senza accorgersi di starlo mettendo in uno stato di imbarazzo più totale.

“Allora, Koushiro? Che fai??”, diede man forte anche Daisuke, allusivo.

“Io…”, Izumi si fece ancor più piccolo e in quel momento sperò davvero di essere in un altro posto.

Stava giusto pensando che avrebbe fatto bene ad uccidere Motomiya, quando in suo accorso sopraggiunse Miyako.

“Smettila, razza di stupido!”, la fanciulla, senza pensarci su due volte, tirò un potente cazzotto proprio sulla testa del ragazzo.

“Ahia!!”, si lamentò immediatamente Daisuke, prendendo a massaggiarsi la parte dolorante. “Si può sapere che ti è preso??”, domandò poi, guardandola in cagnesco.

“Così impari a farti gli affaracci tuoi una buona volta!”, fu la pronta risposta della giovane Inoue, prima che si accomodò a braccia conserte accanto all’amato Ken.

“Umpf!”, sbuffò allora Daisuke, sedendosi a sua volta.

“Dai, non te la prendere!”, tentò di tirarlo su di morale Ichijouji, ben sapendo che con Miyako era difficile averla vinta.

“Comunque io non ci trovo assolutamente nulla di male se Koushiro passa a prendere Mimi. Voglio dire: siamo tutti amici e quindi che male ci sarebbe?”, ritornò al discorso precedente Sora, scagliando una pietra in favore del ragazzo.

‘Grazie, Sora! Sei un’amica!’, la ringraziò mentalmente il digiprescelto della conoscenza, contento che almeno qualcuno era dalla sua parte.

“Sora ha ragione!”, annuì anche Hikari, sorridendo incoraggiante all’amico Izumi.

“Resta il fatto che Koushiro non ha ancora risposto a Mimi!”, si intromise a quel punto Taichi, sibillino. “Allora, che fai?”, domandò poi, rivolgendosi al ragazzo.

Solo allora Izumi capì di avere solo le ragazze dalla sua parte. Mentre tutti i ragazzi… Arrossì, ma cercò di darsi un contegno. Dopotutto Taichi aveva ragione: Mimi stava ancora aspettando una sua risposta.

“Va bene”, accettò quindi, cercando di ignorare le occhiatine maliziose degli amici.

“Fantastico!!”, il viso di Tachikawa si illuminò all’istante e mentre lo abbracciava di slancio, non poté fare a meno di sorridere.

Koushiro a quella reazione arrossì inevitabilmente, sentendo gli sguardi dei ragazzi fissi ormai su di loro. Le altre tre ragazze rimaste, invece, sembravano sinceramente contente ed erano forse le uniche a non avere un’espressione allusiva negli occhi.

“Mi dispiace, ma io non posso venire subito. Prima ho le prove con il gruppo e purtroppo non posso rimandarle”, Yamato riportò poi l’attenzione su di sé.

“Non fa niente, non devi preoccuparti!”, tentò di tranquillizzarlo Iori.

“Provate anche domani?”, domandò invece Sora, rivolta al biondino.

“Già”, annuì quello, prima di ritornare a posare lo sguardo sul più giovane dei presenti. “Comunque vedrò di spicciarmi in fretta e di venire lo stesso”, aggiunse, ricevendo per questo un’occhiata grata da parte di quello.

“Devo dedurne che non mi passerai a prendere con la moto, vero?”, irruppe Taichi, con aria affranta.

Yamato alzò le spalle. “Mi dispiace, ma credo che dovrai fartela a piedi domani”, gli diede la brutta notizia.

“Nooo!!”, fece in tono tragico il giovane Kamiya, portandosi le mani davanti e fingendo di disperarsi.

“Sei sempre il solito, Taichi!”, lo ammonì divertito Joe.

“Per una volta vedi anche tu cosa vuol dire camminare!!”, colse la palla al balzo anche Koushiro, impaziente di fargliela pagare per poco prima.

“Beh, poco male!”, si riscosse immediatamente quello, arricciando le labbra in un sorriso. “Sora, vuoi che ti passi a prendere?”, chiese poi, rivolgendosi all’amica.

Koushiro non rimase sorpreso di notare che a lui non avevano rivolto alcuna occhiata allusiva. Taichi e Sora erano amici da secoli praticamente! E poi, loro due erano soliti passarsi a chiamare quando uscivano. O forse più semplicemente tutti trovavano molto più divertente veder imbarazzato lui, quando si trattava di Mimi!

“Io non sono una ruota di scorta!”, si finse offesa la ragazza, allungando il muso.

“Ma non volevo dire questo, Sora!!”, la supplicò allora di crederlo Taichi, ma tutto ciò che riscosse fu una risata ilare da parte di tutti quanti.

Solo allora capì che Sora stava scherzando e per questo non poté nascondere un certo imbarazzo che andò a colorargli le guancia.

“Comunque va bene!”, messa da parte la risa, Takenouchi rivolse un sorriso all’amico.

“Perfetto!”, esclamò allora Taichi, lasciandosi sfuggire un sorriso.

Koushiro lo guardò attentamente, prima che il suo sguardo ricadesse su Yamato. I suoi occhi attenti stavano fissando a loro volta Taichi. Allora comprese che anche lui aveva capito.

 

 

“Andiamo?”, Sora si rivolse all’amico, che annuì.

Era una bella mattinata primaverile e il sole brillava ormai alto nel cielo. Per i marciapiedi, ricoperti di uno strato sottile ma delicato di petali rosei, c’era un discreto via vai di persone, che sembrava quasi sorridere alla bella stagione.

“Chissà se Yamato ce la farà a raggiungerci”, Sora si lasciò sfuggire senza troppi problemi i suoi pensieri, come faceva sempre con gli amici.

Però stavolta la reazione di Taichi fu imprevedibile. Normalmente avrebbe annuito e commentato la frase dicendo che probabilmente ce l’avrebbe fatta, come sempre. Ma quella volta…quella volta il ragazzo anziché parlare si fermò.

Sora in un primo momento non se ne accorse, ma quando percepì l’assenza dell’amico al suo fianco si voltò immediatamente esterrefatta. Lo vide ritto a pochi passi di distanza da lei, con lo sguardo stranamente vacuo.

“Taichi…tutto bene?”, domandò leggermente preoccupata per quell’insolito atteggiamento.

Il giovane Kamiya, per tutta risposta, aprì la bocca per parlare ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Così finì per boccheggiare un paio di volte prima di chiudere definitivamente la bocca.

Dal canto suo Sora lo guardava preoccupata.

“Sei sicuro di sentirti bene?”, gli si avvicinò, in evidente apprensione.

Taichi, però, non disse nulla nemmeno quando sentì la manina affusolata della ragazza tastargli affettuosamente la fronte per assicurarsi che non avesse la febbre.

“Eppure non mi sembri accaldato”, mormorò appena poco dopo, pensosa, mentre lasciava andare la sua mano.

Taichi rimase ancora per qualche secondo immobile, prima di scuotere il capo.

“Sto bene, non preoccuparti!”, cercando di far tacere i suoi pensieri, il ragazzo sfoderò un meraviglioso sorriso.

La giovane Takenouchi lo guardò per qualche istante ancora dubbiosa, prima di lasciarsi convincere e sorridere a sua volta.

“D’accordo!”, annuì quindi, poco prima di riprendere a camminare imitata dall’amico.

Mentre camminavano, però, Taichi non poteva fare a meno di darsi mentalmente dello stupido. ‘Ma cosa mi è saltato in mente?! Fermarmi così d’improvviso…ho fatto la figura dello stupido!!”, si ripeté tra sé e sé, sentendosi infinitamente sciocco. Ma poi il suo sguardo cadde sulla fanciulla al suo fianco e sul suo volto comparve immediatamente un luminoso sorriso. Era bella, Sora. Bella e sensibile. E lui… ‘Sono davvero cotto, non c’è che dire!’, si disse mentalmente, sorridendo al pensiero.

Accanto a lui Sora se ne accorse e per questo non riuscì ad evitare di gettargli un’occhiata interrogativa.

“Come mai stai sorridendo?”, gli domandò curiosa.

Taichi fece spallucce. “Niente, stavo solo pensando che oggi sei molto carina!”, confidò apertamente, come era suo solito fare, senza farsi tanti problemi.

Il ragazzo vide un lieve ma inequivocabile rossore salirle lungo il collo fino ad andarle a riempire ambo le gote e per questo non poté fare a meno di sorridere, divertito.

“Smettila di prendermi in giro, Taichi!”, lo ammonì impacciata Sora, credendo che l’amico si stesse solo burlando di lei.

Certo, non era la prima volta che lui o Yamato le dicevano di essere carina. Però…Sora sentiva che ora nella sua voce c’era qualcosa di diverso. Qualcosa che non gli aveva mai sentito, almeno non quando parlava con lei, e per questo non riusciva a non sentirsi imbarazzata.

A quella esclamazione, però, Taichi si fermò nuovamente.

“Guarda che io non stavo scherzando”, affermò, e Sora notò che era estremamente serio in quel momento.

Per questo non poté fare a meno di sentirsi ancor più imbarazzata di prima e sempre più rossa.

“Sora…”, man mano che il giovane Kamiya le si avvicinava, la fanciulla sentiva il battito del proprio cuore farsi sempre più veloce e irrefrenabile. “Sora, io…”, Taichi era ormai di fronte a lei, con lo sguardo fisso nei suoi occhi.

Mentre la fanciulla alzava lo sguardo per incrociare quello dell’amico, il proprio cuore iniziò a battere come impazzito e le guance si colorarono di un rosso acceso. ‘Che mi succede?’, si domandò la fanciulla, sentendosi strana come mai in vita sua. La trepidazione in lei aumentò a dismisura nel momento in cui i suoi occhi nocciola incontrarono quelli marroni del ragazzo, che l’aveva ormai superata notevolmente in statura. Ormai, in confronto a lei, Taichi e Yamato sembravano quasi due giganti.

“Taichi…”, senza quasi accorgersene, la fanciulla si ritrovò a sussurrare il nome del ragazzo, in un evidente stato di torpore.

“Sora, io…”, ripeté nuovamente allungando una mano verso di lei. “C’è una cosa che io…che…”

“Sora!! Taichi!!”, il ragazzo venne bruscamente interrotto dall’arrivo e dalla voce di Mimi.

Takenouchi scostò subito lo sguardo, imbarazzata, mentre al contrario Taichi imprecava contro la digiprescelta della sincerità. ‘Ero così vicino…ci ero quasi! Stavo per dirle che sono innamorato di lei, se non fosse stato…accidenti!’, spossato, il ragazzo si passò una mano tra i capelli castani.

Nel frattempo Mimi, accompagnata da Koushiro, li raggiunsero.

“Ragazzi!! State andando da Iori?”, domandò, senza notare la strana atmosfera che vibrava tra i due.

“S…sì”, rispose ancora lievemente imbarazzata Sora.

Non riusciva a capire cosa fosse successo. La sua mente, ancora confusa per poco prima, faticava a comprendere i fatti appena accaduti. Eppure…Taichi non si era mai comportato in quel modo. Lui…lui non l’aveva mai guardata con quegli occhi…con quella strana espressione… Che significava? Cosa stava per dirle poco prima? E soprattutto…cos’era quella strana sensazione che si era accorta di provare?

“Ehi, Sora! Ci sei?!”, la chiamata in causa si riscosse giusto in tempo per vedere Mimi sventolarle una mano davanti e guardarla interrogativamente.

Sora sorrise, sforzandosi di apparire normale nonostante i pensieri che si accalcavano nella sua mente.

“Che ne dite di andare? Così rischiamo di arrivare in ritardo!”, cambiò discorso Mimi, prima di prendere sottobraccio l’amica e iniziare con lei ad incamminarsi.

Rimasto più indietro, Koushiro non poté fare a meno di sorridere, colpito da tanta esuberanza. Ma poi la sua attenzione si spostò sul ragazzo ancora fermo al suo fianco.

“Stavi per dirglielo, non è vero?”, gli domandò, attirando così il suo sguardo su di lui.

Izumi lo aveva capito subito, ma non era riuscito a frenare Mimi in tempo.

“Già”, Taichi annuì. “E glielo avrei sicuramente detto se non fosse stato per voi!”, aggiunse poi, guardandolo minacciosamente.

“Non guardarmi così, non è colpa mia! Mimi è partita in quarta e io non sono riuscito a fermarla in tempo!”, si giustificò immediatamente Koushiro, alzando le braccia come per difendersi.

“Beh, poco male. Vorrà dire che troverò un altro momento per dirglielo”, non si lasciò comunque abbattere Taichi, che non a caso era il custode della digipietra del coraggio.

Accanto a lui Koushiro gli lanciò un’occhiata perplessa. “Non credi che dovresti dirlo prima a Yamato? Dopotutto questa cosa potrebbe sconvolgere ogni equilibrio tra voi tre”, osservò.

Taichi ci pensò su per qualche istante. Forse Koushiro aveva ragione. Forse era più giusto se a venirlo a sapere fosse prima stato Yamato. Dopotutto, nel caso che lui e Sora…beh, di certo tra loro tre sarebbero cambiate molte cose. E Yamato aveva tutto il diritto di saperlo.

“Sì, hai ragione”, accordò infine. “Vorrà dire che appena lo vedo glielo dirò!”, aggiunse poi, con espressione decisa.

Izumi annuì, ben sapendo che era meglio così. Aveva capito perfettamente che anche Yamato sapeva. D’altronde era presumibile considerato che il giovane Ishida era un attento osservatore e conosceva Taichi da tanti anni ormai. Per questo era più giusto che Kamiya gli andasse a parlare per primo. Anche perché Koushiro aveva una strana sensazione…

“Ragazzi!! Che fate lì impalati?? Muovetevi!”, la voce di Mimi lo riscosse dai suoi pensieri.

Izumi quasi non si accorse di stare sorridendo, mentre le rispondeva di stare arrivando.

 

 

“Ehi, Yamato, ma che hai?”, il biondino alzò lo sguardo e incrociò la figura ormai familiare di Hikaru, che come lui suonava la chitarra elettrica.

“Eh?”, mormorò Ishida senza capire.

“Oggi sei taciturno e pensieroso”, aggiunse allora Kenichi, mentre accordava il suo basso.

“Dillo a zio Yosuke che cos’hai!!”, gli si buttò praticamente addosso un giovane ragazzo dai capelli ricciuti e biondicci ma dall’espressione del viso estremamente cordiale.

“Smettila, stupido!”, lo rimproverò immediatamente Hikaru, facendo una smorfia.

Yosuke poteva anche essere un batterista eccezionale, ma quanto a stupidità…!

“Che c’è: hai litigato con la tua ragazza?”, continuò Yosuke senza dar peso alle parole dell’amico.

Dal canto suo Ishida fece una smorfia seccata, ma non disse nulla, ormai abituato all’esuberanza dell’amico.

Yosuke era una specie di Daisuke versione bionda. Yamato era certo che i due si sarebbero trovati molto d’accordo!

“Penso che sia il caso di lasciar perdere”, intervenne una voce seria e profonda, che attirò le attenzioni generali.

Il ragazzo che aveva appena parlato era Hisaki, il pianista del gruppo. Hisaki era un tipo introverso, ma docile e dall’espressione affabile. Generalmente era lui a riportare Yosuke alla serietà.

“Perché?”, domandò proprio il biondiccio, alzando un sopracciglio sorpreso.

“Perché se Yamato non riesce a risolvere il dubbio che lo tormenta, dubito che riusciremo a fare qualcosa”, spiegò allora Hisaki, mentre sistemava il suo piano pronto per andarsene.

“Sì, concordo anch’io”, annuì anche Kenichi, posando il suo basso all’interno della custodia.

“Ma…”, tentò allora di dire Yamato, ma Hikaru lo precedette.

“Va e risolvi prima il dubbio che ti tormenta!”, gli sorrise, cordialmente.

Il giovane Ishida, allora, capì di non poter fare più nulla. Per questo sorrise, grato, agli altri membri del gruppo. Quindi si alzò e, sistemata la sua chitarra nel fodero, fece per andare via.

“Mi raccomando: la prossima volta voglio vederti tranquillo!”, la voce di Yosuke gli giunse giusto in tempo, prima che la porta di ferro si chiudesse alle spalle di Yamato.

 

 

La moto nera sfrecciava sulla strada semideserta del quartiere di Odaiba, quasi fosse stata un fulmine. Ma Yamato non sembrava dar retta alla velocità con cui camminava. Nella sua mente c’era un unico pensiero: arrivare in fretta alla meta. Quel dubbio lo stava divorando. Lo avevano capito anche i ragazzi. Yamato doveva assolutamente risolvere quel dilemma che lo dilaniava, facendogli così perdere il contatto con le altre cose.

C’era stato a pensare tutta la notte. Non aveva praticamente chiuso occhio, tanto i pensieri erano martellanti. Però…non aveva ancora trovato il modo di risolvere quel dilemma una volta per tutte. Sapeva che l’unico modo che aveva era di parlare con Taichi. Lui, la causa della sua preoccupazione, gli avrebbe sicuramente dato la risposta che cercava. Tuttavia…quella mattina non aveva saputo come chiederglielo. E così era rimasto in silenzio. Semplicemente.

Yamato non avrebbe mai immaginato che una cosa simile potesse investirlo a tal punto. Ma forse era concepibile. Lui non avrebbe mai immaginato una cosa simile. Se non l’avesse visto con i suoi occhi, non l’avrebbe mai creduto possibile. E invece…

Che doveva fare ora? Come comportarsi?

Se Taichi gli avesse confermato il dubbio che lo tormentava…cosa avrebbe fatto?

Sentiva il vento dei cambiamenti proprio dietro la porta, pronto ad investirlo. Le cose…gli stavano scivolando di mano troppo in fretta, talmente tanto da non consentirgli nemmeno il tempo di capire.

Eppure…se solo non lo avesse visto con quei suoi occhi…chi mai avrebbe creduto che Taichi si fosse davvero innamorato di Sora?

Una cosa del genere gli era sempre parsa impossibile. Non per Sora, d’altronde era facile innamorarsi di lei. Lei era vitale, dolce, sensibile, intelligente…carina… Lei era Sora! Però…chi mai avrebbe pensato che Taichi si fosse mai accorto di questo? Chi avrebbe mai sospettato che un giorno il ragazzo l’avrebbe vista con occhi diversi, oltre la pura amicizia?

Di certo non lui. Se Yamato non avesse notato lo sguardo perso negli occhi di Taichi, appena il giorno prima, mentre parlava con Sora, probabilmente non lo avrebbe mai notato. Perché non ci sarebbe mai andato a pensare. E invece… Yamato era certo di non sbagliarsi. Conosceva l’amico troppo bene e sapeva ormai riconoscere i suoi, anche più piccoli, sentimenti. Per questo poteva affermare con certezza che lo sguardo che Taichi aveva rivolto a Sora appena il giorno prima non era quello di sempre. Taichi se ne era innamorato.

E lui…lui adesso correva come un pazzo solo per sentirsi dire quelle parole da lui, dal suo miglior amico. Per averne l’assoluta certezza. Per confutare quella piccola speranza di stare sbagliando. Ma lui sapeva bene che non era così. Che aveva ragione.

E dopo quello tutto sarebbe cambiato. Era inesorabile. Niente sarebbe stato più come prima. L’equilibrio tra loro tre si sarebbe certamente spezzato, di questo Yamato ne era certo. Perché, sebbene non lo avesse mai dato a vedere, c’era una cosa in tutto quello a dargli la certezza inconfutabile che le cose sarebbero cambiate.

Non lo aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Taichi che era il suo migliore amico. Neppure a Takero, che era suo fratello. Mai a nessuno. Però…forse ora era giunto il tempo di portare a galla quel suo segreto. Non l’aveva mai rivelato a nessuno perché non aveva mai voluto rischiare di far cambiare le cose, tuttavia ora sapeva di non poter più tenerlo per sé. Ora…ora le cose erano già cambiate.

Yamato parcheggiò la moto e corse di fretta all’interno della palestra dove sapeva si teneva l’incontro di Iori. Già dall’esterno, sentì con precisa chiarezza la voce dell’arbitro, sebbene le parole che dicesse non fossero tanto discernibili. Senza però darvi molto peso, Yamato si diresse verso l’entrata e, con pochissimo sforzo, la aprì. La porta scorse velocemente, rivelando al suo interno il discreto numero di persone. Dopo una breve occhiata, Yamato notò che Iori e compagni erano ancora tutti seduti, segno che non era ancora iniziato l’incontro. Poi, senza pensarci su, si avvicinò alla piccola folla di spettatori.

“Yamato!”, il primo a notarlo fu suo fratello, che lo accolse sorpreso.

“Taichi?”, domandò in risposta il giovane Ishida.

Takero lo fissò per un istante e vide chiaramente una strana apprensione brillare negli occhi zaffiro del fratello.

“Mio fratello e Sora devono ancora venire”, a rispondergli fu però Hikari, fedelmente seduta accanto al proprio ragazzo.

Yamato pareva deluso.

“Perché, è successo qualcosa?”, domandò allora Takero, preoccupato per il fratello.

“Devo parlargli. È urgente”, gli spiegò il giovane Ishida, passandosi nervosamente una mano tra i capelli dorati.

“Vuoi aspettarlo fuori?”, chiese ancora Takaishi, intuendo che doveva trattarsi di qualcosa davvero importante per mettere così in allarme il fratello.

Yamato annuì e gli rivolse uno sguardo grato. Allora Takero si rivolse ad Hikari e fece per dirle qualcosa, ma quella lo precedette.

“Va pure, non preoccuparti!”, lo tranquillizzò con un sorriso.

“Grazie!”, le sorrise riconoscente il ragazzo, avvicinandosi a lei fino a depositarle un piccolo bacio sulle labbra.

Hikari vide il proprio ragazzo allontanarsi con il fratello e immediatamente una strana preoccupazione la colse.

“Hikari, tutto bene?”, accanto a lei Ken la guardò apprensivo.

“Lo spero, Ken”, mormorò in risposta la giovane Kamiya, senza però staccare lo sguardo dalla porta scorrevole della palestra.

 

 

“Ma questa non è la moto di Yamato?”, Mimi guardò perplessa il veicolo a due ruote parcheggiato distrattamente proprio davanti la palestra.

“Sembra la sua”, confermò anche Sora, stupita di vederla lì.

“Ma non aveva le prove? E allora che ci fa già qui?”, domandò quasi a se stessa Tachikawa, pensosa.

“Forse è riuscito a spicciarsi”, ipotizzò l’altra.

Erano ancora prese nella ricerca di una soluzione plausibile, quando vennero raggiunse da Taichi e Koushiro, rimasti poco più dietro.

“La moto di Yamato?! È già qui?”, fu la pronta domanda di Izumi non appena i suoi occhi videro l’oggetto.

A quella richiesta sia Mimi che Sora alzarono le spalle, ignorando a loro volta la risposta. Taichi, invece, sembrava contento della cosa. ‘Se Yamato è qui, potrò parlargli immediatamente!’, non poté fare a meno di pensare, rallegrandosi per la cosa.

A togliere i dubbi comuni, comunque, ci pensarono l’arrivo di Yamato, appunto, e di Takero.

“Yamato!! Che ci fai qui a quest’ora?”, gli domandò immediatamente Sora, sorpresa di scoprire che fosse veramente lui.

Il ragazzo, però, non sembrò sentirla. “Taichi, devo parlarti”, andò dritto al punto, guardando l’amico con espressione grave.

Il giovane Kamiya rimase piuttosto sorpreso di quella richiesta. Credeva di essere l’unico ad avere qualcosa da dire! La sua meraviglia, tuttavia, lasciò il tempo che trovò, prima di venir rimpiazzata da un senso di allegria.

“Ma certo!”, colse la palla al balzo, approfittando della cosa per dirgli finalmente a sua volta ciò che aveva da confessargli.

“Ragazze, dentro ci sono Hikari e Miyako che vi stanno aspettando”, senza indugiare oltre, e intuendo che la questione richiedeva una certa riservatezza, Takero fece gentilmente cenno alle due fanciulle di entrare.

Seppur ancora palesemente stupite, Mimi e Sora decisero di seguire il suo consiglio e si accomiatarono all’interno della palestra. Takero le seguì con lo sguardo e quando finalmente le vide entrare, non poté evitare di trarre un sospiro di sollievo. Poi il suo sguardo cadde sul fratello e Taichi, quindi su Koushiro. Non gli ci volle molto per intendere il gesto del ragazzo.

“Beh, andiamo anche noi! Ci vediamo dentro!”, si accomiatarono, contemporaneamente, anche i due ragazzi, rimanendo finalmente da soli Taichi e Yamato.

 

 

Una lieve brezza aveva preso stranamente a tirare e il cielo si era inaspettatamente coperto di alcune nuvole. Solo allora Taichi si rese conto che anche la natura sembrava essersi accorta della quantità di novità che quel discorso avrebbe apportato.

“Taichi”, la voce di Yamato risultò subito seria e profonda.

Il giovane Kamiya lo guardò per un istante. Erano ormai l’uno contro l’altro, pronti a dirsi ogni cosa. Pronti, anche, a sentirsi rispondere ogni cosa.

“Sai, Yamato, che anche io avevo urgente bisogno di parlarti?”, fece allora Taichi, prendendo alla sprovvista l’amico.

Il biondino sentì un qualcosa colpirlo al cuore, ma cercò di non darlo a vedere. ‘Ecco, adesso ne sono certo’, si disse tra sé e sé, ormai conscio di aver avuto ragione a credere che…

“Allora andiamo dritti al punto”, lo incitò Yamato, ricevendo un cenno d’assenso da parte dell’altro. “Si tratta di Sora, non è vero?”, chiese poi, ben consapevole della risposta.

Più stupito appariva invece Taichi, che di certo non si era aspettato una simile domanda. Aveva capito che il discorso di Yamato era importante, ma non avrebbe mai immaginato che volesse parlargli proprio di lei. Anche se…Ishida lo conosceva ormai bene. Sin troppo. Avrebbe dovuto aspettarselo.

“Sì”, rispose poco dopo, guardando l’amico negli occhi. “Si tratta di lei”, confermò.

Yamato sentì una strana sensazione investirlo, che lo costrinse a stringere le mani a pugno.

“Devi sapere che io…si insomma…”, Taichi prese un paio di profondi respiri, ormai pronto a rivelargli ogni cosa. “Io mi sono innamorato di Sora, Yamato”, disse finalmente, liberandosi così di quel peso che gli gravava sul cuore.

Quelle parole furono un vero colpo al cuore per il giovane Ishida. Quasi non si accorse di aver stretto le mani talmente tanto forte da avere le nocche pallide. Ma non gli importava. Le parole di Taichi l’avevano sconvolto troppo. Certo, aveva immaginato che le cose stessero così. Lo aveva capito, però…sentirselo dire così apertamente era tutta un’altra cosa.

“Non me ne ero mai accorto, almeno fino a una settimana fa. Poi però…qualcosa è cambiato. Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima, ma…”, le parole gli morirono in gola, perché in effetti nemmeno lui sapeva di preciso come giustificare quella sua mancanza.

Taichi attese con insolita pazienza una risposta, una reazione da parte di Yamato. Ma quello sembrava essersi perso in un altro mondo, tra i suoi pensieri.

“Yamato?”, lo richiamò allora Kamiya, riportandolo alla realtà.

Il biondino alzò finalmente lo sguardo per posare i suoi occhi blu in quelli marroni dell’amico. Ancora stentava a credere a ciò che aveva appena sentito. Taichi…lui non poteva essere davvero innamorato di Sora! Quello…era assurdo! Avrebbe cambiato tutto. Lo avrebbe costretto ad ammettere finalmente anche agli altri quello che da tempo custodiva nel suo cuore. Avrebbe dovuto dire che…

“Era questo che volevi chiedermi, non è vero?”, Taichi lo guardò negli occhi.

Adesso capiva il motivo per cui Koushiro avesse tanto insistito affinché parlasse prima con Yamato. Il ragazzo aveva capito, prima di lui, che il digiprescelto dell’amicizia aveva inteso ogni cosa. E lui stesso avrebbe dovuto immaginarlo quando lo aveva visto lì, all’entrata della palestra.

“Sì”, non tardò ad arrivargli la risposta di Yamato. “E…”, ma non terminò la frase, lasciò che fossero i suoi occhi a parlare per lui.

Taichi stava per chiedergli di continuare, quando d’un tratto gli parve di capire. Scrutò attentamente l’amico in quelle pozze blu, mentre un panico improvviso lo attanagliava. Come era possibile che Yamato fosse…?

“Yamato”, lo chiamò Taichi, deciso a chiarire quel suo dubbio. “Yamato, dimmi la verità: tu…anche tu sei innamorato di lei, non è vero?”, chiese finalmente, stando bene attento a ogni sua più piccola reazione.

Ma mentre il cuore di Taichi correva veloce, quello di Yamato sembrava aver subito un arresto a quella domanda. Mai nessuno gli aveva rivolto un quesito del genere e forse proprio per questo lui non era mai stato costretto a rispondere, a confessare che…

“Sì”, rispose lapidario Yamato, rivelando finalmente per la prima volta a qualcuno i suoi veri sentimenti nei confronti della fanciulla.

Stavolta fu il turno di Taichi di subire un arresto cardiaco. Il ragazzo ci impiegò un paio di secondi prima di riuscire finalmente a intendere cosa l’amico avesse appena detto. Quando finalmente ci riuscì, fu come se una seconda pugnalata, più forte della prima, lo colpisse nuovamente al petto. Ciò che aveva sempre più temuto…Taichi vedeva i suoi timori tramutarsi in realtà. E questo lo spaventava ancor di più.

“Da quanto tempo…quando hai capito che…?”, balbettò, ancora incredulo.

Yamato, a quella domanda, sospirò. “L’anno scorso”, rispose, distogliendo lo sguardo per non dover incrociare lo sguardo allibito dell’amico.

“L’anno…scorso…”, Taichi sembrava scioccato.

Non poteva crederci…non riusciva a credere che… ‘Un anno fa…come ho fatto a non accorgermene? Per tutto questo tempo…’, Taichi dovette ricorrere a tutta la sua forza d’animo per non cadere a terra, tanto era rimasto sconvolto da quella notizia. Era inammissibile che non si fosse mai accorto di nulla! Nemmeno il pensiero che Yamato era abile nel celare i propri sentimenti, gli diede sollievo. Lui…lui era il suo miglior amico! Come aveva fatto a non accorgersene? Yamato, invece, lo aveva capito nel giro di un giorno…di pochi istanti. Mentre lui…ci era servito Ishida per farglielo capire.

“Scusami, Taichi”, la voce del biondino sorprese, per la prima volta nel giro di poco tempo, Kamiya.

Il moretto si voltò verso l’amico, stupito di sentire parole di scusa dalle sue labbra. Yamato non era il tipo da lasciarsi andare a quel genere di formule…di solito, lui, non chiedeva scusa. Certo, sapeva ammettere i proprio sbagli, però…scusa…

“Ho sbagliato prima io a non dirti niente. Mi dispiace”, continuò il giovane Ishida, volgendo nuovamente lo sguardo su di lui.

In quel momento, leggendo nei suoi profondi occhi blu, Taichi capì che Yamato era veramente dispiaciuto.

“Perché non mi hai mai detto niente?”, si tolse il pizzico Taichi.

“Perché non volevo che le cose cambiassero”, rispose allora Yamato, abbassando nuovamente lo sguardo fino a incrociare le sue mani, ancora strette a pugno. “Se ti avessi detto che mi ero innamorato di Sora, tu…sarebbe cambiato tutto tra noi tre”, spiegò, e Taichi capì quanto avesse avuto ragione.

Dopotutto, non aveva anche lui temuto, appena una settimana prima, una cosa del genere? Non aveva anche lui avuto paura che tra loro tre tutto cambiasse? Solo che…a lui quella paura lo aveva avvinto appena dopo una settimana, mentre Yamato…lui aveva saputo avvincerla per tutto quel tempo… Lui era riuscito a tenersi nascosto una cosa del genere per un anno, senza mai parlarne con nessuno. Al posto suo, Taichi era convinto che sarebbe impazzito prima.

“Yamato?”, lo chiamò d’un tratto il moretto, richiamando lo sguardo dell’amico su di sé. “Anche se noi due siamo innamorati della stessa persona…di Sora…prometti, promettimi che non cambierà nulla tra di noi. Promettimi che rimarremo amici, qualunque sia la sua scelta alla fine. Promettimi che la nostra amicizia, qualsiasi epilogo questa storia prenderà, non ne sarà intaccata. Promettimelo, Yamato…”, lo pregò quasi, con sguardo supplice.

Il biondino lo fissò per un lungo istante, prima che un meraviglioso sorriso gli illuminasse il volto.

“Te lo prometto, Taichi”, affermò, contento di sentire quelle parole da lui. “Qualunque sarà l’esito finale…chiunque di noi due Sora sceglierà alla fine, noi…noi rimarremo amici comunque. Per sempre”

Il cuore di Kamiya sobbalzò sollevato, mentre un sorriso gli arricciava le labbra. ‘Sì…amici per sempre…Yamato’

 

  
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