Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: kiku77    01/12/2009    4 recensioni
Sanae e Tsubasa si sono sposati e vivono a Barcellona con i loro due gemellini. Sembra una favola, ma forse c'è qualcuno che ancora sta cercando se stesso...... Ce l'ho fatta........!!buona lettura!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Appena rientrò, Tsubasa disse la solita frase: ” Sono tornato!” .

La madre di Pinto gli andò incontro e gli fece un cenno con la mano. “Salve!” disse lui cercando con lo sguardo Sanae e i bambini.

“Ciao Tsubasa, com’è andato l’allenamento?”

“Tutto bene… oggi più che altro abbiamo parlato e ci siamo messi d’accordo su questo periodo di riposo. Dopo le amichevoli con le nazionali abbiamo due settimane di ferie e poi si ricomincia……… Ma dov’è Sanae?”

“Come dov’è; mi ha detto che doveva fare le ultime commissioni e mi ha chiesto di fermarmi. Solo che adesso io dovrei andare. Sono le sette e sono arrivata alle tre…deve aver avuto un contrattempo perché mi aveva assicurato che ci avrebbe messo poco…..non sai esattamente dove doveva andare?”

Tsubasa rimase un po’ sorpreso perché non sapeva nulla: di solito se Sanae usciva, glielo diceva e sapeva sempre come rintracciarla. Ma non ci fece troppo caso e col solito buon umore disse: “ beh chiamiamola così sentiamo dov’è”.

“Non ha preso il telefono…lei è uscita senza nemmeno la borsa: sembrava avere molta fretta.”

“Che strano……va beh, comunque vedrai che torna presto; puoi andare. Ai piccoli ci penso io… ma dove sono?”

“Sono in salotto che giocano… sono stati buonissimi oggi. Hanno già mangiato…..ah dimenticavo,  Tsubasa… domani a che ora partite?”

“A mezzogiorno. Mi raccomando venite a salutarci ! “

“Certo!allora a domani…”

“A domani e grazie”

 

Proprio mentre stava uscendo, ecco Sanae rientrare. Si incontrarono sulla porta e si lanciarono un’occhiata d’intesa.

“Ah… eccoti….ma dove sei stata…..?”

Sanae guardò la signora, poi Tsubasa.

Aveva camminato senza meta per la città, ascoltando solo i suoi pensieri.

Si rese subito conto che non poteva dare questa versione e che in fretta doveva rispondere.

“Dovevo fare delle compere….”

Tsubasa la squadrò: le sue mani erano vuote; non aveva comprato niente……

“E dov’ è la roba che hai comprato?”, chiese lui non in tono indagatore, ma più per ingenuità.

Era la domanda piu’ logica che uno potesse farle; lei era come in un’altra dimensione, non si stava bene rendendo conto di quanto fosse poco credibile.

 “Beh alla fine non ho trovato niente: mi volevo comprare un vestito per la serata della nazionale ma non ho visto niente di bello…..”

Tsubasa fece un’aria molto incredula. Sanae non era difficile in fatto di gusti. Era una persona che guardava all’essenziale. Non riusciva ad immaginare che girando per il centro di Barcellona non fosse stata capace di vedere qualcosa di adatto e soprattutto di bello. Le poche volte che l’aveva accompagnata a fare shopping era stato un calvario: ogni passo erano fermi a guardare una vetrina.

“Quindi cosa indosserai?”

Al che fu lei a rimanere di stucco: Tsubasa che le chiedeva cosa si sarebbe messa, era un avvenimento. Di queste cose non ne parlavano mai perché lui non ci teneva per niente al look, né suo né di sua moglie.

“Non lo so… comprerò qualcosa in Giappone….vedremo.”

Guardò la mamma di Pinto e la ringraziò molto per il tempo trascorso lì, ad aspettare che tornasse.

Era imbarazzata e si sentiva in colpa verso la donna, perché era certa che non avesse creduto ad una sola parola di quel che aveva detto.

“Ma figurati, sai che quando hai bisogno io ci sono…”

Non aveva creduto ad una sola parola di Sanae, infatti; sapeva che aveva mentito anche se non sapeva perché; non gliene fece una colpa, però: “senz’altro ha avuto una buona ragione”, pensò fra sé e sé.

 

 

Abbracciò i bambini mentre Tsubasa raccoglieva un po’ di giochi dal tappeto e poi andò in cucina ad improvvisare la cena. Il frigo era vuoto perché per tre settimane sarebbero stati via e aveva cercato di non abbondare con le provviste. Non sopportava gli sprechi: anche se potevano considerarsi ricchi, erano rimasti ancorati alle loro abitudini. Vivevano in modo semplice senza strafare o sperperare il denaro. E poi Sanae era una persona che aveva un gran rispetto per tutto: l’idea di buttare via da mangiare, le dava molto fastidio. Per questo cercava sempre di organizzarsi al meglio. E sarebbe andato tutto liscio anche quella sera, se non avesse "sprecato" il pomeriggio per vagare sola con se stessa. Riuscì comunque a rimediare qualcosa e dopo un po’ si sedettero a tavola.

Tsubasa era nervoso: lo vedeva bene da come le sorrideva.

Sapeva che era l’adrenalina all’idea di tornare a casa, e soprattutto di giocare in nazionale.

Lui era il capitano e anche se si trattava di due amichevoli, non voleva sbagliare.

C’era molta attesa in Giappone soprattutto per i calciatori che stavano giocando all’estero ed era palese che molta dell’attenzione sarebbe ricaduta su di lui. Sanae non parlò di questo: lo lasciò coi suoi pensieri per un po’, poi le venne in mente che si era completamente dimenticata una cosa.

 ”Accidenti…. Non ho ancora chiamato la moglie di Rivau per salutarla….. che sbadata…”

Lui la guardò e rientrò nel mondo reale…..”E’ partita da una settimana per il Brasile. Stasera Rivau la raggiunge. Sai non sta molto bene….”

Sane lo scrutò sorpresa: “ Cosa significa?”

“ Beh …. Lui mi ha detto che sono diversi mesi che stanno provando ad avere un altro figlio. Lei lo vuole disperatamente, ma… non arriva. Questa cosa la sta mandando un po’ giu’ di testa.”

Sanae abbassò lo sguardo e cercò il suo ventre: ” Cosa darei per donarti  questo fiore…” pensò in segreto, riflettendo su quanto lo stesso identico avvenimento potesse portare facilmente alla gioia qualcuno e alla disperazione qualcun altro.

Tsubasa continuò: ” Era uno straccio anche lui…. Sai non è che senta tutto questo bisogno di un terzo figlio… lui dice se arriva arriva, se non arriva si vede che non è il momento. A volte le cose accadono quando meno te le aspetti, no?”

“E’ proprio vero….”.

Non sapeva che altro aggiungere. Le veniva da vomitare e da piangere. Ma sostanzialmente non poteva fare né l’una né l’altra cosa. Così si trattenne; si alzò e cominciò a sistemare anche se Tsubasa non aveva ancora finito.

A lui sembrò un po’ strano: in effetti gli era sembrata una serata un po’ tutta strana, ma non era abituato a dare peso  a certe cose  e non cominciò di certo in quel momento.

Aveva altro per la testa.

S’immaginava già in campo con la maglia numero 10. E  lo stadio pieno.

   
 
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